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Una delle pellicole migliori di Renoir ed allo stesso tempo un punto di riferimento - visti tutti gli elementi già presenti - per il Neorealismo nostrano ancora lì da venire è un melò tragico che si staglia su di un coacervo di faticatori di diversa nazionalità ma di medesima estrazione sociale, accomunati da una vita grama e da prospettive prossime allo zero. Intensissimo nel suo incedere da destino ineluttabile e illuminante nella sua maestria di racconto tanto che Luchino Visconti, qui giovane assistente, farà tesoro della lezione ( fino ad un certo punto ) per il suo celebre "Ossessione". Il sex appeal naturale di Celia Montalván non si dimentica facilmente. Non perdetelo.
Le campagne Francesi fanno da sfondo ad'una storia di uomini qualunque alle prese con gli istinti primordiali. I protagonisti sono dei manovali venuti da fuori, dall'Italia in questo caso, per il pane. Quello che trovano è passione, amore e tradimenti. La travagliata storia di Toni è solo una delle tante di quelle persone scese dal treno all'inizio, e che continueranno a scendere dal treno, come mostra il finale. Un finale che cancella e riscrive una nuova storia. Ennesimo capolavoro di Renoir.
Precursore del neorealismo, 'Toni', è un'opera di alta poesia quasi astratta. La bellezza della fotografia e della natura ritratta fanno da cornice a drammi umani eterni. Un po' come in 'Carmen' di Merimée, anche qui siamo di fronte ad un dramma d'amore nel quale la gelosia, l'amicizia, la violenza, la componente bestiale dell'uomo giocano un ruolo fondamentale. Renoir riesce a ritrarre un'umanità povera e derelitta con una sapienza poetica riscontrabile soltanto in due o tre al massimo dei capolavori del neorealismo italiano (penso a 'Ladri di biciclette', a 'Sciuscà' e faccio fatica ad inserire altri titoli dello stesso livello). Questo dramma mediterraneo ha una struttura circolare come quasi tutte le vere opere d'arte di qualsiasi disciplina, dove la fine è già contenuta ed implicita nell'inizio. Anche qui il treno che arriva con gli emigranti (fra cui Toni) apre e chiude il film. L'epilogo ci insegna che la storia si ripete; che i Toni ci sono e ci saranno sempre, e che le storie come la sua sono semplicemente l'eterna storia degli uomini in lotta con la vita.
"Toni" è uno dei precursori del Neorealismo italiano per l' importanza data al background "dove la natura sa bene come operare la fusione delle razze". Ma nel film di Renoir gli intenti drammatici vertono su tutt' altre direzioni, infatti al regista ben poco importa della focalizzazione esterna, cioè del taglio documentaristico tipico dei film neorealisti, per raccontare - esattamente come Visconti che anche qui è stato assistente alla regia - un' altra storia di passione che porterà alle estreme conseguenze, ma seguendo il percorso dei suoi personaggi discutibili certo, ma sempre genuini ed estremente veri. Una costante della filmografia del vero antimoralista della storia del cinema. E la fotografia impressionista (straordinario il momento del tentato suicidio di Marie al largo sulla barca dove l' orizzonte non ha un confine ben definito) riesce a sprigionare dalla pelle di Josepha una carica erotica che sommata alla bellezza dei paesaggi di campagna elevano l' estetica di questa vera opera d' arte ad un livello riscontrabile ad oltranza solo in questo immenso Poeta del cinema francese.