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Ritratto corale di una famiglia newyorchese. Una famiglia frammentata con un padre con tre matrimoni alle spalle e tre figli da due madri diverse. Una famiglia i cui componenti non si vedono spesso tra loro. La figura paterna funge da elemento unificante inteso come famiglia, al tempo stesso è una figura ingombrante che grave sulle spalle dei figli che non hanno seguito le orme artistiche paterne, per non espresso pienamente il suo talento (Danny), seguito altre strade (Jean), oppure seguito percorsi completamente opposti nel mondo degli affari (Matthews). Pur non seguendo le orme paterne si sono comunque costruiti qualcosa, mentre il padre rimpiange che il suo lavoro, seppur apprezzato, non abbia avuto il riconoscimento che si aspettava. Il film di Baumbach vive tra queste asimmetrie esistenziali tra i diversi personaggi, fra frustrazioni e cose lasciate in sospeso. Non è un soggetto originale ma è ben scritto e recitato dagli attori. Tra un Dustin Hoffman nella parte del patriarca ed al tempo stesso una diversa generazione di attori, unito ad una generazione successiva (Stiller, Sandler e Marvel) si forma una bella alchimia. Nota a parte per Sandler: se facesse meno marchette al cinema, seppur lautamente remunerate, e recitasse in film come questo, verrebbe sicuramente apprezzato per il buon attore che è.