Frank Sheeran è un sicario della mafia e veterano della seconda guerra mondiale che sviluppa le sue abilità da esecutore criminale durante il suo servizio in Italia. Diventato vecchio, Sheeran riflette sugli eventi che hanno definito la sua carriera di sicario, in particolare il ruolo che ha avuto nella scomparsa del leader sindacale Jimmy Hoffa, suo amico di vecchia data, e del suo coinvolgimento con la famiglia criminale Bufalino.
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mi chiedo perché netflix abbia prodotto un film cosi brutto. lungo , noioso, sul genere del padrino ma privo di azione. il cast è grandioso ma ha fatto il suo tempo e rende a tratti il film patetico. tanta pubblicità ma personalmente mi sono annoiato e non poco
"The Irishman" è stato un film tanto atteso, oltre alla prestigiosa firma alla regia (Martin Scorsese), nel cast figurano nomi altisonanti, Al Pacino, Pesci e de Niro, sono infatti i nomi principali di un corpus attoriale stellare. Il plot dell'ultima fatica di Scorsese si basa su storie del mondo gangster, tema sempre caro al regista, gli attori ritornano nei loro vecchi panni. Il gioco può iniziare.
L'uomo della storia è de Niro, una vita trascorsa ordinariamente e poi l'exploit (casuale) che lo immette nei circuiti infami della criminalità. Notiamo un plot compatto ma colmo di cliché, questo potenzialmente è il primo vero (grande) difetto e punto di non ritorno della produzione, ne parleremo fra poco.
"The Irishman" ha nel suo sistema tutti i pregi del buon Cinema americano legato ai dettami del genere gangster. Scorsese esegue, tecnicamente, un lavoro dignitosissimo, bravo ed ordinato alla regia, crea un buon montaggio e regala una fotografia di fattura. Le intenzioni di Scorsese inoltre sono di grande consistenza, la regia sceglie attori tagliati per questo tipo di film. Il trio svolge anche una specifica funzione "nostalgica", i miti de Niro, Al Pacino e Pesci sono invecchiati, ormai (inevitabilmente) troppo lontani dalle loro abituali performance, esiste un tempo per tutto. Conclamata una accurata costruzione tecnica del film, "The Irishman", sembra perdere abbastanza su altri punti, la partita inizia ad essere decisamente in salita. Non convince (e come potrebbe?) la durata bestiale del film e soprattutto (come accennato sopra) il film non risulta esser quasi mai originale. Fatichiamo a vedere la mano di Scorsese, il film è macchinoso e scarsamente entusiasmante. Il primo blocco (ci riferiamo ai primi 70/80 minuti) sono globalmente gradevoli, la seconda parte (quindi quasi i due terzi del film) sono una lenta agonia di un film che inserisce troppi personaggi in scena cercando, in maniera inopportuna, di strafare. Lo stesso Al Pacino ha un ruolo interessante ma sembra ,quasi sempre , essere fuori dai giochi.
"The Irishman" tratta male i suoi personaggi, non scannerizza il versante psicologico, li lascia marcire (e poi morire). La figura di de Niro (figura principale del gioco) non lascia nulla di particolare, personaggio strozzato dalla stessa sceneggiatura. L'uomo irlandese non ha nulla da trasmettere, manca quella essenziale dose di originalità del personaggio, occasione sprecata. Il film dopo due ore, in maniera quasi oggettiva, inizia la sua terminale discesa, è un lungo addio. Il finale è impostato molto male, toglie emozioni, non mette nulla.
Scorsese è un nome importante, ma qualche tempo fa, inoltrammo un ragionamento/discorso anche su Tarantino. La grande firma alla lunga regala (statisticamente) sempre un buon numero di produzioni, ma capita, non poche volte, che anche grandi cineasti presentano al pubblico piccoli grandi scempi. Scorsese questa volta fallisce.
Tutt'altro che il capolavoro che si sente dire in giro, è alla fine della fiera un filmetto didascalico come tanti, in cui però la bravura di Scorsese riesce a catturare l'attenzione dello spettatore fino alla fine nonostante la durata eccessiva. La debolezza del film è tutta nella sceneggiatura, una sequela di episodi privi di una vera progressione drammatica, senza un climax o una risoluzione. Nulla più che una sequenza di scenette ben girate, questo The Irishman è come un mosaico in cui ogni ogni tessera è perfettamente cesellata ma il risultato d'insieme risulta scialbo e poco convincente. Trascurabile.
Film prolisso, a tratti vuoto che gioca abilmente sullo Scorsesismo.... vengono riuniti i mostri sacri italo-americani e imbalsamati, con un deprorevole tocco di azzurro lucente per gli occhi di De Niro. Il film è confezionato e politicamnte corretto, privo di quell'adrenalina che ti fa accendere una sigaretta.... Ricordiamoci di Mean Street... tanto per intenderci.... non fatevi offuscare dai nomi altisonanti del cast e del regista..... ok, ci sono dei buoni momenti... ma troppo poco per una pellicola di 3 ore e mezza, film che verrà fisiologicamente sopravvalutato, questo è sicuro..... ma è poca roba... davvero...
Un film sul nesso fra storie e Storia dalla prospettiva dell'ultimo Hegel: "Geschichte als Schlachtbank" ("la storia come banco del macellaio": http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaH/Hegel_01.htm), un tritacarne qui reso con un trita alberi per cadaveri e un'ininterrotta mattanza qui resa dal letto del fiume Schuylkill ricoperto con le armi usate per gl'omicidi; "Die Weltgeschichte ist nicht der Boden des Glücks. Die Perioden des Glücks sind leere Blätter in ihr" ("La storia non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono in essa pagine vuote": frase divulgata da Taricone nel confessionale del GF1), pagine vuote qui rese dalle pareti imbrattate di sangue dai c.d. "imbianchini". Non è un "Gangs of New York" (2002) esteso a tutt'il 2° '900 statunitense, ma viceversa un effetto farfalla in cui le criminali, efferate, luttuose macrovicende emergono dall'affastellata combinazione d'una moltitudine d'episodi in sé minimi o pressoché insignificanti: un affresco puntinista. Lo spartito scorsesiano ha le sue (canoniche) dolenti note: dopo poco più di 2 minuti sono già stati piazzat'in scena una *******, un Cristo e un Crocifisso, non è necessario attendere l'ultima mezz'ora affinché "The Irishman" sfoci nel cristocentrismo. Fors'al seminario e in seguito non gl'hanno fatto studiar'il Rudolf Otto che nel 1917 ha dimostrato come l'idea del "ganz Andere", il Dio "totalmente Altro" della teologia apofatico-negativa, l'agostiniano "aliud, aliud valde" delle "Confessioni" 7.10.16, sia costitutiva dell'"homo sacer" d'ogni spiritualità e religione. Inoltr'il suo antropocentrismo invadent'e invasivo gli preclude la più ampia prospettiva paolina di Romani 8, 19ss: pur'il cosmo è stato sottomesso alla caducità e alla schiavitù della corruzione, attendendo con impazienza d'essere anch'esso redento. Infine in cotanta "epopea della fralezza" l'affabulatoria logorrea di Scorsese/Zaillian/De Niro/Frank Sheeran è più d'arzillo vecchietto che da moribondo: una geriatria pimpante e ancora vitalistica o survivalistica ch'ostacola "pathos" & "pietas" che (forse?) vorrebb'esprimere. La nonlinearità narrativa esacerba tal'aspetto.
E' riuscito pure a strapparmi qualche sorriso per almeno un oretta, poi il gioco stanca, il ridicolo trasforma quella risata in una smorfia (tipo quella di che De Niro ha ormai in tutti i film da almeno 15 anni ). Forse con attori più giovani poteva essere pure un buon film, invece si vede solo il rin********mento di regista e attori