the elephant man regia di David Lynch Gran Bretagna 1980
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the elephant man (1980)

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locandina del film THE ELEPHANT MAN

Titolo Originale: THE ELEPHANT MAN

RegiaDavid Lynch

InterpretiAnthony Hopkins, Anne Bancroft, John Hurt, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones

Durata: h 2,05
NazionalitàGran Bretagna 1980
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1980

•  Altri film di David Lynch

Trama del film The elephant man

John Merrick, con il cranio orrendamente deformato a causa di una malattia, è usato come attrazione in un circo. Viene salvato da un medico che lo introduce nella Londra vittoriana, dove la sua situazione di "diverso" non cambia...

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Voto Visitatori:   8,79 / 10 (318 voti)8,79Grafico
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Voti e commenti su The elephant man, 318 opinioni inserite

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dagon  @  06/03/2015 19:33:48
   9 / 10
Film tutto sommato atipico nella filmografia di Lynch, è, nondimeno, uno dei miei preferiti. Parte dallo stile di "Eraserhead" e lo applica, edulcorandolo, ad una sceneggiatura che ha poco della "follia" del regista. Storia bella e commovente, che non da mai la sensazione di esser manipolativa, con interpretazioni maiuscole da parte di un signor cast che vanta attori del calibro di Hopkins, Hurt, Bancroft, Gielgoud. Ma l'elemento più bello in assoluto è la fotografia in bianco e nero di Freddie Francis. Fattosi le ossa dapprima come regista di film horror della Hammer negli anni '60, e tornato ad essere poi solo direttore della fotografia (sua anche quella del mitico "Suspense" con Deborah Kerr, prima di intraprendere la strada della regia), Francis immerge la pellicola in una atmosfera elegante e tetra al contempo. Il film fu nominato ad 8 Oscar, ma venne poi completamente ignorato in ogni categoria (la fotografia non fu nemmeno candidata, anche se poi Francis vinse il premio dell'associazione dei direttori della fotografia britannici), in una annata che si distinse per parecchie scelte molto opinabili.

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MonkeyIsland  @  29/12/2013 15:11:05
   9 / 10
Una della pellicole più tristi che mi sia mai capitato di visionare, Lynch non risparmia niente allo spettatore e l'angoscia del "mostro" ricade addosso allo spettatore senza mai scivolare nel rischioso territorio del patetismo.
Inutile dire che tecnicamente siamo su livelli esagerati.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Angel Heart  @  15/10/2013 02:19:49
   8 / 10
Nella storia del cinema raramente lo spettatore e' stato messo in condizioni di compassione perenne come nel caso di "The Elephant Man", una delle vicende più umane e toccanti mai portate sullo schermo.
Struggente, tragico, e triste... molto molto triste. Preparatevi.
Magnifici Hopkins e Hurt in quello che è senza dubbio uno dei lavori più belli e sinceri di Lynch, regista che farà poi del criptico la sua arma prediletta.
Ottima la scelta del bianco e nero così come l'utilizzo finale della bellissima "Adagio for Strings" (ripresa poi da Oliver Stone come tema principale per "Platoon").

Da vedere almeno una volta nella vita.

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Ultima risposta 15/10/2013 12.42.47
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pier(pa)  @  17/06/2011 12:07:50
   3 / 10
Lynch paga il peso del tempo, e quando un'opera finisce davanti a questa dogana senza avere abbastanza denaro per passare, dobbiamo considerarla finita.

Non solo il tempo ha norma-lizzato questo preteso paradigma di mostruosità, al punto che il volto del deforme Merrick neanche ci inibisce più di tanto. Chi tremerebbe davanti a un thè col gentilissimo Merrick, come la borghesotta signora di una delle scene?. Ma ha inoltre abbattuto in se stesso ogni criterio di scandalo, tanto da portarci dall'altra parte del guado, in un mondo dove sono le posizioni antiscandalistiche, re-reazionarie, a fare scandalo. Beata storia che ci mostra la nostra piccolezza. E a Lynch la mostra, eccome.

Peraltro è fastidioso questo paradigma beceramente cristiano dell'amore speciale mostrato a questo mostro, che non fa che renderlo ancora più mostruoso. E si dirà: è appunto questo ciò che Lynch voleva (anche) dire. Ma di quello che vuole dire Lynch non importa niente. Il problema è il suo mostro. Le sue reazioni buone all'amore speciale che gli viene riservato dopo essere stato salvato da un "circo". Ma questo mostro perché è buono? perché non è cattivo, come davvero dovrebbe essere in qualità di mostro? Lynch pretende una differenza tra etica ed estetica nel suo personaggio che appartiene alla più oscena e invereconda moralità cristiana.

Ci avesse dato davvero un mostro Lynch. Parole per il resto del film e dei personaggi non ve ne sono. Tutto viene agito in modo così scontato e banale che non merita attenzione. E infatti, davanti allo schermo, non se ne fa.

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barbuti75  @  26/04/2011 09:13:28
   10 / 10
La paradossale diversità tra vittima e carnefice raggiunge uno dei suoi massimi vertici in "The elephant man". La straziante storia vera di Joseph Merrick, l'uomo elefante, scorre sui nostri schermi in tutta la sua durezza, in tutta la sua umana commozione, in tutto il suo devastante impatto visivo, con un bianco e nero che ne rende palpabile il dolore e la sofferenza.
Lynch non lascia niente al caso e tratteggia con chirurgica precisione un ritratto dell'Inghilterra vittoriana a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, proprio ai tempi di Jack lo Squartatore e della grande immigrazione.
Barboni puzzolenti, proprietari di freaks dai contorni Grandguignoleschi, medici idealisti pronti a sacrificare una vita umana in nome del progresso della scienza, prostitute prezzolate, ipocriti membri dell'aristocrazia: questi sono i mostri di David Lynch che nella loro ributtante normalità non riescono ad accettare una deformità fisica che nasconde un animo raffinato e nobile.
E poi ci siamo noi...i guardoni...i curiosi che pagano il prezzo per vedere la creatura e conoscerne la storia...si anche noi siamo parte di questa disgustosa umanità affascinata dall'orrore e dal raccapriccio. E lui, Joseph Merrick è davanti a noi impotente nella sua maledizione che urla contro un muro di gomma "I'm a human being", Sono un essere umano!
Ed allora ci accorgiamo che il nostro viso è solcato da una lacrima, la stessa che percorre il volto di un magnifico e carismatico Anthony Hopkins quando osserva l'uomo elefante per la prima volta...credo sia uno dei primi piani più belli della storia del cinema.
Sono stanco di lasciarmi guidare dal cervello durante una recensione, quindi lascerò che sia il cuore a far scorrere tutte le emozioni che ho provato nell'ennesima visione di quello che io considero un capolavoro.
La prima parte è molto analitica e ci presenta il dramma umano di un uomo che crediamo incapace di intendere e di volere, un ebete senza possibilità di rivalsa, un perdente nato che dalla vita non ha ottenuto nientaltro che la compassione della gente: circondato da esseri spregevoli e aguzzini cerca di sopravvivere a ciò che lui considera vita, ma che altro non è che sopravvivenza.
Il trasferimento all'ospedale londinese per le cure non sembrano sortire effetto, ma Merrick si lascia convincere ad un flebile tentativo di vita ed inizia quello che è il suo processo di integrazione.
Nella seconda parte le visioni di David Lynch si fondono con i ricordi e l'orrore di una società che cerca capri espiatori per la propria salvezza e la caccia al mostro raggiunge il suo apice nell'inseguimento all'interno della stazione di Londra.
Il finale è un apoteosi di sentimento e dignità umana, quella stessa dignità che a Merrick fu negata in vita, ma che noi gli tributiamo grazie a questo eccezionale affresco della sua vita.

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Ultima risposta 27/04/2011 01.01.53
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  08/02/2011 21:05:04
   8 / 10
A parte durante le brevi sequenze oniriche, belle, è difficile riconoscere sia un film di Lynch: non il caos domina, ma un insolito ordine.
Se ne riconosce però il talento, descritto da un raffinato bianco e nero, e in un'atmosfera magica che riporta a vecchi melodrammi.
Un ordine: ci sono i buoni e ci sono i cattivi, come nelle favole, principi e orchi, o come nei pessimi film. Ma "The elephant man" non è né una favola, troppa sofferenza, né un pessimo film.
L’uomo elefante è il dolore, fisico, psicologico, della memoria, respiratorio. In equilibrio tra la gentilezza dell'animo e la mostruosità del corpo, tra la quiete e l'angoscia, tra miseria e benessere, tra immaginazione e realtà, tra retorica e sentimento profondo.
La miseria genera mostri: i cattivi del film, sono i più poveri, violenti, solo Merrick sfugge a questa legge.
La cortesia che spesso indigna, l'opportunismo e l'ipocrisia dei ricchi, la bellezza anche solo esteriore, piacciono a Merrick, perché in esse trova la pace.
Come l'illusione del teatro, che tanto affascina (e un poco spaventa) da sempre il regista. Merrick vive la sua vicenda come sospeso tra due mondi irreali, tra il baraccone e le stanze da sogno dell'ospedale, tra regine e orchi, tra stelle di teatro e fenomeni da circo.
Solo, quando in un breve brano verrà a mischiarsi con il mondo comune, l'incontro sarà drammatico. E viene in mente vagamente "Freak", ma non truce, o "Frankenstein", non grottesco, soprattutto "L’enigma di Kaspar Hauser" di Herzog, ma non cinico.

Il finale, più sognante, tenue, è di una malinconia degna di una favola di Andersen: "niente muore", lancia questo messaggio una fata, la madre bella (ma era buona? era cattiva?), ambiguo; poiché se niente morisse, allora non morirebbe neppure il dolore.

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Ultima risposta 09/02/2011 20.28.23
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paride_86  @  05/01/2010 03:40:45
   8 / 10
Diretto in maniera magistrale con l'uso di un morbido bianco e nero, "The Elephant Man" è un film d'autore che strizza parecchio l'occhio al grande pubblico. E' un film commovente, quasi stucchevole in alcuni momenti, ma si tratta comunque di un'intelligente storia sulla diversità.
Un film di Lynch che non sembra suo, se si pensa al resto della sua filmografia.

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Ultima risposta 09/03/2010 09.32.34
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DarkRareMirko  @  05/09/2009 23:51:20
   10 / 10
Senza dubbio il film più struggente e commovente di Lynch (nonchè uno dei suoi più canonicamente girati), a tratti davvero insostenibile in quanto a drammaticità; si rifà poi, seppur con errori vari (tipo, John Merrick in realtà si chiamava Josef, e non è sempre stato deforme, ma solo a cominciare dall'adolescenza mostrò i primi segni della malattia, ossia una particolare sindrome a metà strada tra neurofibromatosi e sindrome di Proteo); immensi Hurt, Hopkins, Gielgud e la Bancroft; a tratti nel film si posson carpire i processi di rappresentazione della mente umana, soprattutto in quelle più fotograficamente scure; finale poeticamente impareggiabile.

Girato in un bianco/nero confuso, "sporco", il film cattura, colpisce, comunica molte cose.

Mel Brooks appare come produttore non accreditato; tante nominations all'Oscar, manco una statuetta.

Un grandissimo film.

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Ultima risposta 05/09/2009 23.53.37
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baskettaro00  @  20/06/2009 14:44:08
   7½ / 10
bellissimo film sulla differenza sociale ke mi ha molto colpito.....certo il film skorre molto lento ma vale la pena vederlo....

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Ultima risposta 21/03/2010 12.49.25
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  28/05/2009 00:02:17
   10 / 10
Mi è rimasto dentro questo film. Non me lo dimenticherò mai. E’ bellissimo non solo per gli splendidi valori che esprime, ma soprattutto per come vengono espressi, anzi è proprio la tecnica cinematografica l’aspetto decisivo che fa di questo film un capolavoro.
I singoli elementi tecnici del film s’incastrano alla perfezione, con in evidenza soprattutto il montaggio. Ogni scena si fa notare per la sua concentrazione e per la sua essenzialità. Tutto, ma proprio tutto contribuisce a dire qualcosa, a creare la progressione emotiva e riflessiva, a rafforzare il messaggio. Non c’è nemmeno un’inquadratura che sia superflua o inutile. Sono rimasto sbalordito. Raramente ho visto un film così concentrato sul suo messaggio e così efficace nel trasmetterlo.
Già le prime inquadrature di natura simbolica e onirica stabiliscono subito lo stato d’animo, lo spirito del film: qualcosa di sofferente, sentimentale, interiore. Seguono immagini in uno splendido, nitido e affascinante bianco e nero che descrivono una fumosa Londra ottocentesca. Automaticamente vengono alla mente i grandi film degli anni ’30 basati sull’horror (tipo Frankenstein) e soprattutto Freaks di Browning, espressamente citato in più di una scena. Quello dell’ambientazione è un aspetto importante del film. Spesso ci sono panoramiche su ciminiere fumanti, operai al lavoro in fabbrica. Si vedono sordidi quartieri con frotte di poveri spesso ubriachi e donne di facili costumi. Allo stesso tempo c’è la bella, ricca e raffinata società. Questo per non farsi illusioni sui miti di “progresso” dell’epoca e di come accanto alla civiltà e alla bellezza di forme esteriori conviva un mare di sfruttamento, abbandono, degrado e bruttura soprattutto morale. Insomma il brutto non viene dalle deformità fisiche esteriori, ma dall’ambiente e dalle deformità dell’animo (perversioni e morbosità). Questo è il messaggio base del film: è il normale che è abnorme, brutto e schifoso, non chi appare come tale.
Vista l’importanza e la forza del messaggio si perdona a Lynch di avere creato personaggi e situazioni fin troppo perfetti e puri, a cominciare dal protagonista: L’Uomo Elefante. All’inizio viene presentato come una specie di bestia; la mdp ce lo fa solo intravedere e ce lo mostrerà in pieno solo nel momento in cui lo vede spaventatissima un’infermiera, trasmettendo a noi spettatori la stessa impressione. Sembra a tutti gli effetti un ritardato e invece rivela improvvisamente linguaggio e doti intellettive inaspettate. Questo è forse un punto debole del film. Lo si può spiegare con il fatto che lui stesso si è forse introiettato la figura di ebete e bestia imposta dagli altri e ha finito per identificarsi e per mostrarsi così con tutti. Come un gattino abbandonato, si è rassegnato a subire in silenzio e a diffidare di tutti e questo senso di inferiorità, di rassegnazione fatale se lo porterà dietro fin quasi alla fine del film, quando in una scena cruciale avrà finalmente il coraggio di affermare se stesso, la sua identità. A questo punto il percorso spirituale e paradigmatico del film si è completato e Lynch ci fa accomiatare dal suo personaggio/messaggero proprio al culmine della parabola, apposta per non sciupare l’effetto partecipazione/commozione e lasciarlo al suo zenit, quasi santificandolo. Così l’Uomo Elefante entra a pieno titolo in quella sublime categoria di personaggi umili, insignificanti ma così belli interiormente e grandi di sentimento, come l’Idiota di Dostoevskij e il Vagabondo di Luci della Città.
L’impronta tutto sommato ottimista (o almeno fiduciosa nella ragione) è rafforzata dal personaggio di Treves. Razionalista e filantropo – tratti tipicamente ottocenteschi - è però molto moderno nel suo interrogarsi e mettersi in discussione di fronte al valore delle sue azioni. Anche lui quindi deve fare i conti con una figura imposta dagli altri che si è dovuto introiettare (quella di medico di fama e di successo) e anche lui alla fine trova il coraggio di affermare la sua parte genuina e profonda di uomo solidale e pari – non superiore – agli oggetti che studia e che cura.
A contrasto con Treves c’è la figura del padrone dell’Uomo Elefante, che rappresenta invece la parte oscura, istintiva, morbosa e irrazionale dell’animo umano. Il suo rapporto con L’UE è molto oscuro, fatto di amore-possessione-distruzione. E’ questa, secondo Lynch, la parte negativa che va sconfitta.
E’ interessante fare un confronto con Pigmalione di G.B. Shaw e con Il mistero di Kaspar Hauser di Herzog. In entrambi vicende simili sono viste in maniera molto più pessimista e distaccata. Non c’è sentimentalismo ma molta normalità e banalità. Le persone che istruiscono mantengono sempre il loro ruolo di maestri superiori e indifferenti nei confronti degli oggetti studiati, i quali non vengono considerati come esseri dotati di sensibilità e sentimento. Lynch invece ci fa intravedere che forse è possibile usare insieme e in armonia la ragione e il sentimento. Si può capire, si può amare. Bello, splendido messaggio. E poi niente muore, niente muore, niente muore.

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Ultima risposta 29/05/2009 08.52.07
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  06/02/2009 13:25:55
   9 / 10
Il Lynch d'autore, uno dei migliori film della storia del cinema, punta ancora sulla diversità puntando dal punto di vista esterno.

Un film classico che nello stesso tempo vuoi il bianco e nero vuoi alcune (poche per la verità) rimandi onirici, ci presenta un personaggio unico e drammatico.

Non è compiaciuto, non è sdolcinato e alla fine nemmeno eccessivamente triste tranne alcune cadute di stile come quella del bacio in cui si lascia prendere e cade nel melenso (però non lo farà MAI PIU').

Comunque non caricando mai enfatizzando la drammaticità della storia anche alcune piccole ingenuità non incidono sul generale giudizio positivo del film.

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Ultima risposta 06/02/2009 23.06.11
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JOKER1926  @  07/01/2009 19:51:30
   8½ / 10
“The elephant man” di David Lynch e’ un quadro drammatico del concetto di non uguaglianza, il baluardo del “dramma” “Lynchano” pone beffardamente le sue basi sulla sfortunata personalità dell’ “Uomo elefante” (John Merrick); l’uomo nato deforme e’ usato (nel vero senso della parola) in un circo, Merrick e’ maltrattato, offeso, umiliato…

I complimenti per il Maestro David Lynch sono praticamente un Must, il regista riesce a portare nel suo film una grandissima suspence “contornata” da qualche scene di Humour Nero e da tanta, tantissima drammaticità…

Da celebrare la scena del teatro (magnifica e megalomane) che consacra (per l’ennesima volta) l’immensa capacità tecnica, cinematografica del regista.

“The elephant man” e’ una pellicola in “bianco e nero” del 1980, Lynch nella sua Opera riporta degli inquietanti e metaforici flashback (stile “Eraserhead”); fra le tantissime “gemme” cinematografiche del regista questa e’ sicuramente una delle piu’ “lineari”, trama semplice, dinamica prevedibile ma concezioni abissali…

E’ utopia, follia cercare e trovare difetti, imperfezioni a questa “gemma”; gli attori, la fotografia (molto curata, ben fatta) sono enti molto importanti che elevano inesorabilmente il film e lo fanno sprofondare nell’immenso dell’ ideazione…

Il regista prende importanti spunti dal film “Freaks” di Tod Browning pellicola dell’arcaico 1932…
Gli scenari circensi, la “deformazione” mentale della gente “normale” sono “tasselli” concettuali che si “collocano” nel supremo mosaico di concezione e metafora.
L’apparenza fisica e’ solo polvere, la sostanza non e’ l’estetica, la bontà, l’intelligenza, la premura spesso si nascondono in un qualcosa di non determinato…
Il regista mostra in questo film la falsità, l’arroganza della borghesia, occhio alle scene…
Tutte queste concezioni dunque si collegano divinamente con il film di Browning, per apprezzare a meglio “The elephant man” e’ ( a Mio avviso) indispensabile “esplorare” il “piano” sostanziale di “Freaks”, infatti tale pellicola e’ una sorta di “introduzione” al prodotto di Lynch…

“The elephant man” e’ una pellicola che dona al mondo della Cinematografia una icona importantissima: John Merrick…
Questa icona spiana divinamente la strada a concezioni “ultra visive”, di ragionamento esistenziale…

La pellicola del 1980 inoltre mostra allo spettatore la bontà del “mostro”, John Merrick nasconde tanta sensibilità; altre icone nel film (come i dottori e i “freaks” del circo) giocano una carta imprescindibile per l’economia del “piano” dottrinale della regia.
Il finale e’ pura drammaticità, in questo momento scoppiano nella mente diversi sentimenti di commozione; Lynch impeccabile ( a tratti cinico) “dipinge” il tutto con estrema drammaticità ed emozione… L’universo, le parole della madre di Merrick spingono la massa spettatrice in un vortice di immenso come quello dell’universo, scenario “idealizzato” per l’atto finale dalla regia…
Questa scena finale e’ il top…

“The elephant man” e’ un film abissale , la “maschera” di Merrick e’ la vera faccia degli altri finti buoni, l’apparenza, la retorica, la magniloquenza e’ un “costume” che nasconde la cattiveria, la “deformità” caratteriale…
Il “mostro” del film e’ il meglio, ma per questo mondo il tutto e’ troppo difficile da capire, il concetto dell’apparenza purtroppo non conosce decesso…

JOKER1926

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Ultima risposta 09/01/2009 21.02.03
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BlackNight90  @  13/09/2008 00:39:31
   9 / 10
Questo film è senza dubbio uno di quelli ke più mi ha colpito x la crudezza e il dolore ke riesce a trasmettere.
Si capisce subito ke Lynch è un regista fuori dal comune, la scelta del bianco e nero è azzeccatissima x sottolineare il grigiume di una società ke ha un continuo bisogno di fenomeni da baraccone da celebrare dietro lo sguardo ipocrita provocato dalla novità, dal diverso, ma ke in realtà nasconde il disgusto, come accade anke oggi.
La speranza è ke ci saranno sempre al mondo dei Frederick Treves onesti e generosi...
Bravo Anthony Hopkins ma soprattutto John Hurt a interpretare una commovente vittima della malattia e del destino.

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Ultima risposta 28/08/2009 15.40.01
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Federico  @  30/08/2008 17:35:03
   6 / 10
Mi aspettavo di più.

Sinceramente questo film mi ha pure annoiato. Non essendo un esperto di cinema non giudico la pellicola dal punto di vista tecnico ma semplicemete da quello che mi lascia dentro.
Se il film non mi ha emozionato è perchè ho trovato il tutto "artificiale" e poco credibile. Ecco, durante il film non ho mai avuto la sensazione di essere dentro a una storia vera, forse perchè


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Ecco, io non ho "creduto" a questo film che quindi non è stato in grado di emozionarmi.

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Ultima risposta 10/07/2017 16.02.37
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John Carpenter  @  15/01/2008 17:28:02
   8 / 10
Bellissimo film drammatico strappalacrime di David Lynch, uno dei miei registi preferiti.
I due attori Anthony Hopkins e John Hurt, i 2 protagonisti meritano di stare in quest'opera commovente, dalla fine dov'è impossibile non commuoversi.. una grande sceneggiatura per un grandissimo finalone da urlo.
Essenziale per chi ama il cinema.
Strano perchè è stato girato tutto in B/N... qualcuno mi può spiegare il motivo?

John.

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Ultima risposta 27/01/2008 10.47.19
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  28/12/2007 18:28:56
   8½ / 10
Dopo "Eraserhead", Lynch seguita a sviscerare la tematica della deformità e della diversità, trasponendo una storia vera, unica e tragica: quella di Joseph Carey Merrick, noto per una rara malattia deformante. Rispetto al suo primo lungometraggio, tuttavia, il regista americano non si sofferma sul profilo introspettivo del personaggio, mettendone in luce la dimensione interiore, psicologica, onirica e allucinata; ma pone lo spettatore di fronte ad una vicenda umana estremamente drammatica e commovente, nella quale la disgrazia dovuta al "Caso" o a un imperscrutabile disegno "divino" si somma a quella determinata dalla nequizia degli uomini, i quali per soddisfare i loro laidi desideri morbosi o per perseguire vili fini di lucro non si fanno scrupoli nel prendersi beffe e approfittarsi di una persona remissiva e indifesa. Fortunatamente Joseph (che nel film ha il nome di John) incontrerà il dott. Frederick Treves, il quale lo sottrarrà dalla realtà brutale della strada e gli donerà dei momenti felici, che fino a quel momento erano limitati al ricordo della mamma morta quando era ancora un bambino.
Ma esiste veramente la misericordia? Un altruismo puro? Un amore incondizionato, slegato da qualsiasi forma di tornaconto personale? E' ciò che sembra chiedersi Lynch quando il dott. Treves, al cospetto della moglie, con sguardo attonito e quasi atterrito afferma di non essere tanto diverso da coloro che si sono profittati dello sciagurato Joseph come fenomeno da baraccone, poichè anche lui si è prestato al "gioco" dello sfruttamento per conseguire titoli e meriti nel campo della ricerca scientifica.
In un mondo pervaso dalla morbosità (tema che verrà meglio analizzato in "Blue Velvet"), dall'egoismo, dalle angherie e dalla barbarie risalta l'animo nobile, raffinato e dignitoso di un uomo "imprigionato" in un corpo che "non gli è proprio" e che invece appartiene idealmente ai veri mostri: gli uomini cattivi.
Nonostante la differenza radicale (effettiva o solo apparente?) con la pellicola precedente, la sequenza finale quasi trascendentale, in cui il sogno sfuma nel trapasso, evoca l'incipit di "Eraserhead".
Molto appropriata la scelta stilistica del bianco e nero che, insieme ad alcuni momenti del film, sembra omaggiare alcuni classici della cinematografia, tra cui soprattutto "Freaks" di Tod Browning.

Il film è stato prodotto da Mel Brooks, il quale rimase particolarmente colpito da "Eraserhead". Questi, dopo aver visto il primo lungometraggio di David Lynch, ammise di non averci capito niente, ma fortunatamente riconobbe il genio del regista americano.

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Ultima risposta 28/12/2007 18.48.57
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teddy  @  01/09/2007 12:56:25
   10 / 10
un capolavoro,non c'è che dire,la storia sconvolgente e vera di un uomo la cui deformita lo rende ogetto di scherno derisione e maltrattamenti,ma un dottore interpretato magistralmente da anthony hopkins,gli rendera la vita più facile.l'uomo in questione è john merrick.la regia è raffinata e commovente,la scelta di realizzare il film in bianco e nero è stata geniale,poichè il film appare mille volte più agghiacciante e drammatico di come sarebbe stato a colori.bravi gli attori e bellissime le musiche.un CAPOLAVORO ASSOLUTO.

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Ultima risposta 28/12/2007 12.23.55
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CRISTIANO76  @  31/07/2007 10:42:46
   10 / 10
Ciao a tutti, sono nuovo....
...sono appena arrivato e già ho bisogno del vostro aiuto: qualcuno si ricorda con esattezza la frase finale del film?
"Mai, niente muore mai....
....
... il vento soffia
il cuore batte"

Mi manca la parte centrale, qualcuno può aiutarmi??
Grazie!

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Ultima risposta 31/07/2007 10.53.14
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Bukkake  @  13/04/2007 15:59:40
   9½ / 10
l'unico film di lynch che mi è piaciuto davvero,commovente.ottimo hopkins!!

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Ultima risposta 15/04/2007 18.58.28
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento thohà  @  10/04/2007 11:15:02
   7½ / 10
Già dall'inizio ci si sente protettivi verso questo uomo così vessato dalla natura e dai suoi simili.
"Questo capisce solo le maniere forti". - "Le conosce fin troppo bene".
Una società brutale, meschina e voyeuristica (da che esiste l'uomo è, putroppo, così) lo sfrutta e maltratta crogioladosi nell'orrore della sua visione e maltrattandolo come se non avesse anima o fosse privo di emozioni.
Dopo un po' non mi sono nemmeno più accorta delle sue deformità.
Capiterà anche al medico che lo avrà preso sotto le sue cure. Dapprima per 'studiarlo' e presentarlo ai colleghi come un essere incredibilmente senziente, malgrado mostruoso. Poi come amico, vero amico. Infatti, l'intelligenza, la dolcezza, la riconoscenza di John finiranno col conquistarlo.

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j.ascia  @  19/02/2007 15:30:51
   7 / 10
a dir la verità non mi ha entusiasmato granchè seppur riconosca essere un bel film

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giumig  @  31/10/2006 15:33:20
   8½ / 10
Stupendo, struggente, magistralmente diretto. Un vero capolavoro da vedere assolutamente. Un Hopkin giovane e bravissimo ed uno straordinario Hurt, sotto la guida di un irriconoscibile Lynch (almeno per come siamo abituati a conoscerlo), consegnano questa pellicola tra le migliori della storia del cinema.

"Tu non sei l'uomo elefante, tu sei Romeo"

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AleAle  @  26/10/2006 11:58:22
   9½ / 10
niente muore....le stelle passano...tutto passa...niente muore

film straordinario di lynch..con un senso..

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Ultima risposta 30/10/2006 16.16.33
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larcio  @  07/09/2006 15:41:01
   6 / 10
non mi è piaciuto tantissimo. certo il film è molto drammatico ma non coinvolge tantissimo lo spettatore...

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carisma  @  09/08/2006 17:54:58
   5½ / 10
carino, con un bravo Antony Hopkins, melodico ma molto costruito e contorto, flaccido nello svolgimento

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Ultima risposta 24/10/2008 10.55.13
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loveandpeace  @  03/06/2006 11:54:34
   6 / 10
l'ho visto perchè si trovava nella top 25, ma non la merita affatto, per me non va oltre la sufficienza, lynch ha fatto di meglio (vedi mulholland drive).

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Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  04/04/2006 21:03:59
   9½ / 10
Capolavoro assoluto, di una raffinatezza unica nel suo genere nel descrivere i personaggi e nell'accostarsi ad un tema delicatissimo. Superlativa la fotografia in bianco e nero, grande Hopkins. Piccola perla che parla dritta al cuore, per una volta senza la ricerca della lacrima facile.

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Ultima risposta 28/06/2006 06.03.29
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Invia una mail all'autore del commento alyssa.90  @  28/02/2006 23:35:15
   6 / 10
un film davvero commovente.. ma non vale + di 6 a mio parere

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Ultima risposta 05/02/2008 18.09.24
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tavullia86  @  24/02/2006 10:00:09
   6 / 10
il film secondo me non va oltre la sufficienza.....x carità il messaggio di fondo trasmesso dal regista è valido....ma sinceramente non ho visto un gran capolavoro....x esempio trovo improbabili alcune cose

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Ultima risposta 28/12/2007 12.33.12
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Gruppo COLLABORATORI martina74  @  23/02/2006 12:48:54
   10 / 10
The Elephant man racconta il destino di un uomo gentile imprigionato in un corpo di cui egli stesso ha paura (terribile per intensità la scena dello specchio), vittima non solo delle crudeltà di un “padrone” senza scrupoli che lo espone in un circo, ma anche della buona società londinese che lo guarda prima con curiosità poi con commiserazione.
Il povero John Merrick viene raccolto dal dottor Treves e curato con lo stato d’animo ambiguo di chi prova pena per un infelice e al contempo trova in esso uno strumento per accrescere il proprio prestigio professionale. L’ambivalenza è comunque presente in ogni personaggio del film: emblematica in questo senso è l’apparizione della principessa di Galles che concede all’ospedale che ospita Merrick un contributo per il suo mantenimento. La carità dei ricchi garantirà all’uomo un trattamento più umano ma c’è un grande sarcasmo in Lynch: a differenza degli spettatori del circo, l’alta società lava la coscienza dalla propria morbosa curiosità con un atto di carità. John rimane comunque uno spettacolo da baraccone, solo ospitato in un alloggio più decoroso.

Ma il dottor Treves, che all’inizio considera John un “completo idiota” muto e incosciente della propria deformità, è protagonista di una crisi di coscienza: in realtà il medico scopre che, imprigionata in quel corpo martoriato, c’è una mente sensibile, paralizzata dallo stesso terrrore del proprio essere e dell’effetto che il suo aspetto provoca sulle persone. Treves si chiede, dopo aver messo in mostra Merrick, “am I a good man, or a bad man?”. L’aver salvato la povera “creatura” dall’aguzzino non l’ha semplicemente reso vittima di un pubblico più elegante ma con le stesse curiosità?
La presa di coscienza e il discorso dell’infermiera che si prende cura di John cambiano il suo punto di vista: solo mettendosi sul suo stesso piano, potrà capirlo e provare affetto per lui. Non è un caso che le uniche persone che aiutano davvero John senza provare compassione per il suo aspetto siano gli altri “mostri” del circo in cui viene nuovamente fatto prigioniero: persone che vedono e comprendono, provandola, la sua sofferenza.
Su tutto spicca la figura dello stesso John, trattata con crudele delicatezza: una crisalide informe che nasconde un animo nobile, una straordinaria sensibilità, una fantasia tale da fargli costruire il modello di un’intera cattedrale potendo vedere solo la cuspide del campanile, ma soprattutto la capacità di cambiare le persone che sanno “vedere” la sua vera natura.

Lynch esemplifica in modo straordinario ed estremo come sia necessario guardare “oltre” per comprendere. E lo fa con un film che non è solo ricco di emozioni, ma anche costruito con grande raffinatezza visiva e supportato da una colonna sonora bellissima ma non invadente, che culmina nell’Adagio di Barber che accompagna il finale onirico [e qui fazzoletti… ma tanti!].
Splendido.

“You are not an elephant man: you are Romeo.”

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Ultima risposta 11/10/2007 17.16.40
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Invia una mail all'autore del commento Andre82  @  23/01/2006 23:11:05
   6½ / 10
Visto ora non mi ha fatto una grande impressione, visto che la tematica dell'indifeso che commuove è stata ripresa parecchio e realizzata in modo migliore (un film comunque "datato" a proposito è il grande "Edward mani di forbice", che ho preferito di gran lunga a questo). L'ho visto con personaggi un po' troppo "prototipi", non caratterizzati benissimo, ma soprattutto in alcuni punti è troppo lento. Poi il finale che tanto è piaciuto, personalmente, non mi ha particolarmente colpito ed entusiasmato.

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Ultima risposta 11/10/2007 13.13.00
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Invia una mail all'autore del commento cinefilo malato  @  09/12/2005 13:04:35
   10 / 10
Strepitoso, travolgente e commovente!
Un po' ci si sente in colpa, quando, dopo venti minuti di pellicola si pronunciano le parole magiche "Ma *****, ce lo fai vedere o no 'sto uomo elefante?"...

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Ultima risposta 03/04/2006 20.29.02
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ruggeroerre  @  04/11/2005 21:03:20
   10 / 10
un vero capolavoro. commovente e mai banale. metto il dieci perchè è pieno di idioti che abbassano la media di questo bellissimo film

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Ultima risposta 09/12/2005 13.02.56
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daniele10  @  02/11/2005 16:04:48
   5 / 10
Film stereotipato di facile inpatto sul pubblico di 25 anni .

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Ultima risposta 24/10/2008 11.00.24
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F150  @  01/11/2005 22:34:17
   7 / 10
un buon film anche se il bianco e nero lo imbruttisce un po'

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Ultima risposta 05/08/2007 15.39.09
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Tuko  @  21/09/2005 18:45:39
   10 / 10
commentato già in maniera esaustiva, giustifico il mio 10 con poche parole: sarebbe d'attualità anche visto fra 100 anni (purtroppo)
forse il film piu universale che abbia mai visto.

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Ultima risposta 24/09/2005 18.32.47
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la mia opinione  @  09/08/2005 23:14:32
   9 / 10
Film da top secondo la mia personale opinione. Questo molto molto bello, pieno, ricco.

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Ultima risposta 11/11/2005 13.23.19
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento goat  @  16/06/2005 17:19:34
   10 / 10
se i film si valutassero solo sulla base delle emozioni che suscitano una scala da 1 a 10 a questo andrebbe stretta,lynch invita tutti alla riflessione con un film che è un pugno nelle stomaco e commuoverebbe anche un blocco di marmo.riguardo al resto hopkins è molto bravo e trovo perfetta la scelta del bianco e nero perchè rende il film ancora piu' duro,esalta la storia e permette di focalizzarsi al meglio sulle emozioni,punto nodale dell'opera

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Ultima risposta 04/10/2006 16.07.46
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silvhia80  @  08/06/2005 22:27:09
   8 / 10
Tra quelli che ho visto in top ten è il piu ambiguo perchè alla fine non ho capito quando appare il volto della madre cosa volesse dire in realtà perchè penso che ci sia qualcosa di piu' profondo che magari non riesco a cogliere, penso altresi' che i migliori film di Lynch erano questi e non i trillerinetti che fa adesso

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Ultima risposta 26/09/2011 21.46.36
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mtt  @  29/05/2005 19:50:28
   5 / 10
Film piuttosto deludente. Bravo Hopkins, ma non è una novità.

Matteo

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Ultima risposta 11/10/2007 13.18.19
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benzo24  @  23/05/2005 19:32:30
   10 / 10
Se questo non è un capolavoro non so proprio cosa potrebbe esserlo.

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Ultima risposta 21/11/2009 17.58.03
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lupocattivooooo  @  09/05/2005 13:43:02
   8 / 10
Impressionante come la ( purtroppo ) cruda realta'.
Chiedo agli esperti.
Scusate...ma non si chiamava Joseph Merrick ?


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Ultima risposta 09/05/2005 14.25.29
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Blackout  @  06/05/2005 19:26:48
   9 / 10
Un film capolavoro.....

John Merrick non può essere curato perchè è perfetto....non ha bisogno di aiuto ne di assistenza è la gente che ha bisogno delle sue cure....è la gente che ha bisogno di lui...è lui che si concede senza chiedere niente in cambio...è lui che guarisce le persone...è lui che pur essendo superiore ha comunque voluto essere normale....

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Ultima risposta 07/06/2005 23.12.32
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Fidelio  @  20/04/2005 20:50:40
   10 / 10
Un capolavoro.L'ambizione di un uomo di assomigliare ad una razza,quella umana,che dietro gentili spoglie non'è meno bestiale di quanto lo sia l'aspetto fisico del protagonista.Ma non'è l'aspetto a fare eccezionale una persona.John Merrick non lo sa: il suo cuore non'è capace di odiare,egli stesso non sa difendersi,è preso di mira da quelle stesse persone "normali" a cui ambisce tanto diventare.Recuperato in situazioni pietose,s'accorge di essere amato dai suoi cosiddetti "amici" , e scopre per la prima volta cosa significa.Stupendi alcuni dialoghi,sembra di assistere quasi ad una favola di Oscar Wilde non tanto per la morale,quanto per il taglio reale che assume la faccenda:quante volte ci siamo trovati di fronte a situazioni del genere?
Quanta importanza sta assumendo il sapersi difendere nella società d'oggi?
Tantissimme domande scaturiscono dopo la visione di questa perla indimenticabile che ci regala David Lynch per dirci implicitamente che,la vera stranezza per un essere umano ,non'è legata al suo aspetto,ma alla sua capacità d'amare.Indimenticabile.

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Ultima risposta 17/02/2007 14.27.25
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guitarvenne  @  20/04/2005 18:26:13
   10 / 10
Per certi versi un capostipite.
Oltre a trovarmi d'accordo con i commenti precedenti (fra tutti quoto cash e lot) vorrei sottolineare la complessità del personaggio interpretato da Hopkins, il quale si pone l'annosa questio: Dove termina il bene e inizia il male?
In un film in cui è presente una riflessione simile il buonismo non trova spazio; ma quel grumo di sentimento che si blocca in gola è indice di qualcosa di molto più profondo: è il sintomo di un messaggio che, volenti o nolenti, recepiamo nella nostra matrice.

Ho guardato questo film come si ascolta una fiaba meravigliosa.


F.

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Ultima risposta 26/04/2005 20.54.48
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dragonfly  @  14/04/2005 21:15:26
   10 / 10
Questo film non poteva mancare in top 25. Un capolavoro assoluto, fatto di dettagli, di raffinatezze, trascinato da una grande fotografia (che personalmente ritengo un punto di forza del film, anche se molto criticata dalle masse). Film commuovente, ma senza quel buonismo che in genere contraddistingue i film americani (e spesso anche quelli inglesi). Film di denuncia, ma senza orpelli e colpi bassi. Film, infine, che fa parte della storia del cinema, sia per il trucco (impeccabile) che per le sensazioni che sa trasmettere a qualunque tipo di spettatore. Sensazioni che solo un capolavoro può trasmettere.

Salutissimi, dragon.

p.s. Il mio Parma sta soffendo contro il Vienna, ma solo il fatto di votare un film così libera la mente da ogni preoccupazione. Ad ogni modo forza crociati!

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Ultima risposta 05/05/2005 19.20.49
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Gruppo REDAZIONE Invia una mail all'autore del commento cash  @  17/11/2004 14:00:02
   10 / 10
Non mi lancerò in analisi più o meno intricate, volte a dimostrare la bellezza di quest'opera; impossibile imbrigliare un'emozione. la poetica lynchana c'è tutta, con la sola differenza che questa volta il perturbante è incarnato in un uomo (john), e il sogno lucido di lynch trasfigura nell'incubo reale dell'uomo orrendamente storpiato. Penso che sotto questo punto di vista sia molto di più che una semplice favola su un freak, e che non possa essere più lontano dalla scialba morale alla Sclavi. C'è un filo logico che lega Elephant man ad ereaserhead; il perturbante è in questo film dominatore assoluto, in elephant assume dimensioni umane per poi liberarsi e sottendere qualsiasi tipo di costruzione "illogicamente lucida" dei successivi lavori di Lynch. Chiaro? No.

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Ultima risposta 19/11/2005 13.15.13
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