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Jiri Barta si innesta nel solco tracciato dal maestro Jan Svankmajer facendosi a sua volta notevole esponente dell' animazione in stop motion proveniente dalla ex Cecoslovacchia. Utilizzando un sonoro piuttosto aggressivo (tipico di queste produzioni, come il ripetersi ossessivo di alcune situazioni) in questo corto dà vita ad un gruppo di manichini che abbandonati in un vecchio magazzino si comportano come esseri umani, impegnati in gesti comuni reiterati all'infinito come il recarsi al lavoro o il cucinare. Questi vedranno la loro immutabile quotidianità messa a repentaglio dall' arrivo di alcuni loro simili, più moderni e soprattutto allineati ai tempi attuali. Lo sguardo di Barta è critico nei confronti di uno scontro generazionale in cui il consumismo e l'apparire divorano ogni buona maniera finendo col miscelare i due stili di vita in quello che è un conformismo anestetizzante. Allo stesso tempo sembra non eleggere come modello di vita assoluto quello passato, con ruoli e schemi troppo rigidi , dimostrandone le debolezze davanti alla novità. Interessante riflessione sull'evoluzione di usi e costumi "The club of the laid off" è ammirevole esempio della corrente cinematografica di cui sopra.
Ancora più di Disc Jockey viene evidenziata maggiormente questa continua ripetizione di azioni e rituali che si tramanda di generazione in generazione, consumando una discesa verso l'alienazione esistenziale. Ancora peggio quando quando vecchio e nuovo si ipnotizzeranno davanti ad un apparecchio televisivo, disciplinati e conformisti.