soy cuba regia di Mikhail Kalatozov Cuba, Russia 1964
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soy cuba (1964)

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locandina del film SOY CUBA

Titolo Originale: SOY CUBA

RegiaMikhail Kalatozov

InterpretiBetty Luz María Collazo, José Gallaro, Sergio Corrieri, Mario Gonzales Broche, Raúl García

Durata: h 2.21
NazionalitàCuba, Russia 1964
Generedocumentario
Al cinema nell'Ottobre 2005

•  Altri film di Mikhail Kalatozov

Trama del film Soy cuba

Realizzata da Mijail Kalatozov questa super produzione sovietico-cubana illustra l'evoluzione di Cuba dal regime di Batista alla rivoluzione di Fidel Castro. Girato nel 1964, all'inizio della guerra fredda, questo film di propaganda ferocemente anti-americano denuncia il capitalismo e le sue conseguenze disastrose sull’isola caraibica. Messo al bando dalle autorità cubane e sovietiche, Yo soy Cuba fu riscoperto da Scorsese e da Coppola negli anni '90, e acclamato per le sue grandi qualità cinematografiche che testimoniano il lavoro dell’avanguardia sovietica.

Film collegati a SOY CUBA

 •  SOY CUBA, IL MAMMUTH SIBERIANO, 2005

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Voto Visitatori:   7,79 / 10 (7 voti)7,79Grafico
Voto Recensore:   8,50 / 10  8,50
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Voti e commenti su Soy cuba, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  22/01/2024 13:10:40
   8½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Il bro aveva finito la pellicola e allora ha deciso di girare solo il master di ogni scena.

Scherzi a parte, "Soy Cuba" è un film incredibile per la sua realizzazione, difficile sapere da dove cominciare a descrivere un'opera così all'avanguardia tecnicamente per il periodo, lo spettatore ancora oggi rimane stupito e anche un po' spiazzato nel cercare di capire come Kalatozov ha realizzato i suoi pianisequenza, è un film che colpisce estremamente la memoria visiva, a giorni dalla visione ancora ho in testa quella scena del corteo funebre che scorre per le vie della città in onore dell'eroe della rivoluzione, con la camera che prima è tra la folla e si alza leggiadra, arriva ai piani alti di un palazzo e poi vola sopra tutto il corteo, parliamo di un miracolo di tecnica, quantomeno per la difficile realizzazione.
Kalatozov prende la lezione dei suoi predecessori delle avanguardie sovietiche, la assimila e la modifica a suo piacimento, realizzando delle sequenze che da un lato rimandano al cineocchio di Vertov per la verosimiglianza che vuole dare alla forma, andando anche dalla parte di Bazin e del suo montaggio proibito, che l'autore sembra voler evitare - nel senso che sposa la sua teoria - svolgendo l'azione in contemporanea nei vari piani e senza artefatti di montaggio - in realtà spesso e volentieri ricorre alla panoramica a schiaffo, che sarebbe un modo furbo, ma visivamente stupendo, di spezzare l'immagine dando comunque l'impressione di restare nello stesso piano spaziale e temporale - , allo stesso tempo piega questo stile realistico a delle sequenze fortemente ideologiche e dall'enorme componente empatica che cerca di trasmettere allo spettatore, riprendendo l'archetipo del cinepugno di Ejzenstejn.
E tramite quest'ultimo elemento colpisce nel profondo, con una suddivisione che sembra quasi ad episodi, realizza un film corale che almeno per la prima parte narra dei disastri del regime dittatoriale a stampo capitalistico nella Cuba pre rivoluzione. Se la prima storia ha un sottofondo ben più ironico e dissacrante, con questa colorita rappresentazione degli americani venuti a Cuba in cerca di divertimenti futili, fantastica al proposito la sequenza del ballo così caotica da far venire una sensazione di repulsione, con quei primi piani dai sorrisi forzati, quel divertimento rivestito da un forte strato di convenzionalità, la seconda parte prende risvolti molto più drammatici, con la storia di questo contadino che ha lavorato per anni la terra e si è costruito una casa col sudore e il duro lavoro a cui viene portato via tutto per l'acquisizione di una multinazionale, l'uomo dilaniato dalla rabbia si sfogherà in un impeto distruttivo dando fuoco a tutti i terreni e alla stessa casa dove viveva, con la camera che va di pari passo al suo stato emotivo, girando all'impazzata come la falce del contadino, con quelle panoramiche a schiaffo che diventano l'occhio della disperazione, e poi la morte di crepacuore, con una soggettiva che ricorda la morte di Boris su "Quando volano le cicogne", dopo aver comunque risparmiato il cavallo dalla sua ira, nel segno di una grande bontà d'animo, nonostante tutto.

Lo sviluppo successivo invece è una narrazione molto personale dei prodromi della rivoluzione, fatta di microstorie, come quella di Enrique, uomo dal cuore d'oro vittima della rivoluzione, ma anche quella di Mariano, dallo spirito pacifista ma che per istinto di sopravvivenza, prima degli ideali, imbraccerà il fucile per combattere il regime nelle montagne cubane, ma le microstorie procedono parallelamente alla crescente volontà popolare, una partecipazione sempre più sentita da parte del popolo cubano alla ricerca della libertà, una presa di consapevolezza che segnerà la storia di una nazione.

Kalatozov unisce ideologia e una tecnica straordinaria in un'opera che stupisce per quanto riesce ad essere bella visivamente, tra i pianosequenza e le silhouette, fotografate così perfettamente, oltre a qualche raro momento più onirico, dettato dalla forte emotività a cui sono sottoposti i personaggi. Semplicemente straordinario e menomale che Scorsese e Coppola hanno riscoperto l'opera e datogli il giusto plauso.

7219415  @  13/10/2020 20:20:05
   7 / 10
Bel documentario, fotografia da paura

Oskarsson88  @  31/08/2020 15:38:16
   9 / 10
Questo film mi ha sorpreso enormemente, soprattutto per lo stile all'avanguardia, mi sembra incredibile che risalga agli anni 60. Le riprese sono spesso di lunghi e vorticosi piani sequenza da posizioni impossibili e con scatti da una parte all'altra veramente imprevedibili, il contrasto è aumentato all'inverosimile grazie all'uso dell'infrarosso e l'uso stilistico della camera stessa, spessissimo obliqua, e del sonoro accattivante e penetrante, così come alcune transizioni, rendono questo prodotto memorabile. Oltre a ciò, si apprezzano anche le storie frammentarie che uniscono i personaggi in una Cuba povera e pronta a fare la rivoluzione contro le minacce dell'America e del capitalismo. Una vera e propria sorpresa!

Invia una mail all'autore del commento Suskis  @  08/02/2019 23:48:40
   7½ / 10
Potenzialmente questo film incredibile avrebbe potuto essere un capolavoro indiscusso della storia del cinema. Già l'idea dell'Unione Sovietica che arriva a Cuba per cantarne la rivoluzione pareva promettere qualcosa di memorabile e, in parte lo è stato. Però, forse il desiderio di raccontare il prima possibile questa rivoluzione, o forse l'estrema fiducia nell'ideale che muoveva questo progetto, hanno dato alla luce un film sì visivamente eccezionale, ma anche profondamente stucchevole ed alieno al mondo che pretendeva di illustrare. Il regista Kalatozov è rimasto schiacciato dalla grandiosità delle immagini del direttore della fotografia Urusevsky. E se tutt'ora più di un piano sequenza di questo film (oltre 50 anni dopo la sua realizzazione) lasciano a bocca aperta per la loro modernità, i dialoghi, la lentezza e quella terribile pesantezza tutta russa, lo rendevano già vecchio alla sua uscita nei cinema.

WongKarWai  @  20/04/2011 11:40:43
   8½ / 10
Film-documentario fantastico, con dei virtuosismi tecnici incredibili, forse un po' fini a se stessi ma che fanno ugualmente innamorare, così come la curatissima fotografia. Cercate anche "Quando volano le cicogne" dello stesso regista, un autentico genio.

dagon  @  11/10/2009 22:08:47
   7 / 10
Vale la pena di vederlo non foss'altro che per la sconvolgente maestria tecnica con cui è girato. Fotografia in b/n clamorosa ma, soprattutto, dei piani sequenza incredibili (primo fra tutti quello alla manifestazione/funerale, con la camera che sale dalla strada, costeggia un palazzo, entra in una fabbrica di sigari all'ultimo piano, esce dalla finestra e prosegue sospesa nel vuoto), tanto più se si considera che il film è stato girato nel '64!!

Invia una mail all'autore del commento logical  @  16/10/2005 13:20:47
   7 / 10
Essere visionari e servire uno stato non è sempre così facile, specialmente se ci si sente più vicini alla Nouvelle Vague che a Leni Riefenstahl o a Eisenstein. Il film inizia con una straniata voce narrante, quella di Raquel Revuelta che assomiglia in modo incredibile a quella di Mercedes Sosa, la grande cantante argentina; il mito dell'isola che parla e commenta con il tipico respiro tragico dell'anima russa è merito di Yevgeni Yevtushenko ma la forza delle immagini, la qualità del montaggio e l'uso violentissimo del sonoro sono i motivi per cui si deve decidere di consegnare due ore e ventuno al partito. Non c'è una storia ma piuttosto il sovrapporsi a nuclei di piccole parabole che si fondono nelle varie tragedie del consorzio umano, lo sfruttamento, il povero, l'operaio, lo stuidente e di là dal fiume, il padrone, il capitale, l'Impero del Bene o del Male. Ma la logica dei blocchi e dellla guerra fredda non riesce a distrarre il regista dall'estetizzazione del conflitto; solo un'immagine: il rivoluzionario cade dalla finestra colpito a morte insieme ai suoi fogli ciclostilati che invitano alla rivolta contro il tiranno; in un silenzio irreale, tra la folla che si fa largo attorno alla sagoma del corpo immobile e perfetto, i fogli non raggiungono terra e lentamente, senza fretta, rimangono nell'aria come i fiori di ciliegio nelle stampe giapponesi, ombre su ombre sulla folla e sulla piazza. Grande uso del grandangolo, delle distorsioni, della camera a spalla... "c'è più innovazione in una sua singola sequenza che negli ultimi cinque anni di cinema contemporaneo messi insieme." (Jamie Russel, BBC) dicono le fotocopie che vengono date in omaggio al cinema per farsi compagnia durante il film. La libertà non è al servizio di nessuno, e infatti anche la pura propaganda ha dovuto aspettare trent'anni per farsi rivedere. Grazie agli yankees pentiti, questa volta.

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