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Primo lungometraggio di Gaspar Noè. Una pellicola cruda, potente, disperata. Pochi dialoghi, ma sono onnipresenti i monologhi interiori del protagonista. E quando alla fine sembra esserci un minimo di redenzione, ecco che si sprofonda nel buio.
Sicuramente un film molto intenso, diretto con grande maestria, dove la sceneggiatura riesce a scandagliare la psiche sofferente del personaggio. Il macellaio è una figura credibile, uno dei tanti poveracci che affollano le nostre strade, che non sanno dove sbattere la testa. Quand'è che cominceremo ad aiutare anche gli ultimi?
Visto tempo addietro non posso che confermare la media film ed i commenti degli altri utenti che sottolineano diversi aspetti per cui e' indubbiamente un film da vedere. Non mi dilungo oltre perche' non sarei preciso, ma invito a leggere i commenti di chi mi ha preceduto. Propedeutico alla visione di questo film, consiglio anche "La carne" (40/45 minuti la durata)
Introspettivo come non mai, duro e crudo nella parole, ma quanto cavolo è veritiero questo film!? Sarà dura da digerire, ma......purtroppo ahimè è così...sono trascorsi 20 anni dall'uscita di questa pellicola e lo trovo più recente che mai. Primo lungometraggio di Gaspar Noè e ci và giù subito molto pesante. "Seul Contre Tous" è un vero e proprio sfogo da parte di Gaspar Noè che ha anche scritto questo film. Certo uno sfogo tutto pessimistico, violento, perverso, una forte critica alla politica, alla società e alle sue leggi. Ci vuole far capire attraverso il personaggio del macellaio, interpretato da un ottimo Philippe Nahon, come noi esseri umani (in particolar modo ci si riferisce alla fascia debole, i poveri) siamo solo dei burattini manovrati da tutte le cose che ci mettono in testa fin da quando veniamo al mondo dagli uomini di potere, di chi ha i soldi, dai ricchi...insomma in parole povere, perchè devo credere che una cosa che mi piace e mi fa star bene sia sbagliata perchè è il mondo che mi ha imposto di pensare che quella cosa sia sbagliata!? Inoltre il film è talmente pessimista che non ti lascia neanche un barlume di speranza..la vita andrà avanti così punto e basta. Le famiglie ricche, i figli dei ricchi e così via, saranno loro sempre ad avere in mano questo mondo, il potere.....noi poveri (perchè mi ci metto in mezzo anch'io) dobbiamo solo adattarci...subire subire e subire...e purtroppo magari prima o poi fare una brutta fine di cui in realtà a nessuno fregherebbe niente...è dura da accettare ma è la sacrosanta verità... Gran film, semplicemente vero.
Se il regista avesse unito "Carne" con "Seul contre tous" in 1.45 minuti o più, tagliando qualche scena poco influente secondo me sarebbe venuta fuori una pietra miliare. La mancanza di un filo conduttore viene colmata nei primi 10 minuti in cui il regista spiega cosa è successo al macellaio attraverso immagini della pellicola precedente. Personalmente lo ritengo un ottimo film da vedere, molto disturbante, malinconico e con un senso di insoddisfazione generale decisamente attuale nonché un finale fuori da ogni logica morale a cui siamo abituati.
Film strano (il regista è Noè, lo conosciamo), cattivo, violento, una discesa nella follia, una sorta di Taxi Driver. Una grande denuncia anche alla società e al capitalismo. Ottimo il montaggio, la regia, le interpretazioni.
Visto e rivisto, unico nel suo Genere, introspettivo come mai e durissimo....giustamente pessimista ma non direi nichilista: un film che parla anche d'Amore scavando senza anestesia nella rocciosa psiche del protagonista. Non do 10 per quel pelino di introspezione che è mancata nei personaggi attorno (sempre che ce ne fosse bisogno, ma qui siamo a livelli sublimi) è spiazzante come si deve
Difficile commentare questo lavoro. Originale sicuramente, one man show sicuramente (il protagonista è fantastico), Malox per digerirlo sicuramente. Nichilismo a tonnellate, poca speranza ragazzi.
Nel mondo alienante della modernità consumista, l'unica ribellione può essere solitaria. Il protagonista disprezza tutta la società. Misogino, misantropo, omofobo, xenofobo...
Il protagonista arriva a violare il tabù supremo dell'incesto, un tabù universale che preesiste all'unità stessa.. Qui sarebbe interessante ricordare Freud,
Un film crudo e potentissimo, girato benissimo da Gaspar Noè. Imperdibile.
A metà fra "Angst" e "Taxi driver" il primo lungometraggio di Gaspar Noè è una bomba di brutale nichilismo e odio , 90 minuti intensi ed estremi che metteranno a dura prova i nervi e la mente anche dello spettatore più abituato a questo tipo di pellicole. Il tema principale di "Seul contre tous" è il mal di vivere , e il regista nel suo consueto stile fuori dagli schemi ci conduce nel malessere di quest'uomo fino ai più nascosti recessi della sua personalità , in un continuo monologo fatto di violenza , razzismo , perversione e sofferenza che destabilizza non poco. Oltre alle parole e alle invettive del "Macellaio" l'opera si compone anche di violenza visiva di grande impatto e come nel successivo "Irreversible" Noè non ci risparmia nulla sbattendoci in faccia almeno due scene da dolore fisico ed epidermico , strazianti fino all'eccesso. Ovviamente il regista argentino non è uno sprovveduto e le sue opere non sono mai una gratuita sfilza di nefandezze e il titolo in considerazione non fa eccezione; certo ognuno è libero di interpretare il film a modo suo ma il messaggio del cineasta arriva chiaro anche se non condivisibile al 100% da chiunque. Una pellicola dunque scomoda e non per tutti , che coniuga cattiveria , risentimento e dolcezza (si nel finale ci sarà spazio anche per questo sentimento...per qualche secondo) in un modo unico e personale che conferma la grande vena di questo cineasta sudamericano.
Torna il macellaio senza nome già protagonista del mediometraggio "Carne". "Seul contre tous" riprende dove si era interrotto il precedente lavoro di Gaspar Noè fornendo un breve riepilogo dei fatti precedenti. Il macellaio sta per diventare nuovamente padre e cerca lavoro. Insofferente al clima instauratosi con la nuova compagna e la di lei madre ne combina un'altra, costretto alla fuga raggiunge la rassicurante (almeno per lui) banlieue parigina con pochi franchi in tasca. Qui pensa di svoltare, magari trovando un impiego grazie alle sue vecchie conoscenze. Ed invece ogni porta alla quale bussa resta chiusa alle sue richieste, o abitata da un volto ostile che più o meno garbatamente gli fa capire che non c'è più posto per lui. Montano il pessimismo prima, poi la rabbia, scatenate in un continuo flusso di pensieri recitati da una voce narrante capace di vomitare odio e nichilismo a tonnellate. L'uomo possiede una pistola e tre proiettili, giunto al punto di non avere nemmeno gli spiccioli per un tozzo di pane decide di passare all'azione estrema. La sua disperazione trova terreno fertile per attecchire nei solchi del razzismo più becero, nella misoginia, nell'omofobia e in un classismo in cui l'odio per i benestanti si tramuta in insana ferocia. Qualunquista nella distorta forma mentis, incarna quella parte di società emarginata e spogliata della propria dignità, variante imprevedibile e malata in seno ad un sistema altrettanto malandato di cui è terribile prodotto. Gli resta una figlia affetta da probabile autismo a rappresentare il suo ultimo legame con la vita. Dopo averla abbandonata in un istituto comprende di avere delle responsabilità; farla sparire da quel mondo che le promette solo sofferenza o proteggerla da ciò che nemmeno lui riesce a contrastare? Noè dipana il dubbio attraverso un epilogo moralmente disdicevole eppure incredibilmente poetico. Tra l'altro ingegnosamente anticipato da un avviso allo spettatore, in cui si concedono trenta secondi per lasciare la sala prima dell'imprevedibile quanto "pericolosa" chiusura. Si consiglia vivamente di restare.
Seul contre tous non è solo un film. È una riflessione sulla vita, su che cos'è la morale, l'uomo, l'amore, il sesso. E non dice un'opinione, non si immedesima in un punto di vista. Dice la verità assoluta, che ci faccia comodo o meno. Che siamo borghesi od operai. Francesi o italiani. Uomini o donne. Bambini o adulti. Nahon (eterno) non parla quasi mai perché per parlare è necessario non essere soli. Il suo è un soliloquio di un'anima abbandonata, sconfitta, sola. Irripetibile e indelebile.
"Ognuno difende il suo pezzo di carne, nessuno fa niente per nessuno.., le persone sono come gli animali, gli vogliamo bene, li sotterriamo, ed è finita."
Un incessante turpiloquio interiore contro sé stesso, gli altri, la Francia, la vita, tutto. Avevo detto per Noè, a proposito di Enter the void, che un capolavoro in carriera era quotato basso, non sapendo che il capolavoro l'aveva già fatto: eccolo qui, Seul contre tous. Un film maledetto e sconveniente, osteggiato da tantissimi problemi di produzione ma, come il nostro macellaio senza nome, capace di sopravvivere alle intemperie di un mondo esterno che vorrebbe continuare a dirci che tutto è rosa e felice. Philippe Nahon, costretto a lavorare in condizioni di scarsità di mezzi, tira fuori un'interpretazione intensa e rabbiosa, in un ruolo, per giunta, che avrebbe fatto impazzire chiunque. Negli ultimi 20 minuti un avvertimento: ATTENZIONE, AVETE 30 SECONDI PER STACCARE LA PROIEZIONE DEL FILM. Probabilmente avrebbero dovuto avvisarmi di stare per vedere tra i minuti più intensi e pazzeschi del cinema moderno: il monologo si fa sempre più incalzante e delirante, fino a raggiungere le forme del flusso di coscienza; prende forma la morale del macellaio, a danno dell'etica comune che viene violentata. L'abbraccio con il Canone in re maggiore di Pachelbel è di una poesia e potenza che alla maggior parte degli autori viventi sarà sconosciuta per sempre. Noè messia.
Quasi ogni immagine, ogni frase è come uno schiaffo. Incapace persino di sorridere ormai, Seul detesta tutto e tutti. Ne ha passate troppe. Pochi i dialoghi, molti i pensieri e le riflessioni tutte pessimistiche, cattive. Seul non ha più sogni, speranze o affetti, ma deve pur vivere. "Le persone sono come animali. Gli vogliamo bene, li sotterriamo ed è finita. E' la prima voltas che me ne rendo conto". Questa è la sua visione della vita e della morte. "Se dovrò essere cattivo per sopravvivere lo sarò. Un vero figlio di put... Ne sono capace". "Vivere è un atto egoista. Sopravvivere è una legge genetica".
"...Però i ricchi non vengono mai arrestati. Uno su due ogni 10 anni al massimo. Il carcere è per i poveri e le leggi per i ricchi. I poveri non possono rubare ma solo farsi rubare. E sono i borghesi come questo che si possono prendere i nostri soldi, la nostra dignità e felicità in assoluta legalità". Come smentire questa riflessione? Questa è filosofia e questa è la verità da quando esiste l'uomo.
Film amarissimo, nudo e crudo. Scene da brividi nel cuore. Il finale: una diga che salta in aria. Non rimane che vederlo.
"... alla fine i vecchi lo sanno bene. Una piccola vita, piccoli risparmi, piccola pensione e poi... piccola tomba. E tutto questo non serve a niente, proprio a niente. Anche avere figli. Quando i genitori non hanno niente da dargli li mettono in un istituto affinché crepino soli ed in silenzio. Però ai figli non gliene importa un corno. L'amore di un figlio è un mito. Tua madre la ami fin quando ti allatta. E tuo padre fin quando ti dà i soldi. Ma quando i seni della madre sono secchi, quando le tasche del padre sono vuote, l'ultima cosa che resta è metterli in un armadio sperando che muoiano subito e a poco costo. Così vanno le cose. E' la legge della vita. Solo quando c'è l'eredità i figli simulano di essere amabili. Ma quando l'unica eredità è una gelatiera o una televisione non vale neppure la pena di simulare...".
Un "Taxi Driver" ancor più potente, spietato e deprimente, cronaca fin troppo verosimile di un uomo maledetto sin dal primo giorno della sua venuta al mondo. Realtà dura e cruda di un individuo nato per perdere e soffrire in silenzio, completamente anonimo al mondo che lo circonda, pieno di rabbia, frustrazione e rimorsi, vissuto in un continuo di sfortune e scelte sbagliate, condannato al fallimento completo qualsiasi cosa faccia, dica o pensi. Eccellente attore protagonista, regia secca, freddissima e quasi documentaristica, sceneggiatura, da ribadire, spietata e anche troppo realistica (tutto il film e' praticamente un monologo interiore di pensieri e ragionamenti repressi).
Uno dei rari casi in cui si vede senza nessun mezzo termine la mediocrità dell'individuo qualunque che ha vissuto nella mer.da e che morirà nella mer.da. Gli ultimi minuti vi faranno letteralmente sbiancare (ma il regista si prende la briga di avvisarvi in tempo di quanto state per vedere... e lo spettatore dai nervi poco saldi farà meglio a dargli ascolto).
Definirlo scioccante sarebbe solo un pallido eufemismo. Preparatevi.
Meriterebbe di più, ma non voglio osare. A farlo mi sentirei uno schifo.
"Nasciamo soli, viviamo soli, moriamo soli. Soli. Sempre soli. Ed anche quando scopiamo siamo soli. Soli con la nostra vita, la nostra carne. E' come un tunnel impossibile da condividere. E quanto più invecchiamo più siamo soli, di fronte al ricordo di una notte che si distrugge lentamente. La vita è come un tunnel ed ognuno ha il suo piccolo tunnel. Però alla fine del tunnel non c'è neanche una luce. Anche i ricordi se ne vanno alla fine. I vecchi lo sanno bene... una piccola vita, piccoli risparmi, una piccola pensione. E poi una piccola tomba. E tutto questo non serve a niente."
Micidiale. Immenso. Questi sono i primi aggettivi che mi vengono a mente per questo incredibile lungometraggio di esordio di Gaspar Noè. Un viaggio sconvolgente ma decisamente emozionante che ci mette faccia a faccia con la solitudine più profonda, con la totale mancanza di speranza, nel buio totale. E' la storia di un uomo che ha perso tutto: famiglia, lavoro, soldi, dignità. Ha perso. Punto. E' uno sconfitto. La vita lo ha annientato... e così lo vediamo sprofondare nella depressione più cupa, coltivando una rabbia gigantesca nei confronti del mondo, dell'altro, della Vita. Non c'è più luce, non la vede. Non c'è più bellezza, soltanto lo schifo di fronte ai suoi occhi. L'odio.
Però non parla quasi mai, raramente agisce. Il film va avanti soltanto attraverso i suoi pensieri. E' tutto un continuo monologo interiore in voice-over, di una intensità allucinante. Siamo intrappolati nella sua mente, a sua volta intrappolata in un vortice di disperazione. Tutto è narrato in soggettiva, attraverso il flusso di coscienza di un perdente, che non vive più, sopravvive, fantasticando sulla fine. Immaginando una vendetta nei confronti di tutto e tutti. Ma è una vendetta soltanto immaginata. Gli occhi dello straordinario Philippe Nahon (qui in una delle interpretazioni più importanti della sua carriera) sono sempre sbarrati, pieni di ira, mentre cammina da una umiliazione all'altra... ma le labbra sono serrate e ciò che sentiamo, per quasi tutta la durata del film, è soltanto il suo continuo rimuginare. I pensieri si sommano, si moltiplicano, non gli danno pace. La mente del macellaio vomita sentenze di condanna sulla vita, sull'amore, il sesso, l'amicizia, la società, la borghesia, il sistema, il nascere e il morire. Non risparmia nessuno in un crescendo continuo di rabbia.
"No, di scopare non ne vale la pena. Costa caro. Però aiuta a passare il tempo. E quando ti passa la voglia di scopare non ti resta niente da fare al mondo. E che in realtà non c'è altro in questa fottuta vita. Nient'altro che un programma di riproduzione a tua insaputa, che uno si sente obbligato a rispettare. Nascere malgrado se stessi. Mangiare. Portare il ***** in giro. Dare vita. E morire. La vita è un grande vuoto. Lo è sempre stato. Sempre lo sarà. Un grande vuoto che può continuare perfettamente senza di me."
E' un film che ci mostra l'essenza della vita, facendoci vedere il lato più oscuro di questa. Quando vivere diventa un peso, una condanna. Quando essere nati significa essere stati intrappolati. Quando soltanto la morte sembra una liberazione. In alcuni frangenti sembra di vedere il Travis Bickle di Taxi Driver (e la sequenza nel cinema a luci rosse ne è un chiaro rimando), ma qui è tutto più estremo, forse più reale. Siamo ad uno stadio di solitudine ancora più basso. Stavolta la via di uscita è ancora più stretta. Impossibile da attraversare. Una volta uno psichiatra che stimo moltissimo mi disse: <> ecco, qui, in "Seul contre tous", non è possibile nemmeno quello. In quel tunnel siamo costretti a morirci, o forse a viverci per sempre, che probabilmente è anche peggio.
Il nostro macellaio, di cui non sapremo mai il nome, è uno dei più belli esempi di Antieroe che mi sia mai capitato di vedere sullo schermo. Malvagio, crudele. Razzista. Fragile. L'uomo all'apice della sua debolezza, della sua essenza. Un film, questo "Seul contre tous" fatto di nichilismo estremo. Violenza. Cattiveria. Un film amorale. Crudo. Spietato. Bellissimo. Fino al finale...
Dopo la sequenza finale, non è più un film bellissimo, ma qualcosa di molto vicino ad un capolavoro. Sui generis, certo, controverso, coraggioso, ma davvero grandioso. Quando il brutto, l'orrido riesce a trasformarsi in un qualcosa di poetico.
Ti aspetti un massacro ed invece arriva la poesia. Senza false consolazioni, però... La vendetta non c'è, la vita non finisce. Non c'è la morte, c'è l'amore... durerà poco perché la condanna è già scritta, ma chi se ne frega!
Poco da dire sulla regia, perfetta per il contesto, ben lontana dal virtuosismo che caratterizzerà il più recente "Enter the void", ma alcune trovate sono fantastiche. Come quell'invito finale a lasciare la sala... "Attenzione: avete 30 secondi per abbandonare la proiezione del film" Dobbiamo resistere, perché quel che ci aspetta, fidatevi, è uno degli epiloghi più emozionanti che vi sarà mai capitato di vedere.
Appena visto. Questo mondo fa schifo ma tutti dovrebbero almeno avere un briciolo d'amore su questa terra. Tutti, anche il nostro macellaio. Piccolo capolavoro francese, amorale, nichilista, specchio della società odierna. Grande cinema.
Che dire, un brav'uomo. Non è semplice trarre conclusioni o giudizi con Gaspar Noè, mi mette sempre un po' in difficoltà. Terribilmente crudo, immorale (mi perdonerà l'altro commentatore), senza via d'uscita: the void, le vide. Questo vuoto non è infatti il superamento della (di ogni) morale (semmai della morale "vigente") ma l'assenza di una via di salvezza o "senso della vita". Ok, il nostro caro protagonista, preso dal di fuori, è amorale ma, in questo caso, come soggetto (pur squalificatosi) è "soggettivamente" morale, per sua natura. Viene detto chiaramente, scrivendolo pure a caratteri cubitali, verso la fine mi pare. Tuttavia, il film di per sè, come oggetto (essendo un'opera, quindi non pensante) non può avvalersi della soggettività del protagonista ma deve confrontarsi con una morale, se non oggettiva, costituita. In questo verso, rispecchiando in tutto e per tutto l'animo ed il sentimento del protagonista (introspezioni, musiche, sequenze...), si propone con un significato nettamente in contrasto con la morale "pubblica" o dello spettatore morale. Tralasciando queste ...vacue... divagazioni, quel che ne rimane è il grande sconforto, lo smarrimento, l'odio. E' un viaggio estremamente personale nella testa di questo mostro, che crede fermamente in ciò che fa. Il mondo è una m***a, la vita è inutile. E allora perché non fare del bene, togliendola alle persone più care per esempio? Lui d'altra parte è solo la vittima di una società malata; ma se c'è vittima c'è anche colpevole: i ricchi, le due donne, i ricchioni... e quindi nel suo ultimo spiraglio di sopravvivenza (perché è sempre un rantolare prima della fine) cerca di fare il più possibile. Per chi? Non certo per sé stesso visto che è già condannato (fatta eccezione per il naturale desiderio di gloria) ma per un mondo più giusto, morale, dove possibilmente si muoia il prima possibile ...per la France. Anche l'atto sessuale viene compreso per quello che è, il sospiro della specie per dirla alla Carmelo Bene, eppure perseguito, nella sua degradazione e squallore poiché porta pur sempre a qualche minuto (meglio dire secondo) di piacere "chimico". Un attimo che si rivela essere l'unica cosa che vale la pena fare in una vita in cui nulla ha ragione di esistere. Per fortuna, dopo tanta amarezza, si giunge ad un lieto fine. Il caro macellaio ritrova l'amore e può mettersi il cuore in pace, ha ora una ragione per vivere o per lo meno per morire serenamente, una luce nel buio. bastava così poco...
Cosa sono i conati di vomito che provoca il "Salò" di Pasolini, rispetto al malessere tetragono che emana questo film? Fin da subito un ritmo narrativo marziale ci proietta nella psicologia del protagonista. Senza tante metafore destinate agli amanti del "qui l'autore vuole dire che…", Gaspar Noé presenta una soggettiva micidiale, la contestualizza, la rende esplicita, feroce, empatica, inaccettabile ma credibile. Sul piano formale vengono rispettate le tecniche oggettive alla base del rapporto biunivoco tra arte e comunicazione e questo, signori, non è poco. Si viene letteralmente rapiti dallo stilo narrativo in prima persona, dove il giudizio nichilista è il filo conduttore. Eppure, se con "Arancia meccanica" e "Salò o le 120 giornate di Sodoma" si resta ingabbiati in pretestuose tesi universali sulla violenza e sul potere, qui la prospettiva è capovolta e se anche la ferocia di certe immagini tiene testa a quella delle opere citate, è pur sempre e solo la storia di un uomo, tuttavia raccontata con una introspezione eccezionale, fonte di conflitti di coscienza inaspettati e commoventi, che le sceneggiature fredde e meccanicistiche di Kubrick e Pasolini non potevano offrire. Alla ineluttabilità masochistica di "Salò" si contrappone l'autoconservazione di un uomo, contro quel potere che Pasolini vedeva come sopraffazione della natura e negazione della Storia e che invece ne è parte integrante, in un rapporto di simbiosi inevitabile. Ad essere anarchica, semmai, è la stessa natura umana che crede di poter fare a meno del suo Creatore. Eccone un fulgido esempio: quest'uomo arriva ad odiare la stessa esistenza, ne rifiuta la logica e il potere di costrizione ma, al tempo stesso, oppone una reazione uguale e contraria, come in preda a un delirio di onnipotenza originato da quel complesso d'inferiorità comune a chi, eliminando Dio e riconosciutosi quindi un insignificante ammasso di cellule, delle leggi civili e morali non può cogliere il senso se non quello di violarle per sostituirle con il proprio pene-pistola. Solo così troverà un senso apparente. E' un film estremamente crudo, ma ricco di spunti di riflessione che spaziano dalla psicanalisi alla filosofia morale, su cui si potrebbero aprire interessanti discussioni. Niente violenza gratuita alla Tarantino, quindi. La forza espressiva del racconto, già possente di suo, viene elevata all'ennesima potenza dalla fisionomia di un protagonista che certo non si potrà dimenticare. Una faccia da psicotico come questa metterebbe i brividi anche dallo schermo di un cellulare.
superbo film,un dramma esistenziale,uno struggente e disperato protagonista che ci accompagna nel suo mondo di solitudine e senza speranze,con un attore sublime e un finale quasi poetico,e sicuramrnte non conciliante. incredibile che questo regista abbia poi gitato quella boiata di irreversible
Non male...peccato non esista in italiano...il protagonista parla a raffica e praticamente e per tutta la sua durata più che guardare il film ti leggi i sottotitoli...
Un film durissimo, cattivo ed amorale (qualcuno potrebbe dire immorale ma dimostrerebbe di non aver capito un bel nulla) che tramite "le boucher", il macellaio 50enne (di cui non sapremo mai il nome), uomo di poche parole ma dai fittissimi pensieri (il monologo interiore è una costante che calamita l'attenzione ), si scaglia con rabbia contro una società sorda e creatrice di mostri... Uscito dal carcere, il macellaio (già protagonista del mediometraggio "Carne" che però non sono riuscito a reperire da nessuna parte) senza soldi e senza lavoro trova lavoro in un bar ed inizia una relazione con la proprietaria, va a convivere con lei e la di lei madre, lui vorrebbe aprire una nuova macelleria
con l'aiuto della donna ma lei rimane incinta e la situazione prende una piega inattesa. Trova lavoro solo come guardiano notturno in un ospizio. L'assistere alla morte di un' anziana degente nello squallido letto della struttura non farà che rafforzare le sue convinzioni :
"La morte non apre alcuna porta, alla fine non è questa gran cosa. Tutti se ne fanno una grande idea e quando la vediamo da vicino non è niente: Un corpo senza vita e niente di più. Le persone sono come gli animali : Gli vogliamo bene, li sotterriamo ed è finita. E' la prima volta che me ne rendo conto." In ogni istante del film gli eventi raccontati passano attraverso l'atroce filtro del punto di vista del protagonista.
La mattina dopo, l'accompagnare a casa la giovane infermiera dell'ospizio, traumatizzata dall'improvvisa morte dell'anziana causerà le gelosie della compagna del macellaio, il quale in preda a frustrazione e rabbia la farà abortire a pugni e calci...
Messo di fronte all'inevitabile e non voluta scelta di dover passare il resto della vita con -come lui le definisce- le "due miserabili handicappate" lui si decide per una libertà folle e senza compromessi... Nei primi 10 minuti del film c'è il preambolo con le definizioni di "Morale" e "Giustizia" del regista, poi un rapido riassunto della vita del protagonista fino a quel momento... La carica esplosiva di un personaggio più unico che raro interpretato dal gigantesco Philippe Nahon, un vero antieroe, razzista, omofobo, violento che non accetta l'incoerenza, i modi aggarbati e la falsità di una nazione che sta marciando verso lo sfascio, rende questo film un atto d'accusa. - "Tutto è una lotteria. Tutto si decide quando nasci: O nasci povero come la maggioranza e sopporti il potere degli altri e rispetti gli ordini e ti umili finché non diventi violento. O nasci ricco e stai attento ai tuoi soldi Fai come gli altri. Fai finta di amare tua moglie… i tuoi figli, gli amici, come loro fanno finta di amare te. Ma il giorno che la tua vita o la tua casa prendono fuoco…che i tuoi sogni da borghese s'infrangono, non ti resta niente. I tuoi fratelli, i tuoi cosiddetti amici si uniranno per schiacciarti, in silenzio. Giusto per 'darti una mano'. È ciò di cui hanno bisogno per sentirsi meglio" - Distruttivo fino alla fine, Gaspar Noè, riesce a rendere anche l'atto d'amore finale l'ennesimo rigurgito sulla borghesia, su coloro che non capiranno. "Alla fine, amore è una parola troppo grande, pochi possono presumere di averlo conosciuto".
"Vivere è un atto egoista. Sopravvivere è una legge genetica. La morte non apre alcuna porta"
Misantropia, disperazione, perdita di speranza... è il film più umano di Noé, nonostante la morte di ogni positività e l'esaltazione dell'uomo come male. Più si va avanti con la visione e più il nostro macellaio si dimostra un essere umano: beffeggiato, deluso, depresso, arrabbiato con il mondo. E quel finale, bellissimo, ne rivela anche della positività, pur nell'immortalità. Film crudoi, ma controllato e non gratuito, respira disperazione in ogni inquadratura e colpisce come un coltello. Imperdibile.
"Siamo soli, sempre soli. Anche quando scopiamo siamo soli, perchè la vita è un tunnel....non è condivisibile."
E' un film di un nichilismo esasperato, quasi ostentato ma speculare ad una realtà spietata che non concede in alcun modo una speranza di riscatto. Un disagio esistenziale che si esplica in un soliloquio senza fine contro tutto e contro tutti, all'infuori di quella figlia per cui, a suo modo, il protagonista riesce a trovare un barlume di sentimento che gli impedirà di compiere l'ultimo decisivo passo. E' una pellicola straniante con evidenti agganci al Taxi driver di Scorsese ed in una certa misura anticipa l'alienzione di Fight club.
film pazzesco e geniale molto estraniante, con trovate geniali. monologhi da paura anche se c'ho capito la metà perchè non esiste doppiaggio italiano...però...che roba...originalissimo e molto ambiguo...applausi per Noè! Che roba...quando ho letto che riprende Angst...beh un pochino è vero...soprattutto nella mente del protagonista...in ogni caso...da non perdere...e non spaventatevi dai sottotitoli...anche se ci capite poco o niente...guardatelo!
Filmone per pochi: un mondo senza speranza, annichilente. Fantastici i pensieri di Seul e molto belle le trovate di regia che contribuiscono a rendere interessante, e a far scorrere, una pellicola non certo leggera. Non penso esista doppiato in italiano ma credo sia un bene.. il film è assolutamente da ascoltare in francese (magari con i sottotitoli se non lo si capisce) in quanto la voce rabbiosa del macellaio è fantastica. Per chi volesse vederlo occhio alla violenza, verbale e non, ma ne vale la pena.
Menzione a parte la merita la scena dei 30 secondi: una trovata magistrale che fa salire la tensione, lascia presagire il peggio (che in effetti avviene) e ti costringe nonostante tutto a rimanere incollato davanti allo schermo. Mai avevo provato una sensazione del genere.
Disperato soliloquio di Seul sulla vita e sul mondo. Fa paura ritrovarsi nelle sue parole senza speranza. Mai avevo assistito ad una riproduzione del pensiero umano così veritiera, forse è la cosa più difficile da ricreare in cinematografia. E' incredibile quello che è riuscito a fare Noè (o chi per lui) nella mostruosa scena dopo l'avviso di abbandonare la visione del film. Frasi velocissime connesse, sconnesse, ripetute, contrastanti... Ripeto, non avevo mai visto niente del genere. Vale tutto il film.
" Il mondo è cattivo" diceva Justine in Melancholia. " Il mondo è cattivo" ripete ossessivamente Seul. Il mondo è cattivo, siamo tutti soli, non esiste l'amore, non esiste l'amicizia, non esistono gli affetti familiari, gli uomini e le donne sono solo involucri che portano in giro i propri organi genitali. Odia tutto Seul. Odia gli uomini, odia il potere, odia le religioni, odia le razze, Seul contre tous, già. Il rapporto con le madri termina con la fine dell'allattamento, quello coi padri è basato solo sul denaro, inizia con i primi soldi prestati e termina con l'eredità. Gli uomini sono tutti froci pronti a prenderlo e metterlo in quel posto. Gli uomini sono tutti opportunisti, menefreghisti e porci. Gli uomini sono tutti tremendamente soli. Il mondo è cattivo e siccome non c'è un pianeta che verrà a schiantarsi su di noi per salvarci tutti Seul decide di pensarci da solo. Il mondo è cattivo e Seul non fa che adeguarvisi. Noè racconta un uomo senza più ideali, senza più morali, senza più sogni. E l'umanità nella quale si muove è anch'essa derelitta, una malata terminale in attesa di quella morte che tanto, alla fine, "non è niente di che", soltanto un corpo ormai freddo e inutile. " Tutto è nero" rantola la vecchietta prima di morire. Già, tutto è nero, la vita non è altro che un lungo tunnel di angoscia e infelicità alla fine del quale non si intravede nessuna luce. E così, novello Hobo with a gun, Seul ha deciso che è l'ora di cominciare a chiudere qualche conto, l'ora di vendicarsi, l'ora di dare un senso, per quanto abietto, alla propria esistenza.
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Seul va a trovare sua figlia, quella figlia indesiderata che la società gli ha strappato di dosso una ventina di anni prima. La prende e la porta nell'alberghetto di quart'ordine dove fu concepita. Decide di ucciderla, tanto per lei la morte sarebbe soltanto una liberazione. Prima ci va a letto, poi, PUM, le spara alla gola. Mentre la figlia rantola a terra, mentre la figlia sta crepando in un modo insopportabile, mentre quelle immagini mi scorrono davanti, io penso. Penso che Seul contre tous sia un film ignobile, senza una minima etica. Che senso ha infatti ammorbarci per più di un'ora (quasi annoiando) con discorsi sempre uguali, pensieri reiterati, per poi arrivare a un punto così scontato e disgustoso? Non si poteva fare allora un cortometraggio? Perchè concludere questo trattato di nichilismo con un omicidio tanto efferato? Poi quel fine, quel senso che in quell' interminabile minuto in cui la figlia si contorceva a terra non trovavo incredibilmente arriva. E non è un senso soltanto prettamente cinematografico (tutto quello che lo precede rende questo momento straordinario e inaspettato). E' il senso nel suo significato più alto, il Senso della vita. Quell'abbraccio sulle note di una delle più belle melodie concepite dall'uomo è qualcosa di incredibile. Seul non è Hobo. Seul è una specie di Zeno Cosini. Quell'ultima sigaretta più volte dichiarata non arriverà mai, anzi, Seul respirerà a pieni polmoni il fumo della vita. Tutti i suoi propositi d'incanto non esistono più. Non esistono più perchè tutte quelle parole vuote che Seul detestava, parole come l'amore, la felicità, la voglia di vivere, d'improvviso si materializzano davanti ai suoi occhi. Noè va ancora oltre. E' così potente e nuovo l'amore scoperto da Seul che non conteranno più le convenzioni e le leggi dell'uomo, non ci sarà più un'etica e una morale universalmente riconosciuta. Sua figlia diventerà la sua donna perchè solo lui potrà amarla in un modo così grande. Ma io preferisco tornare a quell'abbraccio, forse la conclusione più degna. Gaspar, non è vero come scrivi alla fine che ogni uomo ha una morale. La verità è un'altra. Ogni uomo ha un cuore. E c'è soltanto una cosa più bella di sapere di possederlo. Riscoprirlo.
Un viaggio cupo e pessimista nelle decadenti periferie di Parigi e nelle tenebre dell'esistenza. Angosciante, alienante e radicale come pochi. Puro cinema.
Filmone da guardare assolutamente in coppia con CARNE, il cortometraggio realizzato precedentemente e che mostra l'inizio della disturbante vicenda del macellaio interpretato da uno straordinario Philippe Nahon. SEUL CONTRE TOUS è l'evoluzione di una rabbia covata interiormente che porterà il protagonista ad un comportamento distruttivo e autodistruttivo "irreversibile", il tutto in una nazione, quella Francia più sporca e malsana, tra hotel e prostitute, dove razzismo e violenze represse emergono dominando lo scenario, e inghiottendo il protagonista nella sua spirale di follia. Il film più profondo, politico e (per certe trovate innovative) geniale di Gaspar Noè. Il suo Capolavoro!
Dopo aver visto "Enter the void" ecco qui un altro gran bel film di Noè... Inquietante e rabbioso, "Seul contre tous" si concentra sulle riflessioni al limite della negatività e del pessimismo di un uomo sull'orlo della disperazione. Il ritmo forse è un tantino lento ma non pesa affatto e il film non annoia mai. Da vedere..
Uno dei film più annichilenti che abbia mai visto, nonchè uno dei miei preferiti. Uno sputo in faccia alla morale comune. Man mano che si va avanti il protagonista disintegra con i suoi pensieri tutte le certezze e i valori dell'uomo. Si ispira a Taxi Driver e, secondo me, lo supera. Il finale è bellissimo.
"Alla fine la morte non è una gran cosa. Tutti se ne fanno un agrande idea e quando la vediamo da vicino non è niente. Un corpo senza vita e niente di più. Le persone sono come glia animali. Gli vogliamo bene, li sotterriamo ed è finita." All'inferno con un biglietto di sola andata con un ex macellaio come compagno di viaggio. Questo film nel bene o nel male apre gli occhi. Visionatelo.
Spendo due parole sull'aspetto tecnico, visto che nel commento di Carne non detto proprio nulla relativamente a ciò; tutte e due i lavori di Noè mostrano una curata fotografia tendente al rosso, molto molto riuscita, con movimenti di mdp curati e con attori davvero molto bravi che interpretano personaggi riusciti, originali e molto ben caratterizzati (la grassona, il padre violento, la figlia semimuta, ecc.).
Qua il nostro macellaio poi perde quasi il contatto con la realtà, infarcendo il tuttto di commenti che definire pessimistici è dire poco: le donne vogliono solo il pene dagli uomini, tutti sfruttano tutti, essere buoni non occorre a nulla, prima o poi le fregature arrivano sempre, ecc.
Questo lavoro di Noè può quasi configurarsi quindi come un Taxi driver molto più esploitativo ma comunque quasi sullo stesso piano, almeno significativo, del capolavoro Scorsesiano.
Noè inserisce pure inserti pornografici abbastanza esploitativi a dirla tutta, mostrando un filmino porno all'interno di un cinema, alla Karim Hussain insomma.
Per finire il macellaio trova sollievo costruendosi un rapporto amoroso con la figlia, in pieno incento.
Violentissima la scena (solo sognata a quanto ho capito però) dove il macellaio spara alla figlia, lasciandola soffrire per interi minuti, prima di darle il colpo finale.