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Un incessante turpiloquio interiore contro sé stesso, gli altri, la Francia, la vita, tutto. Avevo detto per Noè, a proposito di Enter the void, che un capolavoro in carriera era quotato basso, non sapendo che il capolavoro l'aveva già fatto: eccolo qui, Seul contre tous. Un film maledetto e sconveniente, osteggiato da tantissimi problemi di produzione ma, come il nostro macellaio senza nome, capace di sopravvivere alle intemperie di un mondo esterno che vorrebbe continuare a dirci che tutto è rosa e felice. Philippe Nahon, costretto a lavorare in condizioni di scarsità di mezzi, tira fuori un'interpretazione intensa e rabbiosa, in un ruolo, per giunta, che avrebbe fatto impazzire chiunque. Negli ultimi 20 minuti un avvertimento: ATTENZIONE, AVETE 30 SECONDI PER STACCARE LA PROIEZIONE DEL FILM. Probabilmente avrebbero dovuto avvisarmi di stare per vedere tra i minuti più intensi e pazzeschi del cinema moderno: il monologo si fa sempre più incalzante e delirante, fino a raggiungere le forme del flusso di coscienza; prende forma la morale del macellaio, a danno dell'etica comune che viene violentata. L'abbraccio con il Canone in re maggiore di Pachelbel è di una poesia e potenza che alla maggior parte degli autori viventi sarà sconosciuta per sempre. Noè messia.