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Vedendo Samac mi ha fatto venire in mente Il posto di Olmi. Nella sua fase iniziale comincia laddove il film di Olmi, due anni dopo, finiva. Il rumore persistente delle macchine da scrivere e delle attrezzature d'ufficio. Un rumore oppressivo e alienante che si ritrova anche fuori dall'ambiente lavorativa. Solo la dimensione onirica permette al personaggio di ribellarsi di tutto quello che nel reale crea solo frustrazione. Ma nemmeno il sogno riesce ad essere un succedaneo alla solitudine del personaggio. Una tematica universale che non risente degli anni, dove anche l'animazione molto stilizzata nelle figure si fonde bene con un contesto lisergico ed angoscioso. Niente male.
Visulmente un po sporco e criptico, d'autore rispetto alla maggioranza degli sperimentali corti dell'est, sempre e comunque molto più creativi della media occidentale, qualità dovuta al voler contrapporre qualcosa all'arretratezza dei mezzi