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ma due scene in particolare fanno salire il voto. sono in assoluto le scene più realistiche che ho mai visto in un film, persino più del buco nel buco di jared leto in requiem for a dream
ma anche questo secondo capitolo tiene botta. a questo punto devo per forza vedere il terzo.
secondo capitolo della saga, seconda buonissima impressione. non è stata più una sorpresa, ma le aspettative sono state rispettate in pieno. buona anche l'idea di un seguito spin off piuttosto che un'evoluzione sulle vicende di Frank (del quale però si parla brevemente e ci si fa anche un'idea di come sia andata a finire...), perchè pur muovendosi negli stessi ambienti e trattando gli stessi loschi traffici, stavolta il personaggio principale ha comunque altre problematiche e la storia è quasi all'altezza del primo Pusher. mi piacerebbe vedere anche la terza parte della saga, quindi un appello a coloro che lo hanno visto: indirizzatemi da qualche parte per poterlo vedere, da quel che so dovrebbe esserci una versione sottotitolata in italiano...
Il capo dei capi tendente alla leggenda che viene fatto fuori dal protagonista, giovane promessa del crimine, affascinante e carismatico. Ricercatezza e nella forma e nei contenuti, dalle ambientazioni alla caratterizzazione dei personaggi, dalla fotografia all'intreccio basato sul classico colpo di scena. Niente di tutto ciò. Questa trilogia si "limita" a mettere in scena la realtà eufemisticamente sudicia dell'ambiente criminale; non si riesce a provare simpatia per l'uno o per l'altro personaggio; al contrario, si prova per loro solo pena. Gente in balia di se stessa, alla deriva, disperata, sola e bruciata dalla droga. Gente andata a male. "Pusher", in buona sostanza, è questo. A completare il quadro e a consentire alla trilogia di raggiungere il proprio obiettivo, inutile dirlo, la telecamera a spalla, che si rivela essere, a conti fatti, essenziale nel mettere in scena la realtà e descriverla per quella che realmente è.
con WITH BLOOD ON MY HANDS refn ci prende ancora per mano per portarci nella sua copenhagen, e per raccontarci questa volta la storia di tonny. ma, al contrario di quello che farebbe un amorevole nonnetto, non ci accompagna ad ammirare il castello di kronborg, bensì ci risbatte impietosamente in mezzo alle strade, popolate nella notte da predatori a caccia di bordelli, o nei garage dove le auto invece di rimanerci parcheggiate come dovrebbero, fanno solo una passata veloce, il tempo di una riverniciata perchè, si sa, dopo un po' il colore stanca. tonny è appena uscito di galera, ma se nella sua mente è passato anche solo per un attimo il pensiero che il peggio sia ormai alle spalle, bè... dovrebbe ricredersi, e presto. perchè l'unica differenza fra la gente all'interno di quelle mura costrittive e la gente all'esterno, è che quelli fuori ci mettono meno a procurarsi un ferro con cui dirimere le controversie quotidiane. senza contare che c'è un bambino nelle cui vene scorre parte del tuo sangue, tonny... e tuo padre (Il Duca) che, fra le altre cose, è un fottuto pezzo da 90 della criminalità organizzata della città, che ha il piccolo problema di avere una pazienza UN PO' limitata...
il motivo della distanza di ben 8 anni fra il primo e il secondo capitolo della saga è solo uno: soldi. il clamoroso fiasco di fear x, in cui il regista aveva investito pesante, rendeva notevolmente concrete l'ipotesi della bancarotta per il ragazzo danese, che saggiamente decise di riprendere in mano il vecchio 'pusher project', decidendo di farne una trilogia. ma nonostante la sorgente che alimentasse il progetto fossero vili e biasimevoli ragioni veniali, non si può che rimanere colpiti (ma non da un buffetto, qui si parla di un bel diretto in pieno grugno) da quanta forza e energia vibrino dietro allo schermo.
girato sostanzialmente con la stessa tecnica di 'the beginning', ovvero la telecamera che tignosa segue senza discrezione alcuna i protagonisti (anche in bagno!), è l'atmosfera che però discosta notevolmente le 2 opere. mentre il primo era girato per la maggior parte del tempo alla luce del sole, e aveva un look che strizzava l'occhio oltre che al cinema verità anche alla più volgare azione, in questa occasione ci troviamo di fronte a un racconto molto più intimista. se frank è il duro che spacca la testa al suo miglior amico senza nemmeno la certezza che abbia sbagliato, lo smaliziato che se la cava nelle situazioni che metterebbero tutti col c.ulo per terra; tonny è un insicuro, totalmente incapace di responsabilizzarsi e profondamente ingenuo (bellissima la scena in cui porta una ferrari al padre "...era un regalo" "volevo farti solo un regalo") ma ciò non va assolutamente a discapito della pellicola, creando anzi a mio parere un'empatia molto maggiore fra lo spettatore e il protagonista. inoltre le riprese nella notte avvolgente, in piccole location chiuse esaltate da una fotografia opprimente, altro risultato non danno se non quello di far sentire il fruitore un voyeur, e quindi favorire ancora di più l'immedesimazione con il nostro antieroe.
grande, immenso, mads mikkelsen, già il mio personaggio preferito nel primo, autore di una prova sofferta da navigato caratterista.
se penso che me ne manca solo uno e poi finisco la trilogia mi prendo malissimo.
A otto anni di distanza dal suo predecessore,Nicolas Winding Refn riprende in mano il proggetto "Pusher",tornando nei torbidi territori di Copenaghen per raccontare la storia di Tonny:nel primo capitolo il nostro protagonista scompariva dalle scene dopo la rissa nel bar con Frank,ora la storia ricomincia propio da lui,appena uscito di galera e alle prese con una paternita'inaspettata. Refn non cambia registro e il film e'ancora una volta caraterizzato da dialoghi sempre sopra le righe,colpi di scena e sequenze di forte impatto emotivo....cameo anche per "Milo"(antagonista nel primo film). Da segnalare sicuramente la grandissima prova di Mads Mikkelsen,attore capace di incarnare alla perfezione tutta la drammacita'del quotidiano in cui e'costretto a vivere.