picnic ad hanging rock regia di Peter Weir Australia 1975
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picnic ad hanging rock (1975)

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locandina del film PICNIC AD HANGING ROCK

Titolo Originale: PICNIC AT HANGING ROCK

RegiaPeter Weir

InterpretiRachel Roberts, Vivean Gray, Anne-Louise Lambert, Jane Vallis, Jacki Weaver, Karen Robson, Margaret Nelson, Christine Schuler, Dominic Guard, John Jarratt

Durata: h 1.55
NazionalitàAustralia 1975
Generedrammatico
Tratto dal libro "Picnic ad Hanging Rock" di Joan Lindsay
Al cinema nel Giugno 1975

•  Altri film di Peter Weir

Trama del film Picnic ad hanging rock

14 febbraio 1900, durante un'escursione scolastica ad Hanging Rock, tre studentesse e un insegnante spariscono misteriosamente...

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Voti e commenti su Picnic ad hanging rock, 139 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

kafka62  @  28/01/2018 17:38:20
   9½ / 10
"La vita è sogno, soltanto sogno… il sogno di un sogno". Questo straordinario incipit, che sembra riecheggiare i versi de La tempesta shakespeariana, fissa con esemplare icasticità le coordinate critiche in cui si muove la poetica weiriana, sintesi di un discorso d'autore che, proprio partendo da Picnic ad Hanging Rock, si è sviluppato per ben sette lustri, tra alti e bassi, conferme e mezzi passi falsi, ma sempre con innegabile coerenza, fino ai nostri giorni. E' la predilezione delle atmosfere meta-realistiche, al confine con la magia e il paranormale, la fascinazione per l'insolito, la curiosità verso il territorio inesplorato dell'inconscio, a costituire il denominatore comune dei film di Peter Weir. E questo è vero anche per le opere in apparenza più attaccate alla realtà e a un preciso contesto storico-sociale: basti pensare alla onirica sequenza dello sbarco a Gallipoli, ritmata dall'Adagio di Albinoni, con la spessa nebbia ripresa a filo d'acqua e tagliata dai riflettori (ne Gli anni spezzati), o a quella, altrettanto suggestiva, della riunione notturna degli studenti-aspiranti poeti, con i profili incappucciati e le picole torce danzanti che si fanno strada nell'oscurità del bosco (ne L'attimo fuggente). In Picnic ad Hanging Rock tali elementi sono presenti in massimo grado, e da essi non è possibile prescindere nel momento in cui ci si voglia accingere all'esegesi tematico-stilistica del film, pur nella consapevolezza che questi stessi elementi vanno sovente a sollecitare zone di ricezione pre-razionali, non pienamente controllate dalle strutture del giudizio critico, rendendo così problematico il tentativo di riportare i termini dell'analisi nel loro territorio più confacente, quello dei criteri dell'estetica cinematografica. Basti pensare alla meravigliosa musica di Bruce Smeaton, suonata da uno strumento, il flauto di Pan, i cui vibrati creano un'atmosfera miracolosamente sospesa, trascendente e arcana, pervasa da un acuto senso di presagio, di qualcosa che sta per accadere, alla quale è impossibile non abbandonarsi con tutti quanti i sensi. Una volta colpiti dalle enigmatiche parole di Miranda citate in apertura e dalle note celestiali del flauto panico, siamo irrimediabilmente catturati dalla ricattatoria abilità del regista e condannati a subire fino in fondo l'ipnotico fascino del film. Quasi ci si dimentica che a monte di tutto ciò c'è un progetto lungamente elaborato, una sceneggiatura minuziosa, una costruzione tecnicamente molto complessa, e al termine delle due ore ci si sveglia come da un bellissimo sogno, penetrati da un sottile senso di nostalgia e di purezza perduta.
Se da qualche parte bisogna comunque partire per rendere "razionalmente" ragione di questo incanto, è giusto farlo muovendo dalla scenografia naturale del film, il bush australiano. La gialla pianura bruciata dal sole, su cui si erge come un inaccessibile baluardo Hanging Rock (è la prima immagine della pellicola, talmente immobile e sfingea da potersi scambiare per una stampa d'epoca) ingenera una inesprimibile sensazione di paura e di mistero, come se avessimo di fronte un santuario che non abbia mai svelato ad alcuno i suoi terribili segreti. E' una immagine mitica se si vuole, ma il mito è una categoria che ben si adatta a questo film. Poste così le premesse di un contrasto tra civiltà e natura, in Picnic ad Hanging Rock l'antitesi ovvia e indispensabile è rappresentata da un avamposto di quella stessa civiltà, il collegio Appleyard, altrettanto compatto e monolitico della roccia cui si contrappone. Se la natura è inspiegabile, inaccessibile, inclassificabile, il mondo del collegio è invece il regno dell'ordine, della pianificazione e della disciplina. Siamo al termine dell'era vittoriana, nell'anno 1900, ed è inevitabile che queste categorie assumano in tale contesto un carattere repressivo e castrante. Il film, che nel disegno ambientale e nel dipanarsi della storia rimane abbastanza fedele al romanzo di Joan Lindsay da cui è tratto (con poche importanti differenze che vedremo meglio in seguito), rende molto bene l'atmosfera oppressiva e soffocante del collegio attraverso alcuni accorgimenti tanto efficaci quanto poco appariscenti. Il primo è l'ossessionante ticchettio dell'orologio che risuona costantemente nello studio della signora Appleyard, simbolo di un mondo che della precisione pignola, degli orari da rispettare al minuto e della "cronometrabilità" dei ritmi di vita ha fatto i suoi capisaldi (non è certo un caso che Miranda, il personaggio centrale del film, non porti l'orologio perché non sopporta il suo ticchettio sopra il cuore, così come non è un caso che al cospetto della montagna tutti gli orologi smettano di funzionare); il secondo è l'uso di una illuminazione quasi totalmente artificiale negli interni dell'edificio, in contrapposizione con la solarità calda e luminosa degli spazi aperti (e qui vale la pena di sottolineare il ribaltamento della tradizionale dicotomia del cinema horror, buio-paura e luce-sicurezza, dal momento che Weir riesce nell'impresa di rappresentare il terrore attraverso meccanismi non visivi, semplicemente creando una suspense di tipo parapsicologico e badando a non rivelare la fonte dell'orrore).
Il sistematico soffocamento degli istinti (umani, sentimentali, artistici), che l'istituzione scolastica perpetra al discutibile fine di forgiare buoni e coscienziosi sudditi dell'Impero Britannico, si sintetizza nello scontro tra la sadica e malvagia direttrice e la piccola Sara, vittima sacrificale di quel sistema inumano. Weir non si preoccupa di evitare lo schematismo manicheo presente nel soggetto originale: ciò che gli interessa non è (o non è solo) l'oggettività sociologica di un confronto tra sistemi di vita e di cultura differenti, né tantomeno l'aspetto ideologico del contrasto tra Vecchio e Nuovo Mondo. Come il regista stesso ha dichiarato in un'intervista, "in genere, i libri australiani tendono a concentrarsi sul problema dell'identità nazionale, o sulla crisi degli europei che cercano di adattarsi ad un ambiente ostile (…), e io avrei potuto sottolineare il tema del collegio Appleyard come simbolo dell'Impero, degli invasori, del paesaggio estraneo, (…) ma sono tutte cose che non mi hanno mai interessato, sono tutti temi che ho perso per strada". Questi temi sono in realtà presenti in Picnic ad Hanging Rock (e non potrebbe essere altrimenti), ma Weir li astrattizza, li decontestualizza, subordinandoli a un suo personalissimo codice estetico. Egli può permettersi quindi di fare della signora Appleyard un mostro di cattiveria e di inumanità e di Sara il simbolo di tutte le ingiustizie subite dall'adolescenza, dal momento che il giudizio del film (a meno di letture affrettate e semplicistiche) non si gioca né sul terreno della verità storica né su quello della verosimiglianza psicologica. La precisa ricostruzione della vita del collegio, con le sue regole ferree e coercitive, è da questo punto di vista meno importante delle raffinatissime immagini (di un larvato e candido omoerotismo) delle ragazze che si scambiano i biglietti d'amore di San Valentino o attendono ai domestici riti di un romanticismo languido ed estenuato (i fiori disseccati che Sara conserva tra le pagine dei libri).
Weir è soprattutto un regista di atmosfere (anche se sa raccontare una storia con il piglio di un narratore esperto) e lo dimostra egregiamente nei primi minuti della pellicola: tutto quanto accadrà nel corso del film è già tutto scritto in quelle poche inquadrature, che introducono i personaggi principali, accennano fuggevolmente ai loro reciproci rapporti (e quindi adempiono a una importante funzione narrativa, grazie alla loro ellittica eleganza), ma soprattutto creano un pathos di conturbante bellezza e di impalpabile inquietudine, suggerendo l'esistenza, sotto l'epidermica e infantile eccitazione per l'imminente escursione, di pulsioni a stento soffocate e represse, pronte a fuoriuscire alla prima opportunità di sfogo. Weir dissemina di enigmatici ma inequivocabili segnali il tragitto che porta la carrozza a Hanging Rock: le parole con le quali l'insegnante di matematica, miss Mc Craw, descrive la nascita della roccia ("lava silicea, espulsa all'improvviso dalle viscere della terra, ed eruttata allo stato viscoso con estrema violenza"), la soddisfazione manifestata dalle ragazze nel togliersi i guanti una volta uscite dall'abitato, l'ubriacatura di alberi ed uccelli che accoglie la comitiva al loro arrivo (e che il regista restituisce con una splendida sovrimpressione sul viso estasiato di Miranda). In questa prima parte, magica ed ispirata, Weir trascende il romanzo della Lindsay per la grande qualità "cinematografica" del narrato. Non c'è un solo interstizio lasciato libero dal testo scritto in cui il regista non apponga la sua inconfondibile impronta d'autore: la descrizione del caldo inebriante del pomeriggio australiano, la pregevole resa pittorica del gruppo di ragazze riposanti sul prato, la soggiogante presenza dell'"altro" (che si manifesta in ripetute riprese delle pareti e dei pinnacoli di Hanging Rock, di cui la macchina da presa sembra accentuare l'irraggiungibilità). Tutto ciò contribuisce a dare al film un ritmo molto particolare, lento, avvolgente, privo di un vero scorrimento temporale.
Proprio l'aspetto a-cronologico, di viaggio al di fuori delle leggi fisiche del tempo e dello spazio ("Pensate – dice Marion – un milione d'anni tutti per noi"), dà alla scalata delle quattro ragazze un significato fortemente simbolico. Una volta intrapresa la salita sappiamo già che nulla potrà più essere come prima, perché l'immersione totale nella natura ha un valore di iniziazione, di ingresso in una nuova dimensione totalizzante ed esclusiva. E' importante osservare la direzione degli sguardi delle ragazze al cospetto di questo spettacolo privilegiato: mentre Miranda, Marion e Irma guardano in alto, inebriate dalla vista delle alte rocce vagamente antropomorfe, Edith continua ostinatamente a fissare il suo sguardo a terra, impedendo così a se stessa di accogliere la rivelazione. La divaricazione simbolica tra la dimensione orizzontale della micro-società del collegio e quella verticale della natura è assecondata visivamente da Weir con frequenti inquadrature dal basso verso l'alto (le quali hanno l'effetto di far apparire ancor più alte e inaccessibili le vette di Hanging Rock) e dall'alto verso il basso (le quali viceversa schiacciano i personaggi a terra e accentuano la sensazione di difficoltà della marcia).
Quando le ragazze giungono a una sorta di terrazzino di pietra che si apre sulla pianura sottostante, ha inizio quella che è forse la sequenza fondamentale di tutto il film. Davanti al viso in primo piano di Miranda che si volta in ralenti, gli occhi rivolti al cielo, scorre in direzione opposta il profilo inconfondibile della montagna: è il momento dell'estasi, dell'abbandono dionisiaco, della "presa di coscienza", a cui l'accompagnamento della musica di Smeaton dà, una volta ancora, un senso di ancestrale religiosità. La figura di Irma che danza scalza su una roccia si confonde, mediante un'altra sublime sovrimpressione, con i lineamenti botticelliani della compagna, e poi con l'ombra proiettata da lei stessa, simbolo, più che di uno sdoppiamento, di una smaterializzazione, di una perdita di consistenza della realtà. Le immagini raggiungono una densità filmica impressionante e perfino certi pensieri ad alta voce delle ragazze, che non si sa se dicano tutto o se siano solo delle banali ovvietà ("A volte penso che pochi esseri abbiano uno scopo, ma probabilmente uno scopo esiste per tutti. I disegni misteriosi…" dice Marion, e Miranda: "C'è un tempo e un luogo giusto perché qualsiasi cosa abbia principio e fine… Lassù!"), hanno un potere di risonanza interiore che sfiora la spiritualità. Al di là della loro importanza specifica ai fini dell'intreccio narrativo, queste immagini, queste parole, questi suoni (oltre al motivo suonato dal flauto di Pan, Weir ricorre a un emozionante tema dalle sonorità pinkfloydiane – ricordate A saucerful of secrets? – e a pezzi classici come i preludi di Bach o il secondo movimento del Concerto Imperatore di Beethoven) costituiscono il tessuto connettivo del film, veri e propri leit-motiv che ritornano costantemente (nel sogno di Michael, nei pensieri delle compagne sopravvissute) per riportarci (vano esorcismo) nel cuore irrisolto del mistero. Weir non dà l'impressione di voler mantenere sulla materia una adeguata distanza critica e, forse lui stesso estasiato da una simile perfezione e irripetibilità, non esita ad evocarli ripetutamente per prolungarne la magica atmosfera. La scena descritta prelude alla sparizione delle ragazze, inghiottite in un innaturale silenzio da una sorta di "buco nero", di slabbratura dell'universo, sbocco di una vitalità non più comprimibile e punto di fuga verso insospettate dimensioni oniriche (Miranda e le sue compagne erano cadute qualche attimo prima in balia di un invincibile assopimento).
Tra i tanti motivi simbolici intrecciati in queste sequenze, il più importante è probabilmente quello sessuale. Sadicamente repressa dalle rigide regole dell'istituto e più in generale dal bigotto perbenismo dell'epoca, che segrega le ragazze di buona famiglia in un mondo artificiale al riparo da ogni rapporto con l'altro sesso, la sessualità delle collegiali di Appleyard può manifestarsi ambiguamente solo attraverso una velata omosessualità. E' facile così capire come, sotto un sole "afrodisiaco" che accarezza la pelle e in mezzo a una natura voluttuosamente rigogliosa, una innocente gita scolastica possa divenire l'inconscio pretesto per una incontrollata ribellione dei sensi. Si sa del resto che in psicanalisi l'ascensione alpinistica (la conquista della vetta) è considerata un'attività in qualche modo sostitutiva di quella sessuale, oltre al fatto che le rupi di Hanging Rock sono impregnate di fin troppo evidenti significati fallici. Peccato solo che Weir non abbia intuito il potenziale simbolico-visivo di quella "nube rossa" scorta da Edith nella sua fuga dalla montagna (ricordate Buñuel e Un chien andalou?). La sequenza più significativa da questo particolarissimo punto di vista, oltre che una delle più suggestive in assoluto, è comunque quella della disinibita scoperta del corpo da parte delle ragazze che, con la sola eccezione di Edith, si tolgono calze e stivali (cosa inconcepibile fino a qualche minuto prima) e godono per la prima volta del naturalissimo contatto dei loro piedi con la nuda terra. Scalze si avviano verso il monolito (come fa chi si appresta a entrare in un tempio sacro) e scalza verrà ritrovata Irma qualche giorno dopo, ma senza neppure un graffio ai piedi (mentre le mani, le braccia e il volto presentano numerose ferite). Alla luce di queste considerazioni, non deve apparire neppure strano che miss McCraw sia vista correre verso la montagna con i soli indumenti intimi addosso e che il corsetto di Irma non venga più ritrovato, tanto chiara è la matrice freudiana di questi fatti.
Anche se i distributori italiani hanno avuto l'ignobile idea di sottotitolare il film Il lungo pomeriggio della morte, speculando così su un facile ma equivoco richiamo spettacolare, la morte appare qui la grande assente, se non come mera immagine metaforica. La morte – è vero – appare fuggevolmente (e pateticamente) nei manifesti della polizia a sancire la sua impotenza, la sua incapacità di concludere le ricerche e dare una spiegazione razionale al caso, e devasta il mondo "finito" del collegio (l'omicidio/suicidio di Sara: il film, a differenza del romanzo, non toglie tutti i dubbi su questo tragico epilogo), ma non intacca la Roccia, se si eccettua la morte fuori campo della signora Appleyard (già uscita di scena peraltro con l'ultima mortuaria inquadratura "in nero"). Se si può parlare di morte di un'epoca (il 1900 è l'anno in cui finisce il regno della regina Vittoria) o di morte di un'istituzione (il collegio) che all'inizio del film appare tetragonamente arroccata in difesa di valori ammuffiti e sorpassati, non si può però fare altrettanto con riferimento alla sorte di Miranda, di Marion e di miss McCraw. Weir è infatti abbastanza intelligente per assecondare l'ambigua elusività del libro (dove il narratore non è onnisciente ma si identifica con l'ignaro lettore) e lascia cadere nel vuoto qualsiasi tentativo di scioglimento razionale dell'intreccio, come il vecchio giardiniere che al giovane Tom che sostiene che una soluzione ci deve pur essere fa una bizzarra lezione di botanica sulle piante sensitive che crescono in Australia.
Henry James, il grande autore de Il giro di vite, sosteneva che "fino a che gli eventi sono nascosti, l'immaginazione correrà senza freni e dipingerà ogni sorta di orrori, ma, appena si solleva il velo, ogni mistero sparisce e con esso la sensazione di terrore". Weir si guarda bene dal sollevare il velo e dal mostrare l'irrazionale, ma il suo non è un semplice calcolo opportunistico mirante a garantire una suspense adeguata per tutto il film. Picnic ad Hanging Rock infatti si propone anche come originale riflessione del cinema su se stesso. Il cinema, in buona sostanza, non deve fornire a tutti i costi delle spiegazioni o rivelare dogmi assoluti, non deve in altre parole comportarsi come i soccorritori del film che battono palmo a palmo la montagna, illusi di poter risolvere scientificamente l'enigma, né soddisfare spettatori i quali, come le isteriche compagne di Irma o gli esasperati abitanti del villaggio, pretendano a viva voce di conoscere la verità. Nel secondo tempo appare fugacemente l'immagine di un uomo che scruta dentro un rudimentale apparecchio in legno che permette di isolare i dettagli dal contesto e di concentrarsi su quella piccola porzione di realtà. Egli non fa che realizzare delle rudimentali inquadrature, è un regista ante litteram, ma uno di quei registi che limitano il più possibile il loro campo d'analisi nella ridicola pretesa di aderire maggiormente alla realtà. Weir al contrario cerca in tutti i modi di allargare l'inquadratura, di espandere la visione al di là dei limiti tradizionali imposti dai campi e dai piani, di abbandonarsi all'intuizione e alla premonizione. In questo senso, Weir si identifica con Michael (il Dominic Guard di Messaggero d'amore, ancora una volta, come nel film di Losey, in qualche modo un intermediario): è questo caparbio ragazzo a salvare Irma, seguendo il richiamo di un dissennato presentimento, e a riuscire là dove centinaia di persone prima di lui avevano fallito; è lui l'eletto, il solo che, forte delle stimmate ricevute (la ferita sulla fronte che compare inesplicabilmente durante il sonno), è in grado di stabilire un contatto sia pur labile con l'infinito, anche se al prezzo dell'oblio. Il sogno è l'unico strumento di vera conoscenza a disposizione dell'uomo, l'unico mezzo per comunicare con l'"altro": prima di essere irresistibilmente attirate dal monolito, le ragazze si addormentano e probabilmente sognano; sogna sicuramente Michael ed è proprio la visione di Miranda a spingerlo freneticamente, una volta sveglio, alla ricerca; sogna infine Albert la sorellina morta (ma lui non lo sa) che viene a dargli un estremo saluto. Parafrasando le parole che aprono il film (e che non compaiono – è bene ricordarlo – nel romanzo della Lindsay), il cinema stesso è sogno e, siccome parla della vita, è il sogno di un sogno.
Weir non riuscirà mai più a uguagliare nelle sue pellicole successive (alcune delle quali peraltro molto valide) la forza visionaria e trascendente di Picnic ad Hanging Rock, quasi che gli fosse toccato in sorte lo stesso destino di Michael, vale a dire l'incapacità di ricordare, di ripetere una seconda volta la visione. Picnic ad Hanging Rock è un'opera incommensurabile, un esempio straordinario di quella originale concezione di cinema che ho cercato di esporre più sopra: è un film sostanzialmente anti-psicologico e anti-naturalistico, un film fatto di suggestioni, di emozioni impalpabili, di percezioni insolite, il tutto reso con un equilibrio e una raffinatezza che cristallizza nella perfezione, a tratti raggelata eppur internamente palpitante, della forma una materia incandescente. La caratteristica più significativa dello stile weiriano è probabilmente la sensibilità pittorica del regista. L'immobilità di molte inquadrature o il frequente ricorso al ralenti discendono direttamente dalla volontà di fissare per sempre certi istanti esemplari, certe immagini di plastica bellezza, come quando Weir all'inizio del film incornicia in un piccolo specchio ovale il volto di Miranda, quasi fosse una fotografia. E' un desiderio di fermare il tempo che lascia trasparire un senso di acuta nostalgia, di elegiaco rimpianto per le cose che stanno per finire (l'ultima gita in barca, le vacanze di Pasqua che divideranno per sempre le ragazze superstiti, la gita di San Valentino che ritorna un'ultima volta in fotogrammi di struggente leggiadria) e che fa intuire come Weir, paradossalmente, non sia affatto indifferente verso quell'epoca di cui pure vuol essere un critico severo.
La macchina da presa, sempre tesa a restituire il morbido e romantico flou dei dipinti fin de siècle, è prevalentemente immobile; nondimeno alcune lente panoramiche (quella delle collegiali sedute ai piedi di Hanging Rock, ognuna intenta alle proprie occupazioni, e soprattutto quella circolare che parte dalle ragazze in cammino sul sentiero e, dopo un suggestivo giro della cinepresa su se stessa di circa 270°, le riprende in un altro punto più elevato del sentiero medesimo) sono indimenticabili per la loro elaborata semplicità. E' proprio nella composizione interna delle inquadrature, nelle piccole correzioni dell'angolazione della macchina, nella trasparente perfezione della profondità di campo, nell'uso parco ma efficace del fuori campo, che si rivela il genio di Peter Weir. Per fare solo un paio di esempi, che rivelano entrambi un suggestivo effetto di spessore, di profondità dell'immagine, vorrei citare la scena in cui la macchina da presa collocata a livello del terreno riprende Miranda e Marion che sullo sfondo si avviano verso la roccia, mentre un attimo dopo, in primo piano, entrano nell'inquadratura i piedi di Irma; o quella in cui Mademoiselle, che si trova più vicina all'obiettivo rispetto a miss McCraw, rivela alla collega la somiglianza di Miranda al quadro di Botticelli.
La fotografia soffice e sfumata delle sequenze en plein air contrasta singolarmente con quella cupa e innaturale degli interni del collegio, a sottolineare un contrasto non solo ideologico ma anche cromatico tra i due luoghi scenici. I colori del resto sono molto importanti in Picnic ad Hanging Rock: ai vestiti scuri della signora Appleyard fanno da simbolico contraltare i bianchi abiti di mussola delle collegiali, il bianco dei cigni (e per sottolineare il parallelo tra Miranda e il cigno, la macchina da presa, soggettiva dello sguardo di Michael, scivola carezzevolmente da Irma all'uccello sul lago) e infine il bianco accecante, catartico, della dissolvenza conclusiva. C'è qui molto più di un esercizio di alto calligrafismo, qualcosa di profondamente diverso da una leziosa e oleografica rappresentazione ambientale, e non si capisce proprio come taluni critici non se ne siano accorti e si siano invece accaniti contro questo film, giungendo perfino a definirlo una "sciocchezzuola… stucchevole e pretenziosa che ambisce alla precisione delle foto d'epoca e attinge viceversa allo snervato flou dei poster da boutique di David Hamilton" ( Cineforum, n° 2/1977). C'è al contrario in Picnic ad Hanging Rock un respiro prepotentemente personale, che non si può ricondurre semplicisticamente a generiche influenze loseyane o del free cinema in generale (nonostante le citazioni viventi rappresentate dall'ex go-between Dominic Guard e da Rachel Roberts, non dimenticata attrice in Sabato sera, domenica mattina, Io sono un campione e altri film britannici degli anni '60). L'importanza attribuita agli aspetti formali, l'originale equilibrio degli elementi spazio-temporali, la cura minuziosa per la perfezione dell'inquadratura, sono lontanissimi dall'oleografia e dal manierismo. Al contrario, se è vero come sostenevano i registi della nouvelle vague che "ogni inquadratura è una questione di morale", allora Picnic ad Hanging Rock è sicuramente uno dei film "moralmente" più ricchi e profondi della storia del cinema.

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Invia una mail all'autore del commento INAMOTO89  @  05/10/2015 00:17:49
   5 / 10
Fondamentalmente inguidicabile, non mi ha coinvolto ne affascinato, ne tantomeno inquietato, non è noioso ma è insipido.
Buona la fotografia ma quel flauto di pan a me fa cadere le palle, per non parlare della recitazione ( o forse sarebbe più corretto dire il doppiaggio) veramente robotica e inespressiva.
Non capisco cosa ci vediate di tanto eccezionale, non critico chi lo ha apprezzato ma davvero non riesco a percepirne l'inquietudine tanto decantata, evidentemente abbiamo 2 concetti diversi.
Vedetevi Rengeteg di Fliegauf

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Beefheart  @  22/04/2014 15:57:25
   8 / 10
Grande film, il mio preferito in assoluto di Peter Weir.
Un film che non è un horror ma fa più paura di un horror. Un film dall'atmosfera ipnotica, agghiacciante ed angosciante che pervade dall'inizio ala fine. Niente cast stellare, nessun effetto speciale, nessun volo pindarico di sceneggiatura. In compenso, tutta sostanza, tipo super-ammasso cinematografico. Un film che non si dimentica.

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Ultima risposta 22/04/2014 16.08.49
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C.Spaulding  @  03/06/2012 23:59:19
   9 / 10
Film bellissimo..davvero inquietante.

SPOILER avrei voluto che dessero una specie di spiegazione a quello che successe quel pomeriggio invece il film ti lascia con mille dubbi. Comunque un ottimo film.

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Ultima risposta 13/07/2013 17.45.42
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  30/12/2011 19:12:33
   10 / 10
Piccole formiche le persone viste dall'alto della roccia di Hanging Rock. E' un'altra prospettiva, antica quanto la Natura stessa, le regole dell'uomo non valgono più nulla negli anfratti di Hangin Rock. Il film di Weir destabizza fino alla radice la razionalità umana, scardina ogni regola senza apparente violenza, ma con la seducente musica del Flauto di Pan di Zanfir ti conduce direttamente nel sogno, lasciando che il mondo repressivo della Appleyard crolli sotto il peso della stessa austerità vittoriana.
Weir mette sè stesso e l'Australia sulla mappa del cinema mondiale con un film che non ha perso nemmeno una briciola del suo fascino, perchè Picnic ad Hanging Rock è una di quelle pellicole che vanno vissute con l'emozione. Cercare soluzioni o razionalizzare significa svilire il senso stesso del film.

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The Deep Ocean  @  28/04/2011 16:51:14
   8 / 10
"Ora so, che Miranda è un dipinto del Botticelli"

Una storia avvenuta realmente, che tuttavia nella narrazione prende svolte surreali. La parte migliore del film, con tinte oniriche, è quella centrale, quando vengono seguite le quattro ragazze nella scalata ad Hanging Rock. Musche stupende, che ci avvolgono in un crescendo d'intensità, man mano che si sale fisicamente. Le atmosfere sognanti del luogo ci portano via e ci fanno partecipare emotivamente agli eventi presentati in un modo distaccato e lontano, fino a raggiungere il parossismo.
Le storie personali dei personaggi, tutti accurati e a tutto tondo, poi, non stonano affatto, e si inseriscono molto bene in questo affascinante e pittoresco affresco del 1900, che trova lustro anche nei costumi splendidamente realizzati.
Unica pecca, perde un po' di ritmo nella fase finale, tralasciando forse un po' troppo il mistero di fondo.

"Un tempo e un luogo giusto dove tutto ha un principio e una fine."

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Ultima risposta 28/04/2011 21.35.51
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Aztek  @  22/06/2010 20:15:24
   7 / 10
Tra i tanti aggettivi utilizzati dagli altri utenti per descrivere questo film, credo che affascinante sia quello più adatto; il film non raggiunge picchi di angoscia molto alti che richiederebbe un mistero come questo, ma sono i costumi, la discreta riproduzione del 1900, la location e l'ottima colonna sonora a caratterizzare questo lavoro di Weir.
Non nascondo comunque di essere rimasto con l'amaro in bocca per colpa del finale, mi aspettavo almeno dei piccoli chiarimenti.

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Ultima risposta 23/06/2010 10.11.54
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Romi  @  15/06/2010 17:36:53
   10 / 10
Caspita! Film così ce ne sono pochi. Mi dispiace di averlo visto solo ultimamente. E' incredibile lo stato di angoscia che crea con la semplice atmosfera. Un film onirico, raffinato, splendido.

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Ultima risposta 15/06/2018 19.54.47
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Gruppo COLLABORATORI Zero00  @  07/10/2009 23:49:01
   8½ / 10
Questo film mi ha messo un'inquietudine terribile addosso. Tutti quei silenzi, quei volti, quella natura. Mi ha ricordato molto Bergman, ma il tocco Weir è distinguibilissimo.

Al di là del mistero irrisolto, sembra quasi che tutti i personaggi abbiano qualcosa di marcio, quel lato oscuro espresso dai loro volti e dai loro silenzi più che dalle parole. Ho trovato tutto questo impressionante e terribilmente sottile. Un film veramente bello e terrificante.

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Ultima risposta 12/10/2009 11.50.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  24/08/2009 19:59:46
   8½ / 10
La montagna s’è presa con sé anche quell’ultimo suo sguardo. E Miranda, come le sue compagne e l’insegnante che l’hanno seguita, da allora non ha più voce se non nella memoria. Rivive bensì nella grazia di quei luoghi, nella dolcezza ipnotica del flauto, nel fascino occulto di quella gita campestre, nelle confessioni intime e sociali delle persone che ha conosciuto. Ma non si trova consolazione alla sua scomparsa, il tempo passa, le preghiere s’attenuano; come quando un segreto non è svelato, l’alimentarsi vano della speranza s’estingue placido in quell’unico frammento del suo vestito bianco.
La natura ha chiuso a sé le sue mani fosche, s’è portata via quegli innocenti fiori di gioventù; la montagna tace, rivela il suo sguardo dolce e ospitale, ma il suo manto è oscuro e impenetrabile come chissà cosa… oh, se potesse la sua voce raccontarci di loro.

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Ultima risposta 19/09/2010 15.10.44
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BlackNight90  @  19/08/2009 04:07:30
   9½ / 10
Peter Weir ha l'incredibile capacità di rendere i suoi film incredibilmente affascinanti e difficilmente dimenticabili, sia che si tratti di produzioni americane, e quindi più facilmente accessibili dal punto di vista emotivo ad un pubblico il più vasto possibile, sia che si tratti di film girati nella natia Australia, più criptici e legati alla natura di quella terra che è ancora in parte selvaggia. Per questo è uno dei registi che più amo e ammiro.
Qui la Natura è l'assoluta protagonista, dotata di una forza misteriosa quanto potente, una volontà presente in tutto il reale che ha negli uomini (in questo caso nelle donne) la sua manifestazione più evidente e soverchiante: il mistero di una scalata immersa nella quiete sonnacchiosa di un bosco, mentre tra l'erba secca e bionda, tra pietre massicce e nere danzano delle ragazze, cullate dal suono suadente ed ipnotico del flauto di Pan di Zamfir, danzano come ebbre di non so quale piacere come baccanti ebbre di vino, guidate da lei, Miranda, splendente come una Venere del Botticelli...dio, il solo pensare a queste sequenze mi emoziona tantissimo.
C'è in tutto il film un velo di erotismo sotteso, represso da un'educazione vittoriana sterile quanto inefficace, una vitalità sensuale che non può essere contenuta ma che Weir mostra in modo semplice ed elegante, come nel dettaglio di una calza che scivola via lentamente mostrando appena la gamba nuda di Miranda; ma questa vitalità, diventato amore tra Sara e Miranda, viene tragicamente impedita.
Il finale irrisolto è la conclusione inevitabile, credo che dare una spiegazione univoca vorrebbe dire togliere qualcosa al film, non permettendo di attingere pienamente al mondo interiore di ciascuno.
Musiche incantevoli, fotografia bellissima, 'Picnic ad Hanging Rock' è un capolavoro e non ci sono storie, ammaliante come un incantesimo ed angosciante come un urlo disperato.

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LoSpaccone  @  30/07/2009 18:29:57
   7 / 10
Una sorta di thiller metafisico dall’atmosfera sognante che sembra voler esplorare la sfera misteriosa del legame istintivo e apparentemente irrazionale tra uomo e natura. Molto affascinante ma resta troppo nel vago, nonostante metta molta carne al fuoco, lasciando aperti troppi interrogativi. Comunque a chi è piaciuto consiglio la visione de “L’australiano” di Skolimowski.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  21/04/2009 19:54:22
   9 / 10
Forse è il capolavoro di P.Weir. E' incredibile come un film dalla trama così semplice riesca a suscitare tutte queste emozioni. Picnic ad Hanging Rock è un mistery movie in piena regola, caratterizzato da musiche, atmosfere e paesaggi splendidi. Molte chiavi di lettura possibili, alcune delle quali potrebbero riguardare il mondo del paranormale. Al termine restano tante idee e nessuna soluzione certa, ma wikipedia ci potrebbe essere d'aiuto...

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Enzo001  @  07/04/2009 15:25:18
   10 / 10
Il fruscio delle foglie silenziose, la maestosa imponenza della pietra, il respiro d'un ruscello che attraversa la selva... "mille anni tutti per noi" in un film, forse il più misterioso mai girato, che contempla la stessa cifra d'imperscruttabile e ignoto di cui è altrettanto misteriosamente composto.
Già, perché quella di Weir con la macchina da presa è autentica magia: le carrellate fra le foglie, simmetriche e perfette; le dissolvenze, i primi piani, i campi lunghi: quadri di rara bellezza; e quella fotografia, viva e reale eppure egualmente misteriosa, come cercasse di comunicare sottovoce.
Un film che non pretende di svelare verità alcuna, perché intrisencamente consapevole di tale precarietà; la addita da lontano, concentrandosi esclusivamente sui suoi protagonisti. Ne vien fuori un ritratto di rara grazia e bellezza, che sconvolge per l'immensa potenza evocativa; il linguaggio di Weir è quello del Bergman di "Sussurri e Grida": accattivante e ambiguo, vivido ed entusiasmante, sempre e comunque attuale.

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Ultima risposta 08/04/2009 13.43.57
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Gruppo COLLABORATORI matteoscarface  @  25/09/2008 00:05:52
   10 / 10
Uno dei film più inquietanti e misteriosi che abbia mai visto. La capacità di Weir di infondere angoscia, mistero, inquietudine e più di un brivido lungo la schiena senza nessun effetto, solo con musica (meravigliosa) e immagini, è più che straordinaria. Mille sono le domande che girano in testa, e tante sono le possibili chiavi di lettura, tra cui (vedere spoiler). Di un fascino raro le ragazze protagoniste. Questo film è un capolavoro.

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Ultima risposta 25/09/2008 02.04.02
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The Legend  @  24/07/2007 00:16:21
   9½ / 10
E' un film come se ne vedono pochi.

Inquietante, misterioso, quasi esoterico: non è un horror, non ci sono scene di violenza, ma lascia, al termine della sua visione, con un senso di angoscia indescrivibile. E' la magia del cinema.

Precisa la ricostruzione d'epoca, felice la scelta dei luoghi e degli interpreti, sibillino e quasi ipnotico il suono puro del semplice flauto che accompagna le scene salienti. E' un film straordinario, unico nel genere.

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Ultima risposta 07/10/2007 01.35.25
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  28/06/2007 14:33:37
   7 / 10
Un buon film, anche se risente leggermente della sua vecchiaia (il che non è affatto un difetto, anzi, si respira l’atmosfera dell’epoca, però è un peccato che non mi abbia coinvolto come se l’avessi visto allora).
Ottima regia, musiche molto carine, paesaggio perfetto, costumi bellissimi e cast eccellente (e le ragazze sono pure carine!). La grassona però no.
Speravo in un voto più alto, ma come mystery degli anni ‘70 di sicuro è positivo.

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Ultima risposta 22/08/2007 22.35.19
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norah  @  24/04/2007 12:58:09
   8½ / 10
La vita è sogno. Soltanto sogno. Il sogno di un sogno.

"Furono tutti d'accordo che era proprio la giornata adatta per il picnic a Hanging Rock: una splendida mattina d'estate, calda e quieta, con le cicale che durante tutta la colazione stridevano tra i nespoli davanti alle finestre della sala da pranzo e le api che ronzavano sopra le viole del pensiero lungo il viale. Le dalie fiammeggiavano e chinavano il capo pesante nelle aiuole impeccabili, i prati ineccepibilmente rasati esalavano vapore sotto il sole che si levava..."

Un film decisamente ipnotico.
Sul palcoscenico di una natura misteriosa e matrigna , eteree figure aleggiano,simili a veneri del Botticelli...

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Ultima risposta 26/10/2007 14.24.24
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phemt  @  02/03/2007 10:06:39
   8 / 10
La messa in scena è qualcosa di notevole, la regia di Weir è eccellente, la colonna sonora new age si sposa alla perfezione con lo stile lento e misurato, la fotografia è curatissima, l’ambientazione è fantastica e il cast è davvero ottimo (su tutti brilla la direttrice protagonista di una prestazione davvero eccellente)… Va però anche considerato che alcuni dialoghi quasi di stampo teatrale non sempre risultano convincenti, che in realtà la tensione latita abbondantemente e il ritmo fin troppo lento potrebbe annoiare lo spettatore meno portato per un certo tipo di cinema… Ma il film ha un fascino incredibile, si viene letteralmente rapiti dalla storia, imprigionati da essa, e quando le ragazze urlano alla superstite tutti i loro dubbi lo vorrebbe fare anche lo spettatore per capire finalmente l’arcano… In realtà non ci sarà nessuna spiegazione alla fine, l’arcano alla base del film non verrà svelato, a Weir probabilmente non importava nemmeno farlo, voleva solo far riflettere lo spettatore sul tema centrale di questa opera (e non solo di questa) e cioè il rapporto conflittuale tra l’uomo e la natura…
Film molto particolare, in un certo senso addirittura quasi weird, ma poetico, elegante e delicato… Da non perdere!

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Ultima risposta 02/03/2007 10.51.16
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  02/01/2007 11:24:48
   9 / 10
Magico, inquietante e raffinato: Peter Weir ci guida attraverso una storia densa di mistero attraverso una fotografia di rara bellezza nei suoi toni ora smeraldo ora rosso sangue, lasciandoci addosso una voluta insoddisfazione.
Bravissime le protagoniste.

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Ultima risposta 10/01/2007 11.31.45
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Invia una mail all'autore del commento orsetto_bundi  @  01/09/2006 16:10:01
   5 / 10
Oggi pom.- invece di fare la solita "pennika"- ho dato un'okkiata a 'sto film, in attesa ke kominciasse la differita di Spagna-Argentina, altra semifinale del mondiale cestistiko........mah..........
So bene ke per molti è una specie di "cult" movie, anke per Dino il cinefilo ke me lo ha STRA konsigliato......e so altrettanto bene ke mo' tutti i "filmscoopiani" mi daranno addosso........ma ke ce volete fa'.......a me sto film non è piaciuto per niente......
non è ke mi aspettassi un horror, eh? ma almeno un film angoscioso ed inquietante sì,........invece........boh, a me non ha inquietato proprio per niente, anzi.......in alkuni tratti l'ho trovato piuttosto noiosetto......boh........forse non kapirò un kaxxo di cinema (il ke è moooooooolto probabile.....eheheheheh).........boh.........
se qualkuno ha la bontà di spiegarmi kosa abbia di tanto sensazionale 'sto film gliene sarò grato in eterno :-)
cmq non lo boccio del tutto perkè gli attori so' bravini e il panorama selvaggio made in Australia lascia quasi senza fiato, ma per il resto.....zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz.............

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Ultima risposta 21/11/2009 03.38.48
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screziato  @  01/04/2006 10:47:45
   9½ / 10
Uno dei film più affascinanti che abbia mai visto.

La musica incredibilmente suggestiva e ammaliante è forse ciò che contraddistingue di più questo film e ne costituisce l'elemento più peculiare.
Dopo interminabili ricerche sulla colonna sonora, finalmente ho trovato un CD che contiene le musiche (non originali) di questo film. Si tratta di "Flute de Pan et Orgue" di Gheorghe Zamfir (un rumeno), uno dei pochissimi esperti di questo strumento (il flauto di Pan). Il CD è una raccolta di queste "canzoni" che appartengono, a quanto pare, alla storia della musica folkloristica della Romania.

Non capisco come Peter Weir abbia potuto girare dopo questo gioiellino quel filmetto banale e sopravvalutato che è "The Truman Show".

Non consigliato a chi non ama i film "lenti".

Ho appreso solo recentemente che, contrariamente a quanto si credeva, la storia non è realmente accaduta. Ciò sicuramente fa perdere di fascino a "Pic-nic a Hanging Rock" che comunque resta un film bellissimo, pieno di mistero e di simbolismo arcano.

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Ultima risposta 14/04/2006 00.47.37
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viagem  @  22/09/2005 13:27:43
   8 / 10
L'ho visto in piena notte...brrrr!!!
Fuori dalla norma.

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Ultima risposta 22/09/2005 15.15.28
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cedro  @  06/06/2005 14:58:47
   2 / 10
Il film é un macigno impressionante che ricalca molte delle avventure miste horror-fantastiche già viste.

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Ultima risposta 11/07/2005 21.19.19
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unpoeta67  @  03/05/2005 23:20:46
   8 / 10
il video si e' aperto ad un tratto ...ed ero li' ... perso anche io nel mistero ...angoscia ..ricerca di risposte...paura dell'ignoto... ecco...ove son finito... nella miriade infinita dei colori mi son perso...
e' stato come vagare nell'arcobaleno ...

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Ultima risposta 13/05/2005 23.51.35
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Andre85  @  26/03/2005 12:57:27
   8 / 10
che atmosfera ragazzi!! gran bel film peccato (secondo me) che non si sia spinto piu a fondo sul mistero. qualcuno a qualche idea? per favore aiutatemi!

ps. per un momento pensavo che dall' altra parte del varco della roccia ci fosse il monolite di 2001...

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Ultima risposta 29/03/2005 21.50.44
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