nymphomaniac - volume 2 regia di Lars von Trier Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Belgio 2013
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nymphomaniac - volume 2 (2013)

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locandina del film NYMPHOMANIAC - VOLUME 2

Titolo Originale: NYMPHOMANIAC: VOL. II

RegiaLars von Trier

InterpretiCharlotte Gainsbourg, Stacy Martin, Stellan Skarsgård, Christian Slater, Uma Thurman, Willem Dafoe, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Connie Nielsen, Udo Kier

Durata: h 2.03
NazionalitàDanimarca, Germania, Gran Bretagna, Belgio 2013
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2014

•  Altri film di Lars von Trier

•  Link al sito di NYMPHOMANIAC - VOLUME 2

Trama del film Nymphomaniac - volume 2

Joe, una donna che viene trovata da Selingman in un vicolo, racconta le proprie vicende sessuali, dall'infanzia fino all'età di 50 anni. La storia è in due parti: la prima a sua volta divisa in cinque capitoli, mentre la seconda in tre.

Film collegati a NYMPHOMANIAC - VOLUME 2

 •  NYMPHOMANIAC - VOLUME 1, 2014

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Voto Visitatori:   6,97 / 10 (75 voti)6,97Grafico
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Voti e commenti su Nymphomaniac - volume 2, 75 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento Albertine  @  18/06/2014 12:20:51
   6 / 10
"Madame Bovary sono io" disse Flaubert, creatore di uno dei caratteri femminili più riusciti della letteratura, nel quale, per quanto distruttivo, ogni donna può riuscire ad identificarsi. Forse in questo caso anche Joe rispecchia il suo creatore con la differenza che in questa caricatura di donna mal riuscita credo che davvero pochi esseri di sesso femminile potrebbero trovare una corrispondenza. Dopo i due ultimi CAPOLAVORI ASSOLUTI "Antichrist" e "Melancholia" Lars Von Trier partorisce questo film complesso, lunghissimo, a tratti incoerente e, a mio parere, pieno di moltissime forzature ed esibizioni gratuite . Ovviamente trattandosi di un grandissimo Autore nel film ci sono anche immagini e musica meravigliose, citazioni colte ed estremamente affascinanti, momenti intensissimi e commoventi, intelligenti ed originali intuizioni, poesia. Un linguaggio cinematografico che mi ha ricordato molto quello di Peter Greenaway. Molte cose però non mi sono piaciute, forse non le ho capite o forse sono troppo lontane da me e da quello che conosco. La sessualità femminile come viene qui rappresentata è molto più simile a quella maschile, e non si capisce esattamente perché a tratti la protagonista parli della sua nimphomania come liberazione, come malattia, come dipendenza, come dolore, come gioia. Mi sembra il risultato della solita deriva senile degli uomini che arrivati ad una certa età vengono ossessionati dal sesso più che una storia di nimphomania. Non ho personalmente gradito la scelta della prima Joe troppo acerba, quasi una bambina, tutte quelle scene di sesso con uomini adulti, grassi, laidi, vecchi mi hanno abbastanza disgustata e fatico a credere che, benché ninfomane, una donna possa arrivare ad avere 10 incontri sessuali al giorno (fatta eccezione per le professioniste). Poi il sado-maso, poi i due uomini di colore, poi la poco credibile svolta criminosa, poi la storia lesbo con una ragazzina che potrebbe essere sua figlia. Insomma troppe semplificazioni, troppe cose forzatamente attaccate insieme ed anche male. Come a volerci fare entrare per forza ogni tipo di gusto ed esperienza sessuale anche in maniera frettolosa e slegata dal personaggio. La fine mi è piaciuta il vecchio porco/casto che prima la rassicura e la accoglie come un padre e poi le si infila nel letto meritava di morire. Nel complesso, per me, dopo tanta attesa, una delusione.

1 risposta al commento
Ultima risposta 18/06/2014 12.30.11
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spoonji  @  15/05/2014 11:39:37
   10 / 10
Purtroppo come per il primo o si scrivono pagine e pagine o bisogna limitarsi a un commento breve, troppi elementi in campo per poter essere esaurienti in poche righe.
Chi dice che è un film vuoto, probabilmente è cieco e sordo, o forse i moltissimi sentimenti, richiami filosofici, temi che questo film mette affronta sono così tanti e profondi che scatta il rifiuto.
E' sempre stata questa la forza di Vor Trier, andare così in profondità da disturbare, oppure da non riuscire (o non volere) neanche a vederlo. Perché va a tirare fuori angoli così nascosti della nostra coscienza che non li riconosciamo neanche più.
Con Nymphomaniac, Von Trier è andato in profondità come mai aveva fatto prima.

1 risposta al commento
Ultima risposta 15/05/2014 19.54.20
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  15/05/2014 03:00:24
   8½ / 10
ho visto il film intero al cinema, non lo diviso in capitoli

presenti spoiler

presenti spoiler
Purtroppo essere uno dei pochi autori rimasti caro Lars è una condanna.
Se poi sei un testa di càzzo come sei, un furbetto che si sa vendere benissimo e uno che dice panaccio al pane e vinaccio al vino sei ancora più nei guai.
I tuoi film son massacranti, troppo pessimisti, senza speranza, cattivi, a tratti disgustosi, perversi, come te.
E sto dicendo quello che penso eh, senza ironia.
Ma vivaddio, c'è ancora qualcuno che scrive film, che prova a metterci dentro tutto, che cura la scrittura e l'estetica, che si espone. Vivaddio Lars. Sei uno grande strònzo e dopo quest'ultimo film te lo dico ancora più forte. Ma non ho paura di te. Perchè chi ti distrugge ha paura. Perchè nei tuoi film c'è tanta verità, tantissima, ma non ci piace saperla. Fai una cosa però la prossima volta. Di verità mettine anche altre, che ce ne son tante anche di bellissime.
La vita è tante più cose.
Ma anche le tue, non so se soprattutto le tue, ma anche le tue.

Nymphomaniac è certamente il film più ambizioso di Trier, a mio parere quello definitivo.
O almeno il definitivo per una certa poetica che film dopo film ha portato a questo.
Senz'altro il più importante perchè qui, solo qui, Trier riesce a parlare di tutto.
Il sesso è solo il mezzo.
Già, il sesso.
Nei suoi film c'è sempre, ed è sempre visto in maniera negativa.
Da quello umiliante e "costretto" de Le Onde del destino, a quello violento e di sopraffazione di Dogville, da quello metaforico e automutilante di Antichrist a quello stanco e senza significato di Melancholia.
E anche qua il sesso fa una pessima figura.
Ma del resto la protagonista è una ninfomane, ed il sesso la sua malattia, e non ci può essere bellezza in una malattia anche se credo che se solo essendo stati malati si può apprezzare fino in fondo la bellezza del non esserlo.
Joe ha molte meno colpe di quello che può sembrare, Joe soffre per quello che è.
Perchè non la porta nulla, solo a tanta sofferenza nascosta dietro piaceri fittizi.
Non gli porta benessere, non gli porta felicità, non gli porta gioia, niente.
Ad un certo punto, nel magnifico sfogo dalle sesso-dipendenti lei rivendica quello che è, ne va orgogliosa quasi. Ma perchè non riesce a combatterla, non perchè gli piaccia. E via l'ipocrisia, io sono malata e preferisco dire al mondo che lo sono che far finta di non esserlo. Potete aiutarmi? no.
Impossibile parlare di questo film, almeno per me che amo questo regista. Impossibile darsi un'ordine, sempre che un ordine sia meglio del disordine.
Mentre Lars, come sempre, un ordine se lo dà.
La sua schematicità, i suoi immancabili capitoli, il suo dare una forma definita a tutte le informi tematiche che presenta, il suo fare film a tesi, beh, anche Nymphomaniac è così.
Come una novella Kaiser Soze Joe osserva la stanza di Seligman e per ogni oggetto che vede o ogni storia che Seligman le racconta lei inventa il nome di ogni capitolo.
E ogni capitolo è un capitolo della sua vita.
La scoperta di quello che si è, la voglia irrefrenabile di perdere la verginità, con quella prima volta e quella sequenza matematica che sempre le resterà in testa, così fredda e inesorabile, sequenza che come un contrappasso tornerà poi alla fine.
E sta proprio qui uno dei paradossi del film, nel fatto che l'amore, l'unico amore di Joe sia poi quell'uomo che in quella maniera così abitudinaria e disinteressata l'avviò al sesso. E Jerome, lui, sarà infatti il film rouge dell'intero film, presente in ogni capitolo, e fonte per Joe, forse l'unica, di tutti i sentimenti che una persona può provare, l'amore, l'odio, l'affetto, l'attrazione.
C'è una scena, la scena che è poi il finale del volume uno, che da sola vale più di tante parole.
"Non sento niente" dice Joe, per poi quasi urlarlo un'altra volta.
Lei che ha quella vagina così sensibile, così pronta a farle scoppiare ogni volta il cervello non sente niente.
E non sente niente proprio quando, in uno dei capitoli più belli, parla per la prima volta dell'amore, o di qualcosa che gli somiglia. Quella cosa che insieme all'abitudine rassicurante e alla trasgressione animale crea la polifonia del suo sesso, o forse, della vita stessa.
"Non sento niente" dice Joe perchè l'amore l'ha anestetizzata. Perchè lei non si piace, non ama quello che è e che la sua malattia la porta ad essere, e il suo corpo si rifiuta probabilmente di provare le stesse sensazioni degli altri con un uomo che ama.
Qualcuno la vedrà come una frase che annienta definitivamente l'amore, io come una che lo esalta.
Trier ci parla dell'inesistenza dell'amore o della mancanza di esso, del suo bisogno?
Il film, e la sua protagonista con esso, sembrano ogni volta dare una risposta diversa.
Perchè, a differenza di altri Trier qua e là ci sono degli sprazzi di luce, delle speranze, dei sentimenti, persino, e questa è quasi una novità, degli uomini di valore.
C'era stata la Grace di Dogville, la Selma di Dancer in the Dark, la Bess de Le onde del destino.
Tutte anime pure, poi magari travolte dagli eventi, ma anime pure.
Ma mai, o molto difficilmente, avevamo visto con Trier un uomo che ci rendesse orgogliosi del nostro sesso.
(a questo proposito l'arringa che fa Seligman nell'ultimo capitolo sulla differenza tra l'esser uomo o donna è chiaramente esplicativa della visione di Lars)
Qua c'è il padre di Joe, un padre che la ama, un padre che le insegna la bellezza della natura.
Un padre che cerca negli alberi le anime delle persone.
E anche Joe poi, dopo una ricerca lunga quasi una vita, troverà la sua.
E sarà un albero che malgrado tutto sta ancora in piedi, storto e distrutto dalla vita. Come lei.
Ma che sta ancora in piedi. Come lei.
Ed è solitario, come lei.
Ed è nato in una zona arida, come lei.
Quando Joe cancellerà come terapia tutto quello che la riconduce al sesso, praticamente ogni singolo oggetto di casa sua, resterà intatto un solo libro, quello con quelle foglie di suo padre.
Perchè lei ha bisogno di lui. E in una scena stupenda in un capitolo che di trieriano ha tanto poco per quanto è emotivamente bello e positivo, in questa scena la bellezza non è lei che piange nel vederlo morire, non è nelle immagini, ma è in quello che lei gli chiede, ripetergli ancora una volta, l'ennesima dopo centinaia, la storia del frassino.
"Non me la ricordo" gli dice lei, con quella bugia così pacchiana e dolce. Una meraviglia.
Avevo parlato un giorno delle costanti, di quelle cose che in vita ti fanno star bene, stupide o importanti che siano. La storia del frassino era una delle costanti di Joe, probabilmente l'unica che la faceva stare realmente bene.
E forse non è un caso che l'uomo migliore del film muoia divorato dalla malattia, perchè Lars è uno strònzo e questo lo sappiamo tutti.
Che poi Seligman all'inizio lo dice a Joe.
"Non ho mai incontrato un pessimo essere umano" le dice.
Ma che significa? Vuole metterla a suo agio, si vuol dire pronto a tutto quello che gli racconterà, ha in mente qualcosa?
Ma Joe racconta, e racconta e racconta.
E lui ascolta.
E giustifica tutto.
E non si capisce se giustifichi tutto dall'alto della sua cultura, dall'alto della sua umanità o dall'alto della sua esperienza.
Che non ha.
Perchè la ninfomane Joe sta raccontando tutte le sue "nefandezze" a un uomo che non ha mai conosciuto il sesso, un vergine, un puro, uno che non può giudicarla male semplicemente perchè non ha i mezzi per giudicarla, la sua mente non ha tutte le sovrastrutture, i moralismi e le implicazioni che l'esperienza del sesso ti dà.
Già, puro, vergine, ma la purezza esiste? o è solo ipocrisia?
I due parlano di tutto, lei di vita, lui di libri, musica, storie che possono essere metafora di quelle esperienze di vita.
Lui è la cultura, lui è il padre e il prete, il confessore che però non ti darà la punizione, un prete laico che non giudica perchè non ha le armi per farlo.
Tante sue frasi, ma anche tante di Joe, sono la voce di Trier stesso che con pretesti a volte forti a volte labili parla di tutto, della società, della cultura, della religione, persino dell'antisemitismo (e sapete cosa gli è successo...). Insomma, la visione del mondo di Trier è tutta qua dentro.
E forse il "pezzo" più forte e coraggioso è quello sulla pedofilia, quasi disgustoso e pericoloso ma solo se facciamo finta di "coprirci" di una moralità di facciata.. Perchè quello che Joe dice è una verità che ci dà fastidio. Il malato è malato e non ha nessuna colpa finchè non fa male a nessuno. Se mette in atto la sua malattia è un mostro (e non ci sono dubbi) ma se la reprime e vive una vita di solitudine, tristezza e rinunce è solo da capire e, tiro fuori un parolone, voler bene.
Sta qui la mancanza di ipocrisia di Trier, quel suo essere unico in questo.
Quello che mi piace di Trier è che non sembra mettersi mai seriamente su un piedistallo, o meglio lo fa sempre ma sa anche essere ironico, prendersi in giro. E non parlo solo dei giochi grafici con cui si diverte a "sporcare" i suoi film ma anche di moltissime scene nelle quali il grottesco, l'ironico, persino il comico fanno capolino.
La sequenza dei dadi, la rassegna dei càzzi, la fantastica scena con la Thurman, così drammatica, intensa, distruttiva ma anche capace di tirarti fuori più di una risata, l'incredibile e quasi ridicola scena dei cucchiai, Trier sa prendersi in giro, tutti lo prendono troppo sul serio, nel bene o nel male ma lui nel suo sentirsi onnipotente sa anche sdrammatizzare.
Incredibile il rimando ad Antichrist, talmente referenziale da dar fastidio ma anche lì, poi, il suo si rivela solo un gioco con lo spettatore.
Sto andando a casaccio, me ne rendo conto, ma parlo e scrivo di getto.
Torniamo al sesso. A proposito, ce n'è tantissimo di esplicito, non so cosa abbiano tagliato ma vi assicuro che la "censura" per una volta ha avuto maglie molto larghe.
C'è il sesso per avere un orgasmo, quello perchè il richiamo è troppo forte, quello perchè si è soli, quello per noia, quello per farsi male e punirsi, quello, e Joe ci prova in almeno due occasioni, per vivere sensazioni uniche, belle.
I capitoli vanno avanti, la vita di Joe va avanti.
Il primo racconta la sua iniziazione con quel sesso visto come gioco e conquista da ragazzina, poi nel secondo c'è la scoperta che quel ragazzo, Jerome, le dà sensazioni che altri non le danno, poi con la Signora H vediamo una tra le tante possibili conseguenze che la sua malattia o il suo modo di fare possono arrecare ad altri anche se per Joe tutto quello che succede non è importante, se fai una frittata devi rompere le uova e lei quella frittata non potrà mai rifiutarsi di mangiarla.
Poi il bellissimo capitolo della morte del padre in salsa Poe, poi quello straordinario sulla musica (e il sesso) polifonico, poi quello del dolore, della punizione, del calvario, con quella specie di crocifissione coi lacci, capitolo di una violenza inaudita ma che regala a Joe, dopo moltissimo, un autentico orgasmo, come quello quasi mistico che ebbe spontaneamente sull'erba a 12 anni.
E poi c'è lo specchio, Joe inizia a conoscersi davvero e per la prima volta vuole guarire.
E alla fine, il capitolo della perdita di tutto, di lei e di lui che la umiliano, le uniche due persone, probabilmente, che le hanno regalato emozioni vere e positive in vita sua, o almeno nel sesso.
E il racconto di Joe è una catarsi, una purificazione, quella sola notte lei farà più bene a sè stessa che in una vita intera. Ma poi, poi, quel finale...
Ma prima del finale parliamo un pò più di cinema e meno di scrittura.
Gli attori sono tutti ad altissimo livello, la solita straordinaria Gainsbourg che adesso merita però altre parti, merita meno sofferenza, merita di allontanarsi per un pò da Lars.
Ma spicca su tutti la splendida Stacy Martin, vera protagonista del film, una sorpresa incredibile per qualità recitativa e coraggio.
Inutile parlare della bellezza estetica del film, forse l'unico aspetto che anche gli haters di Trier non riescono ad attaccare. Quel prologo su quella piazzetta nel vicolo, quel volteggiare sotto una finissima neve in un ambiente piccolissimo, circoscritto. La camminata di lei in bianco e nero verso l'ospedale, la scena replay di Antichrist, l'eleganza in alcune scene di sesso, i flash back col padre, l'albero solitario della montagna...
Non tutto funziona, un film di 4 ore ha inevitabili cali di ritmo, la ridondanza della cultura di Seligman a volte è davvero eccessiva, alcuni passaggi di sceneggiatura sono mal curati (o almeno in questa versione tagliata. Ad esempio, che fine ha fatto lui? perchè non vive più con lei?).
E la parte finale, quella del "recupero crediti" l'ho trovata davvero irreale, una deriva che un personaggio come Joe non mi suggeriva proprio, troppo labile la motivazione che lei conosce gli uomini e le loro perversioni per intraprendere un lavoro che fino a quel momento col personaggio non ci azzeccava nulla.
Ma incredibilmente Nymphomaniac era un film che qua e là mi aveva regalato bagliori di speranza, una visione che dai soliti 180° neri di Trier aveva cominciato ad acquisir gradi anche dall'altra parte, quella bianca.
Come quello spicchio di sole che vede Joe nel muro sulla finestra.
La catarsi è forse completa e Joe, anche se attraverso una modalità ingiusta, quella dell'annullamento di sè, è forse riuscita a capire come guarire. E lo ha fatto anche, o forse soprattutto, grazie all'incredibile aiuto di Seligman, uomo così straordinario da risultare quasi tragico nella sua figura.
Ma questo è Trier signori e in due minuti può farvi rileggere tutto in una nuova prospettiva, come la macchia di thè sul muro della casa.
E forse quando Joe stava per uscire da un vero inferno, di vita e mentale, poi strapiomba in uno ancora più infuocato. E ancora una volta per colpa dell'uomo e della mancanza di purezza che Trier da anni ci urla contro.
Trier è Trier e a volte quanto vorrei non fosse lui.
"L'amore è l'ingrediente segreto" dice però l'amica B. a Joe.
Già, l'amore è l'ingrediente segreto.
Trova l'albero giusto, trova l'anima giusta.
Trova l'albero giusto e anche il tuo tornerà su.
E compariranno le foglie più belle di tutte.
Quelle di frassino

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Ultima risposta 27/05/2014 10.14.49
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barone_rosso  @  01/05/2014 22:18:54
   2 / 10
Degna prosecuzione del primo, qua non ci facciamo mancare nessun genere del porno:

- Doppia penetrazione
- Interrazziale
- Lesbo
- Sadomaso

La sceneggiatura è ormai un lontano ricordo, avrebbe rubato lo spazio dei peni neri che svolazzano qua e là senza un perchè...

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Ultima risposta 08/05/2014 23.54.33
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  01/05/2014 01:01:34
   7½ / 10
Credo che Nymphomaniac II enfatizzi la natura controversa dell'operazione di Von Trier, essendo un film sfacciatamente lugubre e violento, ma al tempo stesso portato a un linguaggio più accomodante che potrebbe benissimo stare - v. il rapporto di coppia con Jerome - tra l'Eric Rohmer degli esordi e un certo Truffaut. Dal punto di vista letterario, poi, comunica la stessa impressione. Echi di Apollinaire, Bataille, Gide, Jean Genet possono benissimo sfociare nelle vicende sentimentali di Herman Hesse. E' un film torbido, che sta a Ibsen come a Nietzsche ma vive lo stesso struggente tormento "puro" di Victor Hugo, come nel quasi-epilogo finale (la pistola scarica l'incontro-scontro con Jerome). I detrattori delle citazioni possono irritarsi, ma sono assolutamente indispensabili per descrivere la natura ambivalente di questo film. A dire il vero, colgo un paio di cadute di gusto di non poco conto, es. il menage a trois con due africani sembra quello sì un mesto retaggio di qualche convenzionale film hardcore. Ma ci sono anche sequenze illuminanti e geniali, come Il gruppo di incontro o la macchina a fuoco sulle note dei Talking Heads. Sono retaggi della nuova identità di Joe, fermamente convinta di annientare per sempre il suo ruolo sociale, ma non certo di trovare una nuova vita. La morte di un percorso non individua una resurrezione, ma una specie di continuità. Von Trier poi è abilissimo e sarcastico a citare se stesso, a prendersi beffe del suo discusso discorso sul nazismo, mettendo in rilievo quanto il bene e il male siano compatibili. Lo dimostra nel suo discorso sul razzismo, o quando Osa smascherare la pedofilia come una pietosa rappresentazione di un peccato represso/omesso (sequenza alquanto disturbante direi). E in questo senso è tangibile il senso di alienazione dello spettatore, che non capisce se il vero peccato di Joe sia la sua condotta sessualmente immorale o il modo esecrabile che ha di guadagnare del denaro sfidando la legge.
Ecco che Von Trier rilegge il suo cinema in più occasioni, come se volesse sfidare la Sacra Famiglia e uccidere i suoi figli (Erode vs. Antichrist), dominata da un sentimento incostante che cerca nell'espiazione la propria identità. Egli è però dominato dalla colpa della misoginia che macchia certe tipologie di uomo, da Kappa crudele maestro Sadiano della sua impotenza all'implosivo e forse ovvio finale, come se sfidasse egli stesso la propria identità.
Curioso che in un film post-hardcore troveremo gente turbata e alieni che continuano a dirci di non aver mai assistito a un vero evento artistico senza veli. Spettatori che magari cambieranno idea, oppure inflessibili nel giudicare il lubidrio dell'eros uno spettacolo eccitante che non fa riflettere

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Ultima risposta 04/05/2014 00.13.33
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JOKER1926  @  30/04/2014 01:19:19
   7 / 10
Diviso in due tronchi la fatica dell'indescrivibile Lars von Trier, "Nymphomaniac", ha fatto parlare. Ovviamente discutere di queste produzioni è roba per chi ha già visionato e dunque accettato le regole del gioco. Le ondate blasfeme e del sesso (siamo nel porno) sono una consuetudine che all'inizio risulta essere particolare, ma durante il percorso diventa pura inerzia.

"Nymphomaniac volume II" è il prosieguo strategico del primo. Nella prima parte Lars von Trier aveva strabiliato attraverso una storia che partiva da un assetto elementare (c'è chi dialoga e chi ascolta e dunque interviene), le immagini però varcavano, ben presto, ogni recinto. La formula si traduce nell'idea della riuscita.
Il secondo capitolo mantiene logicamente questa impostazione ma fin da subito, per chi ha preso parte al primo banchetto, traspare indubbiamente una sorta di fase di ripiego. Insomma "Nymphomaniac volume II" offre, grosso modo, ciò che ha offerto nella prima. La sorpresa è come il bel gioco, dura poco. Le sequenze risultano un continuum della prima, ma Lars von Trier non fa mente locale, il pubblico ha già fatto gli anticorpi. Non esiste nessuna tattica così vincente da vincere il tempo.

Il film perde anche il ritmo, le situazioni che nel primo tronco erano state visivamente forti nel secondo mantengono la corazza del visivo ma si scagliano in dinamiche troppo lontane, forse anche balorde. Non convince la presa di posizione della protagonista che diviene una sorta di superba strozzina. Non incanta la storia lesbo. Esagerata e troppo compiacente quella del sadomaso.
Lo spettatore, il "credente" di tale regia aspetta, fino alla fine, il colpo di scena. In effetti c'è, ma manda alle ortiche gran parte del lavoro. Tutte le situazioni create da von Trier, nella loro obliquità, hanno significanti e simbologie ma nella logica di una narrazione cinematografica cadono nelle stazioni della contestazione.
Alla fine si ha la nettissima percezione che "Nymphomaniac" sia finito un paio d'ore prima, ossia qualche sentimentale del Cinema stroncherebbe dalle memorie dell'intelletto, se fosse possibile, questa seconda e quasi superficiale parte. In essa decade un po' tutto e si esalta ciò che ormai lo spettatore ha acquisito. Anche i neri, quelli del film, in modo involontario, racchiudono la metafora. Si è rotto il sincronismo.
Lars von Trier, nonostante tutto, va celebrato per un film anomalo e selvaggio, fra porno (d'autore) e pillole di cultura, nella seconda parte puramente teoretiche. Gli apprezzamenti sono un must, difficile fare di più; il prodotto ha tante armi per impressionare (senza scordare quelle atmosfere sadiche) ; la due versioni, tuttavia, tolgono un po' di flessibilità e non solidificano il tutto nelle are del sublime, ascesa al trionfo interrotta.

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Ultima risposta 05/05/2014 15.01.17
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  26/04/2014 11:28:58
   8 / 10
Concluso questo secondo e ultimo capitolo è possibile trarre le conclusioni sull'ennesima opera controversa di Lars Von Trier. Con Nymphomaniac continua il viaggio del regista danese su tutti i (non) generi cinematografici: il musical dance in the dark, l'horror Antichrist, il fantascientifico "Melancholia", la commedia "Il grande capo" e adesso il non-porno. Cosa spinge Von Trier nei meandri disturbati e disturbanti di una sesso-dipendente? In primo luogo il gusto della provocazione, cosa cui ci ha da anni abituato. La provocazione di Von Trier questa volta non va tanto, o non solo, nel portare in scena un film sessualmente esplicito ma nel portare avanti un'opera assolutoria sui presunti disturbi della sessualità.
Von Trier porta in scena un'eroina moderna, schiava ed orgogliosa della sua dipendenza dal piacere, un'edonista tormentata che ricerca se stessa nel sesso e in tutte le sue divagazioni. Non è un viaggio piacevole, è una dipendenza e come tutte le dipendenze porta alla solitudine e alla sofferenza.
Nymphomaniac vive di mille contraddizioni e lo stesso Von Trier sembra addirittura giocarci, se il secondo capitolo diventa cupo, meno ironico e più attento ad analizzare le conseguenze distruttive di una simile condotta di vita dall'altro rivendica con forza il diritto della sua protagonsita ad essere una ninfomane.
C'è un pò un elemento tipico del suo cinema ovvero da un lato c'è la razionale rappresentazione del dramma di una donna dall'altro c'è la fascinanzione sessuale che il regista ha nei confronti di un personaggio così sessualmente spinto.

Le provocazioni di Von Trier sono notevoli perchè mai gratuite eppure fortissime, il capitolo sulla pedofilia è quanto mai potente così come il suo parallelismo con il vissuto della protagonista, insieme al capitolo sulla "signora H", due momenti di grandissimo cinema.
Eppure il film è evidentemente incompiuto perchè, come detto, Von Trier ama troppo la sua protagonista per poter farne un'analisi psicologica approfondita, se ne sottolineasse le origini dei disturbi come farebbe a procedere a quel processo assolutorio che c'è nella seconda parte del film?
Tutto resta in sospeso, il rapporto con il padre non riesce ad emergere in modo chiaro e la ninfomania diviene un elemento insito nella protagonista e non indotto. Eppure alla base di ogni dipendenza c'è una carenza affettiva che pure nel vissuto infantile di Joe non sembra emergere in maniera tale da giustificare una simile tendenza.

Inoltre il gusto della provocazione sembra prendere la mano soprattutto nella scena finale, molto forte, a tratti divertente, eppure, l'ennesima in costante contraddizione.



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Il cambio di attori nel ruolo di Jerome ed alcune conincidenze strane non si capisce se facciano parte di una distorsione del racconto di Joe, oppure ci siano altre ragioni.
Ad ogni modo cast monumentale come monumentale è il coraggio di Charlotte Gainsbourg che mette tutta se stessa e il suo corpo al servizio di un film difficilissimo ma pieno di suggestioni.

Forse per comprendere in pieno questo film va visto nella versione integrale, limitandoci a quanto presentato, Nymphomaniac è l'ennesima grande opera di Von Trier, ennesimo film che non si dimenticherà sebbene siamo lontani dai livelli di completezza e ispirazione di Antichrist o di Melancholia.

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Ultima risposta 02/05/2014 00.04.26
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NutriaDanzante  @  25/04/2014 11:05:12
   9 / 10
In perfetta linea con quanto detto nel primo volume.
Sono del parere che questo film vada visto con la consapevolezza che si tratti di un unico film, e non di una saga cinematografica. Eravamo rimasti nel pieno climax, una botta di svolta dall'attività della protagonista. Questa seconda parte è molto più difficile da digerire, il lato ninfomane cresce a dismisura fino però a farci finalmente vedere il lato umano di Joe e il lato maniaco dell'uomo. finale eccezionale e a parer mio Von Trier si dimostra ancora una volta perfetto nella sua denuncia.
Confermo il voto del volume 1.

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Ultima risposta 26/04/2014 10.56.07
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  13/04/2014 00:54:51
   7 / 10
Il volume secondo è molto palese nel suo attacco frontale contro certe convenzioni della società. La sessualità di Joe è un qualcosa di deviato, che deve essere curato perchè non corrispondente ad una certa logica che nel caso di Joe sfugge ad essere compresa, quindi condannata ad essere sola. Rispetto alla prima parte, più omogenea nel suo complesso, a livello qualitativo è più discontinua fra argute osservazioni (la terapia di gruppo come una forma soft di Cura Ludovico) e provocazioni un po' infantili e scontate. Il sesso ormai pervasivo nella nostra società è anche moralmente accettato sotto certi punti vista, ma secondo me Von Trier generalmente ne denuncia l'ipocrisia, cioé un sesso esplicito ma che segua comunque delle regole o dogmi da rispettare. Joe in questo senso ad un qualcosa di deviato e moralmente inaccettabile. "Pensa se fosse stato un uomo il protagonista della tua storia. Come sarebbe stato giudicato?". Per un regista accusato di misoginia non è male. Personalmente non lo ritengo il suo miglior film, uno dei più ambiziosi certamente si.

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Ultima risposta 22/04/2014 22.40.59
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vittorioM90  @  10/04/2014 20:11:46
   9½ / 10
*presenti spoiler

"Forget about love" recita la locandina del film. Ecco, non ci fate caso. Non è vero. Perché Nymphomaniac nasconde amore in ogni sua parte. Certo, non l'amore delle commedie romantiche, ma un amore sincero che è quello per la libertà individuale. L'amore per chi non si merita amore, amore per l'oscenità, amore per tutta quella parte dell'umanità, sconfitta, emarginata, messa da parte, ripudiata, disprezzata. Per tutti quegli sconfitti dalla vita e dalla "terra malvagia" di melancolica memoria. Amore per l'uomo, anzi per la donna, dimostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, l'assurdità di certe accuse di misoginia che troppe volte sono state rivolte al regista.
Del resto sono sempre stati loro i protagonisti dei suoi film, degli antieroi… gente immorale, ma Von Trier dimostra di amarli, quei suoi personaggi, di volerli difendere. Sorprendentemente direi.

E' vero, c'è anche molto odio in questo "Nymphomaniac". Odio per quella società borghese che decide cosa va bene e cosa va male, cosa è giusto e cosa è giusto e cosa sbagliato, le parole che si possono dire e quelle che sono impronunciabili, chi merita rispetto e comprensione e chi no.
Von Trier non fa sconti e lo sappiamo. E' "uno *******" perché ti obbliga, o quanto meno ci prova a farti vedere le cose da un angolazione diversa. In realtà, paradossalmente (ma anche no), Von Trier "il cattivo" appare forse più "buono" ed onesto della stragrande maggioranza di registi in circolazione. E con questa sua ultima opera, continua con passo deciso il suo percorso di condanna e critica della società, ma lo fa ponendo sempre più attenzione all'umanità, alla gente che in quella società c'è immersa e sta per naufragare, mostrando una sensibilità che ha pochi eguali.
E bisogna essere insensibili (o prevenuti) per non rendersi conto che non siamo di fronte soltanto alla storia di una ninfomane. Il sesso, la ninfomania sono solo tematiche di superficie di quella che appare come una riflessione ben più profonda…

Qui, però urge una premessa che forse avrei dovuto fare prima:
Ritengo inopportuno o quantomeno assurdo parlare dei due Volumi in cui è diviso questo film come di due oggetti separati. E' vero, sono diversissimi tra loro, quasi sembrano film diversi, ma sono legati indissolubilmente e non hanno senso l'uno senza l'altro. Specialmente il Volume I, non ha ragione di esistere senza la parte successiva.
Perché effettivamente per tutto il Volume I sembra di assistere alla storia di una ninfomane. La nostra Joe, che viene trovata da Seligman distesa per terra in un vicolo buio. Presenta segni di percosse sul volto, puzza di piscio e sembra stremata. Lui la invita a casa e lei gli confessa di essere una peccatrice, una persona riprovevole. Così inizia il racconto di Joe che ripercorre tutta la sua vita, svelando a Seligman il suo rapporto con la sessualità. E lui sembra disposto a difenderla sin da subito.
Da ciò scaturisce una serie di splendidi dialoghi, uno migliore dell'altro, che altro non sono che il dialogo interiore di Von Trier con se stesso. Seligman incarna un lato del regista, Joe un altro… O forse Joe è quello che Von Trier è e Seligman ciò che vorrebbe essere (Seligman di fatto significa "uomo felice"). Oppure l'esatto contrario. Chi può dirlo? Un po' come era per Justine e Claire in Melancholia.
Il modo, però, in cui Joe racconta la sua vita sessuale è subito spiazzante…

Il sesso viene privato di qualsiasi connotato sensuale, passionale… sembra tutto frutto di un calcolo matematico. Non c'è erotismo. Il racconto è freddo come un trattato anatomico e la lunga sequenza di ***** rifilatici sembra voler proprio spingere verso questa prospettiva.
Discorsi filosofici, sequenze di Fibonacci durante i rapporti sessuali… la seduzione paragonata alla pesca. Ma c'è spazio allo stesso tempo per la dolcezza delle molte sequenze che vedono Joe assieme al padre, figura eterea… che poi in un capitolo successivo ci viene rivomitata in faccia con estrema spietatezza, in un clima ben diverso da quello colorato ed idilliaco dei primi ricordi della ragazza.
In tutto questo, però, continua a non essere ben chiaro dove il regista voglia andare a parare. Serve allora il volume successivo per rendere tutto più chiaro.

Il sesso diventa ancora più estremo, osceno, perverso.
Ma il sesso è soltanto la punta di dell'iceberg di tutta quella massa di cose che la società provvede a giudicare e quindi fare oggetto di censura e condanna. Von Trier non ci sta, non lo tollera.
Bisogna togliere di mezzo il sesso come lo vuole la morale comune e creare un'apologia dell'oscenità che è un'apologia di tutto ciò che è sbagliato. Per questo dico che è un film pieno d'amore.
Esemplare in questa ottica la scena del "pedofilo" ed il dialogo seguente.

"No, stammi a sentire – attacca Joe - stiamo parlando di un uomo che ha avuto successo nel reprimere i suoi stessi desideri. Che mai prima d'ora aveva avuto un'esperienza simile, almeno finché non l'ho costretto io. Ha vissuto una vita piena di privazioni e non ha mai ferito nessuno. Credo che sia una cosa ammirevole."
"Non importa quanto ci provi, ma non ci vedo niente di ammirevole nella pedofilia." Le risponde Seligman
"Perché stai pensando a quel 5%, circa che fa del male ai bambini. Il restante 95% non pratica al di fuori della propria fantasia. Pensa alla loro sofferenza. La sessualità è una delle forze più grandi dell'umanità. Nascere con una sessualità proibita deve essere un'agonia. Un pedofilo che vive tutta la vita con la vergogna per i suoi desideri, ma che non fa niente per metterli in pratica, si merita una ***** di medaglia.
Ma c'era un altro motivo per la mia comprensione, che ti appare così misteriosa...Ho visto un uomo che stava portando la mia stessa croce. Solitudine. Eravamo entrambi sessualmente reietti."

Ecco, forse è la scena più bella che mi sia capitato di vedere al cinema di recente, che può essere presa come manifesto del cinema di Lars Von Trier. Cosa fa Lars? Prende con coraggio un tema scabroso come quello della pedofilia, un tema su cui siamo abituati a schierarci a prescindere, senza se e senza ma e ce lo fa vedere da un'altra angolazione. E' "provocazione fine a se stessa"? Per me è ben altro… è chiaro segno di sensibilità. E forse così potente Von Trier non lo era mai stato.

Poi si può dire di tutto e di più. Si può stare a discorrere su quanto fosse opportuno spingersi con la telecamera a pochi passi dalle natiche di Charlotte Gainsbourg mentre si fa frustare, oppure mostrarci in primo piano due ***** neri eretti. Ma mi sembrano discorsi da due soldi di fronte all'immensità di questa opera, di fronte ad una portata simbolica di tale grandezza.
Ed uso il termine "simbolica" perché il racconto di Joe è ben lontano da un taglio documentaristico, malgrado il realismo delle scene. Lo stesso Seligman non ci crede. Troppe coincidenze.

E potremmo anche stare a parlare ancora della grandezza di certe scene, della fotografia a tratti suggestiva, a tratti freddissima…o della colonna sonora magnifica che spazia dall'Heavy metal dei Rammstein a Bach.
Ma l'impressione è che non riusciremmo mai ad inquadrare a pieno questa pellicola, che merita assolutamente di essere riguardata e riguardata ancora.
E' uno dei migliori film degli ultimi anni. Basta con i discorsi.

Bang!

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Ultima risposta 01/05/2014 01.10.26
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  06/04/2014 19:14:32
   8 / 10
Non ce l'ho fatta ad aspettare fine Aprile per vederlo tutto.
Do un voto in realtà diverso rispetto al primo volume: ovvero un 8, volendo considerare tutto il film un unicuum come in effetti è.
Sta di fatto che la seconda parte, dopo le esperienze sadomaso di Joe, diventa una tronfia esaltazione compiaciuta di Von Trier che proprio non si sa trattenere: a un certo punto parte la musica di Handel e cita in modo così evidente Antichrist che gli tireresti una carriola in testa. Il problema non è quello: è il finale che regge poco, con i capitoli finali deboli e non all'altezza del resto.
Sul finale in sé, potrà anche piacere: un'altra provocazione, la più forte. Io mi son ritrovato con l'amaro in bocca, ma forse è anche il merito di avere un regista fuori dagli schemi.
La buona notizia è che Nymphomaniac è un altro ottimo film di Lars. La cattiva è che è solo un ottimo film. I capolavori sono ben altri.
Comunque una valutazione ancora più estrema dovrebbe essere fatta guardando la versione integrale montata da Von Trier stesso: cinque ore e mezza con molto più sesso esplicito, immagino che chi ama il film o lo odia subirà una scrematura ancora più violenta.
Io sto nel mezzo, ma non come nel sandwich di Joe con i due neri, per carità: non mancano qualità e spunti a Nymphomaniac, sono solo affogati dall'autocompiacimento di un incredibile narcisista. La versione integrale non potrà che acuirne pregi e/o difetti a seconda di chi lo vede.
In ogni caso, non vedo uscita dalla depressione di Lars se non lo sberleffo su quel finale che proprio non piace. In compenso, è un film che risponde in modo netto alle accuse di misoginia perpetrate, non senza senso, al regista. Che difende sé stesso e le donne. Anche qui, chissà quanto c'è di onesto e di compiaciuto. Con Lars ci spacchiamo la testa e non caviamo nulla. Ma quanto è bello, questo nulla!

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Ultima risposta 22/04/2014 16.31.02
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benzo24  @  27/03/2014 13:43:30
   10 / 10
Il grande ritorno di Lars Von Trier #2

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Ultima risposta 11/05/2014 11.58.19
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