mute regia di Duncan Jones Gran Bretagna 2018
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mute (2018)

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locandina del film MUTE

Titolo Originale: MUTE

RegiaDuncan Jones

InterpretiAlexander Skarsgård, Paul Rudd, Justin Theroux, Seyneb Saleh, Gilbert Owuor, Robert Sheehan, Nikki Lamborn, Noel Clarke, Daniel Fathers, Florence Kasumba

Durata: h 2.06
NazionalitàGran Bretagna 2018
Generefantascienza
Al cinema nel Febbraio 2018

•  Altri film di Duncan Jones

Trama del film Mute

A Berlino nel 2055 un barista muto cerca la sua ragazza che è stata rapita. Quando comincerà a cercarla per le strade della città, incontrerà due chirurghi statunitensi che sembrano nascondere un segreto che lo riguarda molto da vicino.

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Voto Visitatori:   5,36 / 10 (14 voti)5,36Grafico
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Voti e commenti su Mute, 14 opinioni inserite

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Goldust  @  27/03/2023 12:27:57
   4 / 10
Un futuro distopico con flash di "Strange Days" e, soprattutto, "Blade Runner" incastonano una storia atipica di amore e redenzione sullo sfondo di una città sempre sveglia e tentacolare. Ma oltre all'ambientazione - come detto non di prima mano - le cose da salvare sono veramente poche, forse solo la coppia americana sopra le righe di Rudd - Teheroux, per il resto il film ha un andazzo troppo complicato, ed avere un protagonista che non parla è una bella mazzata alla naturale volontà dello spettatore si seguire e capire ogni svolta narrativa. E quando nella parte centrale il ritmo cala in modo evidente il film non si risolleva più. Caro Bowie Jr. mi avevi già parzialmente fregato con il precedente "Moon"; con questo lavoro, ben peggiore, mi hai dato il colpo di grazia.

kastaldi  @  29/03/2021 23:17:11
   6½ / 10
Sono stupito della media così bassa. Certo non è un capolavoro e anche l'ambientazione futuristica cyberpunk ha poco a che vedere con lo svolgimento del film tanto che potrebbe benissimo essere ambientato ai giorni nostri con qualche piccolo ritocco (e forse sarebbe stato meglio così) però sinceramente non l'ho trovato terribile e sconclusionato come si evince dai commenti. Ha una trama decente che ha un senso e con qualche colpo di scena anche se non è niente di particolarmente originale, comunque si lascia guardare. Ovviamente messo a confronto con Moon e Source Code perde impietosamente ma è sicuramente meglio di tanta monnezza.

Beefheart  @  10/12/2020 22:00:36
   5 / 10
Inzomma, comsì comsà.
Personalmente le ambientazioni alla Blade Runner o alla Altered Carbon mi hanno stra-stufato, non ne posso più, ma in questo film fanno solo da sfondo, per il resto il futurismo non si percepisce. E' solo accessorio. Ciò che succede potrebbe succedere in qualsiasi epoca ed in qualsiasi luogo.
Inutile futurismo a parte, anche il resto del film non mi ha rapito, se non nel giochino, carino ma anch'esso marginale, del trait d'union con Moon (primo e grande film del regista) realizzato mostrandoci Sam Rockwell nei panni di Sam Bell (protagonista di Moon), tornato dalla luna e seguito dalle televisioni, impegnato a spiattellare in faccia all'umanità la realtà dei cloni e che quindi appare in ogni scena di Mute in cui c'è una TV accesa.
Ad ogni modo, citazionismo, fantasia ed accelerazioni pulp non bastano a smaltire lungaggine e caos che permeano la sceneggiatura e disinnescano quasi totalmente il potenziale narrativo di questa storia trucida ma inefficace.
Purtroppo anche questo, al pari degli altri sforzi mal riusciti del regista, Source Code e Warcraft, probabilmente non farò fatica a dimenticarlo in fretta.

Cianopanza  @  04/03/2019 00:35:39
   5 / 10
Mah… ambientazione da 7, intrigante cyberpunk berlinese… plot da 3, pieno di buchi e dall'andazzo inconcludente. Ultimo quarto d'ora trascinato… Peccato… Mezzo passo falso di Duncan Jones

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Junipher  @  22/02/2019 18:33:06
   6 / 10
Solito paesaggio futuristico-distopico, questa volta ambientato a Berlino, con omaggio al padre David (Bowie) Jones ed un richiamo al protagonista che diventa "heroes" per un giorno... Personaggi poco piacevoli, mafia russa, anacronismi vari, sesso, decadenza e perdizione, insomma, un pò tutto già visto.
Forse il film si risolleva in effetti nell'ultima mezz'ora.
Nel complesso mi sembra un'occasione un pò sprecata...

jek93  @  11/01/2019 23:24:00
   6½ / 10
Mute (o Kin che dir si voglia) è stato distrutto da tutti. Beh, sapete cosa? Io l'ho trovato nel complesso perfettamente godibile. Ha delle ottime recitazioni, una bellissima fotografia, una buona CGI, una sceneggiatura e una regia abbastanza ok e un finale piuttosto coraggioso.
Certo, non è un filmone, ma nettamente meglio di quello che quasi tutti dicono.

Mattealus  @  28/06/2018 19:43:41
   3½ / 10
Guardi per 2 ore 'sti attori che camminano per il set senza un motivo. Non succede praticamente niente. E' come guardare dalla finestra quello che fanno i vicini di casa, stessa eccitazione ti mette 'sto blocco di roba fumante.

biosman2010  @  17/06/2018 18:08:17
   6 / 10
Tenta di decollare per tutto l'arco di tempo del film ma arriva alla fine e non ci riesce..
Così mi è sembrato.

TheGame  @  24/03/2018 15:21:03
   3 / 10
Distopia per mano di Bowie jr. armato di buoni propositi, ma poco importa quando sul cammino si incontra merdflix e i suoi dogmi produttivi fisiologici, contaminazione di due medium distanti che conducono a sviluppi narrativi e vaccate a macroblocchi ormai spauracchio per ogni amante della settima Arte.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  09/03/2018 21:57:02
   6 / 10
All'inizio si percepiscono molte assonanze con l'esordio di Jones, quel Moon che è stato uno dei migliori sci-fi dell'ultimo decennio e anche più. I sospetti diventano certezze quando c'è il cameo di Sam Rockwell. Mute non è altro che la cornice di Moon, la Terra di Moon. Un contesto sottilmente pessimista domina in una Berlino con i marchi al posto degli euro. L'atmosfera richiama indubbiamente con i suoi neon e luci fredde il Blade Runner di Scott. Il guaio è che Jones ha fornito una buona cornice, ma al tempo stesso una storia che fatica veramente ad emergere, malgrado i personaggi non siano caratterizzati affato male. Bravo Skaargard nell'agire molto in sottrazione, niente male nemmeno le caratterizzazioni di Ruud e Theroux, i quali probabilmente hanno costruito una variante perversa e sadica della coppia dei dottori di Mash. Basta guardare il loro look (specialmente di Ruud), lo ricalcano quasi in maniera identica. Colonna sonora di ottima qualità, come lo era Moon. Non un bruttissimo film, ma un altro mezzo passo falso dopo Warcraft. Una storia forse troppo ambiziosa, ma che si rivela sfilacciata e dispersiva.

dagon  @  07/03/2018 19:19:56
   5 / 10
Al di là di una ambientazione future/noir alla Blade Runner, peraltro non nuova, veramente poco rimarchevole questa fatica di Duncan Jones. 2 ore girando quasi a vuoto.

Invia una mail all'autore del commento roizzz  @  07/03/2018 17:07:38
   4½ / 10
Le scenografie futuristiche inizilmente appaiono accattivanti e intriganti... e l'impressione durante i primi minuti è quella di star per vedere un gran bel film.. poi la pellicola si accartoccia clamorosamente su se stessa, girando a vuoto su una trama inconsistente e calcando la mano su due personaggi insulsi (i dottori amorali) che pian piano assurgono a ruolo di protagonisti.
Davvero un passo falso per il bravo Duncan Jones

MrCarrey93  @  01/03/2018 20:33:17
   8 / 10
Un barista Amish affetto da mutismo inizia una romantica relazione con la cameriera del locale notturno con cui condivide il posto di lavoro. La ragazza ad un tratto sparirà, portandosi via con se un oscuro segreto. Le indagini spingeranno "Leo" tra le bande criminali nei meandri di una Berlino del 2050. Come si potrebbe ben comprendere dal plot a grandi linee (e dalla locandina) l'aspetto fantascientifico è un optional, perchè è quel tipo di film che se ambientato ai giorni nostri come 50 anni fa non avrebbe fatto poi tanta differenza, anzi una collocazione nel passato sarebbe stata forse più congeniale al suo abbracciare il genere noir di vecchio stampo. Il regista ha però deciso di raccontarlo in una società iper tecnologica e nella realtà cinematografica dei fatti bisogna anche dire che la combinazione fantascienza più noir non può che richiamare a gran voce il cult "Blade Runner". Di cui Mute di Duncan Jones è evidentemente debitore. Se non fosse che i riferimenti all'opera seminale di Scott oltre che per le tinte del noir e per lo stesso tipo di concept nell'urbanizzazione distopico-futuristica, qui molto più europea, finiscono ben presto. Come svanisce ancor prima quel sentore di deja vu che il trailer aveva destato se paragonato alla recente serie "Altered Carbon" (sempre di casa Netflix) ma che fortunatamente sullo schermo si traduce con la sola scena di apertura, identica, di un corpo che galleggia sul pelo dell'acqua osservato dal basso del fondale. Punto.
Perchè gli intenti del regista sono quelli di battere altre strade, con una storia dal sapore intimista, Mute ci parla di amore, della potenza dell'amore e dei suoi effetti sulle persone, una forza che ostacola il nostro apparente libero arbitrio, capace infatti di pilotare le scelte umane, motivandone le azioni e giustificandone le conseguenze. L'amore nelle sue declinazioni, nelle accezioni positive e in quelle più negative, dal personaggio che per amore compie gesta eroiche a quello che in virtù dello stesso viene imbruttito nell'animo e spinto a comportamenti riprovevoli, azioni giuste altre sbagliate, ma tutte sempre e in ogni caso finalizzate per il bene di una singola persona. L'eterna lotta contro un mondo avverso e gli altri simili per la salvezza di colui/colei destinatario/a di quell'amore. L'essere umano che letteralmente usa l'amore come arma per colpire e abbattere gli osteggiatori che non gli permettono di esprimere quel sentimento liberamente (dovete capire che il protagonista difatti nel tempo libero ha la passione per la falegnameria, costruisce lui stesso un letto matrimoniale come pegno d'amore nei confronti di lei, e successivamente userà una parte dello scheletro in legno di questo letto come clava per menare i cattivoni di turno, più metaforico di così).

In questo film veramente le declinazioni sono due perchè due sono gli uomini amatori, entrambi scelti in rappresentanza di due modalità diverse di subire l'amore e reagire ad esso, sono due figure ambivalenti (questa distanza sul finale andrà ad assottigliarsi molto in realtà), come ambivalente è l'empatia che creano, ma non per intensità.
Uno è Leo il nostro protagonista privo della parola e di confessione Amish, interpretato da Alexander Skarsgard, gentile e sensibile, timido e solitario, un uomo buono che per amore della sua bella arriverà alla più cieca e incontrollabile collera.
Il secondo è "Cactus", ex soldato americano, oggi un medico militare con un look da redneck che lavora per la criminalità tedesca, interpretato da Paul Rudd e non meno protagonista di Skarsgard., un personaggio rabbioso e cinico, logorato dalle brutture della vita che ne determinano i continui scatti d'ira, il cui deviante amore per la piccola figlia lo condurrà a compiere terribili azioni.
Entrambe le storie inizialmente viaggiano in parallelo e l'unita narrativa sembra spaccarsi in due, tant'è che nel seguire le vicende di Leo da una parte e quelle di Cactus dall'altra sembra di seguire due film distinti. Inevitabilmente le storie andranno poi a legarsi in un tessuto di sguardi e rivelazioni che attraggono ed emozionano fino a confondersi tra loro, nel momento in cui a seguito di determinati sviluppi la condotta di Leo andrà a sovrapporsi a quella di Cactus evidenziandone inquietanti similitudini.

Insomma in un universo dove le riprese aeree sull'area urbana futuristica appaiono prive di profondità, in due dimensioni, a guadagnare in tridimensionalità sono i personaggi, caratteri pulsanti che a volte comunicano poco altre volte esprimono troppo, con un Alexander Skarsgard controllato e preciso nel sottolineare la sensibilità di Leo e l'insofferenza verso una società che lo rigetta e un Paul Rudd credibilissimo nel dar vita ad uno dei cattivi meglio tratteggiati degli ultimi decenni, palesemente uscito da un film Tarantiniano. La ricchezza di sfumature psicologiche e comportamentli di Cactus viene a delinearsi anche grazie alla travagliata amicizia con il collega Duck, ruolo centrale nel rapporto la tendenze alla pedofilia di quest'ultimo, un'amicizia tra le migliori trasposte sullo schermo di recente, disposti a tutto pur di proteggersi a vicenda ma allo stesso tempo inclini a distruggersi l'un l'altro pur di non perdere la via.
Tornando al personaggio di Leo e alla sua estrazione religiosa, qua il discorso religione è interessante, per il fatto che gli Amish rifiutano ogni modernità tecnologica (sia anch'essa in campo meidco), da qui la sua incapacità di adattarsi completamente ad una società permeata nella tecnologia ma soprattutto la sua decisione di non sottoporsi ad un intervento di ingegneria chirurgica per tornare a parlare. Emblematico il suo forte legame con l'acqua, si immerge in un mondo insonorizzato dove può sfogare il suo dolore e il senso di oppressione, come se l'acqua potesse paradossalmente essere un filtro atto a coprire le sue grida, lui che voce non ne ha. Il suo atteggiamento refrattario verso certi aspetti della vita verrà meno grazie alla relazione con lei che andrà ad allentare la rigida sottomissione a certi dettami conservatori e retrogradi della sua fede.
Non solo Tarantino ma anche il cinema di Nicolas Winding Refn, Leo è parecchio il Ryan Gosling di "Drive", l'anima fiammeggiante racchiusa in un corpo autistico, i parallelismi con Blade Runner in questi giorni si sprecano ma Duncan Jones guarda più al cinema del regista danese, e non solo per l'utilizzo di luci al neon, ma più che altro per le similitudini dei codici narrativi utilizzati, la parabola dell'uomo solitario e lievemente sociopatico che per amore verrà risucchiato in una spirale di violenza, nella volontà di far coesistere in un personaggio che all'inizio pare soltanto abbozzato in una taciturna ed impersonale forma, tutto lo spettro dei sentimenti forti e (auto)distruttivi dell'essere umano.

L'ultimo di Duncan Jones è un film che partendo dal presupposto di raccontare le vite di uomini e padri deformati dall'amore inscena una storia intimista e silente, racchiusa all'interno di una cornice futurista caotica e distruttiva, che non rinuncia in alcuni momenti a farsi feroce e crudele per rimarcare l'assunto di base. E' anche un film sulla difficoltà dell'essere genitori, sui genitori che sbagliano, non è un caso che la dedica finale del regista sia rivolta al padre e a Marion, la tata che si è dedicata a lui dopo il divorzio dei genitori.
A fronte di una critica che l'ha totalmente demolito mi rendo conto che probabilmente è il sottoscritto ad aver preso un abbaglio, ma non me ne rammarico.
La sensazione è che Mute sia un'opera più stratificata di quanto appaia e credo che l'impostazione sci-fi abbia impigrito lo spettatore, distogliendolo da possibili riflessioni e chiavi di letture altre, perchè intento nella ricerca di quella componente fantascientifica che andasse ad aggiungere qualcosa al genere ma in questo caso assolutamente non dovuta. Un pubblico forse troppo concentrato sull'occhio futuristico di Jones e meno su quello umano. Colpa che forse non è nemmeno attribuibile al suo fruitore, quanto all'opera stessa per aver generato determinate aspettative salvo poi disattenderle rivelando una natura singolare ben diversa da quella con cui si era presentato. E per fortuna.

VincVega  @  28/02/2018 18:32:17
   6 / 10
Noir/detective story dall'ambientazione fantascientifica. Pellicola che fatica a carburare e risulta poco incisivo, nonostante emani un discreto fascino e visivamente è attraente. Le due storie collidono in modo farraginoso, però non l'ho trovato così orribile come la critica ha fatto intendere. Massacrato oltremodo. "Mute" tuttavia è interessante e visto come film da consumare, senza farsi troppe domande e non aspettandosi un film che cambia i parametri, come poteva far presagire, può essere un buon passatempo.
Nell'ultima mezz'ora si vede qualche eco alla "Blade Runner" (anche se già metterli nella stessa frase è un'eresia).
Rimane un po' un'occasione sprecata, però potrebbe essere rivalutato in futuro.
Buono il cast, tra cui c'è anche il Robert Sheenan della serie "Misfits", qui irriconoscibile e trasformista.

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