mio zio regia di Jacques Tati Francia, Italia 1958
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mio zio (1958)

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locandina del film MIO ZIO

Titolo Originale: MON ONCLE

RegiaJacques Tati

InterpretiJacques Tati, Jean-Pierre Zola, Adrienne Servantie, Alain Bécourt

Durata: h 2.00
NazionalitàFrancia, Italia 1958
Generecommedia
Al cinema nel Dicembre 1958

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Trama del film Mio zio

Mentre l'imperturbabile monsieur Hulot continua ad abitare in un pittoresco e caloroso quartiere popolare, sua sorella ha sposato il dirigente di una fabbrica di oggetti in plastica; la coppia ha un figlioletto, Gérard, che cresce in una casa ipertecnologica e zeppa di ogni moderna diavoleria. Gli sforzi dei parenti per adattare Hulot al loro stile di vita hanno esiti fallimentari: anzi, è proprio Gérard a dimostrarsi affascinato dallo scombinato e confusionario zio...

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (13 voti)8,50Grafico
Miglior Film Straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior Film Straniero
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Voti e commenti su Mio zio, 13 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

KitaVerde  @  05/05/2017 08:37:12
   7 / 10
Jacques Tati indubbiamente un genio nelle scelte registiche e trovate acustiche.Tic-Tac-Tic-Tac! Per il resto un buon film,che però pecca di mordente e grinta in alcune parti(parere personale ovviamente).Barcellini e Romans musicalmente parlando, mi hanno fatto entrare in un mood assolutamente positivo,rilassante e poetico.

Dick  @  14/09/2014 14:34:57
   8½ / 10
Ritroviamo il simpatico e spensierato monsieur Hulot stavolta alla prese con la propria famiglia in una divertentissima commedia che riflette sul vecchio e sul moderno. Anche quest' opera risulta proprio attuale.

momo  @  22/01/2013 11:00:19
   7 / 10
Il cinema ha molto da spartire con il teatro forse questo è uno dei casi in cui più si nota una stretta connessione con l'aspetto teatrale, un riferimento preciso al teatro dell'assurdo. Dal punto di vista dell'originalità è forse stato uno dei film che più ha segnato la filmografia francese successiva. Molte caratteristiche (cfr. le aperture con i nomi degli attori) possano essere ritrovate nei lavori di Jean-Pierre Jeunet mentre è evidente un riferimento a Tempi Moderni: forse il film a cui più si avvicina sia come temi che come impostazione generale. Il film è infatti una critica alla borghesia e al progresso tecnologico in un susseguirsi di gag "comiche" di cui Monsieur Hulot è il protagonista. Tuttavia trovo molto difficile apprezzarlo sia preso come film comico che come critica, inconsistente in entrambi gli aspetti. L'unica consolazione è che è un film davvero rappresentativo: mi ha divertito vedere in questo una sintesi di molti aspetti della cinematografia di quegli anni ed i suoi futuri sviluppi.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  13/04/2012 11:55:40
   7 / 10
Monsieur Hulot ricorda un nostalgico Charlie Chaplin, un personaggio ingenuo che non riesce a far parte della modernità, eppure ci prova. Si prova affetto per lui, e anche le risate che ci fa fare sono spontanee.
Un ottimo film dal punto di vista tecnico: Tati ha sperimentato angolature e panoramiche nuovissime, e il sonoro ragazzi... perizia quasi maniacale!
A volte però la durata si fa sentire, alcune scene hanno una lunghezza di cui si poteva fare a meno.

1 risposta al commento
Ultima risposta 27/11/2012 18.19.08
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  04/04/2012 20:29:58
   8 / 10
La tecnologia superflua conforma tutte quelle azioni quotidiane che si ritengono a torto insignificanti, i piccoli gesti nei quali inconsciamente riversiamo la nostra personalità. Anche la semplice andatura racconta molto di una persona, ma i percorsi sistematici nel giardino di monsieur Arpel costringono chiunque a camminare allo stesso modo. Il caos spontaneo al contrario, tutto ciò che è asimmetrico e scomposto, genera un'equa diversità. La dimensione felice di Gerard e di suo zio Hulot è nello scompiglio delle strade, nella molteplicità rumorosa delle identità libere.
Per quanto Tati costelli il film di dettagli visivi cui è difficile star dietro, la sua poesia è di una immediatezza disarmante.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  17/01/2011 15:53:30
   8½ / 10
Come dice Ghezzi: "con Playtime, Tati raggiunge la terra di nessuno dei grandi cineasti". Quasi un decennio prima Tati si lancia sul tema della modernità con Mon Oncle. Il film non è altro che la contrapposizione tra un mondo semplice che sta scomparendo e un mondo modernizzato che si sta affermando. Monsieur Hulot vive in un accogliente quartiere di periferia mentre sua sorella in una asettica villetta borghese.
Tati si scaglia con ironia e pacatezza contro questo sviluppo senza progresso, contro una società alienante. Messaggio che toccherà il suo apice con 'Playtime'.

dobel  @  27/04/2010 10:22:30
   10 / 10
Tati, come tutti i grandi comici e umoristi, raramente fa ridere, e quando lo fa provoca una risata amara e a denti stretti. In questo senso è strettamente imparentato con Chaplin o con Totò, con Eduardo De Filippo o Buster Keaton. La comicità è un modo di leggere una realtà spesso sgradevole o preoccupante con l'ingenuità del fanciullo. Questo ci fa ridere, ma più spesso ci mette di fronte a noi stessi e ci fa preoccupare. In questo grande film, anche Jaques Tati, ci vuole grottescamente mettere di fronte a quello che siamo diventati (nella maggior parte dei casi) a causa del progresso tecnologico. Si tratta di una specie di 'Tempi moderni', in cui, oltre alla critica sociale e individuale, si insinua una grande nostalgia per un mondo che sta per scomparire; un mondo che solo i bambini (o chi bambino in fondo è rimasto) può ancora amare e apprezzare. Il signor Hulot è lo zio un po' svitato del piccolo Gerard, figlio di due ipertecnologici genitori. Il rapporto del bimbo con i genitori è improntato alla freddezza così come l'arredamento asettico della propria casa. Il rapporto con lo zio è invece affettuoso e caldo così come la periferia da lui abitata: un po' sporca, sicuramente poco efficiente, ma dove i rapporti con le persone danno ancora il ritmo alla vita. Il bimbo passa dei pomeriggi con lo zio giocando per la strada con gli altri bambini. Uno di questi simpatici giochetti è quello di aspettare nascosti una persona che passa accanto ad un lampione, lanciare un fischio di richiamo in modo che la persona si volti e vada a sbattere contro il lampione. Dopo una serie innumerevole di peripezie amare e esilaranti, il padre di Gerard (forse geloso del rapporto che il bimbo ha con lo zio, o forse preoccupato dell'influenza che quest'ultimo può avere sul piccolo) decide di trasferire lo zio trovandogli un lavoro lontano dal proprio paesello. Il povero signor Hulot parte, e mentre viene accompagnato alla stazione o all'aereoporto (comunque un luogo affollatissimo e trafficato), vediamo degli operai che cominciano a demolire i vecchi muri del paesello (anche li la vita cambierà presto e verrà assimilata a quella della grande città; il 'mondo di ieri' sta per scomparire per sempre). In un attimo di pentimento o rimorso, il padre vorrebbe forse richiamare lo zio e gli lancia due o tre fischi per richiamare la sua attenzione; lo zio non sente e scompare, ma un passante va a sbattere contro un lampione; padre e figlio si guardano come due monelli fra il complice e il colpevole e si nascondono dietro l'automobile per non essere 'beccati': il bambino per la prima volta dà la mano al suo papà.
Il finale di 'Tempi moderni' voleva farci guardare con fiducia al futuro (in una delle 'ultime sequenze' più grandi della storia del cinema: Chaplin, prima di incamminarsi per la strada del domani, tramuta in un sorriso ottimista il viso contratto della propria partner); questo finale vuole farci capire che il progresso è inarrestabile e alla fine travolgerà tutti i signor Hulot del mondo con i loro felici e spensierati paeselli. Forse l'unico rimedio possibile è ritornare, almeno per un attimo, bambini.
Tornare bambini è proprio dei Santi o dei Poeti. Non so se Tati fosse un santo, ma certamente fu un Poeta.

fiesta  @  10/03/2010 10:37:06
   10 / 10
un capolavoro,non c'è altro da aggiungere.

Invia una mail all'autore del commento Gualty  @  11/03/2009 11:19:22
   9 / 10
Un giovane monello e un monello meno giovane in un altalena tra un quartiere popolare caldo e accogliente e la fredda e vuota tecnocultura e i suoi rappresentanti. L'impacciato Zio che non riesce a muoversi nel mondo senza inciampare porta a simpatia, empatia, non parla quasi mai ma comunica più di tutti i discorsi vuoti da "garden party".
(p.s. nota personale l'ho scoperto per caso era in una vhs senza titolo.. mi ha incuriosito il primo minuto e l'ho visto tutto. potete immaginare che gioia averlo scoperto)

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  24/05/2008 14:23:18
   8 / 10
un gradino sopra a "play time" perche la storia scorre piu veloce ed è resa piacevole da una comicità migliore...forse anche piu semplice ad altri suoi lavori!
resta eccezionale tutta la sequenza del pranzo nella villa e quello che combina nella fabbrica...lui è l'unico che lavora sul serio ma è il meno fortunato visto che alla prima distrazione viene beccato!
Anterman63 ha detto un po tutto!
bellissimo

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  06/11/2007 21:57:19
   8½ / 10
Con questo film Tati inizia la sua opera di dissacratore del modernismo. Lo scopo è quello di rivelarci come il tanto decantato benessere economico, l’omologazione della civiltà industriale, non portino assolutamente maggiore felicità o una qualità migliore della vita umana. Questo nuovo modo di vivere è quanto di più spersonalizzato e superficiale ci possa essere. Tutto è visto nell’ottica dell’apparenza esteriore e del rispetto di rigide norme regolatrici, lasciando niente alla libertà, ai sentimenti e alla fantasia umana. Questo fenomeno è colto nelle sue fasi iniziali e quindi Tati può ancora contrapporgli il mondo popolare francese che ancora riesce a sopravvivere. La critica viene quindi da un nostalgico del passato che non si ritrova nel “nuovo che avanza”. E’ pur sempre una critica molto ficcante e rivelatrice.
Seguendo questo schema, il film è ambientato in due mondi vicini ma completamente separati fra di loro. C’è il mondo provinciale, sonnacchioso, a misura d’uomo, con tutti che si conoscono e che si aiutano. E’ il mondo in cui i cani scorazzano liberi e i bambini giocano per strada burlandosi della gente e mangiando focacce fatte dagli ambulanti. Gli adulti come al solito fanno perno sull’osteria del paese. A differenza dei film precedenti, questo mondo non è visto in maniera ironica e satirica, prevale invece come una specie di celebrazione, di rivendicazione di genuità e naturalezza a fronte del nuovo mondo industriale che sta sempre più prevalendo (alcune inquadrature di casermoni che mangiano la campagna e vecchie case che vengono demolite). Monsieur Hulot ovviamente appartiene al vecchio mondo.
Grazie alla figura della sorella di Hulot (che non gli assomiglia per niente) facciamo conoscenza invece del quartiere bene, e qui Tati dà il meglio della sua arte satirica e sottilmente comica. La casa della sorella è esageratamente moderna, esageratamente tecnica e esageratamente pulita. L’ambiente diventa quasi surreale da quanto è geometrico e disumano (tutto fatto di plastica). Su tutto troneggia il kitch di una fontana a forma di pesce vorace (molti oggetti assumono quasi l’aspetto di simboli). Le persone che vivono in questo ambiente sono trattate in maniera grottesca e ridicola. Hulot ha buon gioco nello scombinare i meccanismi del sistema e a rivelarceli nella loro inutilità. Altra perla comica è la fabbrica di plastica, che non può non far ricordare Tempi Moderni di Chaplin.
Lo stile è quello collaudato del grande comico-regista: mancanza di azione, lentezza del ritmo, attenzione all’atto quotidiano banale come rivelatore dell’essenza del vivere. Qui vengono evitati i primi piani, proprio per spersonalizzare le figure e farcele vedere come parte integrante di un ambiente.
Il film finisce con un piccolo segno di ottimismo. La natura umana (almeno nei bambini) è portata allo scherzo, alla fantasia, alla libertà e riesce quindi ad avere la meglio anche nel formalistico e rigido mondo industriale moderno. In realtà le cose sono andate peggio di quello che Tati pensava nel 1958 e infatti in Playtime troviamo già una visione più dura e sconsolata del “moderno” di cui oggi tutti, volenti o nolenti, paghiamo le conseguenze positive e soprattutto negative.

3 risposte al commento
Ultima risposta 10/03/2010 13.59.55
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  29/08/2006 01:45:29
   9 / 10
Hulot davanti alle diavolerie della tecnica moderna. Un personaggio da fumetto, tanto piu' umano quanto disumana è l'apparente mostruosità di cio' che lo circonda.

wight  @  13/02/2005 21:36:11
   10 / 10
Pura poesia, bellissimo.

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