maria full of grace regia di Joshua Marston USA, Colombia 2004
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maria full of grace (2004)

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locandina del film MARIA FULL OF GRACE

Titolo Originale: MARIA, LLENA ERES DE GRACIA

RegiaJoshua Marston

InterpretiCatalina Sandino Moreno, Yenny Paola Vega, Virgina Ariza, Johanna Andrea Mora, Wilson Guerrero, John Álex Toro, Guilied Lopez, Patricia Rae, Orlando Tobon

Durata: h 1.41
NazionalitàUSA, Colombia 2004
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2004

•  Altri film di Joshua Marston

Trama del film Maria full of grace

Maria Alvarez vive con la sua famiglia in una piccola cittadina a nord di Bogotà, ed ogni mattina si reca al lavoro in un roseto industriale fuorim città. Il suo è un lavoro alienante ed eccessivamente regolamentato, e l'ambiente è rigido. Un giorno, Maria chiede al suo superiore di poter andare in bagno e l'uomo non solo non le concede il permesso, ma la mortifica profondamente. Dopo un attimo di esitazione, Maria decide di andarsene...

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Voto Visitatori:   7,45 / 10 (33 voti)7,45Grafico
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Voti e commenti su Maria full of grace, 33 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

lupin 3  @  12/04/2006 16:54:44
   7 / 10
Veramente carino questo film, se ci fosse stato un finale migliore sarebbe un gran bel film.

1 risposta al commento
Ultima risposta 26/05/2008 09.55.30
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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  03/02/2005 13:58:51
   8 / 10
ROSA MYSTICA
Intriso di simbologia cattolica debitamente laicizzata, il film di Marston racconta con la giusta freddezza, quasi documentaria, la missione di Maria, una ragazza povera ma dignitosa di un villaggio colombiano dove l'unica fonte di reddito è rappresentata da un roseto industriale. Maria pulisce e sistema le rose, ma il lavoro è precario, sfruttato come in tutte le realtà povere.
MATER INVIOLATA
Maria ha una relazione stanca e svogliata con un ragazzo del villaggio. Non c'è amore né passione, ma la giovane donna si scopre ugualmente incinta. Non c'è annunciazione mistica, solo un'altra bocca da sfamare in arrivo.
MATER INTEMERATA
Maria parte per la sua missione e nel suo grembo, oltre al frutto del suo seno, dovrà portare droga negli USA. Per sopravvivere rischia la morte, insieme a tante altre donne della sua stessa condizione.
REFUGIUM PECCATORUM, CONSOLATRIX AFFLICTORUM
La missione di Maria non si conclude con la consegna degli ovuli di droga agli spacciatori niuiorchesi, ma si estende eticamente alla salvezza delle sue "colleghe". Quando la morte coglierà una di loro, Maria cercherà di ricomporre la serenità e la dignità di una famiglia distrutta. La terra che le ospita è straniera, ostile, distante eticamente e culturalmente. Per la prima volta, forse, vediamo - attraverso gli occhi timidi ma vigili di Maria - l'America del Nord come terra altra, inospitale, in cui la lingua parlata è incomprensibile. Non è la terra promessa. La ricchezza, il sogno americano, è sullo sfondo. Maria e le sue compagne possono solo sfiorarli. A loro sono riservati i ghetti afroamericani, brutti sporchi e cattivi, i quartieri poveri e popolari abitati da sudamericani emigrati.
DOMUS AUREA, JANUA COELI, STELLA MATUTINA
Maria è una ragazza molto dolce, che non perde quell'aura di innocenza e leggerezza mistica anche nei luoghi più sordidi e nelle condizioni più difficili. La forza estetica del film è forse soprattutto lì, in lei.

"Delle perle tu passi l'incanto,
la bellezza tu vinci dei fiori,
tu dell'iride eclissi i bagliori,
il tuo viso rapisce il Signore."

Di certo Catalina Sandino Moreno è la "*******" più bella, più intensa e più autentica che si sia mai vista al cinema. E naturalmente non poteva che essere laica.
Ave Maria, piena di grazia...

3 risposte al commento
Ultima risposta 21/12/2005 12.19.57
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  14/01/2005 12:32:32
   6 / 10
I "corpi estranei" della protagonista appartengono a un'etica nè laica nè religiosa, ma all'assoluta imparzialità del disagio sociale, mentre il feto, quello vero, sopravvive e comunica - attraverso il battito cardiaco - una speranza di continuità, di un'esistenza migliore Mai troppo crudele e compiaciuto, vagamente Loachiano a un primo impatto, l'esordio del regista raffigura una Colombia in bilico tra sacro e profano, tra una maternità /scelta sofferta e il mercato dei narcotrafficanti. Per certi versi, nonostante l'aspetto religioso del film sia affidato più a un simbolismo astratto (il corpo di Maria mai violato, come nelle prime sequenze, quasi casto nella sua bellezza acerba, e un attimo dopo è grembo, madre, nutrice di un figlio e di bacelli tossici... ) che concreto, l'impasse tra una nuova vita e la morte, tra il bene e il male, l'esilio affettivo (la ricerca della sorella da parte dell'amica) e lo sfruttamento delle "mule" ricorda il controverso film di Schoeder "la vergine dei sicari". Nell'impatto con un corpo che porta con sè soprattutto i frutti proibiti di un viaggio, Marston è a tratti straordinario - soprattutto nella sequenza nell'aereo, dove per pochi minuti emblemizza tutto il tormento di un vettore fisico che diventa condizione degradante e umiliante dell'universo femminile Tuttavia, raramente il film funziona allo stesso modo: l'agiografismo di un'America come "Mondo perfetto" lascia a desiderare (scegliere New York come ennesimo emblema di una Democrazia ideale sembra ancora una volta il classico tema dell'erba del vicino e non certo in relazione alla canapa), i controlli di sicurezza all'aeroporto sfociano nel ridicolo, e persino l'integrità forzata del personaggio quando decide di devolvere i soldi per la sorella dell'amica risultano decisamente forzati. Nel suo naturalismo essenziale e razionale, il film rischia più volte di perdersi in un'accusa prigioniera della propria resa, mai davvero brutale per indignarsi nè realmente passiva per ridurre lo spettatore in strumento visivo privo di emozioni o prese di coscienza. Eppure imprime forza e coraggio nel personaggio, il suo stoicismo addattato agli specchi davvero crudeli dell'esistenza sociale, delle scelte anche difficili e sbagliate che si fanno per disperazione e bisogno... Marston difende perciò l'ideale antiabortista come è giusto che sia finendo per strappare all'incoscienza la sopravvivenza di una scelta vera, l'unica per cui valga la pena realmente di combattere e lottare anche se da soli... Il figlio che verrà, specchio di un'altro futuro, o anche pretestuoso - e certamente sacro emblematismo - di un modo convenzionale ma radicato di rappresentare la donna come "benedetta nel frutto del suo seno"

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Ultima risposta 25/07/2005 10.10.35
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