A Parigi, una giovane ragazza viene trovata morta in una piazza parigina, con indosso un abito da sera. Il commissario Maigret cercherà di identificarlo e poi capire cosa è successo alla vittima.
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Alcune linee di dialogo sono favolose, non so se siano di Simenon, di Leconte o del cosceneggiatore Tonnerre; la qualità del film è intaccata da problemi d'altro tipo. 1) Togliendo di mezzo il titolo per esteso del romanzo, "Maigret et la jeune morte", l'anedonia espressa dal commissario nella prima scena si lascia a lungo confondere per il tragic'onere d'un lavoro usurante quale l'avere a che fare con omicidi e assassini. Invece si scopre ch'è un fardello genitoriale per il decesso della figlia, come se la sepolcralità dell'esistenza di Maigret fosse riassumibile in quella "jeune morte" omessa e poi tanto ingombrante da essere proiettata in fin troppi personaggi. 2) Lo stile di regia ha delle stranezze non spiegate: zoomate, scarti di messa a fuoco, sobbalzi della mdp. 3) L'effetto "physique du rôle": forse Jean Gabin, il nostro Gino Cervi, adesso Gérard Depardieu non hanno avuto manco il bisogno di recitare.