madadayo - il compleanno regia di Akira Kurosawa Giappone 1993
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madadayo - il compleanno (1993)

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locandina del film MADADAYO - IL COMPLEANNO

Titolo Originale: MADADAYO

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiTatsuo Matsumura, Kyoko Kagawa, Hisashi Igawa, George Tokoro

Durata: h 2.14
NazionalitàGiappone 1993
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1993

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Trama del film Madadayo - il compleanno

Tokyo, 1943. Un maturo professore universitario di letteratura tedesca lascia l'insegnamento. Nonostante la scarsità di viveri, egli decide di offrire a cinque discepoli una cena in ricordo degli anni trascorsi insieme. Terminata la guerra, gli ex allievi continuano a frequentare il loro insegnante, celebrando ogni anno un banchetto in suo onore. Di volta in volta, in occasione del compleanno del professore, la cena sarà sempre più sontuosa e riunirà un numero sempre maggiore di convitati. Ogni volta il rito prevede la domanda dei suoi allievi: "Mada kai?" ("Sei pronto?") alla quale egli risponde: "Madadayo" ("Non ancora").

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Voto Visitatori:   6,79 / 10 (7 voti)6,79Grafico
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Voti e commenti su Madadayo - il compleanno, 7 opinioni inserite

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Filman  @  12/10/2016 19:28:22
   5½ / 10
Premessa già stipulata in quasi ogni occasione della sua filmografia, in MAADADAYO (Non Ancora) il fondamentale rapporto allievo-maestro per Akira Kurosawa viene spinto sui limiti più inattesi, perché imposto come concetto centrale e di poco interesse invece di essere un periferico ideale intriso nell'arte stessa del regista. E non solo, purtroppo, poiché innegabile è il lato autobiografico del protagonista del film, il quale, tra l'arte del bere e i più svariati aneddoti di vita presi con filosofia, segna una piattezza narrativa dalla quale si erge un'agiografia indesiderata, che in buona fede va letta come una storia piena di retorica, farcita da emozioni esagerate e dal gusto stucchevole. Immancabile anche il Giappone durante e dopo la guerra come contesto storico, anche se effettivamente mancano gli accenni ad un'effettiva risonanza degli eventi. Lontano dall'essere la fine del mondo, l'averci lasciato con un film non all'altezza è meno triste che vedere come Kurosawa non sia riuscito a promettere il messaggio di questa pellicola, anch'esso autobiografico, morendo, sì, cinque anni dopo, ma senza produrre altri film.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  16/06/2013 11:14:07
   7 / 10
Nel suo ultimo film Kujrosawa offre un bel ritratto del rapporto maestro/allievo, un elemento che ha affrontato in quasi tutte le sue pellicole, a volte rivestendo un ruolo centrale nelle stesse.
Madadayo è un elogio a questo rapporto, tutt'altro che fondato su rigidi formalismi e scrupolse trasmissioni di dogmi inconfutabili. Viceversa è proprio il tono molto conviviale e privo di qualsisasi formalismo di sorta a caratterizzare il film. Il professore è un punto di riferimento importante, un misto di saggezza e buon senso, ma non privo di quei difetti a volte infantili (il timore per il buio, la paura dei tuoni) che umanizzano moltissimo questa figura.
Indubbiamente il film ha un ritmo molto lento, tuttavia se si entra nel meccanismo di questo rapporto può risultare piacevole.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  31/07/2010 11:48:31
   7 / 10
L’ultimo film di Kurosawa è un film a prima vista molto lento, statico, concentrato su di un singolo carattere, senza azione o trama di rilievo, a volte quasi monotono. Nondimeno è un film affascinante perché scava e riproduce un carattere ben preciso e a suo modo molto interessante e istruttivo. Qualcosa ci comunica questo film, soprattutto su come poter vivere una vecchiaia ideale, raccogliendo i frutti di quello che si è seminato in vita.
La mano fatata del grande regista si vede ancora. La mdp è piuttosto statica (scarsi i movimenti) ma cambia spesso il punto di vista (inquadra davanti e all’improvviso inquadra di spalle aprendo su di una vista che colpisce). A volte sembra di assistere quasi ad un film Dogma 95. Alcune scene sono molto suggestive dal punto di vista visivo ed espressivo. Sono rimasto molto colpito dal finale. Mi ha lasciato molto emozionato. Il merito è anche della colonna sonora. Sembra un adagio veneziano del Settecento (Vivaldi o Albinoni) ma in realtà mi sembra che sia stato composto da Shinichirô Ikebe, il grande compositore delle colonne sonore degli ultimi film di Kurosawa.
Il film si basa su di una vicenda realmente accaduta. Un famoso professore di inizi ‘900, anche dopo essere andato in pensione, è stato venerato e assistito dai suoi ex-allievi. Cosa abbia fatto per meritare così tanto non viene mai mostrato o spiegato ma lo si riesce a capire fra le righe nelle lunghe scene conviviali di cui è composto il film. Più che un rigido e dottrinario professore era soprattutto un Essere Umano. Oltre ai valori intellettuali voleva trasmettere anche valori umani: allegria, scherzo, burla, amore per la semplicità, la natura, la frugalità, il vivere modesto e tranquillo fra le persone care. Il tutto senza dimenticare il lato immaginativo, fantastico e sentimentale che ogni singola persona deve avere e che non si deve vergognare di mostrare. Il professore non si perita ad ammettere di avere paura del buio e dei temporali. C’è poi la lunghissima scena della perdita del gatto che può apparire paradossale e ridicola per noi cinici e freddi occidentali, ma che ci dimostra il grande affetto e il gran cuore che aveva quel “luminare” del sapere.
Fino alla fine Kurosawa ci ha voluto testimoniare che il vero valore della vita umana non sta in quello che ci vantiamo di possedere o di poter fare, ma nella quantità di amicizia, amore, cura, affetto, succo di animo umano che abbiamo dispensato nel periodo attivo dell’esistenza. Il grande premio che possiamo sperare di ottenere è ricevere tutto questo in cambio quando ormai tutto volge verso la fine. Madadayo rappresenta proprio questa speranza-utopia un po’ ottimista con cui Kurosawa ha voluto chiudere la sua esistenza artistica.

1 risposta al commento
Ultima risposta 31/07/2010 15.38.27
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Beefheart  @  09/07/2007 17:10:34
   6½ / 10
Commovente commedia, per quanto ottimista, sulla vita ed i sentimenti, architettata intorno alla figura di un insegnante pensionato che con dignità e serenità si avvia verso la fine dei suoi giorni. Gli eventi mostrati nel film sono abbastanza modigerati, nonostante ci si trovi a Tokyo, negli anni della seconda mondiale; eppure l'attenzione rimane sul mite protagonista, che, aiutato dai suoi ex-studenti riesce a rimanere padrone della sua vita anche nei momenti più difficili. Niente scene apocalittiche; qualche maceria, giusto l'indispensabile. Niente drammatizzazioni enfatiche, nessuna tragedia se non quella della guerra, indirettamente presente e mai mostrata; data per assodata, ma mai intesa come pretesto per rassegnarsi. L'uomo/professore, in qualità di individuo, nonostante tutto, non cessa mai di osservare, crescere, imparare e coltivare quella nobiltà d'animo che deriva dalla sua stessa natura. Egli non si ferma alle macerie della città che vede davanti a casa, non si lascia intimorire dalla vecchiaia e dalle brutture. Sceglie l'esistenza e rimanda la morte allevando un gatto in giardino, un uccellino nella gabbietta ed alcune carpe nello stagno di casa, perchè la vita non cessa mai di evolvere. La morte è innegabile ma, come tutto ciò che fa parte della vita, anch'essa non va esasperata, ne distorta. Semplicemente, quando sarà il momento, l'individuo sarà pronto. L'intero film è una lunga (fin troppo) riflessione sull'uomo, la vita e, inevitabilmente, la morte. Tonnellate di filosofia orientale, con gli studenti perennemente genuflessi e prostrati ai pedi del venerabile professore ma soprattutto, cosa non scontata per Kurosawa, poca retorica. Nel complesso, più che la poesia o il lirismo, che personalmente, a volte, trovo eccessivamente noiosi, ho apprezzato proprio la semplicità e la lealtà di questo film e del suo protagonista, capace di ignorare le bombe e disperarsi per lo smarrimento del gatto, o di vivere felicemente in una baracca infinitamente più piccola e circoscritta dell'entusiasmo che lo pervade. Tipico di un animo che invecchia, si volta, guarda in dietro e capisce che spesso le cose importanti, irrinunciabili, sono altre rispetto a ciò che risalta. Il tutto ha il malinconico sapore del commiato sereno e consapevole di un vecchio cineasta, stanco e segnato dalla vita, che a fine carriera profonde l'ultimo, edificante, quasi eroico, sforzo produttivo. Per i miei gusti rimane un tantino lento e ancora un po troppo retorico, ma già meglio rispetto ad altri film del regista, in tal senso assai più marcati come "Barbarossa" o il più recente "Rapsodia in Agosto". Nel complesso: sufficiente.

AKIRA KUROSAWA  @  08/05/2007 17:40:04
   8½ / 10
l ultimo film di kurosawa una specie di autobiografia.
in tutto il film il tema principale è la morte ed è incredibile che pochi anni dopo il maestro sia scomparso come se sentisse che questo era il suo ultimo film. non delude i fan anche se è inferiore a molti altri film

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Giordano Biagio  @  07/12/2006 10:40:44
   7 / 10
Un film che mi è piaciuto per come rispecchia aspetti importanti della cultura relazionale nipponica.
Scene semplici ma ben congeniate, efficaci, rielaborate in funzione di una buona comunicabilità con l'occidente. I rituali del compleanno a un anziano professore testimoniano di una cultura di grande rispetto per gli anziani e gli insegnanti nonchè per tutto ciò che di minuzioso avvolge la vita quotidiana di un amico o persona che si stima.
Ricchissimo di forma ma si cala per attimi brevissimi anche nell'umorismo più legato all'amarezza della realtà: senza offendere.
Principi etici in primo piano di grande valore sociale, accompagnati da stupende raffinatezze che raccolgono il vero più evidente e anche il rozzo che si impone a volte nella vita per rielaborarlo in direzioni pregne di saggezza relazionale e umorismo sociale attivo che evita ogni sorta di annichilimento di fronte ai problemi esistenziali.
Film d'essai.

Crimson  @  17/03/2006 22:07:30
   6 / 10
Girato a 83 anni (!), particolare curioso e non indifferente in base al quale l'Imperatore merita un elogio. Ma onestamente il suo ultimo film (il trentesimo), col quale si congeda in modo definitivo a 50 anni dal suo esordio, non è un granchè.
Personalmente lo distacco dal resto della filmografia, unitamente ai due film che lo precedono.
Se "Sogni" infatti era un film sperimantale e del tutto particolare, "Madadayo" ha in comune con "Rapsodia d'agosto" una regia lineare e disimpegnata, una recitazione sufficiente ma soprattutto una sceneggiatura ridotta all'osso. Il film si basa esclusivamente sul valore profondo dei pensieri e delle parole del vecchio insegnante protagonista. Un intimismo che era presente anche nel film precedente (mediante la figura della vecchia), ma che non funziona più di tanto. Oltretutto stavolta mancano delle scene potenti, di grande impatto sia visivo che emozionale (come proprio in "Rapsodia d'agosto"), fatta eccezione per l'ultima sequenza che francamente è meravigliosa.
Il film del resto sembra avere proprio le caratteristiche di un testamento autobiografico del regista: infatti lo possiamo identificare con il ruolo del vecchio maestro, che nonostante l'età sprigiona una vitalità e un attaccamento alla vita eccezionali (e ammirevoli), e che riesce a trasmettere ai suoi ex allievi.
Per ben 17 anni all'invito ironico dei suoi "discepoli" ossequiosi "maadha-kai?" ("sei pronto - a morire?") risponde col sorriso sulle labbra "Madadayo!" ("non ancora!"). Cosciente di aver operato sempre per il bene e nel rispetto degli altri, di essere amato e venerato, di aver lasciato un segno e aver dato un senso alla propria vita, il vecchio non ha che da accomiatarsi che in modo sereno.
Il film è allungato da una scena legata allo smarrimento del gatto del maestro, al quale era legatissimo. Un episodio inserito sicuramente per scavare ulteriormente nella sensibilità del maestro e nella spontanea e massiccia solidarietà di coloro che lo conoscono, ma è troppo prolissa!
non male invece le due scene di festeggiamento. Molto folkloristiche e per questo interessanti.

In definitiva, questo è un film davvero molto disimpegnato e sobrio, che trasmette un bel messaggio di grande, consueta umanità. Tuttavia ci sono parti abbastanza noiose, e non si può dire che entusiasmi nel complesso. I film del regista da vedere prioritariamente sono altri (dal '48 al 1985); questo và visto nella sua natura di ultimo film senza pretese dopo una carriera strepitosa.

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