lo scafandro e la farfalla regia di Julian Schnabel Francia, USA 2007
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lo scafandro e la farfalla (2007)

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locandina del film LO SCAFANDRO E LA FARFALLA

Titolo Originale: LE SCAPHANDRE ET LE PAPILLON

RegiaJulian Schnabel

InterpretiMathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Hiam Abbass, Niels Arestrup, Fiorella Campanella, Jean-Pierre Cassel, Emma de Caunes, Max von Sydow

Durata: h 1.52
NazionalitàFrancia, USA 2007
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2008

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Trama del film Lo scafandro e la farfalla

L'8 dicembre 1995, Dominique Bauby, giornalista e padre di due figli, cade improvvisamente in coma. Quando si sveglia, è immobilizzato, colpito da quella che la medicina definisce la sindrome "locked-in". Riesce a muovere solo la palpebra sinistra che diventa il suo legame con il mondo.

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Voto Visitatori:   7,76 / 10 (93 voti)7,76Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior attore protagonista (Mathieu Amalric)Miglior montaggio
VINCITORE DI 2 PREMI CÉSAR:
Miglior attore protagonista (Mathieu Amalric), Miglior montaggio
Miglior regista (Julian Schnabel)Miglior film straniero
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior regista (Julian Schnabel), Miglior film straniero
Miglior regia (Julian Schnabel)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Julian Schnabel)
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Voti e commenti su Lo scafandro e la farfalla, 93 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  22/01/2010 00:20:26
   6 / 10
Il solito film francese da cineclub che basa il suo consenso su un presupposto ricattatorio.
Ok l'impegno sociale ma alle fine di questo film ho compreso poco.
Escludendo la regia che ha alcune trovate veramente notevoli per il resto ho trovato un film convenzionale, senza mordente.

Ripeto a parte l'aspetto formale che mi ha convinto, utilizzando per quasi l'intera durata del film un punto di vista in soggettiva efficace nel rendere l'angoscia della condizione del protagonista ,ammetto di aver faticato parecchio all'inizio nel reggere quella situazione, per il resto lo svolgimento non ha portato a nessuna evoluzione.
Non è un film pro-life e nemmeno prende una posizione sul fine vita, ci si limita a descrivere una condizione più puntando ai facili sentimentalismi che ad un'analisi veramente cruda.

Penso che l'angoscia derivante da certe situazioni o si vincola a un messaggio o diventa fine a se stessa e allora anche il film perde di senso, per quale ragione uno spettatore dovrebbe immedesimarsi in una realtà che è dolorosa viverla solo con il pensiero?

Inoltre se il messaggio è di mostrare come vivono persone in certe condizioni io francamente lo trovo di una superficialità spaventosa.
Chi ha un minimo di conscenza di cosa sono certe cliniche, a prescindere dal luogo geografico, si rende conto che la situazione non è rosea come descritto nel film.
Onestamente il personaggio o ha avuto un **** tremendo nel trovare un personale medico e paramedico tanto "devoto" oppure aveva una mega-assicurazione e un conto in banca da capogiro per permettersi quell'assistenza!!

Per carità non nego che esistano cliniche perse sulle meravigliose dune sull'oceano Atlantico dove i pazienti vengono portati con tanto amore a prendere aria e a guardare i panorami, fatto sta che a me vengono in mente le varie "Villa Maria" "Villa Bianca" "Casa di cura Anna" che il massimo di natura che concedono ai loro degenti e una palma e mezza aiuola in un cortile interno.

E quindi anche qui il film mi è sembrato abbastanza inconsistente, non sgradevole anche di buona fattura ma un'opera di basso spessore e assolutamente trascurabile.

Se dovete angosciarvi per 2 ore fatelo per qualche film abbia realmente qualcosa da dirvi.

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Ultima risposta 23/01/2010 19.12.15
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everyray  @  05/05/2009 19:14:21
   8½ / 10
Scioccante e dura realtà vista in chiave cinematografica e che fa capire in prima persona come ci si può sentire se da un giorno all'altro tutte le nostre certezze,anche le più ovvie possano venire meno....forte come solo certe storie sanno essere,questo film commuove e fa capire quanto siamo fortunati solo avendo la salute...NON DOBBIAMO MAI DARE NULLA PER SCONTATO,DA VEDERE!

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Ultima risposta 05/05/2009 19.16.12
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  16/04/2009 13:01:49
   6½ / 10
Ma si dai, un buon drammone intriso di facili sentimenti. Molto distante dalla poetica e dalla concretezza di "Mare dentro" (bhè che ci si può aspettare da un regista che ha partorito quella porcata di "Prima che sia notte"?) ma comunque non privo di spunti originali. Primo su tutti la parte iniziale, dove il nostro punto di vista sarà quello del protagonista attraverso il suo unico contatto con il mondo, il suo occhio sinistro, senza mai risultare tediosa.
Facile però la descrizione del passato, messa lì come per farci affezionare alla sfrontatezza e al carisma del personaggio (cosa invece completamente assente nel film di "Amenabar").
Un Amalric nel ruolo più piatto ma gratificante della sua carriera, così semplice e "acchiappaconsensi" che con un solo occhio avrà fatto emozionare più persone di quanto non abbia fatto Bambi con quei due occhioni tristi.

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Ultima risposta 21/02/2010 20.27.15
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Mauro Lanari  @  17/01/2009 01:35:27
   5 / 10
L’OCCHIO CHE PATISCE
1) A parte che nel film non c’è nulla della farfalla bensì, semmai, della crisalide (incompiuta, perennemente incompiuta).
2) Comunque sia, questa pellicola costituisce, insieme a “Giove e oltre l’infinito”, alla “cura Lodovico” e forse a “Un Chien andalou”, la principale rappresentazione cinematografica della metafisica schopenhaueriana e quindi la maggior novità rispetto alla consueta filosofia dello sguardo: dal voyeurismo attivo e funesto di opere come “Film” (Beckett/Keaton), “L’occhio che uccide” e “Manhunter”/”Red Dragon” all’esibizionismo attoriale e alla spettatorialità coatti d’una Voluntas che agisce da regista impersonale, occulto e maligno, predeterminandoci nel modo d’una “vis a tergo” pantragista.
3) La dispotica cecità di tale Voluntas neobuddhista rimanda sincretisticamente al millenarismo dell’era del cosiddetto Spirito, ossia al Regno d’una forza arbitraria che “soffia dove vuole […], ma non sai di dove viene e dove va” (Giovanni 3, 8).
4) “E gridarono a gran voce: «Fino a quando […]?» Allora fu detto […] loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro” (Apocalisse 6, 10-11). Che tipo di “numero” dev’essere mai completato, “numero” come cifra aritmetica e/o “numero” come atroce esibizione (cf. i Joy Division di appunto “Atrocity Exhibition”)?
5) Dopo mesi e mesi, sono passato dalla centralità del voyeurismo a quella dell’esibizionismo (si veda http://www.filmscoop.it/commenti/default.asp?idFilm=1372&idCommento=466406) e infine, adesso, alla condizione vittimaria di entrambi i ruoli, succubi pariteticamente d’un regista dominatore, prevaricatore e aguzzino. In termini hegeliani: lo spirito oggettivo della messa in scena storica e lo spirito soggettivo della coscienza del fruitore sono soggiogati da uno spirito “assoluto” (il monolite/o?), che ci sburattina a suo piacimento e come in un mattatoio (“Schlachtbank”). Manco in Hegel risulta che tale spirito abbia una connotazione personale, però la parola spirito resta lecita se rinvia al tramonto del materialismo ingenuo e alla fisica ch’è giunta a ipotizzare un concetto d’energia al di là del distinguo tra materia e onda immateriale.

Si veda forum interno:
http://www.filmscoop.it/forum/forum_posts.asp?TID=8880&PN=1&TPN=249 (e pagina seguente)

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Ultima risposta 10/02/2010 19.56.52
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Blutarski  @  11/12/2008 19:05:26
   8½ / 10
Che film ragazzi! Mi ha fatto venire la voglia di prendere anche il libro. Lo scafandro e la farfalla è un film che non va a colpo sicuro come alcuni commenti che ho letto hanno implicitamente insinuato, era difficile molto difficile fare un film del genere secondo me. E invece quello che mi sono trovato davanti è una pellicola cinica ma anche commovente, è un realismo estremizzato nel vibrante battito cardiaco e nella prospettiva monoculare delle inquadrature in cui lo spettatore è intrappolato proprio come in uno scafandro. L'esistenza di questo film era quasi necessaria, offrendo una prospettiva tutt'altro che banale su questo tipo di esistenza umana. L'ironia e la sagacia del protagonista neutralizzano qualsiasi possibilità di vittimizzazione, risparmiandoci tutte quelle st.ronzate sulla forza dello spirito e via discorrendo egli ci racconta il desiderio di un giro in macchina, di accarezzare i capelli del figlio, di ingozzarsi di ostriche e fare sesso, ci racconta del vuoto pneumatico della domenica (in ospedale), senza visitatori e con il personale dimezzato. La sua fuga è dunque l'immaginazione, la farfalla. Mi è piaciuta molto l'originalità ma soprattutto la schiettezza, l'intelligenza di questo film... compimenti anche all'attore protagonista.

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Ultima risposta 11/12/2008 22.00.26
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Toroseduto  @  18/11/2008 19:52:28
   6½ / 10
Il tema era impegnativo, la realizzazione del regista impeccabile. Concordo pienamente con il precedente commento "tecnicamente il film è veramente ben fatto ma forse il lato tecnico spesso diventa quasi fine a se stesso"... cioè il film non riesce a tirar fuori il sentimento, la storia descritta avrebbe dovuto suscitare un sensibile pathos dall'inizio alla fine, invece la realizzazione mi ha lasciato (quasi) del tutto indifferente...

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Ultima risposta 11/12/2008 19.11.59
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  17/11/2008 19:48:53
   7 / 10
L'evenienza di vivere in una maniera limitante è qualcosa che colpisce duro nell'animo di chiunque. Si riesce a vivere completamente paralizzati? Vale la pena? Cosa pensano, cosa sentono quelli colpiti da disgrazie, fatalità? Come diventa la vita di chi gli sta accanto?
Questo film ci fa capire che una persona esiste finché esiste un cervello pensante. Il problema è la comunicazione e la necessità dell'aiuto altrui per espletare anche le funzioni più normali e banali. Queste sono gli aspetti prosaici e materiali messi bene in evidenza da questo film. L'animo di chi subisce un handicap estremo rimane però una landa sconosciuta, quasi inesplorata e purtroppo neanche questo film riesce a fare piena luce, a dare una visione profonda e sentita.
Eppure il materiale c'è ed è di prima mano. La sceneggiatura si basa su di un libro dettato da chi ha vissuto un'esperienza simile (JP Bauby). Il regista però ha privilegiato il lato tecnico e superficiale della testimonianza, entrando solo ogni tanto nell'animo e nei sentimenti del protagonista e in rari casi è riuscito a trasmettere il forte pathos di profondi dolori e tristi gioie che trapelano dalla storia di Bauby. Tecnicamente il film è veramente ben fatto ma forse il lato tecnico spesso diventa quasi fine a se stesso, rivelando quasi un approccio "freddo" e distaccato del regista rispetto alla materia che ha trattato. Rimane in ogni caso un film bello, che colpisce.
Fin dalle prime immagini ci si accorge che il regista tratta il caso come un oggetto di studio, piuttosto che come un'esperienza da vivere. La cinepresa si identifica con l'unico occhio funzionante del protagonista (Bauby) e quindi balla, zooma, si fissa su quello che potrebbe essere ciò che percepisce in quel momento Bauby. Ciò che si muove dentro la sua testa ci viene espresso da una voce fuori campo, quasi un monologo interiore. Molte scene ci fanno vedere il lento abituarsi ad una nuova situazione limitante. L'interiorità è rappresentata più che altro da alcune scene simboliche (il protagonista chiuso in uno scafandro, un banchisa che si sgretola, personaggi immaginari dell'800, flashback di vita vissuta, ecc ..) . Nel computo del film però 3/4 sono occupati da scene di descrizione del rapporto fra Bauby e il mondo esterno e solo 1/4 scava nella sua interiorità. Bauby incontra sua moglie, i figli ma molto si svolge quasi come se fosse una routine e spesso la voce interiore quasi tace in queste occasioni. L'imbarazzo e il dolore degli altri è rappresentato in maniera riflessa, da come viene "percepito" da Bauby. Per fortuna ci sono delle eccezioni. Le scene che mi hanno colpito sono quelle che coinvolgono l'anziano padre (Max von Sidow!), la sua telefonata: l'unica scena dove il regista riesce a toccare il cuore delle persone.
Una scena chiave e forse il nucleo ideale del film è quando a un certo punto Bauby "decide" di voler continuare a vivere. Purtroppo il passaggio dallo scoramento totale a una nuova volontà è lasciato un po' in ombra. Si sa solo che si rende conto che la vita è multiforme e varissima e la si può vivere anche e solo con la propria immaginazione, sostituendo il concreto e reale con il fantastico e virtuale. Qui sta la grande testimonianza e il messaggio migliore lasciatoci da Bauby.

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Ultima risposta 25/02/2010 19.24.26
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rapture  @  31/05/2008 10:09:13
   4½ / 10
Non mi è piaciuto, giocare con le emozioni così è fin troppo semplice. I dialoghi sono piuttosto scontati e la regia non è niente di eccezionale.

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Ultima risposta 08/01/2009 13.31.51
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faob  @  08/04/2008 22:27:35
   1 / 10
che purga e angoscia di film assurdo dare un voto alto che tristezza infinita non basta quello che sci gira intorno ......

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Ultima risposta 19/04/2008 23.02.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  25/02/2008 00:32:36
   8 / 10
"Mio padre era appena deceduto, quando mi proposero il film: da figlio, prima ancora che da regista, avevo bisogno di affrontare il senso della perdita. Ho paura della morte: l'ho sempre avuta e ne ho ancora. E' facile cullarsi nel proprio dolore, nella perdita di una persona cara" (cfr. Julian Schnabel)


E per le stesse ragioni ho voluto vedere a tutti i costi questo film: ho rivisto tutto, nella soggettiva di Dominique, o forse ho creduto di vedere i pensieri di mio padre negli ultimi giorni della sua vita (è scomparso 15 giorni fa). Sia per quanto riguarda la mia esperienza familiare personale, sia per quella professionale, dove ho avuto spesso modo di carpire il linguaggio non verbale dei degenti, con le eventuali difficoltà, questo film mi appartiene più di quanto sia disposto a pensare.
Sono disposto a sdoganare Schnabel, visto che la sua opera prima ("Before night falls") non mi era piaciuta proprio per niente: un fumettone tendenzioso e compiaciuto fatto per esaltare l'egocentrismo (più che le qualità) di un autore che non è certo un miracolo di modestia. Mi sbagliavo.
La metafora di "Lo scafandro e la farfalla" rivela (finalmente) un regista che racconta una storia rischiosissima senza troppi compiacimenti, e mettendo a nudo lo spazio aptico (visivo) di un'occhio che è la vera macchina da presa del testimone (lo splendido protagonista): il film penetra nel corpo immobile di Dominique e porta la sua esperienza negli spettatori: è facile piangere lacrime vere per esperienze indirette comuni, ma alla fine "sentiamo" di aver conosciuto (direttamente sì) Dominique e la sua breve "vita dopo la morte".

Non mancano certo cadute di tono, momenti un pò patinati (il flashback a Lourdes) o ammiccanti (la sequenza quando sogna di alzarsi dalla sedia a rotelle e baciare la sua amata si poteva tranquillamente evitare), ma davanti a quei ghiacci che si sciolgono, al silenzio efferato di un'allettamento forzato, al senso lacerante del destino, tutto passa in secondo piano.

Soprattutto il momento topico della telefonata del padre (un'immenso Won Sydow 86enne che fa l'ultranovantenne) ti soffoca in gola quasi se il respiro affannoso di D. fosse in quel preciso istante anche il nostro.

Film pertanto splendido, a cui va una specie di gratitudine per avermi consegnato la voce di un lutto che ho vissuto anch'io di recente.

Una volta tanto da elogiare il doppiaggio, che restituisce a Dominique un vero e arduo desiderio di esistere e resistere.

Vedi recensione

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Ultima risposta 15/04/2008 11.17.50
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Invia una mail all'autore del commento actorar  @  20/02/2008 15:01:33
   9 / 10
Film fantastico e allo stesso sconvolgente di una persona che è ridotta a comunicare con l'esterno solo attraverso un occhio.Altro non voglio dire perchè il film è da vedere e sorprendente con un finale particolare.Colonna sonora bella e non invadente che sottolinea in maniera perfetta i momenti del film.....bella la fotografia e grandiosa l'immagine iniziale quando si vede il protagonista nel mare.......eccellenti gli attori e azzeccato il doppiaggio con voci calde e sensuali che rendono le emozioni che il regista ha voluto esprimere. Da notare quanto sia difficile per una persona pensante vivere in quelle condizioni e l'unico modo per esprimersi è attraverso l'occhio.Si chiama questa vita? Io preferirei morire!!!Film che scorre molto bene e per niente noioso.

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Ultima risposta 22/02/2008 19.49.13
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