l'atalante regia di Jean Vigo Francia 1934
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l'atalante (1934)

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locandina del film L'ATALANTE

Titolo Originale: L'ATALANTE

RegiaJean Vigo

InterpretiMichel Simon, Jean Dasté, Dita Parlo, Gilles Margaritis, Louis Lefebvre

Durata: h 1.29
NazionalitàFrancia 1934
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1934

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Trama del film L'atalante

Il comandante di una chiatta a motore "L'Atalante", sposa una ragazza di campagna. Subito dopo la cerimonia, porta la moglie, Juliette, a vivere sulla chiatta insieme ad un vecchio marinaio, un ragazzo e un cane. Fa amare a sua moglie quella semplice vita il cui itinerario è fissato dagli ordini della Compagnia, e la cui monotonia è rotta solo dagli scali. Le fa anche odiare la riva, simbolo di piaceri malsani. Tuttavia, ad uno scalo, un giovane marinaio, innamorato di Juliette, le propone di portarla in città e le fa balenare i piaceri che l'aspettano. La donna rifiuta e l'uomo, sorpreso dal comandante, viene scacciato dalla chiatta. Ma l'idea si radica nella mente della giovane e, una sera, lei abbandona "L'Atalante", prende un trenino e raggiunge la città. Il comandante rifiuta la proposta fatta dal vecchio marinaio di andare a cercare sua moglie: "L'Atalante", secondo gli ordini della direzione, partirà verso altri scali. Quando uno scalo riporta la chiatta nella zona, il vecchio, malgrado il divieto del comandante, una domenica va in città, in cerca di Juliette. Invano percorre strade e bar. Sulla via del ritorno, la scorge in un negozio, dove sta ascoltando in cuffia una canzone, e la riporta a "L'Atalante".

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Voto Visitatori:   8,82 / 10 (30 voti)8,82Grafico
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Voti e commenti su L'atalante, 30 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  08/02/2022 19:34:09
   8 / 10
Discorso più o meno simile a "Persona" (cui ho preferito altro di Bergman): sebbene non mi abbia preso particolarmente, per questioni più che altro soggettive, credo che questo voto sia il minimo indispensabile che si possa dare ad un'opera del genere, che è oggettivamente monumentale. Un peccato che Vigo non sia riuscito a fare molto altro. Riguardo a "L'Atalante", poco altro da aggiungere, penso che i commenti sotto il mio rendano meglio l'idea di ciò che è questo film, considerata anche l'epoca in cui è stato realizzato.

Goldust  @  23/01/2022 11:17:40
   6½ / 10
"L'atalante" è una delle vette all time del cinema romantico e un lavoro di rottura, per la sua visionarietà e per lo spirito libertario, rispetto alle coordinate del Cinema allora vigente. Rivisto dopo tanti anni dalla sua uscita sembra aver perso però un pò di smalto, nonostante la poetica del suo autore resti tuttavia immutata. Sarà considerato un capolavoro ma io l'ho trovato in certi punti un pò confuso, e seppur di durata ridotta a tratti fin troppo macchiettistico ( con il personaggio di Simon ).

topsecret  @  06/09/2021 14:05:23
   6 / 10
Avendo visto una versione restaurata, martoriata da tagli e mancanze, posso affermare con certezza di aver assistito a una storia tanto semplice quanto ordinaria, invece di quel capolavoro che ho letto in giro.
Statico per quasi un'ora, si anima un po' nella restante parte ma senza riuscire nè a emozionarmi nè a proporre qualcosa di unico. Piuttosto moderna la visione di vita che propone, per i tempi in cui è stato girato, ma visto oggi gli anni che si porta dietro si sentono tutti.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  27/07/2019 18:06:25
   9 / 10
Rispetto al precedente "Zero in condotta" questo film di Vigo è piu' lineare e meno surreale. Segue una storia d'amore piuttosto semplice, un matrimonio inizialmente complicato che poi si risana.
Ma è dalle storie semplici che poi nascono i capolavori come questo.
Capace di emozionare dopo quasi 90 anni anche grazie alla famosissima sequenza onirica conosciuta in Italia come la sigla di "fuori orario".
Film che ha cambiato il modo di raccontare una storia d'amore e non solo.

kafka62  @  10/02/2018 17:54:39
   10 / 10
L'Atalante ha beneficiato negli ultimi tre decenni di un sensibile e imprevisto ritorno di popolarità, grazie soprattutto all'utilizzazione di una sua celebre sequenza come sigla di Fuori orario, un programma televisivo che, coniugando l'amore per il cinema con un intento neppur troppo nascosto di rottura delle regole e delle convenzioni dell'establishment audiovisivo, è diventato ben presto un oggetto di culto per i cinefili più accaniti (e nottambuli). Il film di Vigo è di fatto assurto – al di là probabilmente delle stesse intenzioni originarie dell'autore -– a simbolo di un cinema diverso, non irregimentato né catalogabile, anelante a tradurre in ogni sua inquadratura le qualità fotogeniche ineffabilmente insite negli oggetti, nelle persone e negli ambienti. Non è esagerato dire che ne L'Atalante si riflette la natura stessa – e la ragion d'essere – del cinema. Nella sequenza in cui Jean si tuffa nel fiume per vedere il volto dell'amata si realizza infatti il sogno di ogni spettatore cinematografico, quello della ricerca dell'immagine perfetta e irraggiungibile, seducente e chimerica; l'acqua dove appaiono magicamente le fascinose sembianze di Dita Parlo (la più bella sovrimpressione della storia del cinema, secondo Ghezzi) è lo schermo ideale dove le immagini sono cercate, bramate e materializzate, il luogo in cui è possibile dar vita all'insolito, all'inconoscibile e al fantastico, lo spazio nel quale si realizza infine la fusione sublime tra l'immaginario collettivo (nel film, la pulsione erotico-amorosa di Jean) e l'opera d'arte (l'oggetto del desiderio, Julie).
Al di là di ogni considerazione metacinematografica, L'Atalante può essere assunto come esempio di un cinema che attribuisce il predominio assoluto alle immagini e non alla storia. Vigo riesce nella non facile impresa di trascendere il mediocre e melodrammatico soggetto di partenza (due sposini si amano, si perdono quando lei cede alle illusorie e ingannatrici lusinghe del mondo, e infine si ritrovano, definitivamente convinti di non poter più fare a meno l'uno dell'altro), utilizzandolo alla stregua di un semplice contenitore in cui riversare la propria inesauribile ispirazione creativa. Questo spiega l'attenzione che il regista dedica ad episodi marginali, quotidiani, non strettamente funzionali al progredire della vicenda, eppure fondamentali per creare quel clima simpatetico che avvince progressivamente lo spettatore e lo lega in maniera ineluttabile al destino dei protagonisti. A differenza di quello che molti pensano, L'Atalante non è un film surrealista (come lo era sotto molti aspetti Zero de conduite), ma un film sostanzialmente realista, in cui però il realismo nega se stesso, in una visione soggettiva della vita operata ad un livello emozionale e istintuale assai più che psicologico o comportamentale. Basti pensare alla fatidica scena notturna in cui i due amanti lontani si tormentano, in preda all'insonnia, per la mancanza dell'altro: in essa Vigo riflette, senza sentimentalismi né mediazioni intellettuali, la propria concezione, violenta e disperata, fremente e autodistruttiva, dell'amore, tocca cioè il nervo scoperto e sensibile del tema, senza ammantarlo di paludamenti logici e razionali ma avvalendosi soltanto di una straordinaria trasfigurazione lirica (come quando dall'abbraccio finale tra i due amanti, con un semplice stacco, si passa all'indimenticabile visione in campo lungo della chiatta che risale il fiume).
Dato che gli istinti naturali, quando sono lasciati liberi senza freni né inibizioni, sono tanto sovversivi quanto le più audaci fantasie surrealiste, non si può certo dire che Vigo abdichi ne L'Atalante, nonostante una (apparentemente) maggiore normalità narrativa, alla sua vocazione trasgressiva e antiistituzionale. Anzi, l'anima del film è proprio l'esplodere del desiderio erotico all'interno della vita di coppia: i due coniugi lasciano trasparire in ogni loro gesto, dai giochi innocenti sulla tolda fino agli impetuosi abbracci sul pavimento della cabina, una passione intensa e febbrile, che sovverte totalmente (siamo negli anni 30!) la tradizionale rappresentazione - pudica e quasi asessuata – dell'amore matrimoniale. Per Vigo l'amore è soprattutto amour fou, sentimento assoluto e fagocitante, che si nutre soprattutto di una pulsione masochista al tormento, alla gelosia e all'annullamento di sé nella persona amata. E' per questo che il lieto fine non deve trarre in inganno: la ricomposizione del dramma di Jean e Julie non riesce infatti a cancellare del tutto quell'ombra di inquietudine che, pur tra momenti ludici e gioiosi, grava sull'intero film, come se amarsi (e fare dell'amore il centro di gravità della propria esistenza) significasse votarsi anima e corpo alla sofferenza.
Non può sfuggire a questo punto il fatto che L'Atalante, lungi dall'essere un film univoco e lineare, è soprattutto un'opera fondata su una forte componente di ambiguità: come l'epilogo può essere interpretato (e difatti lo è, dalla maggior parte dei critici) anche nei termini di una palingenesi amorosa, di una rigenerazione affettiva che prelude a un futuro di piaceri quotidiani e "minori" ma autentici, parimenti il dualismo tra il fiume (ossia la libertà, la provvisorietà, la disponibilità a reinventarsi la vita ogni giorno) e la città (la sicurezza fittizia, l'artificiosità dei rapporti umani, l'assoggettamento alle leggi economiche e sociali) non è così semplicistico e schematico come può apparire a prima vista. E' indubbio che il fiume rappresenti in prima istanza un'oasi di serenità al riparo dai pericoli del mondo, ma è altresì vero che il diavolo tentatore – il venditore ambulante – che cerca di togliere Julie dal suo piccolo e angusto universo è per molti versi espressione di una vitalità positiva, spregiudicata e irregimentabile che assomiglia assai a quella di père Jules, il quale da parte sua si muove nell'elemento urbano – apparentemente contrario alla sua natura – con una disinvoltura sorprendente. Insomma, i termini antagonisti e conflittuali si elidono e si confondono tra loro, facendo perdere di importanza e di significato ogni intendimento astrattamente didascalico. Del resto, non è stato certo per affermare il valore della vita libera e randagia, in antitesi ai falsi miti della modernità, che Vigo ha girato L'Atalante. Non ci sentiamo quindi per nulla imbarazzati nell'affermare che Jean non ci è per nulla simpatico, chiuso com'è nel suo ottuso e piatto grigiore, e che in realtà l'autentico protagonista morale della storia è père Jules.
Nel disegnare il personaggio di père Jules, Vigo ha certamente avuto presente il precedente renoiriano (del 1932 e anch'esso interpretato dall'istrionico e incontenibile Michel Simon) di Boudu. Il barbone che si introduce con sfacciata ingratitudine nella casa del suo salvatore sconvolgendone il ménage piccolo borghese ha infatti con père Jules numerosissimi punti di contatto, che vanno da una sensualità rozza e selvatica a un eccentrico e sregolato anarchismo, per non parlare delle vere e proprie analogie dirette (père Jules si rade gli arruffati capelli così come Boudu si taglia la sua folta barba da clochard). Al di là di ogni volontà citazionista, risulta chiaro che père Jules è un personaggio autenticamente vigoliano, che incarna, come l'Huguet di Zero de conduite, il vitalistico ed eterodosso libertarismo dell'autore. Vigo dà infatti a père Jules uno spessore umano inusitato, costruendogli con amorevole precisione un universo scenografico a sua esatta immagine e somiglianza. Significazioni metonimiche a parte, la cabina di père Jules è un vero capolavoro di fantasia e visionarietà: tutto l'ambiente è stravagante ed eccessivo, pieno com'è di conchiglie, carillon, cineserie, fonografi, reti da pesca, zanne di elefante, mani mozzate rinchiuse dentro un barattolo di vetro, e cento altri strampalati oggetti del più esotico e bizzarro trovarobato mai visto al cinema. Perfettamente a suo agio in questo spazio, Michel Simon si impadronisce virtuosisticamente del personaggio, sublimandolo con la sua straripante carica fisica ed una stupefacente abilità di improvvisazione: Simon allestisce un numero di marionette, suona la fisarmonica, fuma una sigaretta con l'ombelico, batte giocosamente i pugni sul tavolo, mima i passi di una danza russa e fa tante altre cose ancora, in una performance inarrestabile e assolutamente unica nel suo genere. Quando prova con imbarazzato divertimento la gonna della padrona o gira con gli inseparabili gatti sulla spalla o si esibisce in un finto incontro di lotta libera sulla coperta della barca, Simon raggiunge ineguagliabili vette di comicità, tanto sanguigna e carnale – popolaresca quasi – nel modo di proporsi al pubblico, quanto raffinatissima negli esiti artistici raggiunti (basti pensare alla scena in cui, abbandonato ubriaco sul letto, egli annaspa nella semi-incoscienza, con l'espressione di ebete e vagamente stupita impotenza).
L'esuberante lepidezza e multiformità di un personaggio come père Jules (oscenamente primitivo e innocentemente malizioso, burbero dal cuore gentile, aiutante indisciplinato eppur fedelissimo, e ancora superstizioso, intemperante, permaloso e canagliesco) è il necessario contrappeso alla malinconia e alla tristezza presenti in altre parti del film. Non si può dimenticare facilmente, ad esempio, il senso di angosciosa mestizia, di irreversibile distacco dal proprio passato, che è presente nella sequenza della partenza della chiatta dopo la celebrazione del matrimonio, a cui l'innaturale immobilità delle persone sulla riva e quella luce che si accende in una casa solitaria danno una valenza quasi kafkiana; oppure l'atmosfera di presaga inquietudine della scena in cui Jean cerca la moglie nella nebbia e la ritrova accovacciata in un angolo del battello, prima avvisaglia di quell'insoddisfazione che porterà la giovane ad avventurarsi nottetempo nella metropoli. La costante alternanza di comicità e tragedia, che permette al film di evitare i rischi di una riduttiva monodimensionalità, è spinta fino al punto di far coesistere entrambe le dimensioni all'interno di un unico episodio. La sequenza in cui père Jules e Jean (appena abbandonato da Julie) giocano a dama, è esemplare in tal senso, in quanto Jean, nonostante i maldestri imbrogli di père Jules e il suo comprensibile disinteresse verso la partita, rischia seriamente di vincere, tanto che quest'ultimo per salvarsi in extremis deve costringere il mozzo a scaraventare il gatto sulla scacchiera in modo da mandare tutto all'aria.
Molti critici, anche a motivo di questa mancanza di unità stilistica, hanno parlato di incoerenza narrativa. Ma, a parte il fatto che L'Atalante è stato a suo tempo maltrattato in sede di montaggio e che solo di recente si è potuto ammirarlo nella sua versione integrale restaurata, è evidente che a Vigo non è mai interessata più di tanto la storia in se stessa. Ne L'Atalante mancano infatti una disposizione in scala gerarchica degli episodi, una strutturazione lineare e ordinata dell'impianto narrativo e perfino i tradizionali raccordi invisibili di montaggio, ma ciò è in qualche modo reso indispensabile dal fatto che – come si è già fatto notare in precedenza – sono gli episodi secondari e marginali, e soprattutto le "atmosfere", a ricevere dal regista parigino la massima attenzione. A dispetto della sua naïveté apparente, lo stile di Vigo è in fondo estremamente rigoroso e innovativo. La sua macchina da presa, ad esempio, è sovente collocata in posizioni inconsuete, verticale sopra la scena oppure a livello del terreno (come quando Jean avanza a gattoni verso la cinepresa o nella sequenza della chiatta che attracca al molo, con la bitta in primo piano), in uno sforzo continuo e inesausto di creare prospettive di grande suggestione ed originalità estetica. L'ansia di innovare anche formalmente l'arte cinematografica non rende tuttavia Vigo insensibile alla tradizione filmica del passato decennio. Anzi, in alcune plastiche immagini (ad esempio, la donna che saluta dalla riva insieme al figlioletto, entrambi ripresi dal basso verso l'alto con una illuminazione di taglio) si sente l'influenza di Ejzenstejn e della scuola russa. Gran parte del merito va sicuramente attribuito all'operatore Boris Kaufman, fratello di Dziga Vertov, che ha lavorato moltissimo sulla luce, raggiungendo esiti egregi soprattutto nella difficile scena sott'acqua, fotografata in maniera perfetta. Anche l'apporto dell'altro collaboratore abituale di Vigo, il musicista Maurice Jaubert, risulta fondamentale nell'economia del film. Oltre a scrivere una serie di motivi indimenticabili (spesso suonati in scena da una fisarmonica o da un vecchio disco), Jaubert prosegue in quella stimolante opera di sperimentazione musicale iniziata nel film precedente. Mentre in Zero de conduite Vigo e Jaubert avevano, nella scena dei cuscini, montato al contrario la musica per accentuare il lato onirico e surreale della sequenza, ne L'Atalante, nella scena parallela dell'insonnia dei due amanti lontani, essi sovrappongono abilmente due temi musicali distinti, creando un'atmosfera riuscitissima di lirico struggimento.
Anche prescindendo dagli specifici aspetti tecnici, l'importanza de L'Atalante nella storia del cinema non può essere messa in discussione, come dimostrano le numerose citazioni, dirette e indirette, che il film ha avuto nel corso degli anni. Persino due registi dallo stile inconfondibilmente personale come Tarkovskij e Fellini hanno subito, forse in maniera inconscia, l'influenza di Jean Vigo: il personaggio del Matto ne La strada sembra infatti modellato su quello del venditore ambulante impersonato da Margheritis, mentre la scena de L'infanzia di Ivan in cui il fanciullo vede (o meglio, sogna di vedere) una stella in fondo al pozzo e allunga le mani verso l'acqua per toccarla ricalca quella, più volte citata in queste pagine, dell'immersione di Jean nelle acque del fiume per rintracciare il volto di Julie. Ma, senza bisogno di andare così lontano nel tempo, a testimonianza dell'affetto che anche le giovani generazioni di registi mostrano di possedere nei confronti di Jean Vigo è sufficiente ricordare il più recente Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax, nel quale la chiatta che raccoglie i due protagonisti dalle fredde acque della Senna ricorda quella che conduce Jean e Julie verso un avvenire ignoto e rischioso, ma pieno di amore e di libertà, vale a dire i due ideali per i quali Vigo ha combattuto nella sua breve vita con fede cieca e disperata.

vieste84  @  20/10/2013 19:50:40
   6 / 10
Eccessivamente lento, a parte la strafamosissima scena citata da tutti per me è stato difficile arrivare alla fine. Do il 6 solo per le atmosfere e sia perchè è un capolavoro del realismo poetico e del cinema, per me cmq Marcel Carnè è stato di un altro livello.....

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  19/10/2012 21:45:38
   8 / 10
ATALANTE appartiene al periodo del realismo poetico francese dove la scena che più si ricorda è quella surrealista dove lo sposo si tuffa in acqua per rivedere la sua amata.
Michel Simon è semplicemente un grande caratterista, il suo è un personaggio è un pazzerello bonaccione, ottimista, sempre con il sorriso stampato in faccia, decisamente buffo (con tutti quei gatti!) che nel far ridere nasconde una certa drammaticità: il protagonista ha una personalità multipla, sa essere allo stesso tempo sia un uomo che una donna, un bambino e un adulto, un amico e un amante,..egli non ha limiti, finchè non finisce in una lotta contro se stesso. Volontariamente egli è l'incarnazione surrealista di un Vigo anarchico e instintivo.

Ma questo film è un capolavoro grazie alla profonda analisi di quella che è la passione, resa visibile dal triangolo amoroso fra il personaggio di Simon, la donna in cerca di un'avventura e suo marito che è estremamente geloso. L'opposizione tra i sessi porta a un rigoroso confronto a livello spiritico, erotico, emotivo, fisico, e la genialità del regista è stata anche quella di inserire la storia d'amore in un racconto d'avventura, sollevando un ritmo e un tono molto più coinvolgenti ed espressivi.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  08/12/2011 16:54:10
   10 / 10
Jean Vigo, la rabbia giovane e sperimentalista, la visione sensuale del sentimento, ma direi soprattutto la ricerca surreale di una libertà reale. Si percepiva in "Zero in condotta" una volontà impetuosa, un'intolleranza radicale ad ogni forma di prevaricazione, compresa quella ammiccante dell'insegnamento. Ritorna in "L'atalante" lo stesso germe sovversivo, lo stesso desiderio di scardinare bigottismi, lo stesso gusto dello scandalo. Erano anni in cui mostrare la sessualità al cinema costituiva un gesto magari effettistico, ma estremamente coraggioso, diciamo pure incosciente. Quella fra Jean e Juliette è una storia d'amore erotico e tenero, cadenzato da reazioni di stizza infantile come da slanci di fulminea poesia.
La ricerca nell'acqua dell'immagine della donna amata è una sequenza di inarrivabile suggestione, così vagamente ironica e spudoratamente lirica.

Invia una mail all'autore del commento Jason XI  @  19/06/2011 16:14:32
   9½ / 10
Film "avanti" di Vigo che probabilmente all'epoca, oltretutto malato" non si rese conto di cosa stava creando. Manifesto di tutto il cinema seguente.....
Devastante Michel Simon.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  24/05/2010 15:41:27
   9½ / 10
Mi capitava di notte di vedere la sigla di Fuori orario e rimanevo puntualmente incantata da quella sequenza in cui un uomo sott'acqua, a occhi spalancati, sembra cercare disperatamente qualcosa.
Nella mia scarsa conoscenza cinematografica, non sapevo a quale film appartenesse, ma ogni volta pensavo che avrei voluto vederlo, tanto mi catturava.
E' stato bellissimo scoprirlo!
L'Atalante è un film che emana una luce particolare, sembra sia come illuminato da dentro, e unisce un candore e una sensualità come raramente si danno assieme.
E' un intero mondo di emozioni che si susseguono e si sciolgono in un abbraccio finale, palpitante gioia come tra bimbi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 04/06/2010 17.34.37
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Libss  @  02/04/2010 10:25:41
   8½ / 10
Ghezzi lo considera il capolavoro assoluto della storia della settima arte: è un film poetico sull'amore geniale e all'avanguardia, ma non mancano difetti e fragilità. Grandi interpretazioni e una fotografia da manuale di Boris Kaufman, fratello di Dziga Vertov.

Dr.Orgasmatron  @  26/09/2009 03:05:05
   9½ / 10
Una sorta di viaggio da godersi in prima classe. L'Atalante di Vigo, uscito poco prima del suo decesso, possiede tutte le caratteristiche del capolavoro e va in netta controtendenza rispetto ai film francesi del tempo. Contornato anche da un sensibile erotismo e da una lieve trasgressione, l'opera regala un'ottima storia d'amore (siamo in stile "Aurora" di Murnau) e momenti di vera e pura arte onirica. Un "trip"

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  28/08/2009 19:38:36
   9½ / 10
Quante fatiche e sofferenze per poter ripagare un pulpito, per guardare ancora ad occhi aperti sott’acqua e non ritrovarvi il buio, e lasciarsi trasportare dalle onde dell’anima senza indugiare. Chi è colei, che come la dama di un carillon sembra danzare nell’alcova dell’abisso? E’ la sua amata? No, è l’amore in persona.
E il cercarsi tra le trasparenze del sogno diviene canto universale; lungo i canali, attraverso quei fremiti, quegli abbracci, i giochi di Jules, le musiche del grammofono, a bordo dell’Atalante, lasciarvisi dolcemente cullare.

bulldog  @  16/07/2009 16:50:41
   6½ / 10
Sopravvalutato film di Vigo.

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Ultima risposta 19/06/2011 16.17.53
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pinhead88  @  14/06/2009 02:39:03
   8 / 10
un film che non risente affatto del passare del tempo.poetico e moderno nella sua semplicità.uno di quei piccoli capolavori da rispolverare.

gabbo  @  07/01/2009 17:50:46
   7 / 10
Il film non mi è sembrato un grandissimo capolavoro. Alcune scene sono davvero fatte bene. Il marinaio fa scassare, ma per il resto non mi sembra all'altezza di chaplin o altri.

1 risposta al commento
Ultima risposta 07/01/2009 18.05.30
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  04/10/2008 19:06:01
   9 / 10
Ecco cos' era quella sequenza che ho visto milioni di volte alla notte su Rai3, pensavo fosse stata estrapolata da qualche corto di vecchia data, e invece scopro trattasi di uno dei picchi surrealisti. Vigo, con Carnè, è stato il massimo rappresentate del cosidetto "realismo poetico". Avevo dei dubbi riguardo il surrealismo, nella specifica individuazione di tale corrente, ma questa pellicola te li toglie uno ad uno. Una storia semplicissima raccontata in un modo affascinante; non c'è una inquadratura che non sia memorabile o illuminata in maniera particolare, o la composizione dell' inquadratura, la recitazione degli attori..è tutto così surreale, pur raccontando la quotidianità di due novelli sposi, sembra tutto così realistico.

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Ultima risposta 07/10/2008 22.15.37
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xxxgabryxxx0840  @  03/10/2008 12:08:23
   9 / 10
Film che trasuda di poesia, sogno e amore, diretto da un Vigo eccellente sotto tutti i punti di vista. Un'esperienza indimenticabile consigliata a chiunque ami il vero cinema

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  01/08/2008 23:46:44
   10 / 10
Da rimanere senza parole. Si attraversano molteplici ed intensi stati d'animo a vedere questo film: commozione, poesia, momenti onirici e bizzari di una pellicola che, al contrario di molte altre non invecchierà mai. Lascia stupefatti anche la recitazione degli attori: film sonoro con espressività e mimica facciale da film muto. Solo Chaplin riusciva a fare tanto.

youthgonewild  @  11/06/2008 21:46:00
   10 / 10
Ho visto finalmente l'opera ultima di Jean Vigo, ed è veramente l'apoteosi dell'immagine, la poesia allo stato puro credetemi;
Una storia d'amore dell'epoca romantica tenera ingenua, corredata da una tecnica dell'immagine surreale.
Vigo è davvero un poeta, insuperabile.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  05/03/2008 10:32:20
   9 / 10
Film visivamente straordinario, che si colloca tra i capisaldi del cinema onirico-surreale, di cui ne costituisce l'archetipo. Una storia d'amore molto semplice, ma raccontata con grande eleganza e poesia, ma soprattutto con quell'incantevole tocco visionario che ha reso questa pellicola celeberrima. E' quasi superfluo stare a rimarcare la bellezza della sequenza del tuffo (omaggiata da Ghezzi nella sua fortunata trasmissione "Fuori Orario"), in cui l'affranto amante rivede la moglie danzante sotto le acque, o quella del sogno in cui i due sposini si cercano disperatamente. A dir poco magica la fotografia del russo Boris Kaufman, la quale riesce ad ammantare questa indimenticabile storia d'amore di una poesia e di una dolcezza al tempo stesso leggiadre e potenti. Tra tutti i personaggi, spicca il burbero ma paterno Pere Jules: personaggio esternamente rozzo, ma dotato di una profonda bontà. Il marinaio Jules può essere considerato il fulcro di tutta la storia: egli rappresenta il contraltare allo sfolgorio delle luccicanti, ma al tempo stesso ingannevoli, attrazioni della città. E sarà Jules, alla fine, che riporterà l'armonia sulla nave.
Il messaggio de "L'Atalante" è molto chiaro e semplice: la nave chiatta è il luogo familiare depositario dei valori morali più puri, contrapposto al degrado e alla dissolutezza delle città, foriere di perigli e falsi valori.
Bellissima anche l'immagine di una famiglia non fondata sui rapporti di sangue, ma non per questo meno nobile di quella tradizionale.
Un mese dopo l'uscita del film, Jean Vigò decedette a causa della tubercolosi. Nonostante la malattia, egli riuscì comunque a portare a compimento e a consegnarci una delle opere più importanti della cinematografia mondiale.

vitocortesi  @  04/03/2008 11:35:17
   10 / 10
Non amo molto il cinema francese ma questo film è perfetto.La storia è molto semplice ma viene rappresentata in modo sublime la mimica facciale degli attori
e dell'attrice è da film muto con una tale espressività nel rappresentare gli stati d'animo che sembra di viverli in prima persona.Alcune sequenze sono memorabili tra tutte quella in acqua quando il ragazzo dopo essersi tuffato vede la giovane sposa.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  19/02/2008 22:16:22
   10 / 10
E’ da due giorni che rifletto su questo film. Posso ora dire che per me si tratta di un capolavoro. Il suo segreto sta nella semplicità e nella poeticità della storia e dei personaggi mostrati. E’ qualcosa che colpisce per la naturalezza dei sentimenti e dei comportamenti, per il fascino visivo delle scene e delle immagini. C’è tanta tanta spontaneità, tanta emozione, tanta bellezza, tanto amore per la vita e per le piccole/grandi persone semplici, preziosissime anche se modeste. E’ come se Vigo, sentendo andare via la propria vita, avesse voluto lasciare una grande testimonianza di affetto per questa impareggiabile esperienza e avesse cercato di farci scoprire i piccoli/grandi tesori che la vita nasconde anche nelle cose più umili.
Sono tre gli aspetti che Vigo esalta in quest’opera: la gioventù/bellezza/entusiasmo/gioia dei sensi, la ricchezza etica e interiore che dà il vivere con pienezza/varietà e il grande potere dell’arte nel farci vivere meglio. Il primo aspetto è rappresentato dai due protagonisti: Jean e Juliette. Sono giovani e belli; Jean è spesso a torso nudo, spesso viene mostrata anche la splendida silouhette di Juliette. Tutto intorno a loro è bellezza e semplicità. Vediamo il loro informale corteo nuziale che attraversa paesetti, campi, prati e infine approda alla chiatta sul canale, simbolo di vita girovaga e varia, di anticonformismo. La scena di Juliette vestita da sposa che cammina sull’Atalante rimane impressa nella memoria per la sua bellezza visiva. I loro abbracci sono molto sensuali pur essendo molto pudici, proprio perché sono spontanei e naturali. C’è tanta fantasia, tanta poesia delle piccole cose come nel gioco dello stare a occhi aperti sott’acqua per vedere apparire la persona amata. Come si fa a dimenticare la scena della nuotata ad occhi aperti di Jean per “cercare” l’immagine di Juliette? Una scena esemplare che dimostra come l’intento di Vigo è di smuovere il nostro animo con la forza poetica e emotiva dei sentimenti. Certo non è tutto rose e fiori. Il mondo esterno ci mette il suo zampino con la durezza del vivere (il lavoro di Jean) e con i mille richiami delle apparenze (che incantano Juliette). L’incomprensione, l’egoismo, la gelosia rischiano di rovinare il loro rapporto. Ma è proprio l’assenza dell’amato che fa comprendere quanto questo sia necessario e come l’amore per la persona cara sia la cosa più preziosa al mondo, che va trattata con cura, pazienza e tolleranza.
Accanto alla bellezza c’è anche la bruttezza fisica accompagnata però dalla pienezza e dall’esperienza del vivere e da un animo buono e nobile. Père Jules è la figura più interessante e ricca di significato del film. Rappresenta l’ideale etico di Vigo. Infatti a fronte dell’ideale borghese dell’uomo di successo rappresentato da chi ha soldi e sfoggia oggetti materiali, Vigo contrappone il suo ideale di uomo povero e modesto ma ricco di esperienza, che ha provato tutto, ha vissuto il più intensamente possibile, il libero anticonformista che “sfoggia” sul suo corpo la sua ricchezza di vita. Ma è l’animo, l’interiorità la parte più bella del “rude” e brusco Jules. Ama la natura (la passione per i gatti), ma soprattutto la musica. Ed ecco qui l’altro affascinante messaggio del film: la magia e il fascino dell’arte che riesce a rendere la vita più bella e più vivace. Il personaggio del venditore ambulante è un altro “polo etico” del mondo di Vigo: affascina, diverte, porta pericolo ma anche piacere; sovverte e spezza le catene che imprigionano la libera espressione interiore umana. E’ qualcosa di molto potente e “pericoloso”, non a caso viene scacciato dal locale “serio”. Poi c’è la musica, il grande balsamo del vivere, la cura per i mali interiori, la magia che fa ritrovare i due amanti, il regalo di Jules al mondo. C’è una scena molto particolare verso la fine, quando Père Jules esce sulla chiatta con il grammofono in mano (dopo essere riuscito a farlo funzionare miracolosamente), seguito a mo’ di processione laica da Jean e dal mozzo; questa scena ricorda moltissimo i film di Fellini, altro grande “debitore” del cinema di Vigo. Fellini ha portato alle estreme conseguenze il concetto di poeticità del vivere, presente già nell’Atalante.
Peccato peccato davvero che questo sia stato l’ultimo film di Vigo …

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Ultima risposta 19/02/2008 22.46.16
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onda  @  18/02/2008 19:38:47
   9 / 10
All'epoca era troppo all'avanguardia per essere compreso. Una storia universale sulle difficoltà dell'amore, intrisa di erotismo e in bilico tra realtà e sogno.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  29/12/2007 00:55:11
   10 / 10
"La compagn c'est bien lain d'la ville..."


Per la prima volta nella vita ho visto il "maledetto" film di Vigo, e sono rimasto letteralmente folgorato: un'esperienza visiva che non avrebbe praticamente eguali nella mia memoria, visto che - pur influenzato dal surrealismo e dall'avanguardia, dal dadaismo e da tante altre esperienze artistiche dell'epoca - vanta una "modernità formale" che lascia letteralmente impotenti, commossi e sconvolti.
Ricchissimo di sequenze memorabili: Vigo dà sfoggio della sua caratura nell'ipercitata sequenza del tuffo, dove il neo-sposo vede l'immagine sorridente della sua amata, in un amplesso gioioso e insieme disperato alla ricerca dell'amore assoluto, che è il perno di questo film, l'amore per l'immagine, i personaggi, il cinema stesso.
E ancora, l'abbraccio dei due sposi e uno stacco che porta a un lungo campo che filma la chiatta dall'alto, nell'epilogo.
O il fortissimo eros della sequenza dei due corpi separati, ciascuno nei rispettivi letti e così lontani. corpi che si cercano, si accarezzano, in una sorta di empatia sessuale/affettiva temporale davvero struggente.
Nella stanza del burbero Jules c'è tutto un mondo che chiede espressivamente di sopravvivere alla memoria e al senso ludico della propria esperienza vitale.
I tanti omaggi tributati al film anche di recente (v. Gli amanti di Point Neuf di Carax, v. Lezioni di piano della Champion, o "Respiro" del nostro Crialese) nulla possono davanti a un'esperienza di vita tanto superba, arricchita dal trionfo di una musica festosa o romantica (da Bixio a Jaubert), sopraffatta dalla grottesca mimica di un Michel Simon dalle movenze scimmiesche, superbo prototipo (anche ideologico) di un'anarchica simbiosi con l'essenza totale con la propria, libera esistenza

Mizoguchi  @  28/10/2007 20:10:14
   10 / 10
quasi in preveggenza della morte in giovane età, Vigo gira uno dei film più emblematici della storia del cinema.
La camera è mobilissima, la fotografia (del grande Boris Kaufman, fratello di Vertov) è post moderna e intervalla scheletri industriali, trasperenze aquatiche e accoglienti angoli d'imbarcazione dove ci si muove più in verticale che in orizzontale.
La storia è incredibilmente universale ed è pregna di "paura e desiderio", l'amore, l'erotismo (davvero sfrenato pensando all'epoca, ma non solo), la frustrazione, la gelosia, l'attrazione per l'ignoto.
Michel Simon/Pére Jules si conferma uno dei più grandi attori francesi di sempre.

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Ultima risposta 28/10/2007 22.27.53
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Andre85  @  19/09/2007 18:04:31
   9½ / 10
tra le più belle storie d'amore di sempre

La giovane sposa subisce passivamente l'amore del marito, comandante del Atalante che la custodisce gelosamente nella sua chiatta cercando di farle dimenticare il mondo reale, la riva.
Proprio la riva sarà causa di una focosa passione tra la moglie e un marinaio passeggero, che senza forzarla le farà fare un insospettabile virata nella sua vitaanche se momentanea.

Bellissimo il personaggio del veccio marinaio Jean che riempie i momenti vuoti

Le sequenze subacque sono da sempre un simbolo del cinema, oniriche e visionarie (vedi anche quel matto di ghezzi)

Dick  @  23/07/2007 21:58:50
   9½ / 10
Film toccante e petico che si basa su un tema semplice che è anche uno dei più importanti dove vengono mescolati magistralmente i diversi sentimenti dell' animo umano.
Belle e ormai memorabili credo le scene dove

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Ultima risposta 30/09/2008 12.23.05
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mister_snifff  @  06/11/2006 02:41:45
   9 / 10
film con una trama poverissima, ma in compenso davvero magico e visionario... tutto immagini, suoni e sensazioni!

1 risposta al commento
Ultima risposta 23/07/2007 22.05.05
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Invia una mail all'autore del commento Drughetto  @  17/06/2005 19:13:40
   9 / 10
nn potevo nn vedere il mitico film che fa da sigla all'altrettanto mitica trasmissione del miticissimo Enrico Ghezzi.. cmq al di là del rapporto poco oggettivo che ho con sto film c'è da dire che è veramente stupefacente, bellissima la scena in acqua. da nn credere che sia stato girato nel '34 .

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