la pelle che abito regia di Pedro Almodovar SPAGNA 2011
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la pelle che abito (2011)

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locandina del film LA PELLE CHE ABITO

Titolo Originale: LA PIEL QUE HABITO

RegiaPedro Almodovar

InterpretiAntonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Blanca Suárez, Eduard Fernández, Fernando Cayo, José Luis Gomez, Jan Cornet, Bárbara Lennie, Isabel Blanco

Durata: h 2.00
NazionalitàSPAGNA 2011
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 2011

•  Altri film di Pedro Almodovar

Trama del film La pelle che abito

Il chirurgo plastico Ledgard (Antonio Banderas) ha perso la moglie in un incendio causato da un incidente stradale e dedica 12 anni a sperimentare un tipo di pelle sintetica che avrebbe potuto salvarla. Per raggiungere il suo scopo non si fa scrupoli nel superare il limite etico della transgenesi, anche se questo questo non sarŕ il suo unico crimine.

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Voto Visitatori:   6,90 / 10 (113 voti)6,90Grafico
Voto Recensore:   6,00 / 10  6,00
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Voti e commenti su La pelle che abito, 113 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento Gondrano  @  12/11/2012 12:37:24
   8 / 10
Un Almodovar meno emozionato/emozionante e più asettico rispetto al suo standard, ma pur sempre travolgente.
Qui non c'è un solo giro a vuoto, tutto scorre magnificamente.
Bravi gli attori, bellissima la Anaya, mitico il "cameo" di Tiger.
Devo dire che il colpo di scena dell'identità svelata mi ha trovato ingenuamente impreparato, ed anche se visto a posteriori poteva essere prevedibilissimo per me è stato un buo valore aggiunto.

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Ultima risposta 04/12/2012 12.37.03
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  26/06/2012 14:51:39
   8 / 10
Il corso che ha intrapreso l'ultimo Almodovar mi piace molto, certo di più di quello della giovinezza da molti (troppo?) osannato.
Non credo di esagerare a dispetto del parere di molti se inerisco La Pelle che Abito tra i migliori del regista spagnolo. In termini di gradimento credo sia superato di poco da Volver e Legami, certamente da Parla con Lei che rimane insuperato tutt'ora. Ed è proprio con Legami e ad una sorta di parallelo tra le due opere che si può capire quanto sia cambiato il cinema di don Pedro dopo la flessione per buona parte dei '90.
Legami era la storia di uno psicopatico ossessionato dall'amore per un'attrice, l'amor fou neanche tanto velatamente surrealista inserito in una cornice di "normalità". Il "normale", nel cinema dello spagnolo, riguarda sempre la struttura: sia essa quasi sempre mèlo, a volte con toni da commedia oppure commedia vera e propria, riesce a normalizzare la diversità rendendola parte del quotidiano; forse per questo alcuni si approcciano al suo cinema senza capirlo, peggio ancora poi quando cercano di rendere generiche le storie (amorali) che racconta con una maestria oggi ai limiti del virtuosismo, pieno di flashback e salti in avanti repentini e "tecnicistici".
La Pelle che Abito condivide con Legami il protagonista Banderas, ritrovato dopo anni e che sfodera una bella prova che ci fa ricordare che dietro le maschere degli Zorro o del belloccio affibbiatagli dal cinema USA si nasconde(va) un attore di tutto rispetto. Personaggio rassicurante il suo, reso crudele da un sentimento di vendetta e che non ci spaventa neanche quando inizialmente lo scopriamo freddo, enigmatico, autoritario in una casa esteticamente livellata come lo stesso film, come lo stesso lavoro da chirurgo che sta alla base della vicenda. Almodovar è il Ledgard del suo film.
In tal senso questa sua ultima fatica si distanzia molto da tutto ciò che ha fatto in precedenza. Non ricordo nel suo cinema toni tanto pesanti, cosi comicamente angosciosi, con un'ironia che non spiazza più facendo ridere ma rendendo il tutto ancora più coerente con la storia raccontata. è una cornice thriller in tutto e per tutto, non si ride mai.

Al centro, il tema principale della pelle e l'ossessione (carnale); il titolo meraviglioso calza esattamente come quella pelle inventata da Ledgard, pelle che diventa prigione: sua e della sua vittima/carnefice incosciente di un dramma in cui l'ambiguità la fa da padrone.
Si dovrebbe e potrebbe ridere, dopo tutto, dell'ironico cinismo di uno sciupafemmine evirato a forza e reso il suo contrario, ma il tono greve lo impedisce. E mai, neanche quando l'uomo "tigre" assale la fortezza del novello dottor Frankenstein si alleggerisce l'atmosfera ma contribuisce ad acuirne la pesantezza.

La sensazione è che un film tanto "calzante" (il termine non è scelto a caso) sia il preludio, dopo il minore sugli abbracci spezzati, a film che ci potranno regalare soddisfazioni enormi.
Peccato che molti non abbiamo apprezzato la (troppo brusca?) virata del cinema di Almodovar, appunto dopo un lavoro che girava fin troppo sui temi del suo cinema.
La Pelle che Abito a tratti sembra, negli stacchi da flashback, nel finale da melodramma, nelle grottesche situazioni e nei titoli di testa, parodia ed iperbole dello stesso cinema di Almodovar. Forse è cosi. Forse la sicurezza di poter "lavorare" sull'estetica dei suoi lavori, sulla loro pelle, giocando con altri generi, ha dato una consapevolezza allo spagnolo che prima non aveva. Vedremo se saprà sfruttarla visto che ci ha abituato a sorprenderci.

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Ultima risposta 27/06/2012 16.51.17
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Theo  @  17/11/2011 20:49:32
   5 / 10
Un film che disturba e che zoppica durante la narrazione.
Almodovar cerca di incastrare più trame in modo confusionario,facendo annoiare lo spettatore.
Banderas fa ridere i polli.

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Ultima risposta 30/12/2011 17.45.24
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LaurettaKoizumi  @  12/10/2011 17:29:56
   7 / 10
Un consiglio da una nuova utente di questo sito (che già adorooo!!): leggete BENE la trama prima di vedere "La pelle che abito".
Ci è stato propinato come un film "sulla chirurgia estetica" e "sull'appartenenza al proprio corpo" , ma ho letto su giornali e riviste ben pochi articoli inerenti alla FOLLIA di questo film: sesso e stupri come pop-corn, uomini crudeli e violenti; non se ne salva uno!
Incentrato su una vicenda che può affascinare, disgustare, sorprendere o fare tutte queste cose insieme. E mentre la spirale di pazzia continua senza pietà, almeno il finale è meritevole, anche se la battuta finale poco soddisfacente e un po'... "ridicola". Nota di gran merito per la fotografia, la scenografia, la musica e anche per la bellezza sconvolgente di Elena Anaya.

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Ultima risposta 12/10/2011 17.52.23
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-Uskebasi-  @  07/10/2011 15:13:43
   7½ / 10
COMMENTO SPOILEROSO

Non so se sia cosa buona o cattiva, ma quando ho visto il trailer del film ho pensato in ogni fotogramma: "Questo è un film italiano." Sensazione che non mi era mai capitata con un prodotto straniero.
E' il primo film che vedo di Almodóvar, e non me lo immaginavo così morboso, per non dire malato e grottesco. E' chiaro che "La pelle che abito" nasce dall'essenza del regista, da un messaggio riferito a se stesso per spiegare forse come ci si sente. Lui, che è una donna costretta ad abitare nella pelle di un uomo, nel film crea questa situazione ribaltando i sessi, probabilmente per far avere un impatto ancora più forte nell'uomo con forti pregiudizi. Il risultato è un film piacevole che si mantiene sempre su livelli discreti, ad eccezione dei minuti dell'uomo tigre, o meglio, di Tigrinho. Il presunto colpo di scena in realtà non esiste per 2 motivi. Il primo è che è molto prevedibile nel momento in cui inizia il flashback di Vicente; il secondo è perchè non voleva nemmeno essere un colpo di scena, infatti Almodóvar lo inserisce gradualmente rivelandolo tra l'altro molto presto, e da qui bisogna scegliere tra altre 2 considerazioni. La prima è che Almodóvar non sia capace a fare un colpo di scena; la seconda è che non lo voleva fare, ma voleva farci vivere la sofferta trasformazione di Vicente in Vera il più a lungo possibile, entrando in empatia con il personaggio. Io sono per questa seconda ipotesi.
Più che un thriller direi che è fantascienza, e Banderas più che un chirurgo è un taumaturgo.

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Ultima risposta 23/10/2011 13.49.54
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  07/10/2011 13:26:33
   7½ / 10
Lodevole incursione di Almodovar nel genere Thriller con il ritorno del suo attore feticcio,quel Banderas con cui ha condiviso gli inizi della carriera Spagnola,quella piu' trasgressiva...
Film coinvolgente che appassiona anche grazie al sapiente uso del montaggio che mescola le fasi temporali della vicenda e che ci porta su sentieri sorprendenti...Anche se qualche indizio veniva gia' fornito allo spettatore visto che...

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Il personaggio del figlio/galeotto lo avrei completamente eliminato dalla sceneggiatura...

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Ultima risposta 09/10/2011 00.59.12
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  06/10/2011 14:58:35
   6 / 10
Se "la pelle che abito" delude, non č per le diversitŕ rispetto ai precedenti capolavori di Almodovar. Anzi la voglia di mutare (ancora) pelle č positiva, mentre la poetica resta. "La pelle che abito" č una variazione su temi giŕ sviscerati in tanti film del passato (cambia la confezione, il modo di proporli): tuttavia Almodovar, secondo me, stavolta non riesce ad appassionare. Un film puň certo essere magnifico e algido al contempo. La critica che gli muovo non č che, per distacco e freddezza, semplicemente non appassioni. Il problema č che, a una trama inverosimile, senza passione, č piů complicato credere. E perciň anche aderirvi, esserne sedotti. Ne "la pelle che abito" tutto si poggia, come sempre nel suo cinema, su una trama inverosimile e paradossale. Trame del genere funzionano finché regge la volontŕ dello spettatore di sospendere la propria incredulitŕ. E ciň succede finché ci si appassiona; non succede, se manca il coinvolgimento.
Perché manca? Il solo personaggio del quale č possibile condividere i sentimenti (lo chiamerň "la vittima") emerge tardi, restando solo abbozzato. Bidimensionale. Come del resto č monolitico l'algido chirurgo interpretato da Banderas.

"La pelle che abito" č un film al maschile. Esistono due tipologie di film, nella filmografia di Almodovar. Quelli con protagonisti maschili, che sono tragedie; e quelli con protagoniste femminili, che sono melň. I capolavori appartengono tutti alla seconda categoria (Donne sull'orlo di una crisi di nervi, Tutto su mia madre, Parla con lei [film di uomini con sensibilitŕ femminili], Volver).
Esempi di film prevalentemente al maschile sono: La legge del desiderio, Carne tremula, La mala educacion. Sono tragedie perché gli uomini secondo Pedro, pur meschini, soffrono e hanno bisogno di essere amati, e si esprimono attraverso la possessivitŕ e il ricatto, e quasi sempre fanno una brutta fine.
Nel parlare di uomini, Almodovar č meno sensibile e piů brutale.

Ne "la pelle che abito", grazie alla "mutazione" subita dalla "vittima", il tema dell'amore possessivo (il primo a essere mostrato) risulta innestato sul tema della vendetta (quest'ultimo, peraltro, ci č parso abbastanza banale). L'innesto pare un po' forzato, artificioso; per giunta non svela altro sulla natura umana fuorché dove possa spingersi la perversione di un folle.

Colpisce che il protagonista prova per la sua "vittima" attrazione fisica solo dopo un dato momento. Dopo l'iniziale rifiuto delle avance della vittima, infatti, a innescare la libido del chirurgo č l'atto di violenza compiuto dall'uomo tigre. Ciň (forse) spiega l'intero episodio dell'uomo tigre (posticcio, per il resto). E' come se per Almodovar la passione dell'uomo si potesse scatenare solo attraverso la violenza e la sopraffazione. Come se per relazionarsi all'oggetto del desiderio lo stupro sia inevitabile, e, insieme, un catalizzatore per la passionalitŕ di altri maschi.
Tesi interessante, anche se suscita perplessitŕ: comunque giŕ sostenuta da Almodovar altrove, e senz'altro con maggior fascino.

A margine: i dialoghi sono a volte didascalici o banali (puň essere solo colpa di un doppiaggio pessimo?). Viene il sospetto che Almodovar abbia voluto ostentare una messinscena, raffinata, che fa il verso a modi da cinema di serie b. Un po' come in "Kika".

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Ultima risposta 18/10/2012 15.59.56
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  05/10/2011 01:10:20
   7½ / 10
Doveroso, credo, per tutti gli spettatori di questo film ripescare una vecchia pellicola degli anni 50", "Occhi senza volto", che non ho visto ma di cui ho sempre sentìto parlare (e piuttosto bene), che Almodovar confessa di aver visto. Lui non cita Mary Shelley o Stevenson, forse perchè sono modelli troppo evidenti, riferimenti troppo espliciti o magari troppo facili. Dunque, Almodovar è ancora al suo posto, gira sempre divinamente, e occorre riconoscergli una buona dose di coraggio. Nel suo film più estremo indica una transizione splendida verso un "nuovo corso" del suo cinema che quasi sicuramente avrà - magari nel prossimo film - la grandezza del Capolavoro. "La pelle che abito" ha una cornice stupenda. Il personaggio principale - un Banderas come non si vedeva da anni - è un pò angelo e un pò demonio, e risulta così ehm rassicurante nella sua lucida follia.
Il rapporto tra il medico e la sua "creatura" (plasmata a immagine dell'amata... moglie/morte) mi ha ricordato per certi versi un film lontanissimo come "Tristana" di Bunuel.
Trovo straordinaria questa capacità di Almodovar di mischiare le carte, di adattarsi ad ogni situazione, di rendere tangibile e ironico qualcosa di raccapricciante (la transgenesi si compie nel corpo di un'ossessivo donnaiolo!).
La prima parte è letteralmente splendida, ti trasporta in un vortice filosofico-letterario degno di Bourges (e nonostante un personaggio troppo sopra le righe vestito da carnevale), la seconda invero è alquanto straboccante, e paga lo scotto di una vendetta servita non a sangue freddo.
Avrei voluto essere ancora più magnanimo perchè il passaggio dalla vendetta al desiderio, dall'odio alla sopravvivenza, nella mutazione, di un corpo estinto - ben distante cmq. dal Vital di Tsukamoto e affini - è davvero sorprendente.
Ma resta un buon film, capace come pochi di riportare un pò di rosso sangue all'anemica vitalità del nuovo cinema europeo

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Ultima risposta 06/10/2011 02.36.06
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  03/10/2011 21:20:22
   7½ / 10
Il mio giudizio s'è formato in due tempi.
A onor del vero il trailer faceva pregustare una pellicola dai ritmi serrati, drammatica e dura, e questa aspettativa m'aveva un po' portato fuori pista, durante la visione quasi a filo di delusione: ma come, perfino la colonna sonora era di tutt'altro segno!
Successivamente, a rilettura, ho preso atto che anche questo è un film stile Almodovar in tutto e per tutto, seppur ripulito dagli eccessi barocchi più spinti, per cui gira gira sempre di identità e di sentimenti e perfino sentimentalismi stiamo a parlare, anche se presentati in confezione inusuale.
Perciò è bello e controverso che abbia girato praticamente un thriller su un'ipotesi medica ancora (circa) fantascientifica, anche se poi A. lo usa più come pretesto per riprendere a raccontare quello che più gli sta a cuore, tanto che nemmeno si cura molto di dare spessore ai suoi personaggi, che rimangono poco interessanti nonostante la solita presenza di intrecci aggrovigliati tra passato e presente, sempre tanto cari al regista.
Da questo punto di vista le manchevolezze sono più d'una e non si può dire che ci sia qualche originalità rivoluzionaria a compensarle.
Però è bello, perché comunque quello sguardo, e chi lo ha visto sa di cosa parlo, ha qualcosa di toccante,


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Solo un'estrema sensibilità poteva riuscire a confonderci così profondamente e in modo tanto leggiadro allo stesso tempo.

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Ultima risposta 01/02/2012 15.44.34
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TheLegend  @  01/10/2011 18:23:10
   6 / 10
Vorrebbe disturbare ma non ci riesce pienamente,vorrebbe colpire lo spettatore con un colpo di scena finale ma non fa altro che far storcere il naso.
Un film che non sembra minimamente di Almodovar e che risulta troppo freddo e ragionato.

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Ultima risposta 04/10/2011 14.23.14
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  29/09/2011 15:40:32
   8 / 10
L’ossessione di vendetta si trasforma subdolamente in passione, come energia negativa senza la quale la vita non ha più senso; ed insieme alla pelle sintetica prende la forma dell’amore, come incapacità dell’uomo di restare solo.
Così ancora una volta Almodòvar ci spinge dentro ad una storia morbosa e disturbante, narrandocela con inusitata raffinatezza, senza tuttavia abbandonare gli stilemi che gli sono propri: non tradisce lo spirito eclettico e le contaminazioni grottesche e surreali, parte dell’espressività visiva tipica almodòvariana. I colori cupi, accesi dall’immancabile rosso( sangue), il dettaglio sugli oggetti, la musica, accrescono l’inquietudine per la vicenda narrata e coinvolgono.
Pedro, pur maggiormente calibrato rispetto al passato, ci trasmette totalmente la propria passione per il Cinema: con la maturità ha raggiunto anche un’assoluta libertà di regia, libertà che gli consente di girare la storia che più lo ispira in un determinato momento della sua vita e di girarla senza pregiudiziali stilistiche, in totale libertà , appunto.

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Ultima risposta 06/10/2011 15.42.25
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clubdelmariachi  @  29/09/2011 12:17:17
   7½ / 10
Bel film, attesa ripagata! Punto di forza è la storia, sempre interessante e con un SUPER colpo di scena che nessuno avrebbe pensato!
Cmq tutto è ottimo, dagli attori, alle musiche, allo stile elegante e asciutto della regia di Almodovar.
Da vedere!

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Ultima risposta 03/10/2011 15.11.42
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Mastermovies  @  29/09/2011 09:16:45
   7½ / 10
Film molto difficile da analizzare.
Ormai tutti i film di Almodovar posseggono gli stessi tratti distintivi: Sceneggiatura con molti colpi di scena (funzionali e non), ottime recitazioni (oltre a Banderas spicca la protagonista di una bellezza incredibile), rigore geometrico nei movimenti della macchina da presa e purtroppo il difetto di mettere sempre qualche scena grottesca senza grandi motivi.

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Fortunatamente dopo una prima parte discutibile il film decolla, e la sorpresa a tre quarti del film č un colpo di genio che ci fa riconsiderare tutto ciň che abbiamo visto finora.

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Nel finale ho trovato un incongruenza.

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In sostanza, un film non per tutti i gusti, ma morboso e sgradevole come si deve e che lascia una spiacevole sensazione alla fine della visione.
E rispetto ai film del passato, colorati e pittoreschi, questo nuovo Almodovar non mi dispiace affatto.

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Ultima risposta 01/10/2011 08.33.26
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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  28/09/2011 02:35:44
   6½ / 10
Questo non è Almodovar, o almeno a me sembra di non riconoscerlo. Non vorrei commettere lo stesso errore di valutazione che feci col bellissimo "Gli abbracci spezzati" (a cui oggi non posso fare altro che riconoscere una profondissima intensità di sguardo), solo che faccio fatica a scorgere in questo film la potenza, a volte anche sgradevole, delle emozioni che regalano le opere di questo regista.
Invero, "La pelle che abito" è una sorta di melò assai bizzarro, che tiene incollati allo schermo grazie al profluvio di colpi di scena, allo stile virtuosistico di Pedro (che, diciamolo, non stupisce più) e ai continui accenni pruriginosi non sempre graditi. Ciò che sfugge è il disegno dei personaggi: monodimensionali (Banderas), confusionari e sciattamente sfumati (Anaya), fini a se stessi (Peredes). Soprattutto, permane la sensazione di un film artefatto, spiattellato, talmente esibito nella sua escalation di rivelazioni a effetto da accartocciarsi paradossalmente su se stesso.
Il racconto fila lascio come l'olio ma le emozioni rasentano il suolo, i contenuti non vanno più in là di una rielaborazione sui generis del mito di "Frankenstein" ed io esco dalla sala assuefatto dal tourbillon di kitsch splendidamente filmato ma perplesso perché non è questo che mi aspetto. In spiccioli, non lascia nulla.

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Ultima risposta 06/10/2011 13.44.43
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  26/09/2011 16:33:50
   9 / 10
Mi rendo conto del voto alto, forse troppo. Ma sto film colpisce i miei punti deboli.
Pedro Almodovar è l'unico vero narratore rimasto. Preso alla lettera il monito di Hitch "per comunicare un messaggio basta un telegramma, il Cinema è un'altra cosa", il film è solamente per una minima parte una denuncia al sistema della chirurgia estetica (come Repubblica l'aveva presentato). Mi aveva stupito sta cosa, perchè Pedro è molto di più che uno sterile messaggio socio-culturale. Pedro è l'arte del Racconto. Le sue storie sono quanto di più trascinante, emozionante e empatico si possa trovare nel grande Cinema. Pedro sa raccontare i sentimenti, le ossessioni, i drammi con uno stile personale e maturo, che difficilmente può lasciare indifferenti o delusi. Personalmente lo trovo un vero conoscitore del cinema e questo film l'ha confermato, forse più di tutti.
Sfruttando qualche sindrome, qualche ossessione tipicamente occidentale, dà vita a una storia originale e intensa, dominata dagli occhi meravigliosamente brucianti di una donna stupenda. Dominata dal sangue, contenuto e analizzato, ma sangue vivo, sofferente. Il sangue, l'unico in grado di dirci la nostra identità. L'ultima sequenza è tra le cose più belle e assurde abbia mai visto.
Banderas è un grande attore.
"Cosa non può fare l'amore di un pazzo".

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Ultima risposta 28/09/2011 21.01.08
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR jem.  @  26/09/2011 02:39:32
   8 / 10
I film di Almodovar sono una delle certezze della vita.
La storia è coinvolgente, lo stile è impeccabile. Non ho potuto fare a meno di restare in sala fino a ritrovarmi sola, con i titoli di coda sullo schermo, una colonna sonora inquietante nelle orecchie e la mente rivolta al dramma della protagonista (bellissima e molto brava).
Ho solo sentito la nostalgia delle case variopinte di un tempo.

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Ultima risposta 27/09/2011 10.17.31
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  25/09/2011 23:49:40
   8 / 10
Ottimo film di Almodovar, dove la continua ricerca della propria identità e dei propri affetti collassa nel pianto di un figlio, privo della sua carne, che pronuncia il proprio nome alla madre.

Disturbante e incisivo, è un inno d'amore verso la libertà, propria della nostra condizione di esseri umani ma stuprata dal nostro bisogno di giocare a fare Dìo.

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Ultima risposta 29/09/2011 18.10.36
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  25/09/2011 18:11:25
   6 / 10
Piuttosto deludente. La trama si sbroglia con un gioco di analessi e prolessi che funziona. L’elemento farsesco, largamente previsto, sopraggiunge. Ma disorienta fin troppo e piuttosto che arricchire la pellicola la rende irritante. La regia è gelida, come se Almodovar avesse voluto trasferire la competenza minuziosa del suo personaggio (un Antonio Banderas incolore) sul piano della narrazione. Esperimento riuscito quanto vano, almeno dal mio punto di vista. Sono davvero pochi i momenti di intensità, concentrati per lo più nella seconda parte. Poteva essere un film disturbante, ma non lo è.

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Ultima risposta 28/09/2011 22.14.11
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Invia una mail all'autore del commento logical  @  24/09/2011 01:53:28
   7 / 10
La cifra di Almodovar č quella delle compagnie di giro dei teatri di provincia. Cast fisso, cosě che il pubblico si affezioni e riconosca i personaggi, locandine vistose che si vedano anche dall'altra parte della strada senza confondersi troppo con quelle del Circo che viene in cittŕ, storie forti, impressionanti, drammatiche oltre la loro riproducibilitŕ orale.
Questa volta la suggestione viene dalla chirurgia plastica e dalla sua magia transunstanziatoria:

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Ovviamente non basta, e allora si aggiunge un rapinatore-stupratore tigrotto, una spruzzata arty con Louise Bourgeoise + yoga + arte_terapia, e ancora molto altro. Chi prende mortalmente sul serio tutto questo č il cupissimo Banderas che non ha neanche un sorriso a disposizione e sembra un po' il cameriere di se stesso. Ma la supercommedia tiene e si fa guardare come quelle riviste che trovavo dal barbiere, tra Diabolik, Lando, Cronaca Vera e Famiglia Cristiana, tutte con quel vago odore di balsamo al pino silvestre...

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Ultima risposta 30/09/2011 11.57.15
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