la grande abbuffata regia di Marco Ferreri Italia, Francia 1973
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la grande abbuffata (1973)

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locandina del film LA GRANDE ABBUFFATA

Titolo Originale: LA GRANDE BOUFFE

RegiaMarco Ferreri

InterpretiMarcello Mastroianni, Michel Piccoli, Philippe Noiret, Ugo Tognazzi, Andréa Ferréol, Solange Blondeau, Florence Giorgetti, Michèle Alexandre, Monique Chaumette

Durata: h 2.15
NazionalitàItalia, Francia 1973
Generecommedia
Al cinema nel Settembre 1973

•  Altri film di Marco Ferreri

Trama del film La grande abbuffata

Quattro amici amanti del convivio, Ugo, Marcello, Philippe e Michel si riuniscono nella villa di Philippe, dove un tempo soggiornò Boileau. Nelle loro intenzioni c'è il tentativo di un 'suicidio gastronomico', i quattro infatti decidono di cucinare prelibatissime pietanze e mangiarne senza mai smettere, fino a morire di indigestione. Durante l'immensa abbuffata, ospitano tre prostitute ed una maestra elementare che era passata dal giardino della villa con la sua scolaresca.

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Voto Visitatori:   8,24 / 10 (100 voti)8,24Grafico
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Voti e commenti su La grande abbuffata, 100 opinioni inserite

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anthony  @  17/12/2019 21:26:25
   10 / 10
Capolavoro nichilista firmato dal maestro Marco Ferreri.
Spietata condanna della borghesia consumista, dell'essere borghese e dell'animo piccolo-borghese dell'uomo contemporaneo italiano: anti-camera del sentimento profondamente fascista mai sopito e mai scomparso nel (e dal) profondo della maggioranza degli italiani. Pasolini ne era innamorato (vedesi il quasi imminente "Salò o le 120 giornate di Sodoma"), un capolavoro del cinema che ha fatto scuola e che ancora oggi genera scandalo e polemica.
Un capolavoro vero del cinema.

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Ultima risposta 30/07/2021 23.34.34
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PaulTemplar  @  16/12/2011 18:20:06
   9 / 10
Quattro amici.Vite noiose,borghesi,prive di guizzi.Ugo (Ugo Tognazzi) è un cuoco-gourmet di classe;Marcello (Marcello Mastroianni) un pilota di linea puttaniere e assetato di sesso;Philippe (Philippe Noiret),un giudice che vive ancora con la sua balia,e che lo soddisfa anche sessualmente;in ultimo Michel (Michel Piccoli),importante regista televisivo dall'aria intellettuale,sempre con l'espressione insoddisfatta.I quattro hanno in comune la passione per la tavola,per le raffinatezze gastronomiche.
Così,un giorno,ognuno di loro saluta i rispettivi parenti,amici e amanti,per raggiungere la villa di Philippe.
Qui, in un posto decadente, dall'aria vissuta e retrò,tra vecchi fonografi,Bugatti,letti a baldacchino,residui di un tempo glorioso,scelgono la più allucinante delle morti,il suicidio per ingestione di gastronomie.
Invitano tre ******* e una maestrina che all'apparenza sembra una santarellina,e tra un cosciotto di maiale, un piatto di pasta,dolci e via discorrendo mettono in pratica il loro piano.
Le tre prostitute,sopravissute a 24 ore di pranzi luculliani,fuggono convinte di rischiare la vita.
A tener compagnia rimane solo la maestrina,Andrea (Andrea Ferreol),che finirà per assumere il ruolo di vestale della morte,vero e proprio angelo del trapasso.
Uno alla volta,i quattro tengono fede al loro patto.
Il primo a morire è Marcello,che è anche l'unico a rifiutare,all'improvviso,il suicidio con il cibo;tenterà la fuga di sera,nella Bugatti.
Che è una cabrio;la notte una tormenta di neve lo sorprende al volante,facendolo morire assiderato.
Tocca poi a Michel,a cui scoppierà l'intestino,e che cadrà in un lago di feci.
Successivamente è la volta di Ugo,a cui cederà il cuore.
In ultimo muore Philippe,ucciso da un mega dolce troppo zuccherato.
Il tutto mentre arriva un ultimo carico di cibo.
La grande abbuffata è un film difficile,scomodo,a tratti anche rivoltante.
Ma è anche una metafora cinica e crudele di una società che si nutre di tutto,cannibale,votata all'autodistruzione dai suoi stessi miraggi.
Non c'è salvezza,da essa.
L'accumulare porta fatalmente all'autodistruzione,l'eccesso stesso di offerta è il suo grande limite e la sua rovina.
Un messaggio gettato con forza da un regista iconoclasta,Ferreri,che fu accolto malissimo dal pubblico di Cannes,dove il film venne proiettato per la prima volta nel 1973.
Ma che divenne poi un autentico cult,un film faro del grande cinema italiano d'autore,un'opera dissacrante e scomoda,ma vera e forte.
Un film che è una gara di bravura di quattro straordinari attori,impegnati in ruoli scomodi,difficili.
Opera di grande intelligenza,di nichilismo assoluto di un geniaccio del cinema,Ferreri.

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Ultima risposta 12/01/2012 19.02.25
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antoeboli  @  08/05/2011 21:23:32
   5½ / 10
consigliatomi come filmone italiano degli anni 70 , questa grande abbuffata in fin dei conti si può intendere come una grande sòla .
impeccabile la regia di Ferreri che sceglie come scenografia una vecchia villa dall' aspetto lugubre e soprattutto in un posto che sembra spesso al di fuori dal mondo intero .
le fotografie sono interessanti come anche le inquadrature che spaziano tra le diverse stanze e senza zoomate cosi spesso sulle diverse portate che vedremo nel film . un film che inizialmente può essere scambiato per una commedia come anche scritto nella scheda , in effetti si dimostra come un dramma a tinte volgarissime in alcuni tratti e disgustose ,dato che i protagonisti si rinchiuderanno in casa per morire d indigestione.
Il punto principale del film è proprio quello dei quattro personaggi ottimamente recitati dal gruppo Tognazzi ,Noiret ,Mas*****nni e Piccoli . tutti e quattro anche nel film sfruttano i loro nomi veri .
purtroppo fare 2 ore di film con un gruppo di tizi che non fanno altro che mangiare , vomitare ,emettere peti e fare sesso. mi sembra qualcosa di allucinante. in molti momenti il film tende ad annoiare soprattutto nella parte centrale quando invece essendoci anche le ragazze dovrebbe essere il tutto piu movimentato .
buona invece la colonna sonora che dopo un po si riesce gia a ricordare risultando molto orecchiabile .
purtroppo grande problema del film come ho detto e la noia . secondo me andava approfondito piu la storia privata di ognuno dei quattro attori dato che all inizio si vede uno che fa il pilota , un altro che è stato adottato , un altro con la moglie .

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Ultima risposta 21/05/2011 21.58.36
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  16/07/2010 17:50:05
   8 / 10
I film di Ferreri mi lasciano sempre un po' interdetto. Li capisco ma non capisco. In tutti i film che ho visto l'argomento è sempre stata la rappresentazione dei tormenti culturali della borghesia. L'intento quindi è chiaro (alla fine del film il messaggio si capisce abbastanza bene), quello che mi lascia interdetto è la forma filmata particolare con cui prende corpo questo messaggio-riflessione.
Il fatto è che le vicende narrate e i personaggi appartengono tutti alla sfera del normale, del quotidiano (non ci sono eroi speciali, vicende rocambolesche, avventure) e quindi d'istinto lo spettatore è portato a prendere come punto di riferimento la normalità e quotidianità. Soltanto che nella vita normale questi fatti solitamente non avvengono o almeno non si realizzano nella maniera così banale, spontanea con cui avvengono nei film di Ferreri. Sfuggono le ragioni e il perché di certe decisioni.
Perché i quattro personaggi –deliberatamente- decidono di chiudere l'esperienza umana sulla terra? E perché proprio in quella maniera? Boh, nessuno ce lo spiega apertamente. Ferreri/Azcona ritengono superfluo approfondire. Solo all'inizio si vede qualcosa del mondo che si decide di rifiutare: grande eleganza e bei modi, raffinatezza, ricchezza ma anche mercificazione, freddezza e cinismo nei rapporti umani, morbosità, vizi repressi. Poi c'è qualche frase strappata qua e là ("si mangia per morire"). Decisamente poco.
Eppure qui non ci sono burattini (come il protagonista di "Dillinger è morto") ma personaggi dotati di personalità e sensibilità. Per questo che la contraddizione brucia così tanto. Ma come? Persone così sensibili, normali e anche simpatiche che si lasciano andare in quella maniera! Dal punto di vista umano si fa fatica a capire.
Certo, i film di Ferreri non si devono "sentire". I sentimenti sono banditi. Si deve assistere in maniera impassibile e riflettere. E' chiaro che questo film va visto con il cervello, solo in questa maniera diventa tutto chiaro. Ad esempio i personaggi hanno lo stesso nome degli attori e in qualche maniera richiamano gli altri film di Ferreri. Ci anche sono rimandi a Sade (la chiusura per dare libero sfogo agli istinti anche distruttivi) e gli ambienti e le scenografie sono estremamente curati per creare un'atmosfera claustrofica ma allo stesso tempo ripiena di oggetti.
E' chiaro quindi l'intento "intellettuale" dell'operazione. Tutto è visto in maniera simbolica e in qualche maniera si vuole rappresentare l'autodistruzione dell'umanità (la mèrda dilagante) tramite l'abbondanza degli oggetti e dei piaceri (il cibo e il sesso). Il destino della società dei consumi è segnato, secondo Ferreri: perire in mezzo all'eccesso. Il tutto senza rendersene conto, senza riflettere, senza domandarsi perché e senza alternative. Ecco alla fine spiegata forse la mancanza di ragioni e di spiegazioni. Non servono. Sono inutili. Il destino è segnato.
Particolare il fatto che l'Angelo della morte nei film di Ferreri (il personaggio "maledetto") sia sempre rappresentato da una donna, apparentemente buona e remissiva, ma in realtà perturbatrice e distruttrice di tutte le energie maschili. Il bello è che agiscono senza cattiveria o premeditazione, anzi nella massima spontaneità e naturalezza, pure piangendo un po'. Ferreri ha sempre avuto un rapporto molto contrastato con l'universo femminile.
Se si analizza meglio il film ci si accorge però che la parte "riflessiva" è in secondo piano; più che altro ci si concentra sui modi con cui l'autodistruzione si svolge. Qui si comincia a vedere la tendenza del cinema degli anni '70: concentrarsi sui modi (sempre più spinti, violenti ed estremi), scordandosi quasi completamente la causa o il perché. E finalmente Ferreri ci può mostrare le cose come stanno: sesso libero, nudi femminili, scene lesbo. Solo la sessualità maschile è un po' censurata. Si rifarà alla grande però con "L'ultima donna".

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Ultima risposta 21/05/2011 23.01.14
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  04/06/2010 16:24:07
   9 / 10
Ecco: il disgusto della sazietà, l’affogamento nell’abbondanza, la pena dei piaceri. Ferreri raccoglie, in una grande villa appassita dalle reminiscenze bunueliane, quattro amici annoiati.
La preparazione, la partenza, hanno le accortezze d’una cerimonia. E una sacralità è evocata dentro il dissacrante - ma non c’è, proclamata, causa alcuna.
Bisogna provare la fatica d’alzare il bicchiere - a cosa? - e di muovere la mandibola in continuazione e mandare giù il boccone. Bisogna accusare nausea davanti alla opulenza delle portate, e il peso di questa empietà.
Un tedio passa per le stanze come le note stanche del pianoforte.
Una donna, paffuta, angelica puttàna, li assiste e consola, comprensiva e sofferente.


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Ultima risposta 06/06/2010 11.39.58
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aiemmdv  @  02/01/2010 18:03:14
   8 / 10
Questo film è L'emblema di come una storia grottesca e surreale possa risultare maledettamente rivelatrice di evidenti mal costumi della nostra società ovvero gli inutili eccessi che fan parte dello stile di vita di (quasi)ognuno di noi.
Ma il messaggio ultimo del regista è ancora più sconcertante e raccapricciante:
Essere umani come degli involucri vuoti capaci di "riempire" questa mancanza causata dal malessere esistenziale solo con tutto ciò che di effimero e vizioso ci offre la vita. La consapevolezza e la rassegnazione a tale condizione non ha altra soluzione se non il suicidio.

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Ultima risposta 28/01/2010 10.05.23
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dobel  @  11/09/2009 23:21:14
   10 / 10
Compito molto arduo commentare un'opera in realtà così stratificata!.. Innanzitutto partiamo dal voto: essendo un'opera estrema, di quelle che si amano o si odiano, dare 1 o dare 10 credo sia parimenti giustificato.
Io ho dato 10 perché l'ho amata, anche se gli eccessi sono tali e tanti da non consentire di ritenerla un'opera perfetta. Forse proprio per questo l'ho amata e la amo.
Quattro amici si imprigionano in una fatiscente villa parigina per suicidarsi ingerendo una quantità di cibo abnorme. Chi di loro vuole scappare muore ugualmente senza riuscire a lasciare la villa; questa villa che li tiene prigionieri (se un'eco bunueliana si sente, deriva direttamente dall' "Angelo sterminatore" più che dal "Fascino discreto della borghesia") prende il posto dell'esistenza. Siamo di fronte ad un'opera apocalittica. Si narrano 'gli ultimi giorni dell'umanità', ma non quelli pieni di nostalgia per l'umanesimo di Karl Krauss, bensì quelli nichilisti di Ferreri. L'uomo è ridotto a tubo digerente. Nessuna componente spirituale viene presa in considerazione... la vita finisce unicamente nella *****. E' come se l'intera storia dell'umanità venisse sintetizzata e interpretata dal regista: alla fine ciò che l'uomo ha saputo e potuto fare non è altro che ingozzarsi e morire. Non c'è via di scampo: siamo tutti imprigionati in quella villa (che è la vita) e non possiamo illuderci, ma solo espletare alle nostre funzioni corporali e arrivare alla morte solo dopo averle espletate. Le prostitute che abbandonano la villa equivalgono a dei suicidi-disertori che abbandonano la vita prima del tempo. Il destino dell'unica donna che rimane sarà quello dei quattro amici. Sceglie di andare sino in fondo. Che dire degli interpreti? Assolutamente grandiosi ed utilizzati secondo la loro personale storia nonché secondo il loro ruolo pubblico (vengono anche chiamati giustamente coi loro nomi di battesimo).
La poetica di Ferreri è di un pessimismo assoluto: "non di solo pane vive l'uomo"... per il regista è vero il contrario! Non siamo che involucri vuoti... non facciamoci illusioni!
Il mio dieci non vuole essere un atto di condivisione per questa lettura del significato ultimo dell'umanità, ma solo il riconoscimento della grandezza di un'opera d'arte unica e a suo modo straordinaria.

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Ultima risposta 08/06/2010 17.51.04
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  07/09/2009 13:41:59
   6½ / 10
Volgare, scorretto, schifoso, disgustoso e tremendamete grottesco e cinico. Il film sostamzialmente è bruttissimo e non ci vedo nulla di geniale. Non ci sono emozioni ma solo un cumulo di tristezza e vergogna. Attori tutti bravi, un ottimo cast ma è la storia che non tira, anzi ti ripugna. Un attacco feroce del regista al modo di intendere la vita dell'uomo stesso vista attraverso molti simboli presenti nella pellicola.

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Ultima risposta 02/11/2009 01.01.28
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Signor Wolf  @  23/03/2009 23:59:23
   3 / 10
la triste e noiosa storia di un'abbuffata suicida, il film dovrebbe forse scandalizzare per alcuni "eccessi" ma son passati più di 30 anni, non scandalizza più nulla, e poi noia, apatia, mi aspettavo approfondissero qualche personaggio invece niente, mangiano e trombano per 2 ore di film

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Ultima risposta 01/05/2009 01.09.22
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  18/03/2008 16:49:57
   8 / 10
"La grande abbuffata" si situa, sia cronologicamente che a livello di stile e impostazione di base, tra "Il fascino discereto della borghesia" di Bunuel e "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di Pasolini, riprendendo del primo il surrealismo ma con un'operazione inversa (in Bunuel i soggetti sono come in un sogno attanagliati nella fissità di un istinto che non trova sbocco, in Ferreri invece le loro pulsioni vengono sfogate fino al parossismo) e precorrendo parte delle tematiche del secondo, nel quale si oggettiverà un'invettiva ancora più caustica e con toni truci.
Ferreri mette in scena la crapula come metafora del degrado di quella fetta di società incarnata dalla borghesia, che si compiace dei propri vizi ed eccessi e se ne fa dominare fino ad esserne del tutto sopraffatta. Il risultato è l'immagina grottesca di una classe che, abbandonando qualunque tipo di freno etico e morale -secondo uno stile di vita che neanche le tre prostitute riescono a sopportare-, si lascia andare alla dissolutezza e ai piaceri del corpo giungendo a determinare l'autodistruzione di sè, metaforicamente inscenata dai propri rigurgiti e dalla esplosione nel bagno, da cui si effondono effluvi pestilenziali e deiezioni.
"A parte il cibo tutto il resto è soltanto epifenomeno", ossia qualcosa che si pone esclusivamente come strumentale e accessorio rispetto alle primarie funzioni corporee. In questa affermazione di Michel risiede tutto il senso dell'opera di Ferreri, in cui il mangiare smodato e la libidine sfrenata nonchè la morte stessa, rappresentata grottescamente secondo un'immagina volta a svuotarla di valore, si ergono a simboli di un decadimento morale da cui non sembra esserci via d'uscita.

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Ultima risposta 08/06/2010 17.51.50
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  06/02/2008 18:38:54
   10 / 10
Incredibile questo film, uno sguardo di Ferreri sulla società quanto mai attuale ai giorni nostri, una società del consumismo dedita all'autodistruzione dove il sesso e il cibo, in questo caso, ma, metaforicamente accostabili qualsiasi altri "peccati", sono portati all'eccesso e ad un esercizio vizioso esclusivamente fine a se stesso. Una parabola drammatica, grottesca dove non ci sono limiti, i ponti con l'esterno inesistenti, i riti finali assenti.
Un vero capolavoro, il film più nichilista a cui abbia assistito, non ci sono regole, una piccola comunità anarchica di poche persone dove niente ha un senso, dove si agisce appunto senza una precisa logica o ideologia, se non quella di morire.
Quattro i personaggi principali, ben caratterizzati, la flatulenza di Michell è a dir poco esilarante, nessuna interpretazione incredibile ma ha poca importanza in un film dove a parlare è la tavola.

5 risposte al commento
Ultima risposta 31/03/2008 17.57.20
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thelore  @  23/06/2007 19:13:15
   7 / 10
Film godibile , che riesce a creare emozioni di ripugno e di disgusto ... interessante ma non fenomenale ... * bella la recitazione !

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Ultima risposta 06/02/2008 18.42.17
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Lord Arathom  @  10/02/2005 23:58:03
   9 / 10
Quella torta a 4 strati era meravigliosa..
Alla lunga perde per strada 1 punto

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Ultima risposta 11/02/2005 00.21.12
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