la grande abbuffata regia di Marco Ferreri Italia, Francia 1973
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la grande abbuffata (1973)

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locandina del film LA GRANDE ABBUFFATA

Titolo Originale: LA GRANDE BOUFFE

RegiaMarco Ferreri

InterpretiMarcello Mastroianni, Michel Piccoli, Philippe Noiret, Ugo Tognazzi, Andréa Ferréol, Solange Blondeau, Florence Giorgetti, Michèle Alexandre, Monique Chaumette

Durata: h 2.15
NazionalitàItalia, Francia 1973
Generecommedia
Al cinema nel Settembre 1973

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Trama del film La grande abbuffata

Quattro amici amanti del convivio, Ugo, Marcello, Philippe e Michel si riuniscono nella villa di Philippe, dove un tempo soggiornò Boileau. Nelle loro intenzioni c'è il tentativo di un 'suicidio gastronomico', i quattro infatti decidono di cucinare prelibatissime pietanze e mangiarne senza mai smettere, fino a morire di indigestione. Durante l'immensa abbuffata, ospitano tre prostitute ed una maestra elementare che era passata dal giardino della villa con la sua scolaresca.

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Voto Visitatori:   8,24 / 10 (100 voti)8,24Grafico
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Voti e commenti su La grande abbuffata, 100 opinioni inserite

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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  16/07/2010 17:50:05
   8 / 10
I film di Ferreri mi lasciano sempre un po' interdetto. Li capisco ma non capisco. In tutti i film che ho visto l'argomento è sempre stata la rappresentazione dei tormenti culturali della borghesia. L'intento quindi è chiaro (alla fine del film il messaggio si capisce abbastanza bene), quello che mi lascia interdetto è la forma filmata particolare con cui prende corpo questo messaggio-riflessione.
Il fatto è che le vicende narrate e i personaggi appartengono tutti alla sfera del normale, del quotidiano (non ci sono eroi speciali, vicende rocambolesche, avventure) e quindi d'istinto lo spettatore è portato a prendere come punto di riferimento la normalità e quotidianità. Soltanto che nella vita normale questi fatti solitamente non avvengono o almeno non si realizzano nella maniera così banale, spontanea con cui avvengono nei film di Ferreri. Sfuggono le ragioni e il perché di certe decisioni.
Perché i quattro personaggi –deliberatamente- decidono di chiudere l'esperienza umana sulla terra? E perché proprio in quella maniera? Boh, nessuno ce lo spiega apertamente. Ferreri/Azcona ritengono superfluo approfondire. Solo all'inizio si vede qualcosa del mondo che si decide di rifiutare: grande eleganza e bei modi, raffinatezza, ricchezza ma anche mercificazione, freddezza e cinismo nei rapporti umani, morbosità, vizi repressi. Poi c'è qualche frase strappata qua e là ("si mangia per morire"). Decisamente poco.
Eppure qui non ci sono burattini (come il protagonista di "Dillinger è morto") ma personaggi dotati di personalità e sensibilità. Per questo che la contraddizione brucia così tanto. Ma come? Persone così sensibili, normali e anche simpatiche che si lasciano andare in quella maniera! Dal punto di vista umano si fa fatica a capire.
Certo, i film di Ferreri non si devono "sentire". I sentimenti sono banditi. Si deve assistere in maniera impassibile e riflettere. E' chiaro che questo film va visto con il cervello, solo in questa maniera diventa tutto chiaro. Ad esempio i personaggi hanno lo stesso nome degli attori e in qualche maniera richiamano gli altri film di Ferreri. Ci anche sono rimandi a Sade (la chiusura per dare libero sfogo agli istinti anche distruttivi) e gli ambienti e le scenografie sono estremamente curati per creare un'atmosfera claustrofica ma allo stesso tempo ripiena di oggetti.
E' chiaro quindi l'intento "intellettuale" dell'operazione. Tutto è visto in maniera simbolica e in qualche maniera si vuole rappresentare l'autodistruzione dell'umanità (la mèrda dilagante) tramite l'abbondanza degli oggetti e dei piaceri (il cibo e il sesso). Il destino della società dei consumi è segnato, secondo Ferreri: perire in mezzo all'eccesso. Il tutto senza rendersene conto, senza riflettere, senza domandarsi perché e senza alternative. Ecco alla fine spiegata forse la mancanza di ragioni e di spiegazioni. Non servono. Sono inutili. Il destino è segnato.
Particolare il fatto che l'Angelo della morte nei film di Ferreri (il personaggio "maledetto") sia sempre rappresentato da una donna, apparentemente buona e remissiva, ma in realtà perturbatrice e distruttrice di tutte le energie maschili. Il bello è che agiscono senza cattiveria o premeditazione, anzi nella massima spontaneità e naturalezza, pure piangendo un po'. Ferreri ha sempre avuto un rapporto molto contrastato con l'universo femminile.
Se si analizza meglio il film ci si accorge però che la parte "riflessiva" è in secondo piano; più che altro ci si concentra sui modi con cui l'autodistruzione si svolge. Qui si comincia a vedere la tendenza del cinema degli anni '70: concentrarsi sui modi (sempre più spinti, violenti ed estremi), scordandosi quasi completamente la causa o il perché. E finalmente Ferreri ci può mostrare le cose come stanno: sesso libero, nudi femminili, scene lesbo. Solo la sessualità maschile è un po' censurata. Si rifarà alla grande però con "L'ultima donna".

4 risposte al commento
Ultima risposta 21/05/2011 23.01.14
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