la donna di parigi regia di Charles Chaplin USA 1923
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la donna di parigi (1923)

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locandina del film LA DONNA DI PARIGI

Titolo Originale: A WOMAN OF PARIS

RegiaCharles Chaplin

InterpretiEdna Purviance, Adolphe Menjou, Carl Miller, Clarence Geldert

Durata: h 1.31
NazionalitàUSA 1923
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1923

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Trama del film La donna di parigi

Marie aspetta invano Jean alla stazione: proprio in quelle ore infatti il padre di Jean è morto e il ragazzo non può fuggire con lei. Credendosi abbandonata, Marie parte per Parigi, dove diventa una prostituta di lusso. Quando Jean la ritrova, per la vergogna Marie non accetta di tornare con lui...

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Voti e commenti su La donna di parigi, 19 opinioni inserite

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DarkRareMirko  @  29/03/2023 00:54:48
   6½ / 10
Vado controcorrente: il film non mi è piaciuto ed è invecchiato pure male.
Svolgimento banale, recitazioni non eccelse, è interessante solo per il fatto che A WOMAN OF PARIS rappresenta il primo dramma girato da Chaplin (che qui ha un cameo come fattorino).

Ripeto, l'ho trovato banale e pesante; visto solo per completezza, l'autore ha fatto di infinitamente meglio.

Flop al botteghino, pe lo più per la mancanza di Chaplin, pure pubblicizzata ad inizio film.

The BluBus  @  12/04/2020 00:47:34
   9 / 10
Film atipico di Chaplin, drammatico e senza Charlot. Sceneggiatura apparentemente semplice ma che raggiunge grande profondità nei temi trattati. Modernissimo per il tempo.

pak7  @  28/01/2018 10:10:03
   8 / 10
Chaplin ad inizio visione avverte gli spettatori che non sarà presente nel film. Il risultato è comunque eccellente per la prima opera drammatica di Charles. Se rappresentare una commedia muta è già di per sè difficile, provarci con un dramma lo è ancora di più. Chaplin conferma la sua sensibilità in una pellicola delicata che dimostra come il destino possa, a volte, per un solo secondo, cambiare tutta la nostra esistenza.

Filman  @  23/03/2016 21:36:37
   9½ / 10
A WOMAN OF PARIS, catartico e potente lungometraggio firmato da un Charlie Chaplin dallo sguardo puramente drammatico e assolutamente focalizzato sulla narrazione, concretizza un esperimento di realismo e naturalismo che anticipa il cinema sonoro nella recitazione e nella direzione attoriale, folgorando anche e soprattutto per la sua autenticità tematica che, per mezzo di una tragedia ideale e geniale, descrive attorno alla differenza di classe un'analisi verista sull'uomo nei suoi più erronei e nefasti aspetti, causa di avvilenti fatalità e negazione di una felicità propria. La fredda e ragionata sensibilità che il regista imprime su questa anticonvenzionale pellicola muta, per l'assenza dello stesso e per via del tono aspro dell'opera nella sua integrità, permette una leggibilità che oscilla tra impressione ed espressione la cui somma estrapola la straordinaria prelibatezza artistica dell'autore britannico, sulla via della perfezione tecnica ancora ferma ad una staticità da manuale che inspessisce il racconto stesso senza bisogno di cinismo o urla concettuali interne alla sceneggiatura, in questo caso punto solido di un film cinematograficamente monumentale.

Lory_noir  @  16/12/2011 19:28:22
   7 / 10
Una bella storia, che punta ad insegnare molto, come molte delle storie di Chaplin. Forse per la mancanza del lato comico mi è sembrato più pesante rispetto ai suoi altri film che ho già visto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  26/01/2011 16:02:44
   8 / 10
Mentre in patria iniziano a imperversare i film dei grandi comici americani, tra cui Buster Keaton, Harold Lloyd e Stan Laurel, Chaplin sceglie di offrire al pubblico un film dichiaratamente drammatico, fin dai titoli di testa e dalle prime didascalie. Sono ivi annunciati infatti, l'assenza dell'attore e della sua classica "maschera" di Charlot, e i toni seri rappresentativi della nuova pellicola, la prima ad avere più delle 6 bobine di lunghezza raggiunte da "Il monello".

"A woman of Paris" diviene subito esplicito fin dal titolo che porta: si esce dal confine statunitense per andare oltreoceano a scandagliare da vicino una "qualsiasi" signora che sogna una vita da vip, tra possibili mariti ricchi ma effimeri e compagnie mondane.
L'attacco al ceto borghese medio/alto lascia per un momento da parte la potenza devastatrice dell'omino con la bombetta, e fa spazio a una riflessione più distaccata (e chissà se più profonda) su una fetta di società che di certo Chaplin non ama. Sono queste forse le prime avvisaglie della sua indipendenza produttiva che, grazie all'affiatamento con Douglas Fairbanks e Mary Pickford, insieme a David W. Griffith, aveva fatto nascere la United Artists.

La realizzazione della storia assume toni quasi umili, un po' stereotipati, mancanti di sprint appassionati. La ricerca della felicità del giovane Jean (Carl Miller) e della bella ragazza di provincia Marie (Edna Purviance) è contrastata dall'equivocata fuga di lei nella capitale parigina e dall'incontro con il benestante Pierre (Adolphe Menjou). Qui l'ambiente è rovinato dalle chiacchere dei benpensanti, dai preconcetti accettati e anzi favoriti, dalle minute spietatezze che, ammassate in un gran calderone di residenti (troppo?) spensierati, conducono a un fato doloroso per tutti.
Chaplin si accontenta di svelare la non comune e considerevole forza delle cose ordinarie, andando incontro a propositi di plausibilità esistenziali. Basti pensare all'incrocio finale tra chi si è accontentato di una vita fatta di realtà semplici, come il viaggiare su di un carretto malconcio e accudire bimbi non suoi, e chi invece sfreccia a tutta velocità con un'auto all'avanguardia essendo sceso ormai a patti col proprio senso di solitudine.

La traccia dell'autore è assiduamente individuabile grazie alla piega sarcastica che quasi ogni attimo palesa: il piglio di Chaplin si è fatto quasi flemmatico, terribile giudice di un referto sociologico che sa esprimersi solo per il suo desolante senso di vuoto.
Lo spassoso e combattivo Charlot si è messo da parte per un momento, abbandonando i modelli proposti fino a lì, e trasformandosi in magnifico e fastidioso suggeritore di una traduzione filmica notevole. L'America bigotta non lo perdonerà, anche e soprattutto per aver ritratto tre genitori dal comportamento più che contestabile, e il film verrà negato a una quindicina di Stati.

JOKER1926  @  06/08/2010 18:25:01
   6½ / 10
Conosciuto e applaudito nelle vesti di simpatico "omino" della scena delle pellicole mute e geniale artigiano della camera Charles Chaplin nel cinematograficamente arcaico 1923 presenta "A woman of Paris", lungometraggio a sfondo drammatico, perché di commedia è inopportuno parlare.

"La donna di Parigi" è la storia di due individui che dopo una parentesi amorosa in un piccolo paesino destreggeranno i propri animi e sentimenti amorosi in una metropoli come quella parigina sinonimo di fastosità e di svago di ogni senso (e siamo ancora negli anni venti..).
La storia messa in piedi da Chaplin ("solo" regista nell'occasione) non convince, si tratta di una narrazione un po' troppo meccanica, quasi alla Romeo e Giulietta, con un avvicendarsi di promesse di matrimonio e di dietrofront che, in un ipotetico cortometraggio vanno bene ma in un film (vero e proprio) sono patetici e sdolcinati. Insomma non mancano forzature e passaggi troppo superficiali come la partenza solitaria per Parigi di Marie, la data del film potrebbe parzialmente essere un alibi, in fin dei conti si poteva lavorare meglio nel frangente.
Sceneggiatura a parte, non certo geniale, va apprezzato questo film per una bellissima musica e per gli scenari, per la scenografia in genere, per questo lavoro furono scelti diversi scenografi parigini proprio per ricreare l'alone della città francese.
Chaplin lavorò in modo tormentoso e morboso e cercò di dare una vena realistica al suo progetto cercando di trasmettere nel film poca enfasi e molta monotonia e dramma. Proprio questo "relativo" realismo del regista all'epoca non fu apprezzato.

"La donna di Parigi" dunque rappresenta un film nuovo, per l'epoca, pellicola non comica che cerca di fotografare la realtà, il finale certamente non a lieto fine comunque è un po' costruito, ma vale sempre lo stesso ragionamento, incombe prepotentemente la data di produzione che limitava idee e particolari artificiosità narrative e dinamiche. Altri tempi, ma lavoro riuscito.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  16/03/2010 23:27:48
   6 / 10
Mi spiace davvero ma mai sono riuscito a vedere in questo film il grande capolavoro incompreso di Chaplin che in molti hanno osannato.
Un melodrammone decisamente enfatico e monotono, con un approfondimento psicologico nuovo per l'epoca ma privo di autentico dramma, o perlomeno della necessaria forza emotiva. Tutto si riduce ad un eccentrico ritratto di vita bohemiene pieno di sterili lungaggini e con un mare di luoghi comuni sui poveri innamorati e sui ricchi idioti e strafottenti. Per non parlare di quell'insopportabile finale catechistico che azzera ogni passione amorosa in nome del puritanesimo più sfacciato.
Sebbene il decoupage filmico di Chaplin risulti inferiore rispetto al precedente "The kid" resta in enorme anticipo sui tempi comunque. Mediocre la prova del cast, con la bolsa Purviance all'epoca già mezza alcolizzata e guidata dal suo regista in ogni passo.
Per me sopravvalutato solo per premiare (a posteriori) ad ogni costo la prima opera drammatica del grande regista, anche se non è detto che altre opere ritenute comunemente comiche non racchiudano al loro interno ben altra straziante drammaticità ("The Kid", "Luci della città").

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  23/09/2009 11:37:02
   8½ / 10
Molto bello. Fu un flop commerciale ma influenzò moltissimo il cinema.
Il film è perfettamente diretto e interpretato l'unico "difetto" è che Chaplin sta solo dietro alla macchina da presa.
Poco da dire, grande film che dopo più di 80 anni mantiene ancora perfettamente intatta tutta la sua forza e la sua carica emotiva.

Mr.619  @  10/07/2009 17:06:40
   10 / 10
Tale pellicola è la più drammatica, tragica e struggente opera cinematografica su cui i miei occhi abbiano mai avuto la "tychè", la sorte, di posarsi, lasciandosi veramente catturare in preda da un'estasi musicale, armonica, "vyctofoba" e morfantropetica indescrivible ed inenarrabile per la sua acrea potenza visiva e metropoliticamente, oltre che sezionalmente, "patetica", perchè intrisa di una cinetica metastasi immobile e quasi fluttuante.Ottimamente scrive Charlie Chaplin nell'introduzione a questo testo a tratti veramente "teatrale" ( e non solo per la sue eminente funzione de-rimotrice ab-reazionaria) che il film non è una delle "slapstick-comedies" tanto in voga all'epoca, nè tantomeno un sudiciume di immagini e scene pesudo-dilavanti e irrisorie: la storia descritta è il dramma estrogeno ed endogeno d'una donna, se non sbaglio di nome Marie, che, dopo aver visto i propri sogni di indissolubile connubio erotico col poprio amante, Jean, andare in fumo per, secondo il mio punto di vista, il rio e reo malvolere di ambedue le famiglie, accetta l'ardua decisione di trasferirsi a Parigi per continuare la sua pur oramai tetra ed intrinsecamente triste esistenza ( diverrà una "madamè" rispettata, avrà il fiancè ipocrita e ruffiano al suo lato, ma, naturalmente, sarà priva del vero affetto).Quella che da Chaplin viene delineata così minuziosamente ( basti pensare al cibo trangugiato con puro piacere dall'aristocrazia e nobiltà della società), è, e questo elemento salta facilmente all'occhio, il disegno perfetto ed immutabile della "dolce vita" ( Fellini era un amante del cinema di Chaplin) di un ceto cittadino, ma soprattutto umano, che purtroppo, e le ultime scene ben lo affermano, non potrà mai affrancarsi della propria monotonia ed innata noia vitale, sicchè la fratellanza, la vera unione in benevolenza fra tutti gli uomini, si può avere solo allorchè si tenga presente e si attui un altro importantissimo fattore al fine del raggiungimento pieno della felicità: il perdono.

pinhead88  @  26/04/2009 04:21:59
   7½ / 10
il primo film scritto e diretto da Chaplin in cui lui non compare.non lo trovo ai livelli di suoi altri capolavori come "Luci della città" o "Il monello",in cui oltre al dramma Chaplin aggiungeva anche un po' di humor,ma rimane pur sempre un film intenso e di un certo fascino.

Neu!  @  21/02/2009 12:48:12
   9 / 10
bello, questo film. è il primo film di Chaplin dove lui non compare. contiene una forza rarissima e sublime

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  09/02/2009 11:42:06
   8 / 10
Il film più drammatico di Chaplin, ma non si pensi che sia un drammone sentimentale e sdolcinato. Il suo punto forte è proprio nella caratterizzazione dei personaggi, molto misurata e equilibrata senza cadere nel facile stereotipo del buono o del cattivo. Il solo Miller, nella parte di Jean, mi è sembrato un gradino sotto gli altri. Ottima la ricostruzione scenografica.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  01/10/2008 19:24:03
   7½ / 10
Trovo non del tutto corretto considerare questo, all' epoca, il primo film serio di Chaplin. "Il monello" stesso aveva una componente drammatica, ed il successivo "Luci della città" pure, parlando di commedie . "La donna di Parigi" è la prima pellicola della storia del cinema invece, dalla componente psicologica, uno script molto semplice di una donna che viene a contatto con un nuova realtà sociale, così diversa, a causa o grazie a una beffarda morte improvvisa del padre del suo fidanzato. Una storia che parla di destino, e di grande intensità, sotto questo aspetto, l' ultimo campo-controcampo, con un altro incontro casuale, un incrocio di vite ma questa volta senza che una veda l' altro. Tutto poteva andare diversamente. Decisiva la colonna sonora.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  24/09/2008 14:08:01
   8½ / 10
Tutti conoscono Chaplin come grande attore, soprattutto nella veste del vagabondo. Eppure è stato anche un grande regista oltre che sceneggiatore. Anche adesso pochi sospettano che nella sua filmografia muta ci sia un film “serio”, senza alcun risvolto comico. Si tratta di A Woman of Paris (La donna di Parigi), uscito nel settembre 1923 dopo 7 mesi di lavorazione. E’ un film di notevole valore artistico, che all’epoca fece scuola. A parte le vicende melodrammatiche e inverosimili, anche oggi lo si può ammirare soprattutto per la recitazione, per il modo misurato e distaccato con cui viene rappresentata la storia e per il sottile significato etico-filosofico. Purtroppo questo film è stato la vittima più illustre del cliché ormai consolidato che vuole Chaplin come artista esclusivamente comico.

La donna di Parigi nasce proprio dalla voglia di scrollarsi di dosso questo cliché. Chaplin intendeva affermarsi anche come autore drammatico e approfittò dell’agognata libertà artistica per mettere in cantiere un film serio. Decise di continuare a rappresentare il mondo della borghesia con tutti i suoi vizi e virtù. In questo caso ha portato alla ribalta il bel mondo dell’alta società, pieno di lusso e voglia di godersi la vita senza tante altre considerazioni morali. Era il mondo pazzo e festaiolo degli anni Venti che anche Chaplin frequentava. Proprio alcune sue amanti dell’epoca (Peggy Hopkins Joyce e Pola Negri) gli hanno dato lo spunto per il film.
Accanto a questo mondo c’è anche quello puritano e moralista della piccola borghesia. Chaplin, con molta intelligenza, non dà un giudizio netto sulle mentalità che rappresenta, ma ce le mostra in tutte le sue luci positive o negative. Tutto sommato fornisce un quadro molto realistico della natura umana. Il risultato è ottenuto con grande perizia tecnica, usando l’ironia, la naturalezza della recitazione e lo scavo psicologico.
Alla fine il messaggio è evidente: non serve giudicare o condannare, viviamo in balia dei destini, tanto vale allora tollerarci e aiutarci a vicenda. Come ha scritto Chaplin, si tratta di “un appello alla tolleranza e alla comprensione dell’umana fragilità”.

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Quel che salta all’occhio nelle scene iniziali è il rifiuto del patrigno e del suocero nei confronti di Marie. Non si riesce proprio a capire perché. Solo con l’andare del film e lo sviluppare del carattere di Marie si arriva a comprendere. Marie è un’anticonformista, una dai “costumi liberi” e quindi rifiutata dai perbenisti di villaggio. Con il tempo si delinea meglio anche il carattere di Jean. E’ una persona debole, impulsiva, manca di freddezza e raziocinio. Insomma si scopre che i protagonisti non sono delle figure “eroiche”, buone o valorose come andava allora di moda al cinema.

Nel film l’ambiente ricco e sofisticato è rappresentato in maniera accurata e ironica e lo possiamo osservare anche tramite le reazioni di chi ci lavora, come camerieri, cuochi o massaggiatrici. Ad esempio, alla cena in cui appaiono per la prima volta Marie e Pierre insieme, si mostra come sia diffuso il pettegolezzo. Il caposala poi si comporta in maniera untuosa e strisciante con i ricchi e molto severa con i sottoposti. Questi ricchi poi hanno tante stranezze: apprezzano pietanze stravaganti che in genere farebbero schifo, come uccellini puzzolenti o tartufi allo champagne. In un’altra scena c’è una festicciola sfrenata in un appartamento con tanto di spogliarello. Sono scene che sembrano uscite dalla Dolce vita di Fellini. Era la Francia nel film, ma in realtà si voleva rappresentare gli Stati Uniti dell’epoca, con fatuità e ipocrisie all’ordine del giorno. Su tutte spicca la bellissima scena della massaggiatrice. Mentre le amiche di Marie spettegolano, la massaggiatrice fa il suo lavoro normalmente, ma con lo sguardo e l’espressione dà un giudizio morale severissimo su quello che ascolta. Questa è una delle scene più sottilmente espressive dei film di Chaplin.

Come suo solito riesce con molta finezza a raccontarci l’interiorità e i rapporti fra i personaggi. All’epoca la censura non avrebbe accettato la rappresentazione diretta di un rapporto cortigiano. Quindi per suggerire lo stato di grande intimità che c’era fra Marie e Pierre, si fa cadere da un cassetto di Marie un colletto da uomo, oppure Pierre va a prendersi un suo fazzoletto direttamente nella stanza da letto di Marie.
Molta cura è anche nella rappresentazione della lacerazione interiore, palese o dissimulata, dei personaggi. Marie oscilla fra il desiderio di godersi i piaceri della vita e il richiamo della solidità morale data dalla famiglia. In una scena Marie confessa a Pierre la sua volontà di sposarsi e avere dei figli, allora Pierre le fa vedere dalla finestra una famigliola povera e litigiosa (è questo quello che vuoi? sembra dirle), poi le rinfaccia il lusso in cui vive. Marie con rabbia si strappa una collana di dosso e la getta in strada. Quando si accorge che un povero l’ha raccolta e la sta portando via, presa da un raptus, scende giù di corsa e inseguita da un cane cerca di riprendersela. La scena è decisamente comica e serve per mostrare le contraddizioni di Marie.
Pierre è apparentemente il personaggio “cattivo” del film. Si diverte a punzecchiare e a prendere in giro Marie, però si capisce alla fine che non può fare a meno di lei e che nonostante tutto le vuole bene. Però la sua leggerezza e il vizio di giocare con i sentimenti degli altri porterà la vicenda alla tragedia.
Certo anche Jean fa di tutto per complicarsi la vita. Vuole e non vuole, dice e non dice. Soprattutto agisce da sconsiderato, rovinando così la propria vita e quella degli altri.
Fra tanta rovina e dolore, la madre di Jean ha però il coraggio di tralasciare qualunque odio e capisce che a questo mondo bisogna aiutarsi, non farsi la guerra.

Il finale è lieto a metà come nello stile di Chaplin. Certo Marie e la madre di Jean vivono felici in campagna, aiutando gli altri. Nei loro sguardi c’è però un velo di malinconia. Anche Pierre appare più vecchio e meno vivace. Il destino e il caso si prendono gioco di loro. Sarebbe bastato un nonnulla e si sarebbero incontrati di nuovo e poi chissà …

Nonostante le lodi della critica, il film fu un fiasco commerciale. Prima di tutto fu massacrato dalla censura e vietato del tutto in 13 stati degli U.S.A. Per il gusto dell’epoca un film dove l’eroina è una poco di buono, dove il cattivo è intelligente e simpatico, dove il buono è debole e sconsiderato, non poteva certo entusiasmare. Tanto più che non si rideva e non c’era il vagabondo, quello che tutti consideravano il vero Chaplin.
Per lui fu una delusione cocente e una lezione per il futuro. Era costretto a cercare a tutti i costi il compromesso fra intrattenimento e messaggio artistico. Solo a partire da Monsieur Verdoux ritroverà il coraggio di affermare con forza il suo anticonformismo. Questo film fu invece ripreso da Chaplin nel 1976, il quale tagliò alcune scene troppo sentimentali e lo dotò di colonna sonora. Fu l’ultimo lavoro prima della morte, la notte del 25 dicembre del 1977.

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Ultima risposta 24/09/2008 19.23.39
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kurt619  @  16/01/2008 16:43:38
   9 / 10
Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  23/01/2006 11:55:56
   8 / 10
film bellissimo e commovente...certo chaplin lo preferisco quando al dramma mischia anche l'humor pero questo film gli è riuscito cmq bene...musiche molto buone e bellissimo l'incrocio finale tra il carretto e la macchina lussuosa...solo una cosa,se non leggevo questa scheda prima di vedere il film non mi sarei accorto che la protagonista faceva la prostituta...forse mi sono distratto un attimo ma non ho notato nessun elemento che me lo facesse capire fino a quando la madre dell'innamorato gli chiede "ma tu sai che razza di donna è?"

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Ultima risposta 27/01/2006 12.30.39
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cinefilomalato2  @  27/12/2005 11:38:03
   10 / 10
Sicuramente il più singolare dei film di quel genio che era Charles Chaplin (anche perchè è l'unico vero film drammatico che egli abbia girato). Un capolavoro comunque, dove Chaplin fa un uso impressionante della psicologia per spiegare i vari personaggi e situazioni (talmente il film è reale che quasi non si avverte la mancanza della parola).

Ch.Chaplin  @  15/10/2005 14:54:26
   9 / 10
All'epoca fu un flop, è passato alla storia forse come il + grande flop di charlie chaplin..la cura con cui è girato questo muto non è però diversa da quella impiegata per tutti gli altri. Due furono i problemi fondamentali nel 1923: 1.Non compariva come attore principale Charlot e 2.Nessuno voleva un film puramente drammatico scritto da Chaplin, ma il pubblico voleva ancora gag e comiche circostanze. Questo fu alla base dell'insuccesso del film + d 80 anni fa. Ma ora è in atto un grande processo di rivalutazione..io stesso rimasi esterefatto la prima volta ke vidi qst dvd. Mostra l'ambizione d chaplin d non essere solamente un regista comico, ma anche tragico..dopo 2 film altamente comici (La febbre dell'oro, Il circo) riuscirà a trovare l'ottimo bilanciamento delle due forze con Luci della città nel 1931..e nessuno lo eguaglierà mai

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