Roma anni '60. Massimo giornalista di un rotocalco scandalistico, si trova in mezzo ai vizi e scandali di quella che era definita "la dolce vita" dei divi del momento.
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Dispiace molto, ma Fellini, come d'altronde i suoi emuli, lo digerisco davvero ben poco. La Dolce Vita è l'ennesimo esempio di come in un film sarebbe preferibile evitare la prosopopea da intellettuali per cercare innanzitutto di raccontare una storia, cosa che purtroppo io in questa pellicola non riesco a vedere. Sinceramente non sono riuscito nemmeno a finire di vederlo, il che è davvero, davvero grave. Si tratta di film che (forse) andavano bene ai tempi in cui sono usciti (e non ne sono del tutto convinto), ma, ad oggi, si tratterà pure della storia del cinema italiano, ma per me è realmente noioso e sconnesso. Per finirlo bisogna impegnarsi.
Visto ieri sera , 7 episodi raccontano la "Dolce Vita" della Roma degli anni 50 e vedono protagonista un giornalista romano Marcello con l'ambizione di diventare uno scrittore. La regia è del maestro Federico Fellini mentre la favolosa colonna sonora è del grande Nino Rota. Marcello è interpretato da un incredibile Marcello Mas*****nni , adattissimo per il ruolo di protagonista. Indimenticabili scene come quella de La Fontana Di Trevi con la bellissima Anita Ekberg oppure la scena d'apertura e quella finale che sono collegate in quanto il protagonista non ha possibilità di esprimersi. Bravo Alain Cury nella parte di Steiner ; nel film compare anche la cantante tedesca Nico che farà parte del gruppo Velvet Underground.
Salve a tutti, avrei bisogno di un aiuto. Se doveste esprimere in poche righe la morale del film, considerato anche il contesto storico, cosa scrivereste a riguardo?
Si porta dietro una gran fama ed è universalmente apprezzato, eppure non l'ho trovato all'altezza delle lodi. Ben realizzato, di fine fattura e sorretto dall'ottima prova di Mas*****nni; purtroppo queste caratteristiche non soverchiano lo stile piatto, quasi strascicato della storia e non lo salvano dal nemico peggiore per un film di quasi tre ore, ovvero la noia. Le intenzioni del regista sono evidenti, ma il risultato finale è più vicino ad un esercizio di stile, che in pochi casi riesce a catturare lo spettatore. Diciamocelo, "la dolce vita" è sopravvalutato, ma per definirlo ancora meglio direi inconcludente. Assomiglia a uno dei discorsi tra Marcello e Steiner: complicati, sfuggevoli ed astratti, che si perdono nella notte come nel brusio di una festa.
Il film più vuoto cha abbia mai visto,alla fine delle 3 ore ho avuto la sensazione di non aver visto nulla di sensato.Do 5 e non 1 solo per rispetto della media
La dolce vita è un compendio di istantanee, è un tipo di cinema che ammiro ma non amo. Certamente è una profezia straordinaria e la profezia appartiene al genio. E alcune parole, pronunciate da attori che interpretano altri attori, hanno un sapore così tragico e reale da far impressione. "Il mondo sarà meraviglioso, dicono. Ma da che punto di vista, se basta uno squillo di telefono ad annunciare la fine di tutto?"
"La dolce vita" sta a "Otto e mezzo" come, poniamo, una "Comedie humaine" di Balzac sta a "La recherche" di Proust.
"La dolce vita" è già destrutturato narrativamente, rispetto ai canoni cinematografici convenzionali, ma mantiene una progressione cronologica lineare, e procede per giustapposizione di quadri, di sequenze autonome, che nel loro insieme dipingono un superbo affresco corale attraverso il quale ci muoviamo seguendo la figura di Marcello.
Si parlò tanto di "alienazione", cinquant'anni fa, a proposito dei contemporanei lavori di Antonioni: ma l'alienazione della modernità è tutta presente ne "La dolce vita". L'inquietudine dell'uomo contemporaneo (che sia il mostruoso intellettuale Steiner o la frustrata, povera Emma piccoloborghese) si rivela prioritariamente attraverso una perenne pulsione di evasione. L'esotismo domina il film: esotica è la biondona americana (ma non era svedese?) quanto sono esotici i fantasmi della villa. Esotico e persino bello può essere il mostro marino della fine, come esotico e decontestualizzato appare all'inizio il Cristo portato dall'elicottero. Tutto è svago potenziale, stimolo di alienazione per sfuggire al vuoto e all'alienazione di un'esistenza che si trova spiazzata tra una tradizione in cui non si riconosce più, e un ignoto fatto di miraggi illusori, figli del boom, che vivono oltreoceano e sono, nella loro essenza di miraggi, irragiungibili. Chimere.
Roma è una provincia dell'impero (americano), e provinciali sono i "paparazzi" di fronte ai divi del cinema. Eppure Roma appare l'america per un padre di Marcello che viene dalla sonnolenta provincia della provincia. La provincia della provincia cerca di adeguarsi alle logiche snaturanti della società dell'immagine, e già i bambini sembrano istruiti a recitare come una finzione circense fantomatiche apparizioni mariane e attrarre su di sé i riflettori (letteralmente) del grande circo mediatico in cui da allora saremmo stati immersi, e che Fellini registra sul nascere.
C'è una evidente sfasatura tra radici che si sono perse e i ncui non ci si riconosce più, e una modernità che sembra ancora "troppo oltre" a questa provincia italica (incantata da un edonismo luccicante che non l'ha ancora uccisa per overdose: ed il film dovette il suo strano fascino da questo velo di sogno ancora non del tutto livido come pure, a guardarlo oggi, appare - tanto da far star male). Persi in questa sfasatura, ci ritroviamo insieme a Marcello in mezzo a una desolante terra di nessuno, senza riferimenti, senza stimoli, e senza più incentivi.
Un film-disvelamento, che ha denudato e ancora ci denuda, implacabilmente: senza lasciare le vesti addosso a nessuno. Un capolavoro monumentale, in risonanza profonda col presente.
Credo che sia uno dei film più sopravvalutati della storia del cinema. I capolavori dell'immenso Fellini sono altri. 3 ore per dire ciò che poteva essere detto in una e mezzo scarsa. Pleonastico e ripetitivo. La Ekberg è divenuta un icona ma perchè? Recita si e no per 5 minuti e anche male. Oggi, la cariatide va in giro ubriaca per mezzo mondo a dire che "La dolce vita " le ha rotto il ca220. E te credo non c'ha praticamente lavorato e la tormentano! No no... giudizio irremovibile. Mas*****nni si caspiterina!! Altro che!! Una grandissima interpretazione! E anche la regia eccezionale (ovviamente) ma il film è poca roba nel suo complesso.
Non ci posso fare niente, i film di Fellini proprio non li digerisco. Perchè questo regista, disponendo di ottimi attori e sfondi da cartolina non riesce a costruirci intorno un film decente? Questo film è esattamente come il successivo Amarcord, una serie di colorite scenette senza un reale filo conduttore. Il padre del film a episodi? Tutti ricordano la scena della fontana, ma la maggior parte non ricorda di cosa parli esattamente il film, un motivo ci sarà... Inolte, il lato "scandaloso" di questo film è morto insieme agli anni '60...
Sicuramente è un grande film, ma urlare al capolavoro assoluto penso che sia un pò troppo esagerato, il lavoro del grande regista si vede, ma sono sicuro che Fellini ha realizzato anche pellicole migliori di questa. Parlando del film devo dire che critiche sociali così forti nei film attuali, non esistono proprio, il film fa parlare di se grazie a questa potentissima critica rivolta all'Italia dell'epoca, dove viene viene messa in luce in maniera molto convincente e cruda un ritratto impietoso della società italiana, con un cast di attori semplicemente favoloso, e per di più molti di loro facevano parte di quell'epoca italiana. Il film a livello di realizzazione e stato fatto molto bene, l'unico problema e stata la lunghezza del film, tre ore per una continua ripetizione delle stesse cose diventa monotono dopo un pò, ma da quello che ho capito pure questa lunghezza dei tempi del film è un gesto di provocazione da parte di Fellini, quindi nemmeno qui si risparmia! Insomma, un film molto difficile da valutare, lo definirei come una critica nel confronto di tutto e tutti, con un Fellini estremamente coraggioso in molte sue decisioni. Infine ripeto, è un grandissimo film, da vedere se non l'avete visto, ma non un capolavoro.
Lo stile di Fellini continua ad annoiarmi e continua a risultare monotono e vuoto nei suoi canoni di non-sense avanguardisti,anche se questo è il più lineare di Fellini.Bunuel del periodo gli era avanti di parecchio.pochissime sono le caratterizzazioni,e almeno per me,pochissime le scene memorabili.la prima parte è senza dubbio la migliore,poi il ritmo inizia a diventare veramente insopportabile.sarà pure un capolavoro,ma non è riuscito a dirmi veramente nulla.
Io sinceramente non l’ho trovato tutto questo capolavoro. Ne ho sempre sentito parlare bene di questo film, ma io ho fatto fatica a vederlo 2 volte. Non c’è neanche una trama (vabbè, non è una novità nei film di Fellini) e poi non c’è nemmeno un personaggio interessante, anzi, la metà sono antipatici, soprattutto la Ekberg, che mi sembra la parodia del divo stupido di oggi. Un film noioso e palloso fino all’inverosimile, e, ragazzi, è dura seguire una roba del genere per 3 ore… come mai è così sopravvalutato? Boh. Ho letto la recensione e ho capito che è una denuncia sulla borghesia, sulla Chiesa e bla bla bla, ma detto onestamente ce ne sono almeno un migliaio di migliori di questo con lo stesso tema. Delusione. Profonda. Eh sì, perché dopo 3 grandi film di Fellini che ho visto, doveva farmi questa roba che non mi dice assolutamente nulla.
Un film di cui noi italiani dobbiamo andar fieri. C'è chi lo ha paragonato a qualche capolavoro di Bunuel, ma per me non è così. Fellini a mio avviso non è ai suoi straordinari livelli, ma questa è una delle sue opere migliori. Roma viziosa e scandalosa fa da scenario, Mas*****nni fa il mattatore
Giudicare quest'opera non è affatto facile, molto complicata e per palati fini e abituati al cinema felliniano. Sicuramente un film significativo per il regista ma per Roma stessa di quegli anni. Diventato un'icona, un capolavoro cinematografico italiano regge nonostante abbia più di 45 anni. Onirico, morale e malimconico con un cast formidabile. Tutto è quasi perfetto, davvero un immenso film.
UN MARCHIGIANO A ROMA "Giugno 1958 Sto lavorando, con Fellini e Tullio Pinelli, a rispolverare una nostra vecchia idea per un film, quella del giovane provinciale che viene a Roma a fare il giornalista. Fellini vuole adeguarla ai tempi che corrono, dare un ritratto di questa "società del caffè" che folleggia tra l'erotismo, l'alienazione, la noia e l'improvviso benessere. È una società che, passato lo spavento della guerra fredda e proprio per reazione, prospera un po' dappertutto. Ma qui a Roma, per una mescolanza di sacro e di profano, di vecchio e di nuovo, per l'arrivo massiccio di stranieri, per il cinema, presenta caratteri più aggressivi, sub-tropicali. Il film avrà per titolo La dolce vita e non ne abbiamo scritto ancora una riga; vagamente prendiamo appunti e andiamo in giro per rinfrescarci i luoghi nella memoria. In questi ultimi tempi Roma si è dilatata, distorta, arricchita. Gli scandali vi scoppiano con la violenza dei temporali d'estate, la gente vive all'aperto, si annusa, si studia, invade le trattorie, i cinema, le strade, lascia le sue automobili in quelle stesse piazze che una volta ci incantavano per il loro nitore architettonico e che adesso sembrano garages." (da WP). Torna a casa, Moraldo: "I vitelloni" è ancora più bello. "Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire." ("Il gioco e il massacro").
Pellicola che rappresenta, stilisticamente, il passagio di Fellini dalla fase neorealista a quella surrealista, portando in sè elementi e dell'una e dell'altra corrente. Il film si incentra sul viaggio di Massimo, giornalista di una testata scandalistica la cui vera ambizione è quella di scrivere un romanzo, all'interno della "dolce vita" romana, allo scopo di registrarne gli eventi e i fatti più significativi e salienti. Ma quello che scopre, al di là della patina sfavillante e tutta specchi e lustrini di questo mondo ai nostri occhi così lontano e irreale, è una dimensione fatua, artificiosa, infima e bieca, dominata da ipocrisie, opportunismi, ma anche da tanta mestizia e dolore per la perdita (consapevole e non) della naturalezza e della spontaneità dei rapporti umani, presenti invece nelle realtà sociali più umili. Il settimo giorno coinciderà con la presa di coscienza, da parte di Massimo, di questa perdita, testimoniata emblematicamente dalla sua incapacità di comunicare con una innocente ragazzina conosciuta precedentemente, ma di cui non riconosce il volto e non ode le parole.
Mi dispiace: sarò una pecora nera, totalmente ignorante in fatto di cinema, ma questo film non è riuscito ad appassionarmi. Le atmosfere sono buie, e il film è lento tanto che spesso mi si chiudevano gli occhi. Di Fellini per ora ho visto solo questo e l'episodio girato da lui in Boccaccio '70, ed anche in quel caso è stato l'unico episodio dei 4 che non mi è piaciuto...
che dire su un opera d arte del genere.. era tanto che avevo in casa sto dvd ma purtroppo data la durata nn ero mai riuscito a visionarlo.. poi stamattina la scuola occupa e quindi decido di vederlo.. sono rimasto veramente meravigliato da questo capolavoro e dalla grandissima interpretazione di marcelòlo mastroianni ormai diventato il mio attore preferito.. tuttavia per me è inferiore a film di fellini cm 8 e mezzo, amarcord e casanova. cmq un capolavoro del cinema italiano
"è una pittrice americana, è venuta a cercare il colore a Roma dove non c'è"...è il commento della stupenda e bravissima Anouk Aimèè (Maddalena=simbolo evangelico) durante una delle tantissime e straordinariamente dirette opulente feste della big generation romana anni '60. la Dolce Vita è un punto di arrivo, una riflessione amara, MA PARTECIPE di una situazione sociale e culturale in sostanziale declino. per Cultura qui intendo ogni aspetto della società quindi anche l'etica. Etica cristiana e non, anzi etica cristiana che non riesce più ad abbracciare la popolazione (stupenda la sequenza iniziale) per motivi ecclesiologici e sociali. Fellini dipinge quadri in movimento, Cinema che osserva e che in una certa maniera lavora esattamente come Marcello, a contatto con la società anche se con tutti quei problemi. è da questo impegno (che all'epoca fu capito da pochi) che nasce la figura di Steiner, una torre di babele in cui etica, erudizione, cultura, affetti, amore non parlando più la stessa lingua e inevitabilmente il senso della vita cade con tre colpi di pistola. Fellini non si distacca per presunta superiorità intellettuale, ma è partecipe e racchiude nel suo cinema superbo il suo significato più nobile e veritiero: "la cosa da fare" di cui parla Welles.
scusate... alla fine mi fido che questo film sia un capolavoro perchè così lo definiscono tutti i dizionari etc..ma non sono riuscito ad appassionarmi al film amo fellini amo 8 e 1/2 amo mastroianni...probabilmente dovrò riguardarlo
Gli do 6 perché tutti dicono che è un gran regista... a me è sembrato un film poco interessante per i temi trattati. Non ho finito di vederlo, mi sono addormentato quando la puttanona bionda e l'altro si sporgevano da una finestra a S. Pietro. Sicuramente ha i suoi meriti ma io non li vedo.
Che dire? Cosa dire in pù di quello che è stato già detto? E' il FILM. Un'opera d'arte. Un film universale, come del resto lo erano anche quelli di Kubrik, Kurosawa, Bergman.. Marcello non è il protagonista attivo del film...ma protagonista passivo. Egli, giornalista donnaiuolo e inconcludente, passa fra amori violenti e scappatelle puerili, fra miracoli mediatici e mostri marini.......tutto senza mai concludere qualcosa. Egli è narratore inconscio...è un illustratore di vita. Ci accompagna nelle tre ore di pellicola in un mondo falso e veritiero, tenero e cinico, magico e miracolistico, burlone e straziante. Straziante come il suo amico che uccide i figlioletti nei loro lettini, burlone come la festa in cui un Celentano giovanissimo canta e balla, magico come il ritrovamento dell'animale sconosciuto pescato in mare, miracolistico come la visione della ******* ad alcuni bambini... Fellini riesce a costruire, in un mondo immaginario quale quello dei film, un mondo vero...purtroppo o menomale sin troppo vero. Gli occhi del Fellini- Marcello ci guidano nella profonda anima della nostra esistenza dipingendo un quadro surreale e reale al tempo stesso, a guisa di un pittore visionario e tuttavia consapevole della realtà. E' forse la ragazzina che alla fine cerca di chiamare Marcello, la salvezza? E' forse lei quella speranza...quella luce...che potrebbe salvare i nostri corpi smembrati da una società fredda e cinica? Non si saprà....e forse neanche ha importanza....tanto il giorno dopo Marcello ritornerà a passare di vicenda in vicenda senza venire a capo di un filo troppo lungo per lui e per l'umanità intera. Assieme a film come La strada, Otto 1/2, Amarcord...La dolce vita è sicuramente un astro infinito nell'universo cinematografico.
Altro che top 25, estereofilizzati, americanati, siamo cinici e spesso ignoranti. Ci siamo difesi bene in passato, anzi abbiamo fatto storia, e siamo stati noi ad importare stili e modi di vita, costume, moda, come le catene di Pub che noi abbiamo portato in giro nel mondo intestati ad un dei migliori film di sempre, poi ricordiamoci che si tratta di Federico Fellini, ovvero il n 1.
Non riesco a dare di più. Sicuramente un gioiello ma che più passan gli anni e più il modo di fare (e i mezzi...) cinema cambia... più è difficile apprezzare... anche per me...
Un Cristo che sorvola il cielo di Roma, come quello che abbraccia Rio de Janeiro... La mistificazione medianica della fede, tra apparizioni di Madonne e una città che è eternità e dannazione del suo stesso dogma (il Vaticano)... E un'uomo che lascia una scia di morte perchè "forse aveva soltanto paura" ('l'amarissimo steiner di cuny, emblema di tutta la follia interiore di una società moderna) Parabola audace ma anche film vagamente "moralista", ricalcato dall'imput sproporzionato dei seni (grande madre, o icona trash benedetta dal suo Autore?) di Anitona, da un vero Tarzan (Barker) passato all'alcool , da donne "facili" che concedono solo una notte e specchi infiniti di amarezza, dalla scena intellettuale beat dell'epoca - quando Ginsberg cenava in via veneto e arthur miller sostava al piper, quando Marlene Dietrich alloggiava in piazza di spagna, e Nico non era ancora la chanteuse scoperta da Andy Warhol (ma quanto bella quanto bella) . A tutto questo, a tutta la fragilità delle donne perdute e mai ritrovate (per amore o solo per amare) Fellini oppone l'unica speranza, il volto acerbo di una quindicenne, Valeria Ciangottini, il cui richiamo di Marcello svezzato dal vento pare quasi un miraggio, un desiderio impossibile di redenzione. Più che un affresco di costume, "La dolce vita" tramanda ai posteri una sfrenata ambizione esistenziale che - negli anni del boom - spoglia i viveur della loro impossibile inadeguatezza umana. Fà di più: li costringe a un bagno di vitalità per non lasciarli perire nel nulla.Ho sempre pensato che dietro le persone che vogliono vivere TOTALMENTE la loro esistenza esista una fortissima fragilità emotiva. Marcello la raggiunge, dominato da tutto l'effimero che è parte del gioco, come un angelo che non vuole saperne di dover tarpare le sue ali In tutto il vitalismo del film, "immorale" per chi non ha sogni da trasmettere (all'epoca la censura colpiva duro) c'è il bisogno non di percorrere i tempi, ma di sfidarli - in una rinuncia dolorosa (Nadia Gray pensa al divorzio - ben prima del referendum radicale - e offre un sinuoso spogliarello, Steiner rappresenta la repressione, la fine imminente del modello inattaccabile della famiglia italiana doc). Echi splendenti ma in realtà crudeli di un'ipotesi futura, di un consumismo di vita atto a frantumare il classicismo sterile di "ieri". Celebrazione di un fasto, di un'epoca, fine e profezia al tempo stesso. Proprio come le rovine del foro, persistenti nel tempo, testimoni di un buio mai troppo lontano
"CAPOLAVRO DEL CINEMA ITALIANO..." Troppe volte ho sentito questa frase accostata alla pellicola di Fellini...Ma perchè la critica si sente obbligata a relegare "La dolce vita" nella, ingiustamente bistrattata, categoria del "Cinema Made in Italy"? Sia forse il timore di scoprire, un giorno, che il paragone rischia di far apparire Fellini all'altezza dei più grandi registi d'oltre oceano? Non mi è mai capitato di sentir definire "Casablanca" come un capolavoro del cinema AMERICANO...Eppure è lì che l'hanno girato....E allora? Qualunque sia la risposta, la mia unica certezza è che questo film è, oggi più che mai, un patrimonio inestimabile e una pellicola perfetta; da vedere, comprendere e rivedere...