Roma anni '60. Massimo giornalista di un rotocalco scandalistico, si trova in mezzo ai vizi e scandali di quella che era definita "la dolce vita" dei divi del momento.
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Partire dal neorealismo e dagli stereotipi italiani per poi dare alla luce LA DOLCE VITA è un qualcosa che solo Federico Fellini poteva fare, primo regista italiano capace di introdurre la tradizione metafisica novecentesca anche nel cinema, trovando nel contemporaneo tutti i contrasti di un mondo accelerato: la storia si scontra con la modernità, la cristianità con il benestare dell'uomo di oggi, perverso e pagano. Non è solo l'edonismo il tema felliniano, ma anche il dramma dell'uomo edonista, la depressione interiore che porta con sé il vivere contemporaneo. In tutto questo, il surrealismo penetra nel reale attraverso un giocare estetico e stilistico d'alta classe che produce una narrazione instabile e decostruita esattamente come il contemporaneo, vero ma illogico.