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Non rientra certamente fra i migliori film di Avati, però il personaggio di Abatantuono trasmette carisma pur nella sua mediocrità di essere umano, attore e padre. Un individuo odioso che non riesci a detestare fino in fondo e che cerca nel suo piccolo, attraverso questa sua ossessione per Germi, di dimostrare l'esistenza della passione per il proprio lavoro, di andare oltre la superficialità. Mi è piaciuto anche il finale.
Mbé?? Cos'è, ci si sente fighi a criticare Avati? Ma dai, la storia è interessante, non banale, nè stucchevole, come alcuni scrivono. Gli attori egregi, anche Incontrada stupisce piacevolmente. Una trama originale, inaspettata, che coinvolge e funziona. Certo forse è insolita, ma non sarà che molti criticano solo perchè non ritrovano i soliti schemi da commedia con Abbatantuono? Perchè si sono abituati ad apprezzarlo in pellicole come "Regalo di Natale" o nei bei film di Salvatores? No, devo dire che invece a me ha convinto questo lavoro, anche un po' innovativo, in fondo. Forse Avati voleva sperimentare nuove idee, un nuovo registro. E non credo abbia fatto male, anzi. Leggete il commento di quacker, che mi sembra uno sveglio.
Un film intriso di malinconia, il finale ne è un classico esempio, che però non riesce a commuovere lo spettatore in maniera profonda. La storia non è brutta e si lascia guardare, il perdonaggio di Abatantuono è caratterizzato bene gli altri forse un po' meno, ma quasi tutti mi sono sembrati discreti, perfino la Neri.
Per quanto non coinvolga quasi apposta è davvero un buon film. Vanessa Incontrada non recita da cane come pensavo e Abatantuono rende bene l'odioso personaggio che interpreta. Malinconico.
Pupi Avati dopo Ma quando arrivano le Ragazze crea un'altra gemma cinematografica del cinema italiano. Film molto profondo e recitato molto bene. Una bravissima Vanessa Incontrada e una bravissima Francesca Neri.
Film minore di Pupi Avati, risulta gradevole grazie al carismatico Abatantuono e la deliziosa Ines Sastre. La sceneggiatura appare però poco 'lavorata', cosa strana per Avati. Il quadretto di un attore 'piccolopiccolo' e la critica al sesso maschile, interpretato da uomini beceri e vigliacconi, appaiono, per lo più, un pretesto e un abbozzo.
Avati realizza un film nel suo stile delicato e disincantato, leggero e malinconico, e questa volta ben riuscito, grazie all'aiuto di un Abatantuono notevole, accopagnato da un poker di attrici che se la cavano dignitosamente, perfino Violante Placido che per me resta ancora un mistero della recitazione, e tra cui spicca una raffinata Francesca Neri, sensuale anche quando si ubriaca, uno dei volti che mi piacerebbe vedere più spesso sul grande schermo.
Ad ogni modo dopo La seconda notte di nozze, che mi era piaciuto tantissimo, il buon Pupi non si smentisce e continua a sfornire film veramente ben fatti che fanno riflettere. E' un film di ampie vedute, dai molti risvolti e connotati, che colpisce lo spettatore per la carica emotiva dei personaggi. Ottima in ta senso la caratterizzazione psicologica del bravissimo Abatantuono. Avati dimostra di saper spaziare nei suoi film dai favolosi horror di La casa dalla finestra che ridono e Zeder fino alle commedia sentimentali. Bravo Pupi
La nuova fatica di Pupi Avati mi ha lasciato a fine visione un senso di incompiutezza,la pellicola infatti pur avendo delle grosse potenzialita’ non riesce ad esprimerle completamente,nonostante risulti comunque un prodotto che intrattiene in maniera piacevole. Il regista ci propone una disamina del valore della famiglia piuttosto pessimista,anche se poi apre spiragli ottimistici durante lo svolgimento del film,per poi chiudere con un finale agro-dolce. Non mancano svariati attacchi al mondo della televisione e a quello del cinema attuale,aleggia su tutto il film un senso di nostalgia gia’ percepibile negli ultimi lavori del regista, che qui attraverso il personaggio di Sandro Lanza ,un divertente Abatantuono, vengono esplicitati attraverso il ricordo di alcuni importanti registi italiani dei tempi andati. Il film pero’ non sembra possedere la giusta cattiveria per andare fino in fondo,forse perché si tratta solo di una commedia sentimentale come recita in apertura il sottotitolo del film,forse perché Avati non voleva realizzare un lavoro apertamente polemico,peccato perché il risultato conseguente non è certo dei piu’ memorabili. Anche le tre protagoniste sono piuttosto inconsistenti come personaggi,mentre appare poco convincente la recitazione sopra le righe di Francesca Neri. Ideale per una visione leggera,quasi un prodotto di transizione verso il suo prossimo lavoro che dovrebbe segnare il ritorno al genere thriller/horror da parte dell’autore bolognese.
"Ennesimo capolavoro di Pupi Avati ... speriamo che la prossima volta si decida a fare un buon film" diceva Giancarlo D'Angelo ai tempi del Drive In... e sono passati vent'anni. I "capolavori" si sono susseguiti, quanto ai buoni film, beh... questo lo è senz'altro. Il problema non è Avati, ma l'Italia (e il suo ambiente di cinematografari). Alcuni nei commenti che precedono hanno citato Almodovar ed anche Denys Arcand (Le invasioni barbariche) ma la vera differenza fra costoro ed Avati (o gli altri nostri registi d'oggi) sta nel clima culturale e sociale di Spagna e di Canada ben diverso da quello italiano. E' una questione tutta di atmosfera. I commenti piuttosto freddi che ho letto secondo me rispecchiano l'infimo livello nel quale si trova oggi l'Italia. Per carità, non fraintendetemi: non voglio assolutamente dire che chi ha stroncato questo film sia un becero o un ignorante. Succede invece, sempre più spesso, che, quando si va a vedere un qualunque film italiano, si esca dal cinema profondamente delusi e scocciati, per la incapacità dei registi di parlare oggi dell'Italia, di raccontarla, di anticipare, con la sintesi propria di un'opera d'arte, ciò che un sociologo ci può dire a posteriori in 600 pagine. In realtà il nostro paese è diventato difficile da descrivere, per il suo meschino livello culturale, ed è perciò quasi impossibile fare dei film come si deve. Quindi è del tutto naturale rimanere frustrati, dopo un Muccino, un Avati, un Ozpetek, un Moretti e così via. Se invece si fa una tara su questa indescrivibilità, la maggior parte dei film italiani, compreso questo, sono dei prodotti più che dignitosi. Per non fare solo un prodotto, ma quello che molti si aspettano, e cioè un'opera d'arte, "un capolavoro" come quelli che si pretendono da Pupi Avati, occorrerebbe però il coraggio di non limitarsi a ricopiare la cronaca. Siccome però il coraggio uno non se lo può dare, dobbiamo rassegnarci a vedere roba come questa Cena per farli conoscere, che non è certamente né mediocre né noioso, ma che si basa tutto su personaggi, vicende, ambienti etc... stranoti e ne riferisce al pubblico. Così ovviamente non si rischia, ma, altrettanto ovviamente, non si fa del grande, vero cinema. E' come raccontare una barzelletta vecchia: ha già fatto ridere e si è consumata: non si può sperare che diverta ancora perché la prima volta tutti hanno riso. La colpa non è di nessuno: il produttore non vuol perdere, il distributore compra solo il sicuro, il regista non può, non sa, non se la sente, il pubblico va (poco) al cinema e si difende evitando i film italiani; quando li vede li giudica per lo più male. Solo una catastrofe ci può salvare (come una guerra perduta ci diede il neorealismo), e nessuna persona sana di mente se la può augurare: perciò teniamoci questo cinema (ed io do due tre punti in più di tara ai film italiani, da valutare per il loro peso lordo...).
Sicuramente un Avati minore, che confeziona una commedia un po' fiacca e sorretta da una regia scarna e troppo essenziale. Il film può essere interessante nel modo in cui mostra le brutture e l'egocentrismo e l'ossessione della fisicità del mondo dello spettacolo e anche degli uomini, che qui trattano molto male le donne, abbassandole a belle bambole con una dignità che deriva solamente dalla loro grinta e tenacia molto superiori a quelle degli uomini, esseri quasi viscidi. Purtroppo Avati, pur senza sfruttare nessuna elegia di alcun tipo, basa il suo film su troppi dialoghi, eccessivamente lunghi e gestiti non benissimo, ma divertenti, grazie anche alla comicità innata e multiforme del grande Abatantuono. Un film discreto.
Ho sempre apprezzato la delicatezza dei lavori di Pupi Avati, i personaggi come quello interpretato da Albanese ne "La seconda notte di nozze", che sembrano fuori dal tempo per la poesia che evocano con i loro gesti misurati. "La cena per farli conoscere" è un film senza infamia e senza lode, recitato bene, che si lascia vedere, ma con dei personaggi che non suscitano quelle emozioni e quel trasporto cui mi riferivo in precedenza. Il ruolo interpretato da Abatantuono in fondo non si discosta molto dal Fuxas di Verdone in Perdiamoci di vista nè si trovano motivi per ricordare i personaggi delle 3 figlie, collocate in luoghi diversi dell'Europa forse proprio per aiutare una caratterizzazione che di fatto non c'è. In ogni caso sufficiente.
Un film piacevole che non annoia, anche se un po’ superficiale e senza grandi pregi stilistici. L’intento è quello di prendere un po’ in giro il mondo televisivo e cinematografico di second’ordine. Una rappresentazione ironica, lieve che diventa quasi un omaggio affettuoso ai personaggi che danno anima a questo mondo minore, ma così vivo e radicato nei gusti della gente comune. Questa è la parte più divertente e viva del film. Il protagonista, oltre ad essere un attore da strapazzo, è anche padre di tre figlie. I rapporti non sono facili. Le figlie poi hanno anche loro problemi e tutto sommato una vita non soddisfacente. La parte “sentimentale” del film non è molto riuscita. Le situazioni sono un po’ forzate, con personaggi nevrotici, fragili, vittime di disavventure sentimentali. L’unica istituzione che si salva, come nei film di Almodovar, è il legame del sangue. La solidarietà fra sorelle o la cura di un padre verso il proprio figlio, è l’unico punto fermo del film. Rispetto ai film di Almodovar manca però l’intensità espressiva e sentimentale. Manca mordente e convinzione. Rimane comunque un quadro un po’ pessimista della realtà. Il finale sta lì a testimoniare che gli “happy end” sono ormai dei ricordi lontani, pure nelle “commedie sentimentali”.
e che sono questi voti così bassi! a me è piaciuto molto, l'ho trovato estremamente godibile, recitato superbamente (Francesca Neri è fantastica) e con il solito, inconfondibile tocco di Pupi Avati. geniali i titoli di coda!!
Piacevole il film nel suo complesso. Forse un "filmetto" da tv più che da cinema, con dei cali netti sul piano recitativo, dovuti anche dall'utilizzo di attori non sempre all'altezza. Anche la storia lascia un po' a desiderare. Diego e la Neri sono bravissimi, anche se lei compare solo per un breve periodo. Discreto.
E' un 7-- (meno meno), c'è un pizzico di delusione perchè mi aspettavo un qualcosa di più e anche un pò di rammarico perchè se effettivamente ci fosse stato qualcosa in più...ne usciva una commedia agrodolce formidabile!
E' soprattutto il ritmo ad essere troppo discontinuo, la prima parte è lenta e il film è troppo addossato sulle spalle (capaci ma non infinite!) del bravo Abatantuono mentre le tre attrici (mediamente bravine...) si dividono ruoli più stereotipati e tutto sommato marginali. Meglio riuscita la seconda parte con l'attesa 'cena', con il buon 'chicco della 3a c' ad aiutare diego a riparigliare i sessi (nonchè tempi, gag, e il lato commedia in generale poichè sull'altra sponda ci sono minori capacità nonchè più 'agro' che altro...) e con 10 minuti di una Francesca Neri TRAVOLGENTE, con un ritmo più incalzante sino al finale più riflessivo.
Alcuni scambi di battute sono veramente fantastici, peccato siano dispersi un pò troppo quà e là.
Partiamo da un presupposto comune:Pupi Avati è un grande cineasta,sa fare film con grande tecniche narrative ed è un buongustaio del cinema moderno italiano. In questo suo nuovo film Pupi racconta in modo sobrio e fin troppo"stilistico"la storia di un attore in fase di discesa dopo un traumatico intervento chirurgico,alle prese con le sue tre figlie tutte diverse fra loro,con i problemi e le vicissitudini di ognuna di loro,ritrovando il buon senso di una famiglia ormai perduta divenuta d'incanto piacevole con l'entrata di una nuova donna che dovrà fare,almeno come utopia,da compagna al povero uomo. Sandro Lanza,nonchè Diego Abatantuono,è uomo privo di aspettative affettive che si ritrov a combattaere un suo egoismo comune in tutti personaggi del film. Infatti il vero senso del film è non solo la lotta al cinismo di tutti i giorni,ma anche la battaglia inconsapevolo tra egoismo e altruismo immeritato,due fronti da tenere a bada. In questo caso le tre figlie,più padre e amante diventano scopo di comunione e di riunione familiare,con tanto di nevicata finale(cosa alquanto insolita nella capitale italiana)
Il film è sicuramente da vedere per ogni forma di stilismo puro,Pupi è affezionato ad ogni modo al genere elegante di raccontare quel sottilissimo pregio ironico che c'è nelle sue pellicole.Questa volta il genere sentimentale è sicuramente godibile ma strimenzito,un pò freddo,imprigionato in pochi attimi di vera libertà sentimentale ed espressiva.Tutto è sobrio,fine,fin troppo calmo. Non è vero che si tratta di un nuovo genere alla"Almodovar",perchè in questo film mancano componenti di passione per dare spazio a tanta leggerezza con venatura melanconiche soprattutto nella seconda parte,l'atto migliore del film.C'è da ricordare impressi la scena centrale della"cena"familiare,veramente esatta e generosa,a tratti anche divertente. Il tutto è ottimamente recitato,la Neri è al top di tutte le graziate donne che ci sono nel film,veramente straordinaria. Sarà la stanchezza di anni di lavoro,le idee ci sono ancora,magari alcune è meglio non tenerle più strette nel cassetto delle emozioni,lasciamole andare non fa mai male. Consigliato
Un buon film intriso di molta tristezza e malinconia come solo Pupi Avati sa fare anche se ci ha abitutati a film corali e di tono "maschile",in questo caso al "femminile": un ottimo Diego Abatantuono che, come il vino più invecchia più è "buono"; tra le attrici ho preferito Ines Sastre l'unica in parte, con toni pacati e non sopra le righe, le altre due incontrada e Placido si adeguavano alla sceneggiatura ma non all'altezza, anche se i risvolti psicologici delle medesime non sono stati ben approfonditi; un ottima interpretazione di Francesca Neri attrice che mi stupisce ogni volta che la vedo recitare; un film che parte in maniera divertente ma si stempera piano piano nella malinconia ed angoscia che ognuno di noi si porta dentro, come i nostri sogni ci appartengano ed è difficile "abbandonarli" per un progetto reale... Un'ottimo Blas Boca Rey che recita nella sua lingua madre..
Pupi Avati è un grande narratore di storie. Grande perchè riesce anche con pochi mezzi e con cast passabili a descrivere i drammi della nostra società nelle varie epoche con ironia e con uno stile assolutamente piacevole regalandoci un cinema rilassante e pieno di spunti di riflessione. Al centro dei suoi film , le famiglie, vero specchio del mutare dei costumi e unica fonte di informazione di una realtà che plasma e modifica segnando gli effetti del tempo. La famiglia di "La cena per farli conoscere" è composta da tre sorelle che vivono in tre città diverse e con pochi contatti tra loro che si riuniscono un po' forzatamente per assistere un padre istrionico , bisognoso di attenzioni. Per sbarazzarsi di lui, decidono di farlo incontrare con una donna più giovane di lui e organizzano una cena che avrà effetti diversi per ognuno dei partecipanti. Le tre sorelle sono donne contemporanee, vanno sempre di fretta, e pur con qualche generalizzazione, rappresentano l'immagine femminile giovane in carriera delle più evolutre realtà urbane. Le tre attrici sono ottime interpreti e molto credibili di una vita lavorativa veloce e pragmatica,che lascia poco spazio alle tradizioni. Diego Abadantuono è bravissimo nella sua parte di padre fallito e senza preziosismi artistici,risulta essere molto credibile e vicino alla realtà. Il personaggio di Francesca Neri risulta un po' caricato,ma non stona anche per la bellezza grafica della sua immagine in una elegante scenografia contemporanea. L'occhio di Pupi Avati è particolarmente critico nel vedere questi personaggi alle prese con il loro destino, con le loro nevrosi e con i loro sforzi per cucire le toppe di una vita fallimentare; gli unici che sono riusciti a fare carriera ,sono anche i due più malati e non c'è lieto fine perchè sono lasciati alla loro malattia. Ci sono tutti gli elementi per dedurre una denuncia massacrante allo stile di vita odierno e un ritorno al passato è impossibile: i bei tempi,tornano solo nei sogni. Anche la chirurgia estetica a cui ricorre il protagonista dà un risultato pessimo ,conviene quindi vivere un presente mediocre ma reale che sperare un' impossibile serenità. Il film scorre molto bene e va visto per la piacevolezza delle immagini, per i dialoghi divertenti ,ma soprattuto per l'ottima prova degli attori. Qualche errore si nota nella prima parte del film dove una sceneggiatura velocissima sembra saltare qualche passo; il licenziamento del protagonista si capisce praticamente troppo tardi e anche la comparsa delle figlie è un po' affrettata e confusa. In 99 minuti il regista ha voluto condensare molti elementi e nel primo tempo c'è un po' di confusione; forse Pupi Avati doveva prendersi qualche minuto in più. Unico difetto in film veramente interessante. Molto buono e consigliatissimo