la bellezza del somaro regia di Sergio Castellitto Italia 2010
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la bellezza del somaro (2010)

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locandina del film LA BELLEZZA DEL SOMARO

Titolo Originale: LA BELLEZZA DEL SOMARO

RegiaSergio Castellitto

InterpretiSergio Castellitto, Laura Morante, Marco Giallini, Gianfelice Imparato, Emanuela Grimalda

Durata: h 1.47
NazionalitàItalia 2010
Generecommedia
Al cinema nel Dicembre 2010

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Trama del film La bellezza del somaro

Rosa, determinata invece a diventare adulta. Durante uno spensierato weekend con gli amici nella casa di campagna in Toscana, Marcello e Marina, sollevati dal fatto che la storia di Rosa con un suo coetaneo, Luca, sia finita, si preparano a conoscere il nuovo amore della figlia, ma non sanno ancora cosa (e chi) li aspetta...

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Voto Visitatori:   6,31 / 10 (56 voti)6,31Grafico
Voto Recensore:   7,00 / 10  7,00
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Voti e commenti su La bellezza del somaro, 56 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Inn10  @  03/01/2011 03:19:51
   4 / 10
Sopravvalutatissimo....mamma mia che brutto film!!! Si salva il somaro e lo sfondo. Castellitto ma va va

3 risposte al commento
Ultima risposta 07/02/2014 23.29.04
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Invia una mail all'autore del commento EnglishRain  @  29/12/2010 10:31:42
   5 / 10
Una regia che cerca di essere alternativa e "psichedelica" ma che causa solo un continua confusione fastidiosa..Poche battute e poche gag divertenti..Trama di base interessante ma poco credibile ed esagerata..Un film che lascia ben poco..Si salvano gli attori..tutti piuttosto bravi..ma se mancano le fondamenta...

1 risposta al commento
Ultima risposta 03/01/2011 03.15.18
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  26/12/2010 18:14:28
   8½ / 10
Meraviglioso.
Un film che o si ama o si odia.
Castellitto si rivela un cineasta di spessore e profondità inaudite. Uno sguardo sui giovani che difficilmente si trova nel contemporaneo, una riflessione tragicomica sul senso delle relazioni.
Il tutto condito con un genuino citazionismo, specialmente al grande cinema di Fellini, e con una comicità che sfiora il geniale.
Sono molto legato a questa tipologia di cinema, e soprattutto premio chi vuole fare cinema sul serio. Le tematiche mi sono molto "famigliari". Questo spiega il mio voto decisamente alto.
Consigliatissimo.

2 risposte al commento
Ultima risposta 27/12/2010 12.20.18
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  23/12/2010 11:08:34
   7 / 10
Ottimo, davvero.

La bellezza dell'incessante scorrere del tempo, così beffardo ma traghettatore di saggezza.
La bellezza dei pregiudizi, perché è magnifico poi dire che si aveva sbagliato.
La bellezza del tradimento, che forse ti aiuta a ritrovare il vero amore.
La bellezza delle droghe leggere, che posson far piangere di lacrime sincere un adulto.
La bellezza dei matti, perché non hanno bisogno di seguire i nostri tristi schemi quotidiani.
La bellezza delle grida, perché sono piene di passione.
La bellezza di sbagliare, perché è umano.

Un film catastrofico ma allo stesso tempo felice, riassunto nell'immagine herzoghiana di un somaro nel deserto, animale tanto brutto quanto storicamente importante.
E quei richiami, quelle citazioni, quei sussurri cinematografici rendono l'insieme un pizzico più autoriale rispetto al triste panorama della nostra settima arte contemporanea.

Perché c'è ancora qualcuno a cui fare cinema piace sul serio.

5 risposte al commento
Ultima risposta 30/12/2010 02.08.23
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Cinema is Dead  @  22/12/2010 23:36:11
   5 / 10
La pretesa di raccontare le crisi dei cinquantenni, l'apatia degli adolescenti, le liti genitori-figli e i timori della vecchiaia che avanza sono di per sè intenti di certo apprezzabili, ma in questo film tutto è estremamente confuso e approssimativo, e nessuna tematica è sviluppata costruttivamente.
La scelta di un racconto venato di surrealismo che apre spesso al grottesco come metafora del caos delle relazioni interpersonali si riduce ad un'accozzaglia di scene spesso inutili e fastidiose che sovente sfociano nel puro trash fine a sè stesso. Identico discorso vale per la scenggiatura, composta perlopiù di turpiloqui che cessano di essere spassosi dopo appena 10 minuti di proiezione e gag bollitissime, a volte gratuitamente ammiccanti. La galleria dei personaggi è poi ampiamente stereotipata, e le interpretazioni sono puramente macchiettistiche. Alcuni poi risultano essere particolarmente patetici e fastidiosi, vedi i due pazienti della moglie psicologa o l'amante brasiliana. Il ruolo di Iannacci-saggio uomo di mondo che mette quasi ordine in un pollaio starnazzante è una minima apprezzabile, anche se facili moralismi e intellettualismi di maniera ne offuscano la genuinità. Le note più positive arrivano paradossalmente dalla recitazione, in particolare da un Castellitto e da uno Iannacci stesso abbastanza ispirati. Il vero problema è che il film cerca di nascondere l'assoluta mancanza di spessore tematico e approfondimento sociale tramite scenette e dialoghi grottescamente stucchevoli e spesso davvero brutti, inutili e fuori contesto. A fine proiezione si ha la sensazione di aver compreso poco dell'istrionismo del film, che non resta dentro per più di 30 secondi e si rivela l'ennesimo leggerissimo prodotto di un cinema nazionale ormai pateticamente avulso nei suoi clichè e che pare incapace di produrre opere che attraverso i toni della commedia riescano a scavare un minimo sotto la superficie delle solite sequele di abusati sketch televisivi. Filmaccio.

29 risposte al commento
Ultima risposta 28/12/2010 15.07.13
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annibalo  @  22/12/2010 15:42:24
   8 / 10
che gli asinelli siano belli rispetto alle brutture delle relazioni umane, e quello del film in particolare, con le inquadrature metafisiche, si! son daccordo... e sulla sceneggiatura originale pure,ma definirla commedia...buoni gli spunti sulla crisi di coppia e responsabilità educative,eccessivamente caricaturizzati i ragazzi mentre la figura della preside ...era più azzeccata

2 risposte al commento
Ultima risposta 28/12/2010 10.22.31
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  22/12/2010 02:51:33
   8½ / 10
Mi sbilancio subito: il miglior film che ho visto in questa altrimenti scialba stagione cinematografica, senz'altro il più originale. Sembra un UFO all'interno della produzione italiana, solo Salvatores può essere avvicinato allo stile visionario e grottesco adottato da un Castellitto in stato di grazia tanto come regista che come attore.
Un plauso alla Warner che ha avuto il coraggio di distribuire in questo periodo una pellicola così ardita per un pubblico come quello italiano che non ha mai amato troppo le digressioni oniriche (eccettuato Fellini, super-celebrato fino alla sua morte e poi prontamente dimenticato, qui esplicitamente citato dal personaggio principale di nome Marcello). I non entusiasmanti incassi finora ottenuti stanno lì a dimostrarlo, ahinoi.
Una commedia anarchica, tanto in senso stilistico che contenutistico, graffiante, implacabile fino ad essere corrosiva supportata da un cast di attori al meglio di sé.
Su tutti un Enzo Jannacci tenerissimo e delicato che tratteggia un personaggio semplicemente vecchio, contento della sua vita che sente volgere alla sua fine naturale e per questo charmant. Non un saggio (lui stesso si meraviglia di quanti "Capi Apaches" abbiano bisogno i disillusi cinquantenni altoborghesi in cui finisce con l'imbattersi), ma semplicemente una persona cui l'età anagrafica coincide con quella mentale. Magia!
Sì, perché il vero tarlo che rode i personaggi affermatissimi che popolano la pellicola della coppia Mazzantini-Castellitto, è la loro incapacità di assumere la propria età (quindi, fatalmente, la loro vita) e il loro essere genitori che non li responsabilizza ma anzi li rende dipendenti dall'amore e dalla riconoscenza dei figli in un curioso quanto perverso rovesciamento di ruoli.
Nel paradosso assoluto di una generazione nostalgica dei propri anni giovanili che però gioca a farsi beffe del tempo che passa, la Mazzantini e Castellitto affondano il coltello senza tanti complimenti.
Così, i personaggi più "assennati" sono quelli più folli, in una sorta di "Fool(s) on the Hill" in salsa toscana; essi irrompono sulla scena con una carica implosivamente eversiva che stupisce sia per la loro (talvolta estrema) bizzarria che per il loro tragicomico nichilismo (l'aspirante suicida che fotografa tutti "prima che muori" è il personaggio più godibile e azzeccato, con i suoi atteggiamenti che scimmiottano il Max Von Sydow del "Settimo sigillo" a metà tra Don Chisciotte e Brancaleone da Norcia, per non parlare della governante che sembra un kapò appena uscito da un lager o della paziente invadente perennemente attaccata al biberon...).
Su tutti campeggia un collodiano somaro che, al pari di quello di "Pinocchio", sembra scandire i tempi della commedia umana che si svolge nelle sue vicinanze nell'ingrato compito di sottolineare l'inadeguatezza esistenziale di persone altrimenti dotate di un notevole quanto ingombrante (a questo punto inutile?) bagaglio culturale che li condanna fatalmente all'autoreferenzialità.
In fondo, la tragedia (ormai prossima alla farsa) che attanaglia la nostra civiltà al tramonto è quella di non sapersi più rapportare coi propri pari: tra giovani che cercano vecchi e vecchi che cercano giovani si consuma il dramma della solitudine più profonda causata dall'incapacità di empatizzare o anche solo di simpatizzare. Cioè di comunicare. Alla verbosità ostentata nei contenuti e nei toni (molto urlati, Muccino docet) si contrappone, infatti, la frigidità corporea o la compulsione della ricerca di avventure sessuali tanto intense quanto nascoste e inconcludenti.
E non è che le nuove generazioni si salvino, schiave come sono della ricerca di figure genitoriali da ammazzare, più ideali che reali, prigionieri di verginità non volute quanto di disinvolture sessuali praticate per curiosità e noia più che per e con piacere.
Per dire tutto questo Margaret Mazzantini ricorre a uno script fin troppo citazionista (forse l'unica, vera pecca del film) nel quale sembra volerci dimostrare quanto è brava e colta.
Castellitto traduce in immagini originalissime e in visioni tanto inaspettate quanto grottesche la sceneggiatura dirigendo con mano fermissima se stesso e i numerosi attori del cast. Anche lui, però, sembra a tratti voler fare il primo della classe a tutti i costi, riuscendoci ma sacrificando un po' di naturalezza al risultato finale. Due difetti che purtroppo terranno alla larga il grande pubblico anestetizzato dalla logica lineare e ripetitiva delle fiction televisive, ma che costituiscono una ventata d'aria fresca nel linguaggio altrimenti asfittico e prevedibile del cinema italiano medio.
Bella la colonna sonora di Arturo Annecchino su cui campeggia "Dreams" dei Cranberries; stupenda la fotografia di Gianfilippo Corticelli, indispensabile a rendere la straniazione delle varie situazioni; ottimo il (non facile) montaggio serratissimo di Francesca Calvelli che sostiene quasi da solo il ritmo travolgente di questa inaspettata commedia degli ossimori, brillante e progressista ma tutta votata al nichilismo del disincanto.

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Ultima risposta 23/12/2010 09.31.45
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