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La vita di Klimt secondo Ruiz,caleidoscopio barocco di immagini potenti e surreali. D'altronde stiamo parlando di un'artista che racconta un altro artista importantissimo nella storia della pittura,e per quanto l'autobiografia sia lontana dalla perfezione rimangono scene di grandioso impatto visivo,grottesche e surreali. L'Austria dell'epoca si respira appieno grazie ai toni caldi della fotografia,l'erotismo e la passione per donne nude o seminude di Klimt è ritrattata senza autocompiacimento particolare; esteticamente e nonostante l'interpretazione di Malkovich,il film rimane molto freddo emotivamente anche se proprio le sequenze più surreali e assurde smuovono qualcosa dentro,come l'incontro dell'artista con la figlia al bordello e l'ottimo finale. Alla fine si rivela vincente la scelta del regista visionario di ambientare una storia che racconta l'apice di una vita nella mente di una vita (sempre quella di Klimt) che se ne sta andando,oppure se ne è già andata. Si "giustificano" così gli eccessi visionari. Ruiz riesce a sviscerare anche qui alcuni temi prediletti: al di là della morte,è quello del doppio a tenere banco. Il doppio di Lea de Castro,amante di Klimt e sua musa; il doppio stesso di Klimt,e poi il doppio di tutto e tutti. La realtà non c'è più,la vita alla fine diventa opera d'arte e si perde all'interno di essa ma dire cosa sia realtà diventa impossibile. Destrutturare questo senso di sicurezza del reale sembra uno degli obiettivi del cinema di Ruiz che per quanto qui più misurato,anche nel terreno agiografico riesce a portare incertezza e a lasciarci incantati dalla potenza delle immagini.
Tutt'altro che brutto,bisogna anche capire le esigenze artistiche di un cineasta incredibilmente sottovalutato ma che continua imperterrito per la sua strada senza rinunciare alle sue fissazioni e passioni,come Klimt non rinunciò alle sue e fu portato a morire dolorante divorato dalla sifilide. Tutt'al più Ruiz verrà divorato dal suo cinema,ma il finale è consolante a vederlo e la morte,se di morte si può parlare,è dolce.
Amo l'arte e speravo di conoscere meglio,guadando questo film,l'artista Klimt Ma ne sono rimasto deluso perchè il film da subito mi è apparso lentissimo,e col passare del tempo noiosissimo.Forse non saro' capace di cogliere certe visioni e sfumature,ma resta il fatto che comunque il film è stancante da seguire,poco biografico e troppo visionario e confuso. Il film oltrettutto non è mai stato proiettato nei cinema italiani.
Visto che nessun critico si è prodigato in una vera recensione di questo film, mi permetto di scrivere due righe chiarificatrici io, visto che la pellicola le. Innanzitutto non è una vera biografia del pittore ma solo il racconto (in buona parte visionario) di una limitatissima porzione di vita di Klimt. E' il resoconto di alcune sue visioni, è la trasposizione fantastica della sua concezione della vita e dell'arte. Quello che viene messo in scena è, sostanzialmente, il film di un film, come nella migliore tradizione di Ruiz (si veda ad esempio "Genealogia di un crimine" o "Autopsia di un sogno"). Si tratta di un lavoro raffinato e decadente, forse un po' lento e concettuoso, impreziosito da una patina di decorativismo art nouveau. Si poteva osare di più... ma il risultato, alla fine, è discretamente suggestivo e la tecnica registica di Ruiz è, come al solito, impeccabile.