i vitelloni regia di Federico Fellini Italia, Francia 1953
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i vitelloni (1953)

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locandina del film I VITELLONI

Titolo Originale: I VITELLONI

RegiaFederico Fellini

InterpretiPaola Borboni, Alberto Sordi, Leonora Ruffo, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini, Franco Fabrizi, Franco Interlenghi, Achille Majeroni, Carlo Romano

Durata: h 1.44
NazionalitàItalia, Francia 1953
Generecommedia
Al cinema nel Settembre 1953

•  Altri film di Federico Fellini

Trama del film I vitelloni

Sono cinque, in una cittadina romagnola dell'Adriatico, i giovanotti non ancora occupati, né ricchi né poveri, irresponsabili e velleitari figli di mamma. Che fanno? Piccoli divertimenti, piccole miserie, piccoli squallori, noia grande. Soltanto Moraldo va in città.

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Voto Visitatori:   8,21 / 10 (81 voti)8,21Grafico
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Voti e commenti su I vitelloni, 81 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  25/08/2009 01:01:29
   6½ / 10
Molto meglio La Strada dello stesso regista. Non è un brutto film,per carità,ma forse avendo visto precedentemente i suoi film successivi non mi ha entusiasmato più di tanto. La carrellata di volti nel finale è geniale.

1 risposta al commento
Ultima risposta 27/07/2013 11.05.23
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Brundle-fly  @  26/01/2009 12:21:07
   10 / 10
UN MARCHIGIANO PRIMA DI ROMA
(Da WP) Il soggetto del film, scritto inizialmente da Ennio Flaiano, era stato concepito per essere ambientato nella allora cittadina di Pescara. Fellini decise di ambientare il film a Rimini, sua città natale, anch'essa una piccola città costiera sul Mare Adriatico. Tuttavia le riprese si svolsero tra Firenze, Viterbo, Ostia e Roma.
Il termine vitelloni è un'espressione che veniva utilizzata a Pescara, città natale di Ennio Flaiano - autore del soggetto del film - nell'immediato dopoguerra. Flaiano, infatti, ha immaginato lo svolgimento della trama a Pescara sviluppandola intorno ad alcuni personaggi di finzione, ma rappresentativi di un modo d'essere dei giovani della città degli anni '50. Il termine vitello' (vitellone), infatti, era usato a Pescara per indicare quei giovani nullafacenti che trascorrevano le loro giornate al bar o, comunque, senza lavorare. A quel tempo, tra i giovani era facile salutarsi dicendo "Uhe vitello' cum'a sti'?" ("ehi vitellone, come stai?"), sia perché la disoccupazione giovanile era dilagante, sia perché il termine era entrato nel gergo comune. Nel dialetto pescarese, il termine nel corso degli anni è scomparso.
^ Si tratta del primo film di Fellini distribuito all'estero. Campione di incassi in Argentina, il film ottiene un buon risultato in Francia e in Gran Bretagna ed uscì negli Stati Uniti nel novembre 1956. Il famoso regista George Lucas ha paragonato il suo primo film di successo, American Graffiti, a questo.(Tullio Kezich, Fellini, BUR, p. 195)
^ Nell'ultima scena del film la battuta di Moraldo che saluta Guido dal treno è doppiata da Fellini stesso per marcare l'elemento autobiografico della sua partenza dalla città natale.
^ Il personaggio di Riccardo è interpretato dal fratello di Fellini, Riccardo.

UN MARCHIGIANO A ROMA
(Da WP) "Giugno 1958
Sto lavorando, con Fellini e Tullio Pinelli, a rispolverare una nostra vecchia idea per un film, quella del giovane provinciale che viene a Roma a fare il giornalista. Fellini vuole adeguarla ai tempi che corrono, dare un ritratto di questa "società del caffè" che folleggia tra l'erotismo, l'alienazione, la noia e l'improvviso benessere. È una società che, passato lo spavento della guerra fredda e proprio per reazione, prospera un po' dappertutto. Ma qui a Roma, per una mescolanza di sacro e di profano, di vecchio e di nuovo, per l'arrivo massiccio di stranieri, per il cinema, presenta caratteri più aggressivi, sub-tropicali. Il film avrà per titolo La dolce vita e non ne abbiamo scritto ancora una riga; vagamente prendiamo appunti e andiamo in giro per rinfrescarci i luoghi nella memoria. In questi ultimi tempi Roma si è dilatata, distorta, arricchita. Gli scandali vi scoppiano con la violenza dei temporali d'estate, la gente vive all'aperto, si annusa, si studia, invade le trattorie, i cinema, le strade, lascia le sue automobili in quelle stesse piazze che una volta ci incantavano per il loro nitore architettonico e che adesso sembrano garages."

Torna a casa, Moraldo: "I vitelloni" è ancora più bello.
"Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire." ("Il gioco e il massacro").

Mauro Lanari

6 risposte al commento
Ultima risposta 31/01/2009 14.21.43
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wega  @  06/10/2007 12:57:55
   10 / 10
ho letto un pò prima ed io non credo questo sia uno dei più importanti film minori di fellini,anzi secondo me è tra i quattro suoi maggiori.Un capolavoro
Straordinario in tutte le sue parti,non lo credo un film neorealista..il tocco di genio qui l'ho visto nella sequenza

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ho una gran voglia di rivederlo

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Ultima risposta 06/02/2009 20.42.42
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  29/09/2007 18:53:18
   9½ / 10
E' IL FELLINI CHE PREDILIGO. LA QUINTESSENZA DEL NEOREALISMO. IN QUESTO FILM VIENE TRATTEGGIATA LA VITA DI BORGATA DELLA PROVINCIA ROMANA -CON LE SUE ABITUDINI, ASPIRAZIONI, E CON I PROBLEMI QUOTIDIANI CHE LA CONTRADDISTINGUONO- CON ESEMPLARE MAESTRIA. ANCHE IN QUESTA INDIMENTICABILE OPERA C'E' MOLTO DELLA VITA PERSONALE DELLO STESSO REGISTA, CHE PUO' SICURAMENTE ESSERE IDENTIFICATO CON UNO DEI PERSONAGGI (QUELLO CHE VA IN CERCA DI FORTUNA A ROMA).

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Ultima risposta 26/01/2009 19.14.31
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Giordano Biagio  @  28/08/2007 20:58:50
   9 / 10
Film capolavoro di Fellini che mostra sogni e speranze, disillusioni e leggerezze di una generazione romagnola anni '50, allegra e sfaccendata.

Un film ancora vicino al neorealismo anche se alcune sfumature fantastiche (la scena della pernacchia di Sordi è un po una metafora) ne preannunciano il cambiamento imminente.

Film irritante perchè mette in scena la volgarità e la prevaricazione maschile degli sfaccendati di quelli anni anzichè la serietà e la saggezza di vivere della classe operaia e impiegatizia.

Ma si sa Fellini faceva quello che gli era congeniale e in fondo un po' vitellone lo è stato anche lui...con quel suo insistere sulla volgarità...

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Ultima risposta 29/08/2007 11.32.03
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  28/05/2007 22:54:43
   8 / 10
non sono un grande estimatore di questo regista che probabilmente non riesco a capire,ma considero questo un ottimo film...tra quelli visti il migliore!
forse perche è quello meno surreale,che si avvicina molto alla realta' neorealista con storie di grande umanità!
il tema centrale è quello della solitudine che i protagonisti cercano di sconfiggere cercando affetti in cose o persone ben lontani dagli ideali comuni!
Donne anziane,ragazzini o addirittura statue di angeli!
Il film non riesce a trovare delle conclusioni a queste sofferenze(se non la fuga)...
molto bello!

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Ultima risposta 01/12/2007 22.05.17
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento agentediviaggi  @  09/05/2007 14:36:41
   9 / 10
Il Fellini che mi piace di più è da sempre quello neorealista (con l' eccezione di Amarcord) e devo dire con tristezza che pochi dei miei amici amano questo regista (e pochissimi sono sopravvissuti ai deliri onirici di 8 e 1/2, forse il film italiano più influente della storia del cinema se pensiamo a quante volte è stato citato direttamente o indirettamente da altri autori, ultimi un certo Lynch di Mulholland Dr. e il Burton di Big Fish).
Al di la del giudizio tecnico che si può esprimere su questo film, (giusti gli appunti sulla compromissione o mancanza di franchezza del regista nei confronti di questi ragazzi) va sottolineato il fatto che si tratta di un grande film "sociologico" che per quello che dice ha valore oggi come ne aveva ieri e mostra la mancanza di carattere e di spina dorsale che affligge molti giovani incapaci di crescere e di passare dalla dorata adolescenza alla difficile maturità. Molti di noi (anche se non lo ammetterebbero candidamente) credo morirebbero dalla voglia di fare il gesto dell'ombrello a chi riteniamo più s****to perchè costretto a faticare, e questo atteggiamento nei confronti della vita (meglio oziare che faticare, oziare è uno status symbol) è una weltanschaaung molto italiana. Inoltre questo film è anche una implicita critica al famoso carpe diem oraziano che qui mostra tutti i suoi limiti, perchè il godimento dell'oggi è assolutamente vuoto e frustrante se non legato ad un progetto futuro, alla costruzione di qualcosa di duraturo in un domani. Il viso malinconico di Sordi, la profonda tristezza che esprime nelle battute finali del film questo vitellone italiano che non sa o non vuole crescere, quando anche la sorella è fuggita dal limbo senza speranza della provincia romagnola lasciandolo solo a fare i conti con la propria mediocrità e la propria pigrizia oblomoviana, vale più di mille lezioni di vita espresse a parole.

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Ultima risposta 30/11/2007 22.03.31
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  23/02/2007 18:49:54
   9½ / 10
Non domandare tu mai
quando si chiuderà la tua
vita, la mia vita,
non tentare gli oroscopi d'oriente:
male è sapere, Leucònoe.
Meglio accettare quello che verrà,
gli altri inverni che Giove donerà
o se è l'ultimo, questo
che stanca il mare etrusco
e gli scogli di pomice leggera.
Ma sii saggia: e filtra vino,
e recidi la speranza
lontana, perché breve è il nostro
cammino, e ora, mentre
si parla, il tempo
è già in fuga, come si ci odiasse!
Così cogli
la giornata, non credere al domani.

al di là dell'impostazione latina della celebre lirica di Orazio, questo è un messaggio universale, accolto favorevolmente in tutte le epoche fino a noi.
non si vuole entrare in argomento religioso, ma è possibile che la cristianità di Fellini abbia contribuito a smontare l'adagio oraziano con questo straordinario film. infatti I Vitelloni sono un'anticipazione dei tempi nostri, della società odierna e con l'onestà che caratterizza l'opera di questo grande regista vengono proprio dal bagaglio di ricordi del Federico quindi come successo per tutta la sua filmografia, ciò non è principalmente un intento (il voler dare un'impronta così pessimistica e anche presuntuosa della società) studiato, bensì una fedele trasposizione di ciò che Fellini vedeva allora.
un gruppo di scampaforca, di perdigiorno, di rompicollo (termini letteralmente manzoniani :) ) vive spensieratamente nella città di Rimini divertendosi e giocando come se i trent'anni non pesassero, tuttavia con la gravidanza di Sandrina viene smontato questo giro e a poco a poco con una sceneggiatura bellissima e ironica, ma amarissima sono messi in luce tutti i problemi di coscienza che hanno questi: soprattutto con Alberto (magistrale Sordi) nella scena del Carnevale (una delle immagini più belle della storia del cinema) capoavolgendo (l'origine medioevale di questa festa è proprio questa, capovolgere la realtà) il suo ruolo e la sua persona brilla il disagio interiore, la profondità nera di questo ragazzo, che vive come non vorrebbe ed assillato dal desiderio di sposarsi e dalla paura delle responsabilità e qui non si può che piangere insieme a quel grande attore che è Alberto Sordi...
quindi con il personaggio di Franco Interlenghi (bravo) Fellini si sbilancia in un rimprovero ferocissimo (mi ha contagiato fortemente grazie al suo talento nel parlare con le immagini) verso il suo egoismo e la sua inesistente coerenza il che si riassume in uno sguardo carico di significato e tensione lanciato da Alberto a questo quando la povera Sandra sparisce all'entrata del Vitellone per eccellenza in macchina (riguardatevi questa scena perchè è la chiave del film). alla fine quindi si critica questo modus vivendi oraziano all'insegna della libertà senza responsabilità togliendo queste "impurezze" come nella filtrazione del vino (cit vedi sopra) usando questa bevanda come unico strumento per alleviare i dolori della vita.
infine Fellini risponde energico al suo pessimismo con la figura di Riccardo Fellini che alla fine parte e se ne va, abbandona la morte e sceglie la vita.

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Ultima risposta 28/02/2007 20.49.56
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  20/02/2007 00:55:55
   7 / 10
Per quanto umanamente (e giustamente) ritenuto uno dei capolavori del cinema italiano degli anni cinquanta, "I vitelloni" rileva le stesse contraddizioni che sono alla base del cinema Felliniano di sempre.
L'analisi sociale è compromessa da un'affetto (inclinazione?) troppo "buonista" e non così cinica come potrebbe sembrare in un primo momento.
Forse il piu' "francese" dei film di Fellini, con uno spirito vagamente vicino al realismo poetico di Carnè, e questa pecularietà si scontra con il post-realismo dei suoi esordi.
L'errore de "i vitelloni" fu di assecondare uno spaccato sociale che pecca di qualunquismo ma che tale non è, globalmente.
Il problema di Fellini era rischiare di avere imitatori proprio tra i cineasti che egli cercava di esorcizzare con il suo cinema: e il gusto del bozzetto, puo' trasformarsi in parodia: come nel Sordi truccato da donna durante un tristissimo carnevale che, abbattuto dalla sua vita grama, si spoglia di tutta la simpatica cialtroneria dei suoi personaggi tipici, quasi una confessione disarmante ai suoi tanti ammiratori
Piu' interessante il personaggio di Fabrizi (Franco), emblema dell'infedeltà coniugale e modernissimo ritratto del tipico maschio italiano (anche contemporaneo sì).
Ripeto, non c'è vera "cattiveria" nei personaggi del film perchè agiscono secondo un istinto primordiale, trastullandosi a fare i viveur di provincia.
La vocazione della "fuga" è il tema portante del film, e probabilmente il piu' centrato e riuscito: non nascondo che cio' rappresentasse quell'illusione "migratoria" tipica di quegli anni e non il degrado del vuoto provinciale fine a se stesso.
Così com'è ambiguo il rapporto di F. con un ceto sociale piccolo-borghese di cui è sempre acuto osservatore e a tratti codardo mediatore: ne illustra la noia, le attitudini, ma mai lo squallore fine a se stesso.
L'Io narrante diverrà materia di studio e l'influenza (dichiarata?) per l'Ettore Scola di "c'eravamo tanto amati" che chissà come mi è sempre parso piu' sincero e candidamente "brutale" del "capolavoro" Felliniano
Che avesse ragione Fellini, pro o contro le ambizioni della massa, con la sua ottica di discernimento fatalista, è tutto da dimostrare

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Ultima risposta 04/12/2007 10.20.59
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litfiba3  @  19/09/2006 23:38:12
   9½ / 10
ho amato questo film, mi ha fatto conoscere Fellini. non lo considero un minore, anzi. Fellini non ha fatto opere minori. In ogni suo film ha espresso in parte la sua poetica. I VITELLONI, che risente chiaramente dell'esperienza neorealista costituisce un patrimonio per la storia del cinema italiano.

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Ultima risposta 20/09/2006 15.54.09
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