I ragazzini del Loser Club hanno sconfitto ma non eliminato il malefico Pennywise, entità che si manifesta ogni 27 anni nella cittadina di Derry con le fattezze di clown e rapisce e uccide bambini. Sono dunque destinati a un nuovo confronto con lui 27 anni dopo e si passa così dal 1989 al 2016. I protagonisti sono cresciuti, ma quasi tutti loro hanno lasciato la cittadina e hanno dimenticato l'orrore in cui si erano imbattuti e persino molti dettagli della loro amicizia.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
Sono trascorsi due anni dall'uscita nelle sale del primo capitolo e ventisette da quando i membri del Club dei Perdenti decisero di allontanarsi da Derry per continuare a vivere tranquillamente le loro esistenze. L'unico rimasto nella cittadina è Mike Hanlon che, fedele al giuramento stipulato dal gruppo e interessato nel documentare le recenti scomparse, continua ad indagare sui fatti che sconvolgono la cittadina fin quando, nei pressi del fiume Kenduskeag, sul luogo di una recente tragedia consumatasi la sera precedente, Mike trova i resti di un palloncino rosso: IT è tornato e questa volta va sconfitto, il Club dei Perdenti deve essere nuovamente riunito. È questo il prologo del film, una scelta che Andrés Muschietti estrapola dai primi capitoli del libro di Stephen King e traspone fedelmente sullo schermo assieme a gran parte delle vicende che occupano la prima metà della narrazione. Decisione che però non tarda a rivelare le sue complessità in un montaggio costretto a destreggiarsi tra continue digressioni temporali e agganci al presente: rimandi che, sebbene siano apprezzabili nel romanzo in quanto contribuiscono a fornire un'ulteriore caratterizzazione dei personaggi, rallentano il ritmo della storia risultando stucchevoli e, a tratti, fin troppo forzati. Quando finalmente la narrazione prende avvio, siamo alla metà del film, la soglia dell'attenzione è calata e Muschietti si ritrova a dover far fronte a delle esigenze tempistiche: il Rito di Chud, da questo punto di vista, sembra rivelarsi come la scelta più valida e meno esplorata per avvicinarsi con più rapidità ad un degno epilogo. Deciso a valorizzare la spettacolarità di uno scontro finale dai toni epici, il regista ora si allontana dal pensiero di King, tradendo un po' le aspettative dei lettori più fedeli al libro, ma dando vita comunque uno spettacolo visivo fruibile e coinvolgente. Nella sua complessità, il film convince anche se manca di quell'energia, di quell'innocenza che aveva animato il primo capitolo e che ora sembra lasciare il posto a dei personaggi adulti, maturi, a tratti eccessivamente stereotipati, vincolati ad atteggiamenti non in perfetta sintonia con il loro sviluppo e la loro formazione.