In un futuro imprecisato, un drastico cambiamento climatico ha colpito duramente l'agricoltura. Un gruppo di scienziati, sfruttando un "whormhole" per superare le limitazioni fisiche del viaggio spaziale e coprire le immense distanze del viaggio interstellare, cercano di esplorare nuove dimensioni. Il granturco è l'unica coltivazione ancora in grado di crescere e loro sono intenzionati a trovare nuovi luoghi adatti a coltivarlo per il bene dell'umanità.
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L'amore salverà il mondo? L'amore salverà il mondo, ma Nolan ama ancora intrappolarsi dentro i labirinti spazio-temporali che contraddistinguono il modo, suo e del fratello, di concepire storie. E perciò ancora non ci regala quel capolavoro cui il suo cinema extra-Batman aspira con ambizione sconfinata. Comunque, assistere a pellicole come questa è pur sempre un'esperienza di grande cinema. "Interstellar" risucchia in un vortice spazio temporale che non ha pudore di appoggiarsi in più di un momento su citazioni dell'odissea kubrickiana (specie nel finale), con l'ambizione smisurata di andare addirittura oltre. Al di là dei cubi di rubick con cui Nolan ci lascia sempre a interrogarci fino al mal di testa sulle sue licenze, poetiche e scientifiche, e della sua fissa per le dilatazioni del Tempo (stavolta il gioco si chiama: teoria della relatività), al di là di tutto questo, la vera novità di Interstellar è scoprire che Nolan ha scoperto i sentimenti. E facendo dell'Amore il motore immobile del suo universo dove si muove tutto, termina il suo film in odore di Solaris, con un finale che quasi vorremmo immaginare sulla soglia di una dacia. Una menzione poi la merita davvero quella biblioteca di babele di borghesiana memoria con funzione di stanza rococò kubrickiana, dove si coltiva la speranza che a guidare un senso nell'infinito proliferare dei segni possano essere solo le lancette dell'amore.
Insomma, Nolan, che dire. Non riesci mai a convincermi di aver fatto un capolavoro, ma la tua cerebrale visionarieta' sa lanciare sempre forti suggestioni. E come per tutti i migliori prestigiatori, la grandezza del tuo valore sta forse proprio nella vertiginosa suggestione di non poter sapere se era solo un trucco, o era in parte vero, quel che ci hai voluto lasciare immaginare.