In un futuro imprecisato, un drastico cambiamento climatico ha colpito duramente l'agricoltura. Un gruppo di scienziati, sfruttando un "whormhole" per superare le limitazioni fisiche del viaggio spaziale e coprire le immense distanze del viaggio interstellare, cercano di esplorare nuove dimensioni. Il granturco è l'unica coltivazione ancora in grado di crescere e loro sono intenzionati a trovare nuovi luoghi adatti a coltivarlo per il bene dell'umanità.
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Recensione da Lungoibordi http://www.lungoibordi.it/interstellar/
Mettiamola così: Nolan aspira a diventare Kubrick (gli piacerebbe) come Sorrentino aspira ad essere Fellini (e, anche qui, gli piacerebbe). Aggiungiamo anche che quando lo stesso Christopher Nolan ha paragonato questo suo ultimo lavoro a 2001: Odissea nello spazio abbiamo tutti pensato avesse pisciato fuori dal vaso. Innanzitutto perché 2001 è considerato uno dei primi cinque capolavori assoluti della storia del cinema. Poi perché paragonarsi a Kubrick, diciamocelo, è sempre una cosa di cattivissimo gusto. Interstellar era forse il film più atteso dell'anno e, visto che negli ultimi tempi il mondo della cinefilia sembra essersi diviso tra coloro a cui Nolan piace e coloro a cui fa ******, metto le mani avanti e vi dico subito come la penso. Sarò sincero. A me Christopher Nolan piace e pure parecchio, per tutta una serie di motivi che rischierebbero di rendere questa recensione infinitamente lunga. Mi limito quindi a dire che, gusti soggettivi a parte, indubbiamente stiamo parlando di un professionista che sa come intrattenere il suo pubblico e tenerlo incollato alla poltrona per due o tre orette buone. Se parliamo di cinema di intrattenimento, è innegabile che Nolan sia attualmente tra i migliori registi sulla piazza. I suoi punti di forza? Fondamentalmente l'abilità e la furbizia che ha sempre dimostrato in fase di post-produzione (come lavora lui col montaggio e, soprattutto, col montaggio sonoro ad Hollywood ce ne sono pochi). In poche parole, Nolan è uno che dirige tutto sommato bene (di questo ne parleremo più nel dettaglio tra poco) ma che soprattutto sa come e quanto scremare le pellicole con cui lavora. Se è vero che i suoi lavori difficilmente vanno sotto le due ore di durata, è anche vero che tutto ciò che mostra al pubblico risulta sempre indispensabile per la comprensione del film stesso, senza che vengano mostrate scene inutili. Detto questo, mi sento di dire che conosco abbastanza bene Nolan da aver capito quali siano i suoi pregi e quali i suoi (innumerevoli) limiti che gli impediscono di essere considerato, almeno a mio avviso, un maestro del cinema. Innanzitutto (e questo è il primo enorme tallone d'Achille del regista inglese) nei film di Nolan di "artistico", in senso lato, c'è poco o nulla. E mi riferisco a tutti quegli aspetti in base ai quali una pellicola andrebbe giudicata: sceneggiatura, inquadrature, montaggio, recitazione, fotografia e via dicendo. Dal lato tecnico, che i suoi lungometraggi denotino una regia eccessivamente fredda è cosa risaputa. Aggiungiamoci che Nolan è uno che il senso estetico non sa manco dove stia di casa. La resa fotografica dei suoi film o è piattissima o più in generale fa schifo. I personaggi femminili sono visivamente scialbi e in alcuni casi pure poco curati (resterà nella storia il make up orribile di Marion Cotillard ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno). I colori, poi, per Nolan fondamentalmente non esistono, o perlopiù si limitano a un'accozzaglia di nero, grigio e blu scuro, che hanno lo scopo di rendere le atmosfere cupe perché così è più "fico". E anche volendo evitare di addentrarci troppo nei meriti della tecnica cinematografica, bisogna dire che la filmografia di Nolan è sempre stata fondamentalmente esente da particolari guizzi di regia, eccetto i soliti flashback/spiegoni finali che indirizzano lo spettatore verso l'inflazionatissimo giochetto del "Aaaahhhhhhhmmm, aaaadeeeessoooo hooo caapiiitooo tutta la trama del film!" o i cliffhanger piuttosto banalotti e in certi casi pure abbastanza inutili (vedi la trottola di Inception). A tal proposito, aggiungiamoci pure che il regista in questione è uno che si prende sempre un po' troppo sul serio (ma talmente tanto da ritenere plausibile che un tizio vestito da pipistrello combatta il crimine in un tanto decantato contesto "realistico") e che difficilmente si mostra ironico o divertente (non che a Nolan stesso gliene freghi qualcosa di risultare simpatico, però sorbirsi tre ore di film senza neanche sorridere mezza volta eccheppalle!). Nolan, in poche parole, più che un esperto regista mi è sempre sembrato un creatore di videogames, uno a cui piace articolare (e incasinare) i copioni dei suoi film manco fossero capitoli di Final Fantasy (delle volte per capire a fondo un suo script bisogna rivedersi il film almeno una volta e, francamente, questo è un modo di fare cinema che detesto e trovo scorretto). È, indubbiamente, un astutissimo produttore. Nel senso che si comporta da produttore anche quando si trova a fare il regista, riuscendo a inserire nei suoi lavori sia marchi pubblicitari in maniera più o meno celata (impossibile non citare l'esempio del Fernet Branca) sia battutacce qualunquiste che manco Beppe Grillo (vedi, sempre ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno, la sparata di Bane sul mondo della finanza "Se non ci sono soldi da rubare, allora perché voi siete qui in una borsa valori?"). Bene. Con Interstellar ci aspettavamo tutti da Nolan un notevole balzo in avanti rispetto ai precedenti lavori, sia in termini di contenuti che di forma. Da un lato perché stiamo parlando di un regista che, nonostante le lacune di cui sopra, ha sicuramente del grande talento. Dall'altro perché, dopo la lunghissima parentesi della saga di Batman, è ragionevole aspettarsi che un regista del calibro di Nolan voglia dimostrare di saper masticare una materia più "alta" rispetto a semplici film di supereroi. Dunque. Interstellar è un film di supereroi? No. Anzi sì. Per capirci, il plot di base è questo: in un mondo devastato da una piaga che sta distruggendo ogni forma di sostentamento per l'uomo, Cooper è un ex-ingegnere costretto da anni a lavorare controvoglia come contadino. Finisce per caso in uno stabilimento segreto della NASA, dove alcuni ingegneri ed esperti scienziati vedono in lui la speranza di salvezza per la razza umana e gli affidano così, abbastanza sulla fiducia, il comando di una missione volta alla ricerca di nuovi pianeti abitabili. Al nostro eroe non servono addestramenti di sorta e non serve nemmeno che si sgranchisca le ossa coi comandi di bordo di uno shuttle. Pilotare un'astronave a quanto pare è un po' come andare in bicicletta: se sapevi farlo fino a dieci anni fa sai farlo benissimo anche adesso. Sceglie quindi di compiere un viaggio, quasi certamente di sola andata, per tentare di "salvare la razza umana" (testuali parole affidate al personaggio di Michael Caine). Ora, diciamolo subito per non creare equivoci: Interstellar è molto diverso dai soliti film di Nolan. È più legato alla spiritualità e alla sfera affettiva piuttosto che alla razionalità o all'etica. Non è il solito regista freddo e calcolatore che dirige film confezionati quasi appositamente per nerd. Interstellar, in altre parole, si rivolge a una fascia di pubblico ben diversa. Se parliamo di regia in senso lato, il salto di qualità rispetto ai precedenti lavori del regista inglese è enorme, e lo si intuisce già dai primissimi fotogrammi. Le inquadrature hanno una forza visiva che francamente ricorda molto quella dei grandi capolavori del cinema. Il tutto accompagnato da una colonna sonora che, a mio parere, è la nota più positiva di quest'opera. Le musiche di Hans Zimmer sono fiche (e fin qui nulla di strano) con l'aggiunta che questa volta non risultano ripetitive fino allo sfinimento e, soprattutto, l'utilizzo che ne fa Nolan in fase di montaggio è P-A-Z-Z-E-S-C-O (in questo sì, Interstellar è molto simile al capolavoro di Kubrick). È ben interpretato, anche se non si riscontrano performance attoriali strabilianti. Matthew McConaughey (sì, Nolan è molto abile a scegliersi attori sulla cresta dell'onda) è indubbiamente bravo, ma non è neanche lontanamente paragonabile a quello di Dallas Buyers Club. Certo, stiamo parlando di un attore che (a differenza del nostro povero e amatissimo Di Caprio) ha una presenza scenica paurosa. Bene poi il resto del cast, tra cui, a mio parere, spicca Jessica Chastain (il personaggio femminile più ben scritto dell'intera filmografia di Nolan). Andiamo con le note negative. Parto da quello che è indubbiamente il primo enorme limite di questo film: gli spiegoni. Praticamente Interstellar è strutturato in modo tale che ogni dieci minuti lo spettatore debba assistere a un brainstorming tra i protagonisti intenti a discutere sulle più disparate e incomprensibili teorie della fisica. E ok, potrete dire che l'intento del regista fosse quello di articolare la trama su un terreno che fosse il più realistico possibile, preferendo aggrapparsi a leggi oggettive della fisica piuttosto che sfociare nella fantascienza più astrusa. Domanda: e chi se ne frega? Ma soprattutto: c'era davvero bisogno di ricorrere a delle spiegazioni così noiose e intricate? (Nolan, lo sappiamo, non è uno che conosce il concetto di semplicità). Non mi vergogno a dirlo: a tratti non ci ho capito davvero un ***** di questo film. Ed era una cosa che, ad essere sincero, temevo ancor prima di entrare in sala. Perché, ripeto, Nolan lo conosco e so benissimo che non è uno in grado di trasmettere un concetto per immagini, quanto piuttosto uno che adora sentire i propri personaggi blaterare per ore su robe pallosissime da nerd. C'è un'unica scena in cui viene fatto ricorso al visivo più che al parlato per spiegare l'ennesima legge scientifica, permettendo al protagonista, e quindi allo spettatore, di capire il funzionamento dei viaggi interstellari non per mezzo dei soliti discorsi scassa***** (o per lo meno non solo) ma letteralmente con l'ausilio di carta e penna in modo da far arrivare il concetto anche a gente, come me, a cui di teorie della fisica non può fregar di meno. Male poi lo sviluppo della trama nel complesso. E non mi riferisco tanto ai soliti buchi di sceneggiatura nolaniani (non li elenco perché sono troppi ma chi ha visto il film sa a cosa mi riferisco), quanto al fatto che troppo spesso si ha la percezione di una sceneggiatura tirata per le lunghe. Per farla breve, la parte centrale è trooooooooppoooooooo leeeeeeeeentaaaaaaa e soporifera. E lo so che è una cosa bruttissima da dire, ma complessivamente dura troppo. E credetemi se vi dico che qualche settimana fa mi sono sorbito quel pappone de Il regno d'inverno (tre ore e venti filate di film senza intervallo) e mi ha pesato infinitamente meno rispetto ad Interstellar. La fotografia è sempre scialbissima, ok, ma un po' meno del solito (ma qui il merito è di Hoyte Van Hoytema che aveva già fatto un lavoro eccellente con Her). E, finalmente, allo spettatore è dato modo di osservare una gamma di colori che non si limiti più al nero e al grigio scuro. In conclusione? Stiamo parlando indubbiamente di un film avvincente e soprattutto diretto con maestria. Ciò che francamente mi ha spiazzato è la brusca deviata dalla fisica più teorica alla spiritualità sentimentale. E il tentativo di conciliare le due componenti. Il cambio è destabilizzante. Io l'ho digerito poco. Magari a voi farà un effetto diverso. Però, ve lo chiedo per favore. Non provateci nemmeno a paragonarlo a Gravity. Meno che mai a 2001: Odissea nello spazio.