All'inizio del ventesimo secolo in Irlanda, due fratelli, Danien e Teddy insieme ad un loro amico Dan, spinti dal loro patriottismo, si arruolano nell'esercito per combattere per l'indipendenza del loro paese.
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Per me è impossibile commentare questo film straordinario, prescindendo dalle perfette parole della scheda del dizionario "Morandini", davvero mirabile per sintesi e capacità di contenere tutto ciò per cui questo film rappresenta una pietra miliare:
"Scritto da Paul Laverty, da 10 anni collaboratore di K. Loach, il racconto affronta la spaccatura tra riformisti e rivoluzionari che si condensa nel conflitto letale tra i fratelli Damien e Teddy O'Donovan. Evidenti sono le qualità che gli valsero la Palma d'oro a Cannes. Come in ogni opera valida sul passato, ha palesi agganci col presente. Coniuga l'energia del cinema d'azione con l'approfondimento psicologico dei personaggi. Restituisce l'aria del tempo e riassume con efficacia l'intricato retroterra socio-politico. Sposa l'emozione con la lucidità, il pessimismo con la volontà di lotta. Infine ha una qualità rara, una dimensione drammatica: nella seconda parte diventa una tragedia moderna in cui la storia sostituisce il fato. Tra i due fratelli chi è Abele e chi Caino? Entrambi sono l'uno e l'altro. Loach e Laverty lasciano libero lo spettatore di scegliere e di schierarsi, se ci riesce."
Bel film ,sicuramente con delle immagini stupende ma non eccezionale come invece è stato definito dalla critica. Strappalacrime ed emozionante però si ha un po'' l''impressione del già visto. Semprrà strano ma a me ha ricordato un pochino il noto romanzo di Orwell (si scrive così?)"La fattoria degli animali" e adesso spiegherò il motivo nello spoiler:
Mi ricorda il romanzo suddetto per il fatto che all'' inizio si esaminano gl'' inglesi come gentaglia e si evidenziano gli orrorri da loro compiuti e si tende a "tifare" per gli irlandesi perchè si ribellino. Dopo la firma del trattato si scatena una sorte di guerra civile tra quelli che vogliono appunto il trattato e quelli che pretendono acora maggiore libertà e i primi diventano crudeli nei confronti degl''altri come gli inglesi in precedenza. La somiglianza con la fattoria degli animali sta nel fatto che dopo che gli animali si ribellano agli umani e governao la fattoria , i maiali assumono il comando e trattano gli altri animali come prima tutti quanti venivano trattati dagl''umani.
Consiglio questa pellicola ma in sala armatevi di fazzolettini.
Un film stupendo, Palma d'Oro a Cannes strameritata. Mostra il conflitto tra irlandesi ed inglesi con una crudezza ed una coerenza davvero rarissime nel cinema di oggi. Ed il finale, sebbene ambientato a Dublino, anticipa con amarezza quella guerra civile che in Irlanda del Nord si protrae fino ad oggi.
Film sulla violenza che il conflitto inestirpabile dell'uomo sull'uomo rilascia anche quando la soluzione sembra razionalmente vicina. Ogni interesse produce nel gioco relazionale per raggiungerlo odio e risentimenti. Le cose si complicano sempre anche quando ciò che si riteneva ovviamente giusto e banale si lascia raggiungere. Politica e ideali si confondono tragicamente nell'evoluzione incognita del sociale che segue gli eventi. Grande film iperrealista, filosofico, politico, esistenziale. Attori bravissimi: quasi tutti non famosi. Attori troppo famosi avrebbero rilasciato l'eco-disturbo di altre interpretazioni smorzando l'effetto di iperrealismo tanto caro a Loach. Meritato oro a Cannes anche perché Loach rimane coerente con il suo principio di non cercare alcuna forma di spettacolo da botteghino facile. Le emozioni del film scaturiscono dal suo geniale verismo-filosofico...
Un film girato bene, d'altronde non ci si poteva aspettare altrimenti da Loach, che ripercorre in maniera molto realista la storia di due fratelli protagonisti della guerra di indipendenza irlandese: la scelta di scegliere attori semisconosciuti (eccezione per il protagonista) mi è piaciuta, cosi come mi sono piaciuti i paesaggi e la fotografia. Un po carente invece la storia, che seppur sorretta da una buona sceneggiatura, a tratti risulta molto molto lenta e pesante, e soprattutto alquanto didascalica. Il risultato è cmq buono, ma sicuramente non è quello che ci si poteva aspettare dal regista inglese, che è stato pur bravo a mantenere un certo distacco da qeugli ideali politici che in certi film possono venire a galla.
Ken Loach è un regista coraggioso, si sa, e dopo tanti film di denuncia non poteva mancare quella ad uno dei momenti storici più importanti del novecento: la guerra combattuta tra inglesi e irlandesi che ormai va avanti da decenni. Loach parla di un sopruso inutile compiuto dalla sua stessa patria, e lo fa con il suo stile impietoso, in poche parole se c'è da criticare non è certo lui a tirarsi indietro. Gli inglesi sono rappresentati quasi come dei nazisti e il discorso non può che ricondurci a quello che sta succedendo in Iraq oggi, quando un paese è occupato si sente il diritto di difendersi. la presa di parte è ovviamente quella dei combattenti dell'ira, anche quando la loro guerra si trasforma in guerra civile. Ma Loach sa evitare le cadute di stile ed evita sia la retorica sia il buonismo, sono solo pochi, infatti, i personaggi che riescono a rimanere fedeli a se stessi e alla loro causa, e nel finale non si riesce più a distinguere tra gli irlandesi occupati che hanno giurato alla Corona e inglesi occupanti. Come viene detto in una battuta del film: "sarà solo l'accento a cambiare".
Purtroppo l'idealismo del film delude sotto tutti i punti di vista allo stesso modo in cui convince nella sua indiscussa onestà nel raccontare gli eventi e le vicissitudini storiche dell'Irlanda degli anni 20". Per quanto mi riguarda, direi che il verdetto di Cannes è rassicurante, ma non costituisce certo una prova di coraggio. Come non lo è questo film, il suo tono ecumenico e reducista, il bisogno di catalizzare l'attenzione sul fatto che per l'indipendenza del proprio paese si possa (debba) anche uccidere, e che le fazioni opposte possono interagire diabolicamente per mettere la cittadinanza l'una contro l'altra, e che si puo' perdere l'idealismo per cercare "una pace che non c'è" e che chiamiamo compromesso: grazie tante Loach, già visto v. Italia 45, Sarajevo, Iraq....
E' un film lodevole (ci mancherebbe che un film di Loach non lo fosse) ma francamente poco profondo: non si respira la tensione morale che in certi casi sarebbe necessaria (neanche nella sequenza piu' bella e dolorosa, la fuciliazione del giovanissimo Chris reo di aver "tradito"), non c'è un minimo di revisionismo storico, da una parte gli eserciti brutali inglesi, dall'altra il latte-alle-ginocchia di una Resistenza che sconcerta per la sua affettazione e demagogia (improponibili certi dialoghi tipo "quando c'era da passare ai fatti avevo sempre una scusa") .
Oltretutto esecrabile il doppiaggio italiano: guardatelo in lingua originale, vi prego, vi farete del bene (forse)
Insomma, credo proprio che "il vento che accarezza l'erba" sia un temino ben fatto e niente piu', di cui probabilmente mi scordero' presto l'esistenza.
Da parte mia non nascondo una certa irritazione per l'incapacità di raccontare la storia senza metterci dentro D.io, Patria e Famiglia (remember?), ma soprattutto senza tentare di scavare la fossa sporcandosi le scarpe nel fango (come suggeriscono nel film), eppure qualcosa di buono c'è davvero, e appartiene al contesto della storia.
E' quando il popolo è unito nella lotta anche attraverso i propri codici culturali (lo sport, le canzoni, le danze, la lingua gaelica) è quando, nel finale, tutto questo codice di appartenenza non sembra bastare piu'.
E' la complicità della borghesia (in Irlanda come in tutte le occupazioni europee) - v. Sir John - anvisa alla lotta per merito dei propri interessi personali ed economici
Sono anche i primi 20 minuti, l'assalto degli inglesi nei villaggi, il ragazzo che si rifiuta di parlare "una lingua non sua" e di obbedire agli ordini, con conseguenze fatali per il suo gesto.
E' fors'anche quel popolo irlandese che assiste con speranza e, successivamente, delusione a un documentario sulla presunta liberazione dal dominio inglese e il ritiro delle truppe d'occupazione
Infine, la fotografia nitida e il tono meno enfatico dei fasti di "terra e libertà", quasi dimesso nella sua abilità di narrare
Ma un minimo di ripensamento etico, culturale, filosofico, sarebbe stato di gran lunga auspicabile, e un bel gesto vincitore di Cannes non basta davvero
Ho molto apprezzato il film soprattutto perchè Ken Loach è neutrale, cosa molto difficile essendo anche lui irlandese, fa vedere sia il bene che il male, gli eventuali torti e ragioni di tutt'è due le fazioni: l'I.R.A. e l'eseciro britannico, ed anche l'inutilità di tutte le guerre (perdonatemi la retorica !) che come questa finisce purtroppo in una "guerra fraticida"; il sacrificio di Damien è molto eloquente lui che non voleva entrare in questa "faida" ha pagato il prezzo più alto...ottime le ambientazioni nella contea di Cork d'altronde qualunque zona sarebbe stata perfetta l'irlanda è una terra meravigliosa e selvaggia (vi consiglio di vistarla tutta). La frase che dice il protagonista riassume tutta l'amarezza e la metafora del film "speriamo che l'Irlanda meriti questo sacrifico" !?
“La rivoluzione non è un pranzo di gala”: con questa frase di Mao si apre “Giù la testa” di Sergio Leone e può benissimo aprire anche questo film. Viene rappresentato come l’utilizzo del sopruso e della violenza generi un circolo vizioso da cui è impossibile sottrarsi, qualcosa che avvelena gli animi più nobili, che distorce qualsiasi rapporto umano. Il film racconta una storia inventata in un contesto storico reale (l’Irlanda del 1919-23). I fatti storici non vengono forzati e quindi si può considerare come fosse una storia vera. La prima parte del film è molto drammatica e riguarda la lotta nazionalistica per l’indipendenza. La Gran Bretagna fece l’errore, a quel tempo, di appoggiarsi a bande di mercenari. Nel film vengono rappresentati come animali spietati e violenti senza tentare di approfondire il perché dei loro atti. Solo per pochi secondi uno di loro spiega che sono reduci della Prima Guerra Mondiale abituati a vederne e a farne di tutti i colori. La brutalità delle trincee portata nella società civile ha un effetto deflagrante. Anche le persone più miti e raziocinanti non vedono altra soluzione che l’uso degli stessi metodi dei loro aggressori. Questa scelta non viene mitizzata, anzi si mettono in evidenza le conseguenze negative: l’orrore di se stessi, l’abbrutimento, la spietatezza, l’ubbidienza cieca a ordini e iniziative imposte dall’alto. Ci sono scene veramente drammatiche e rappresentative. Purtroppo il film ha un grosso calo di tensione all’inizio del secondo tempo. La firma del trattato di pace con la Gran Bretagna rivela tutte le divisioni che già serpeggiavano negli irlandesi. Ci sono diatribe fra chi si accontenta e vuole mantenere la struttura sociale così com’è e chi vuole proseguire la lotta e instaurare una società con meno disparità sociali. Stanca un po’ seguire le discussioni anche se sono interessanti, ma discutere non serve visto che ormai l’ultima parola viene considerata quella del fucile. E qui piange il cuore vedere lo scatenarsi della guerra civile! Ecco che il cerchio si chiude: la violenza ha trasformato vittime in nuovi aguzzini e li spinge ad usare i metodi che hanno subito, con l’aggravante della distruzione di legami sociali consolidati, addirittura quelli familiari. Ken Loach dà più attenzione e onore nel film al protagonista che rappresenta le idee più radicali, ma alla fine quello che resta è solo la consapevolezza che nessuno esce vincitore. Usare la violenza ha dei costi altissimi. Si sa come si comincia ma non si sa come si finisce.
bellissimo, Ken Loach raramente sbaglia un film. E' molto impegnativo ma è fatto benissimo; io l'ho visto 3 mesi fa in Francia in lingua originale, e si può apprezzare l'ottima intepretazione dei due ragazzi. Bella pure la trama, abbastanza articolata ma non troppo, su uno sfondo di un irlanda lacerata, che culmina nella contradizzione assurda di una guerra fratricida.