All'inizio del ventesimo secolo in Irlanda, due fratelli, Danien e Teddy insieme ad un loro amico Dan, spinti dal loro patriottismo, si arruolano nell'esercito per combattere per l'indipendenza del loro paese.
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Purtroppo l'idealismo del film delude sotto tutti i punti di vista allo stesso modo in cui convince nella sua indiscussa onestà nel raccontare gli eventi e le vicissitudini storiche dell'Irlanda degli anni 20". Per quanto mi riguarda, direi che il verdetto di Cannes è rassicurante, ma non costituisce certo una prova di coraggio. Come non lo è questo film, il suo tono ecumenico e reducista, il bisogno di catalizzare l'attenzione sul fatto che per l'indipendenza del proprio paese si possa (debba) anche uccidere, e che le fazioni opposte possono interagire diabolicamente per mettere la cittadinanza l'una contro l'altra, e che si puo' perdere l'idealismo per cercare "una pace che non c'è" e che chiamiamo compromesso: grazie tante Loach, già visto v. Italia 45, Sarajevo, Iraq....
E' un film lodevole (ci mancherebbe che un film di Loach non lo fosse) ma francamente poco profondo: non si respira la tensione morale che in certi casi sarebbe necessaria (neanche nella sequenza piu' bella e dolorosa, la fuciliazione del giovanissimo Chris reo di aver "tradito"), non c'è un minimo di revisionismo storico, da una parte gli eserciti brutali inglesi, dall'altra il latte-alle-ginocchia di una Resistenza che sconcerta per la sua affettazione e demagogia (improponibili certi dialoghi tipo "quando c'era da passare ai fatti avevo sempre una scusa") .
Oltretutto esecrabile il doppiaggio italiano: guardatelo in lingua originale, vi prego, vi farete del bene (forse)
Insomma, credo proprio che "il vento che accarezza l'erba" sia un temino ben fatto e niente piu', di cui probabilmente mi scordero' presto l'esistenza.
Da parte mia non nascondo una certa irritazione per l'incapacità di raccontare la storia senza metterci dentro D.io, Patria e Famiglia (remember?), ma soprattutto senza tentare di scavare la fossa sporcandosi le scarpe nel fango (come suggeriscono nel film), eppure qualcosa di buono c'è davvero, e appartiene al contesto della storia.
E' quando il popolo è unito nella lotta anche attraverso i propri codici culturali (lo sport, le canzoni, le danze, la lingua gaelica) è quando, nel finale, tutto questo codice di appartenenza non sembra bastare piu'.
E' la complicità della borghesia (in Irlanda come in tutte le occupazioni europee) - v. Sir John - anvisa alla lotta per merito dei propri interessi personali ed economici
Sono anche i primi 20 minuti, l'assalto degli inglesi nei villaggi, il ragazzo che si rifiuta di parlare "una lingua non sua" e di obbedire agli ordini, con conseguenze fatali per il suo gesto.
E' fors'anche quel popolo irlandese che assiste con speranza e, successivamente, delusione a un documentario sulla presunta liberazione dal dominio inglese e il ritiro delle truppe d'occupazione
Infine, la fotografia nitida e il tono meno enfatico dei fasti di "terra e libertà", quasi dimesso nella sua abilità di narrare
Ma un minimo di ripensamento etico, culturale, filosofico, sarebbe stato di gran lunga auspicabile, e un bel gesto vincitore di Cannes non basta davvero