I re e le regine, i principi e le principesse, i boschi e i castelli di tre regni vicini e senza tempo; e poi orchi, animali straordinari, draghi, streghe, vecchie lavandaie e artisti di circo: sono i protagonisti di tre storie liberamente ispirate ad altrettante fiabe de "Il racconto dei racconti" di Giambattista Basile.
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Link alla recensione: http://www.lungoibordi.it/il-racconto-dei-racconti-1/
Allora. Quando poche settimane fa uscì il trailer de Il racconto dei racconti, l'ultimo lavoro di Matteo Garrone, le alte aspettative sul film lasciarono il posto allo stupore e in un certo senso all'incredulità nell'immaginarsi un film fantasy diretto da un italiano e in parte prodotto in Italia. E se è vero che ultimamente il cinema nostrano pare avere voglia di sfatare ogni tipo di tabù riguardo i generi cinematografici (basti pensare a Il ragazzo invisibile, primo cinecomic italiano diretto dal premio Oscar Salvatores), il timore di ritrovarsi di fronte ad una brutta copia di "quello che fanno gli americani" c'è sempre. Dicevamo. Il trailer de Il racconto dei racconti era senz'altro accattivante e (l'apparente) somiglianza alla materia de Il trono di spade ha senza dubbio svolto un importante ruolo di marketing per il grande pubblico. Aggiungiamoci pure che adoro Garrone (lo trovo tre spanne sopra Sorrentino, per intenderci) e che lo reputo il miglior interprete del cinema grottesco in Italia. Per di più, il fatto che, assieme a Youth di Paolo Sorrentino e Mia madre di Nanni Moretti sia attualmente candidato a Cannes rappresentava un ottimo punto di partenza. Ciononostante, la consapevolezza che proporre un genere nuovo in Italia sia sempre una strada in salita destava parecchi dubbi tra i nostri concittadini cinefili e critici di vario calibro. Insomma, alla fine 'sto film com'è? Con calma ci arriviamo. Tratto dalla raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile (che non ho letto e ad essere sincero manco avevo mai sentito), Il racconto dei racconti si articola su tre vicende tra loro intrecciate il cui comune denominatore è la ricerca di un qualcosa che non si riesce ad ottenere se non tramite espedienti magici. Parlandone in linea generale, Il racconto dei racconti è sicuramente più film d'autore che blockbuster. A partire dal cast, che vanta nomi conosciuti al grande pubblico ma alla fine manco così tanto (Salma Hayek, Vincent Cassel e Toby Jones non sono più sulla cresta dell'onda hollywoodiana da qualche anno così come Stacy Martin chi ***** se la ricorda se non in Nymphomaniac?). Scelte autoriali si riscontrano nell'accento posto (volutamente) più sul lato estetico e sulla fotografia che sulla vicenda vera e propria. L'aspetto tecnico, di conseguenza, fa da padrone in questo film. La regia non si discosta neanche troppo dai precedenti lavori di Garrone: piani sequenza in movimento alternati a campi lunghi in camera fissa sono una costante per quasi la totalità della pellicola. Discorso a parte meritano le scenografie, pittoriche e surreali da una parte ma dall'altra troppo spesso si avverte un senso di eccessiva artificiosità all'interno della scena. I due ragazzi albini, i lunghissimi capelli rosso fuoco in contrasto con la natura verde, il cuore gigante di un drago mangiato su un tavolo bianchissimo. Sono tutte cose fiche da vedere, niente da dire. Ma i crepuscoli su gole di terra ogni per tre per due per indicare un cambio di scena alla lunga rompono un po' il *****. Ne fa le spese ovviamente la messa in scena. Non che sia curata male. È che troppo spesso lo spettatore ha la sensazione di assistere ad una fiction in costume trasmessa su Rai Uno. Le musiche, più che essere brutte, sono proprio stupide. Non solo ci azzeccano sempre poco o nulla con le scene sullo schermo, ma il continuare a sentire per due ore di film una melodia simile a quella riprodotta da un incessante carillon risulta abbastanza fastidioso. In questo film il gusto per lo stupore visivo pare quasi un escamotage per sopperire alla totale mancanza di pathos concessa allo spettatore. E questo è il più grande limite de Il racconto dei racconti: esattamente come nelle favole, vengono presentati personaggi le cui caratterizzazioni sono assurde o ridicole e le cui reazioni umane sono completamente diverse da quelle di un qualsiasi altro comune mortale. Scordatevi quindi di vedere un film in cui potervi immedesimare in uno dei protagonisti o anche solo esserne colpiti per il loro fascino. Bisogna considerare che il mondo che viene raccontato non ha nulla a che fare col nostro. Garrone questo lo sa e, anziché ricercare anche in un fantasy il realismo a tutti i costi come farebbe un Christopher Nolan qualunque, preferisce ammirarlo da lontano, con assoluto distacco emozionale. Ok. Ma quindi come riesce lo spettatore a sopperire alla mancanza di coinvolgimento emotivo dettata da questo film? Molto semplicemente, in nessun modo. Se non, come già detto prima, imponendosi per centoventi minuti di concentrarsi sull'estetica delle varie sequenze più che scervellarsi per la sceneggiatura. E apprezzare comunque il coraggio per aver cercato di creare un qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati qui in Italia. P.S.: se provate fastidio per le dissolvenze in nero seguite da scene ad alta luminosità evitate questo film, potrebbe distruggervi la retina degli occhi!