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Tra i più importanti cineasti francesi di sempre, René Clair è regista del quotidiano, di storie normali che si fanno incredibili, magari sullo sfondo di una Parigi dei sobborghi abitata da personaggi umani e modesti, con una capacità di racconto che mescola mistero e ironia, eleganza e fantasia. Questa pellicola basata su di un'amicizia sui generis rappresenta il suo mondo alla perfezione ed è esplicativa della sua abilità nel tessere sceneggiature di forte sostanza emotiva e morale, portando a compimento una parabola grottesca e nello stesso tempo anche tragica. Un film che si fa quindi apprezzare per la sua linearità, privo di troppi sussulti né slanci d'inventiva.
Bollato come manierato e patetico, rispecchia invece la malinconica impotenza sul decorso della senilità -confutando la massima 'l'amore non ha età'- precludente l'amore sentimentale rendendo accessibile solo quello paterno, e per chi ha amato 'Il silenzio è d'oro' non potrà imputare a Clair di improvvisato spleen proustiano, c'è un fil rouge e un'identificazione nel Chevalier del sopracitato film del '47 e nel Brasseur di quest'opera, e sopratutto un immutato tono leggero a riprova che il patema non è mai cercato e un quadro realista tra ambiente fatiscente e dialoghi da bar.Sullo sfondo a dare un tono più armonico alla poesia concettuale del film ci pensa la sinuosa musica de 'L'Artista' di Georges Brassens, presenza cupa mai tragica, immagine indelebile di quest'opera rimarrà il musetto tenero e imbronciato di Brasseur al rifiuto di Maria di trascorrere la serata assieme.
Ho un vago ricordo di questo film, per quanto Clair fosse uno dei miei cineasti preferiti in assoluto. Per quel poco che rammento, è un'opera di una poesia e bellezza infinita. Clair torna al realismo poetico che ha partorito tanti capolavori negli anni 20" e 30", rievocando il tutto con una lievità straordinaria. Commovente, mai patetico e davvero molto bello