Un villaggio protestante della Germania del Nord. 1913/1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale. La storia dei bambini e degli adolescenti di un coro diretto dal maestro del villaggio, le loro famiglie: il barone, l’intendente, il pastore, il medico, la levatrice, i contadini. Si verificano strani avvenimenti che prendono un poco alla volta l’aspetto di un rituale punitivo. Cosa si nasconde dietro tutto ciò?
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Haneke prosegue ed estende la sua analisi socio-antropologica sulla genesi del male, scegliendo questa volta come laboratorio un villaggio tedesco di inizio secolo in cui i dogmatismi dell'autorità, qualunque ne sia il tipo (politico, religioso, familiare), scavano un solco irrecuperabile tra le generazioni desaturando, nell'esaltazione del bianco e nero, sentimenti, affetti e ogni sorta di legame umano. Bastano poche pennellate, pochi sguardi (splendida la locandina) in un lungo e opprimente quadro d'insieme, a farci rendere conto di come questo modello formativo impatti in modo irreversibile, sui minori e sulle loro scelte. Dal punto di vista storiografico ne esce un'opera importante per leggere la Germania dei decenni successivi mentre da quello cinematografico un film potente e completamente fuori dal tempo, vi convergono Bergman e Dreyer dietro la mdp, Mann, Junger e Doblin alla scrittura. Film duro e coraggioso, lucido e mai ammiccante, da vedere.