il gabbiano regia di Marco Bellocchio Italia 1977
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il gabbiano (1977)

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locandina del film IL GABBIANO

Titolo Originale: IL GABBIANO

RegiaMarco Bellocchio

InterpretiLaura Betti, Giulio Brogi, Pamela Villoresi, Remo Girone, Remo Remotti, Antonio Piovanelli, Clara Colosimo, Gisella Burinato, Mattia Pinoli

Durata: h 2.12
NazionalitàItalia 1977
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 1977

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Trama del film Il gabbiano

Dal dramma (1895) di Anton Cechov: Costantin, figlio di Irina, celebre attrice, mette in scena nella tenuta materna del Veneto un suo dramma per conquistare l'amore della ricca e giovane Nina che, invece, segue in città un letterato maturo, già amante di Irina, e ne sarà abbandonata.

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Voto Visitatori:   7,25 / 10 (2 voti)7,25Grafico
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Voti e commenti su Il gabbiano, 2 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  19/03/2022 13:24:00
   7 / 10
Una buona rilettura del testo di Cechov da parte di Bellocchio. I personaggi si confrontano con le proprie ambizioni ed i propri rimpianti. Sono pervasi dal dolore ed è evidente in forte contrasto generazionale tra i suoi personaggi. Una madre castratrice, uno scrittore di successo ma frutto di compromessi. Adulti che vampirizzano i giovani. Bellocchio interiorizza i personaggi, anche in presenza di dialoghi, sembra che i personaggi operino dei monologhi con loro stessi, mostrando il loro lato interiore. La frusrtrazione dei personaggi maturi e le ambizioni castrate dei giovani. L'arte come possibilità di fuga ma a costo diun prezzo troppo alto da pagare. L'arte consuma nella sua essenza ed amplifica gioie e soprattutto dolori.

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  01/04/2012 01:41:27
   7½ / 10
Il GABBIANO appartiene al periodo in cui Bellocchio decise di esprimersi con il teatro nel cinema, girando anche un altro film: TIMONE D'ATENE.
Il film è più che altro un esperimento per far sì che fra cinema e teatro ci sia uno scambio reciproco per quanto riguarda gli schemi narrativi dove troviamo un testo abbastanza difficile e i codici di linguaggio, come se fossero opere teatrali filmate, o meglio ancora è come se fosse un modo di riscrivere, è una scusante per rispecchiare le condizioni dell'autore stesso, per sottolineare il valore della dimensione artistica, un autoriflessione sulla letteratura come mestiere e creazione, condito di problematiche incentrate sulla vita e sull'identità.

La pellicola si apre con un PP sull'oggetto che rappresenta il dramma del film, l'interiorità, la solitudine, la regressione, per poi spostarsi sui personaggi e la loro ricerca e osserviamo il mondo intorno a loro: contadini che guardano lo spettacolo in modo passivo, l'amore frivolo, in continuo pericolo di instabilità, tutto condito con una citazione ad Amleto.

Il GABBIANO è una tragedia che ci mostra come il nuovo venga violentato dal vecchio, come i giovani vengano portati al suicidio per colpa degli adulti, come la nuova arte venga soppressa da quella vecchia. Una scena che forse incarna questo senso di morte è la scena in cui Costantin prende il gabbiano e lo uccide perché viene tradito e Trigorin successivamente farà lo stesso con Nina. Sfogo di questa immagine allegorica è il finale. Nina appare come se fosse un sogno, nell'oscurità, nel temporale mentre i contadini cantano canzoni tipiche venete nelle barche sul fiume rifacendosi al simbolismo, mettendo in evidenza la vita come oggetto irraggiungibile esponendo il mito dell'andare, del vivere veramente. In effetti se analizziamo in modo profondo i personaggi ci accorgiamo che sono anime rinchiuse in questa villa con bellissime scenografie che riportano in vita i palazzi ottocenteschi e le vetrate liberty, per non parlare dei padiglioni sulla riva del fiume. Personaggi che si illudono, sognando e desiderando cose che non riusciranno mai a realizzare, molto probabilmente perché sono contagiati da quella che per loro singolarmente è l'arte, l'essere artista e per cercar di materializzare i loro sogni sono pronti a tutto, ma delirano cadendo nelle braccia della morte. Queste mura (le mura chiuse, piene di significato per il regista veneto) sono in contrapposizione con l'esterno, la vita, il movimento, rappresentati per l'appunto dalla città.

Come il protagonista anche il dottor Dorn è vittima di questo sogno dell'essere artista completo. Sorin contrariamente agli altri è l'unico che rinuncerà a tutti i desideri per ottenere il potere. Bellocchio usa la figura del suo "amato servo" come occasione per portare sullo schermo un servo diverso da quello descritto da Cechov, lo innalza, non lo schiaccia. Nell'ultimissimo PP del servo vediamo che il soggetto saluta la "famiglia" di cui non ha mai fatto veramente parte e con una frase disprezzante dice "Scusate se vi ho disturbato". E dopo questo intervento finisce pure lui nel mucchio diventando un personaggio irritante e pericoloso. Il film termina con un'ultima inquadratura che riprende delle marionette abbandonate, evidente citazione al teatro e alla morte.

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