il conformista regia di Bernardo Bertolucci Italia, Francia 1970
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il conformista (1970)

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locandina del film IL CONFORMISTA

Titolo Originale: IL CONFORMISTA

RegiaBernardo Bertolucci

InterpretiPierre Clementi, Dominique Sanda, Enzo Tarascio, Stefania Sandrelli, Yvonne Sanson, Gastone Moschin, Milly, Fosco Giachetti, Jean-Louis Trintignant

Durata: h 1.50
NazionalitàItalia, Francia 1970
Generedrammatico
Tratto dal libro "Il conformista" di Alberto Moravia
Al cinema nel Settembre 1970

•  Altri film di Bernardo Bertolucci

Trama del film Il conformista

Il desiderio di normalità trasforma Marcello Clerici in sicario del regime fascista. Va a Parigi a uccidere un suo ex professore fuoriuscito. Il 25 luglio 1943 fa una tremenda scoperta.

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Voto Visitatori:   8,01 / 10 (36 voti)8,01Grafico
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Voti e commenti su Il conformista, 36 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

alex94  @  23/10/2023 22:00:36
   7½ / 10
Una pellicola non proprio semplice,in quanto la storia viene narrata in modo solo apparentemente realistico rivelandosi invece un intreccio tra racconto ed immaginazione con le tipiche parentesi sessuali presenti in una buona parte della filmografia di Bertolucci.
Si tratta comunque di una pellicola di alto livello,girata magistralmente e con una profonda attenzione e cura per i particolari,con grandi scenografie e movimenti di camera affascinanti, ulteriormente impreziosita da un glaciale Trintignant che tratteggia un personaggio interessantissimo ( il classico italiano conformista,o forse che tenta disperatamente di esserlo per trovare serenità).
Bello,tra i migliori di questo regista ( che personalmente non mi fa impazzire).

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR 1819  @  03/01/2021 18:15:52
   7½ / 10
Tipico film in stile Bertolucci, sofisticato e perverso. Nonostante la difficoltà dei temi risulta molto interessante.

suzuki71  @  02/04/2020 18:55:42
   10 / 10
Capolavoro, stiloso come Antonioni, denso come Elio Petri, tesissimo senza una sola sbavatura. L'inferno di un uomo mediocre, disposto alle peggiori delle azioni per rimanere nello status quo, cangiante come solo la Storia riesce a fare, a volte.

Oskarsson88  @  13/10/2018 14:47:18
   8 / 10
Regia molto accattivante e stilosa, e una storia un po' intricata, soprattutto all'inizio, del conformista, interpretata magistralmente da Trintignant, che si delinea però sempre meglio. Finale un po' ambiguo, per chi non ha letto il libro. Molto affascinante la blondie, anche se non bellissima. Comunque, mi è piaciuto parecchio.

kafka62  @  25/03/2018 19:52:03
   8½ / 10
Nel suo capolavoro del 1983, "Zelig", Woody Allen ha inventato il più bel personaggio di conformista mai portato sullo schermo, quello di un ometto timido e complessato il quale, ossessionato dall'idea di piacere a tutte le persone che lo circondano, inizia ad un certo punto della sua vita ad assumere le loro stesse fattezze (diventando volta a volta negro tra i negri, cinese tra i cinesi, grasso tra i grassi). Ebbene, al culmine della sua patologica crisi di identità, Zelig si rifugia in Germania e si mimetizza alla perfezione (siamo nel pieno degli anni 30) all'interno del partito nazionalsocialista di Hitler. L'episodio è estremamente significativo, perché Allen ha riassunto in una semplicissima idea di sceneggiatura (la quale, volendo, può anche essere vista soltanto come una gag, come un exploit di pura comicità paradossale) uno dei concetti fondamentali per comprendere la storia del secolo scorso: quello, cioè, che il fascismo è stato (ed è tuttora, nelle sue espressioni camuffate) la massima espressione del conformismo sociale, l'ideologia capace di offrire a ognuno la possibilità – tutto sommato tranquillizzante – di far parte di un organismo sovraindividuale in cui ogni singolarità viene cancellata nel nome di un'ortodossia dogmatica e irrefutabile. "Il conformista" di Bertolucci (e, prima di questo, l'omonimo romanzo di Moravia) si fonda proprio su questo assioma. Il protagonista, Marcello Clerici, cerca infatti di riscattare la propria presunta anormalità per mezzo dell'appartenenza al partito fascista e dell'adesione a un ideale condiviso da una maggioranza di persone in grado di non far mai venire meno la certezza di stare dalla parte giusta. Questa volontà di annullamento di sé viene a coincidere con una pressoché totale soppressione della responsabilità individuale: è il meccanismo per cui un'azione o un comportamento intrinsecamente immorali vengono sublimati e trovano la loro giustificazione nella coscienza collettiva attraverso una sorta di legittimazione suprema. Marcello accetta così di uccidere un oppositore del regime come naturale risarcimento del delitto commesso quand'era fanciullo, e al tempo stesso come prova di ammissione alla normalità. In risposta alle interrogazioni del confessore, Marcello afferma, in una delle scene-chiave del film: "Voglio che il perdono me lo dia la società. Sì, mi confesso oggi per la colpa che commetterò domani. E' il sangue che lava il sangue. Il prezzo che mi chiederà la società, io lo pagherò". In questa garanzia di assoluzione, che giunge non da Dio ma dalla collettività, risiede probabilmente la fascinazione profonda del fascismo, e più in generale di ogni sistema politico totalitario.
Nell'affrontare questo tema di fondo, il romanzo privilegia una dimensione scopertamente simbolica. L'anormalità di Marcello è vista come una sorta di peccato originale, che il protagonista cerca incessantemente di espiare attraverso il raggiungimento di una rassicurante normalità. Ma la normalità, per Moravia, è impossibile, o per meglio dire la normalità altro non è che l'impossibilità dell'innocenza, mentre al contrario l'uomo nel corso della sua vita cerca l'innocenza proprio in una presunta normalità (rappresentata agli occhi di Marcello da Giulia e dal suo mediocre mondo piccolo borghese). Su tutto ciò incombe ineluttabilmente il peso del destino, della fatalità, che impedisce all'uomo di compiere delle scelte autonome e rende inadeguato il suo ruolo nel mondo.
Nel film non si rinviene alcuna traccia di questo moralismo di stampo metaforico, in quanto Bertolucci preferisce procedere in altre direzioni, più concrete e maggiormente funzionali ad un discorso in chiave politica. In primo luogo si assiste a una sorta di sottolineatura, di enfatizzazione, a tratti anche semplicistica, di temi emblematici e di luoghi comuni (già presenti, ma in maniera più sfumata, nel romanzo), quali la virilità o la follia. Marcello sceglie il fascismo, partito virile e maschio (anzi, maschilista) per eccellenza, anche per tentare di nascondere agli altri la sua latente omosessualità. Inutilmente, perché – come è impietosamente confermato dal rifiuto di portare con sé prima e di utilizzare poi la pistola assegnatagli in dotazione, oggetto dal fin troppo evidente significato fallico – egli non riuscirà a portare autonomamente a termine la missione e a conformarsi a quell'immagine ideale del camerata fascista, freddo, cinico e sicuro di sé, incarnata con schiettezza dal Manganiello di Gastone Moschin, per il quale "invertiti, ebrei e vigliacchi" sono un'unica razza da combattere ed eliminare. Dietro a questa facciata di virilità, il fascismo mostra però gli inconfutabili segni del disfacimento, della malattia e della follia: Italo, ideologo del fascismo, è cieco, il padre di Marcello, picchiatore fascista della prima ora, è internato in un manicomio, il federale di Ventimiglia ha la scrivania inopinatamente ricoperta da centinaia di noci, e lo stesso Marcello (un Trintignant splendidamente ambiguo) ha improvvisi accessi di insania (davanti al superiore di Ventimiglia si punta la pistola alla tempia, a Parigi si nasconde tra i cespugli di un giardino pubblico, e così via). C'è una sorta di tara, insieme fisica e psichica, che Bertolucci fa gravare sul fascismo, quasi ad accentuare e rendere ancor più irrevocabile il suo personale giudizio di condanna.
La vera importanza dell'operazione bertolucciana di rilettura del romanzo risiede però in altre argomentazioni di gran lunga più personali, in particolare nello scarto insanabile tra apparenza e realtà da una parte e nell'attualizzazione dei motivi politici dall'altra. Per quanto riguarda il primo aspetto, il quasi contemporaneo "Strategia del ragno" aveva già offerto uno splendido esempio di ambiguità insita nella verità storica, mostrandoci un martire dell'antifascismo che alla fine del film si rivelava contro tutte le aspettative un traditore, santificato dai compagni per non indebolire la causa. Non dissimilmente, nel finale de "Il conformista" (completamente reinventato rispetto all'originale, dove il protagonista muore con la sua famiglia durante un'incursione aerea), Marcello accusa pubblicamente il "resuscitato" Lino del proprio delitto (e l'amico Italo di essere fascista), reagisce cioè al 25 luglio addossando ad altri, come in vero e proprio transfert, la propria colpa. Se questo comportamento trova una ben precisa giustificazione psicanalitica, perché Marcello attribuisce inconsciamente la sua anormalità, e quindi anche l'itinerario esistenziale fin lì percorso per riscattarsi da essa, al trauma subito nell'infanzia (tanto è vero che dopo la rimozione di questo trauma egli può dare finalmente libero sfogo alla propria natura repressa), esso assume altresì una valenza socio-politica, diventando l'emblema di quell'ipocrita trasformismo che ha caratterizzato nel dopoguerra la conversione di milioni di italiani (in particolar modo del ceto borghese, al quale vengono indirizzati gli strali più velenosi del regista) da fedeli sostenitori del fascismo a convinti antifascisti. Dopo la sua isterica delazione, Marcello si tuffa non a caso in mezzo a un corteo di bandiere rosse, facendo capire che il fascista di ieri è pronto a diventare il democratico di domani. Da ciò discende il secondo aspetto di cui si diceva, cioè la non evidentissima eppur profonda attualità del film. Oltre a disseminare il film di alcuni elementi inequivocabilmente contemporanei (ad esempio, la casa di Quadri, così anticonformista e così diversa dall'abitazione piccolo-borghese di Giulia, assomiglia a un collettivo rivoluzionario anni 60), Bertolucci sembra individuare proprio in questa subdola e camaleontica capacità mimetica una delle ragioni ultime della debolezza della democrazia italiana.
L'ambiguità tematica de "Il conformista" trova una perfetta corrispondenza nella sua ambiguità stilistica. Anzitutto la differenza formalmente più sconcertante tra pellicola e pagina scritta è data dalla struttura narrativa, che nel film è particolarmente complessa, in quanto si articola in una lunga serie di flashback e scarti temporali. La sequenza di apertura vede Marcello in una stanza d'albergo parigina, apparentemente solo (ma un successivo movimento di macchina – ecco un ottimo esempio di svelamento progressivo del senso di una scena – rivela che al suo fianco c'è il corpo nudo di una giovane donna addormentata), in attesa di una telefonata. Dal successivo incontro con Manganiello, in una grigia mattinata invernale che dà di Parigi un'immagine per nulla stereotipata, si dipana una lunga e frammentata rievocazione, la quale ripercorre gli avvenimenti che hanno condotto Marcello e Giulia nella capitale francese e che si riallaccia agli avvenimenti "in diretta" solo verso l'ultimo quarto del film. Anche se personalmente devo esprimere alcune riserve circa la validità dei numerosi raccordi temporali (in un solo caso mi sembra che il regista sfrutti pienamente le possibilità offerte dall'inconscia emersione di frammenti del passato, quando cioè dall'episodio in cui Manganiello esorta Marcello a risalire in auto si passa con estrema naturalezza alla sequenza in cui Lino adesca il protagonista bambino, e da questa alla scena della confessione), e pur non giudicando Bertolucci un grande sceneggiatore (prova ne è l'epilogo del 25 luglio 1943, inserito troppo bruscamente al termine della lunga sequenza dell'uccisione dei coniugi Quadri), si intuisce nella costruzione narrativa de "Il conformista" il tentativo di raccontare una storia in maniera tutt'altro che convenzionale. Del resto, l'utilizzo dei flashback è un procedimento molto caro al regista, come dimostrano gli esempi di "Novecento" e de "L'ultimo imperatore". Il primo inizia quando la guerra è appena finita e vengono catturati gli ultimi fascisti, mentre il secondo si apre con il tentativo di suicidio dell'ex uomo più potente della Cina, l'ultimo sovrano dell'Impero Celeste appunto: lo sviluppo di entrambi è operato nell'ambito di una incorniciatura capace di racchiudere al suo interno nientemeno che diversi decenni di storia.
La più volte conclamata ambiguità bertolucciana è però presente soprattutto nella messa in scena del film. All'interno di una composizione classicamente perfetta (che anzi può essere assunta come esempio di un decadentismo languido e raffinato, non meno dannunziano de "La pioggia nel pineto" recitata in treno da Marcello), Bertolucci fa trapelare infatti un che di malsano e di anormale: dalle inquadrature sghembe (quando Marcello viene involontariamente pedinato dalla automobile di Manganiello) agli spazi grandiosi epperciò opprimenti dell'architettura littoria, dalle conturbanti scene saffiche tra Anna e Giulia per finire alle foglie morte riprese dalla cinepresa a terra mentre vengono sollevate dal vento, tutto concorre a richiamare un'atmosfera di morbosità, di decomposizione e di sfacelo. Sempre sospesa tra autentico e inautentico, tra reale ed onirico, la messa in scena de "Il conformista" sembra in ogni momento riflettere su se stessa: quando Marcello si reca nel bordello di Ventimiglia il movimento della macchina da presa va a chiudere la sequenza su un paesaggio dipinto, dalle vaghe reminiscenze magrittiane, mentre durante il viaggio in treno verso Parigi dietro al finestrino scorrono sul trasparente dei paesaggi dai colori altrettanto artificiali. La stessa sovrabbondante presenza di specchi (la vetrata nella sala di registrazione dell'EIAR, lo specchio della scuola di ballo di Anna, il finestrino dell'auto nella sequenza che prelude all'uccisione della donna) introduce con non casuale insistenza un diaframma insuperabile tra il protagonista e la realtà. Quest'ultima non è conoscibile dall'uomo (e dallo spettatore) se non nei termini ingannevoli e fallaci di un riflesso evanescente e incerto, ed il recupero del mito platoniano della caverna durante il primo incontro tra Marcello e il professor Quadri sembra esserne la metaforica conferma. Anche la fotografia di Vittorio Storaro, basata sul chiaroscuro e sul contrasto tra i colori caldi e morbidi degli interni e i colori freddi e spenti degli esterni, insinua non pochi elementi di ambiguità: all'inizio del film Marcello viene mostrato a sprazzi dall'illuminazione intermittente di un neon, nella claustrofobica stanza di Quadri vengono chiuse le persiane (e quando queste sono riaperte, l'ombra di Marcello svanisce come un fantasma all'apparire della luce del giorno), perfino nella casa di Giulia la luce entra a strisce attraverso le finestre semichiuse, ed è infine in un fitto bosco in cui i raggi del sole stentano a penetrare che si consuma l'ultimo atto della tragedia.
A dispetto di quanto una visione superficiale del film può far supporre, la vicenda de "Il conformista" risulta filtrata attraverso il prepotente soggettivismo dell'autore. "Il conformista" è inequivocabilmente un film di Bertolucci, ne riflette alla perfezione sia le tematiche preferite (l'eros, l'ambivalente rapporto con il padre) sia il personalissimo universo cinefilico (prove ne sono le numerose citazioni, dall'insegna con il titolo di un film di Renoir, "La vie est à nous", alla frase godardiana del professor Quadri – "Ora il tempo della riflessione è finito, comincia quello dell'azione" – passando attraverso Laurel e Hardy) e la sua stessa idea di cinema (in un'intervista, Bertolucci ha legittimato l'ipotesi che nel viaggio di Marcello in Francia è adombrato psicanaliticamente il suo desiderio di "uccidere" Godard). Vi sono inoltre ne "Il conformista" sequenze che trovano la loro ragion d'essere esclusivamente nella sensibilissima ispirazione del regista, scene che, pur non strettamente essenziali nell'economia del film, vengono dilatate a dismisura fino ad assurgere a un'importanza extradiegetica che non è possibile ignorare. Penso soprattutto alla sequenza del ballo (senza dubbio la più riuscita dell'intero film), con lo scandaloso tango tra Giulia ed Anna e con quella danza collettiva al termine della quale Marcello si trova soffocato da una insopportabile calca di gente allegra e spensierata. Del resto, il ballo ricorre in quasi tutti i film di Bertolucci, dalla irridente "Giovinezza" ballata da Athos Magnani in "Strategia del ragno" all'"ultimo tango" di Paul e Jeanne, dalla festa campestre di "Novecento" alla balera emiliana de "La tragedia di un uomo ridicolo", così simile a quella parigina de "Il conformista". Non credo sia esagerato affermare che nel ballo, oltre a una probabile componente di ambiguità, Bertolucci veda soprattutto un rituale in grado di riprodurre in una sintesi perfetta quel difficilissimo equilibrio tra individuale e collettivo, tra regionalità e internazionalità, che è forse la caratteristica più pregnante e singolare del suo modo di fare cinema.

Matteoxr6  @  20/09/2017 00:10:53
   5½ / 10
Personalmente, ne riconosco i pregi, ma anche i difetti. Non sono di poco conto né gli uni né gli altri. A livello tecnico siamo su alti livelli, e ciò si riversa sulla riuscita della trasmissione anche fotografica delle allegorie presenti nella pellicola, vero punto forte (basti pensare alla scena del ballo o a quella delle scarpe di colore diverso, per esempio). Abbastanza riuscita anche la specularità tra il protagonista e Anna, ma non del tutto. Ecco, credo che Bertolucci si sia un po' perso dietro sé stesso e la sceneggiatura in quel frangente. Controverso il finale, totalmente inventato rispetto al romanzo, atto a riprendere e addirittura a ricalcare lo spunto iniziale, reo, a mio avviso, di incatenare lo sviluppo intellettuale della narrazione intimistica della vicenda. Difatti, per il mio personale gusto, ho trovato molto più interessanti determinati dialoghi e frasi presenti nella primissima parte dell'opera (ad esempio: "Mi confesso oggi per il peccato che commetterò domani"), che connotavano un taglio più incisivo rispetto al titolo stesso, "Il conformista", offrendo spunti trasversali interessanti. Buone le interpretazioni sostenute dal doppiaggio di interpreti di notevole spessore, per chi conosce questo mondo. Globalmente non mi ha soddisfatto, alla luce delle potenzialità offerte.

Spotify  @  18/12/2016 03:48:36
   8 / 10
---COMMENTO SPOILEROSO---

Piccolo capolavoro del cinema italiano. Ahh, quando facevamo certi film, spesso molto più belli e riusciti di quelli americani! La cosa che fa riflettere, è come sia possibile che la settima arte nel nostro paese, sia passata dalle stelle alle stalle nel giro di una trentina d'anni, in quanto possiamo dire che il periodo d'oro l'abbiamo avuto tra gli anni 50 e la fine degli anni 70, dopo di che siamo cominciati a scendere di gradino in gradino, buttando fango su i grandi maestri del passato, per poi toccare il fondo negli anni 90. Oggi stiamo scavando ancora più sotto, alla ricerca di non si sa che cosa ma, non voglio dilungarmi troppo su questo argomento, altrimenti mi sale l'acido e soprattutto perdo di vista il nocciolo della questione ovvero parlare del "Conformista" di Bernardo Bertolucci. Premetto che questo è il primo film che vedo di questo regista, uno dei grandi del cinema nostrano.
E' una pellicola importante, introspettiva come poche ce ne sono, antropologica e storica. E' un'opera che analizza i comportamenti umani in base alle determinate circostanze e quindi possiamo vedere come queste stesse circostanze, impongano codici, promesse e oneri da rispettare, giusti o sbagliati che siano.
La storia all'apparenza è molto semplice: l'anno è il 1938, Marcello Clerici, un docente di filosofia, entra a far parte dell'ovra (la polizia fascista) e si incarica di un compito, uccidere Luca Quadri il quale è antifascista e soprattutto è stato professore di Clerici all'università.
La pellicola in realtà, è molto di più. Anche io, quando ho letto la trama per la prima volta, pensai al classico thriller politico italiano di quegli anni, ma poi, andando avanti nella visione, mi sono reso conto che si trattava di qualcos'altro, qualcosa di dannatamente filosofico. Attraverso "Il Conformista", Bertolucci ci mostra come il fascismo riusciva a plasmare, corrompere e annebbiare le menti di chiunque, tanto che la gente rinuncia a quel che è veramente in favore di soddisfare le richieste di una dittatura. Per "Marcello Clerici", il regime di Mussolini si presenta inizialmente come un'ancora di salvezza, un rifugio dai suoi fantasmi interiori. Bertolucci ci mostra chiaramente come all'epoca, il fascismo rappresentava un grosso inganno, difatti dapprima attirava a se persone su persone e poi, alla sua successiva caduta , provocava il crollo di tutti gli ideali, delle ambizioni dei tali che avevano aderito al folle "progetto". Oltretutto, dopo la sconfitta del regime, molta gente può arrivare a mostrarsi per quello che è realmente, come nel caso di "Clerici".
Una delle cose che più mi ha colpito di Bertolucci, è che lui, per trasmettere il proprio messaggio, non ci ha girato intorno come magari, altri registi avrebbero fatto. E' andato dritto al punto, mettendo a nudo quanto fosse perverso e rigido il regime che ha imperversato nel nostro paese. All'epoca, bisognava appunto conformarsi ad esso, altrimenti le conseguenze potevano essere terribili, specie per chi era un "deviato" secondo il regime.
Un'altra cosa da sottolineare è la seguente: la comunicazione trasmessa dal director di certo non è nuova, in primis perchè si sa cosa è stato il fascismo in italia, in secundis perchè la pellicola è tratta da un libro e quindi esprime gran parte di quanto contenuto nel lavoro di Alberto Moravia.
Quello che però vorrei far notare, è la raffinatezza, l'eleganza con la quale Bertolucci tramanda il messaggio, una poesia di immagini. Infatti, quello che caratterizza in maniera eccezionale il film, è proprio la straordinaria regia. Poche volte mi è capitato ad assistere ad un operato dietro una macchina da presa così pregevole. Il director esprime una delicatezza nel narrare le immagini, che scorrono davanti ai nostri occhi, davvero fuori dal comune, e pensare che la storia è molto seria e a tratti persino violenta. Il tutto è trattato con pacatezza e riserbo, ogni sequenza è girata con una precisione invidiabile e in tutto questo, il regista, mentre gira la scena, riesce contemporaneamente a creare un'atmosfera incredibile ma di questo ne tratterò dopo, perchè vorrei soffermarmi un attimo sulla descrizione di "Marcello Clerici".
Dal mio punto di vista, uno dei principali fattori che rendono la regia di Bertolucci così delicata e soave, è la minuziosa attenzione che il regista riserva per la descrizione del protagonista, Clerici, appunto. Raramente ho visto un personaggio rappresentato in questo modo, in maniera così ossessivamente attenta. Il director ci porta proprio all'interno della mente contorta di quest'uomo, il quale è al centro di due fuochi, anzi tre: da una parte abbiamo la sua vera natura, cioè quella di omosessuale e quindi, una volta che lui appoggia il fascismo, si ritrova a mentire prima di tutto a se stesso, visto che entra nel circolo di una dittatura dove ovviamente i gay erano persone impure, da eliminare al più presto. In secondo luogo, "Clerici" mente persino al fascismo stesso, dove lui fa credere di essere tutt'altra persona. Poi abbiamo la sua relazione con Giulia, la quale non pensa minimamente che Marcello possa essere omosessuale, mentre lo stesso Marcello sa di mentire alla donna la sua vera natura, portandolo spesso a dubitare della scelta fatta di adeguarsi in veste di conformista (in svariate sequenze in cui i due amanti stanno insieme, Bertolucci ci mostra le facce dubbiose dell'uomo). Infine abbiamo l'infatuazione del protagonista per la moglie del "professor Quadri", colui che Clerici deve uccidere. Ciò porta l'individuo a tradire la sua futura moglie (Giulia) e in seguito a tradire anche la sua amante (anche se questa aveva intuito in precedenza che Marcello poteva far del male a lei e al marito). Insomma, Marcello Clerici è senza dubbio un personaggio dalla psicologia intricata, e oltretutto il regista, lo rende anche parecchio imprevedibile, giocando proprio con la mente dell'uomo. Tanto è vero che, ad ogni scena, lo spettatore si chiede cosa farà ora Clerici, se rispetterà l'impegno, se fuggirà via, se rivelerà le sue reali intenzioni. Naturalmente c'è sempre quella finezza con la quale Bertolucci si preoccupa di descrivere Marcello, difatti il regista ci racconta il soggetto passo dopo passo, riuscendo a miscelare tutti i dubbi e le repressioni che caratterizzano la mente dell'individuo, per poi tirarci fuori un protagonista che all'apparenza appare un uomo tutto d'un pezzo ma che poi dentro, ha mille incertezze e la consapevolezza di una scelta fatta da lui stesso contro la sua natura, al fine di non essere preda della dittatura, finendo quindi per servirla.
Tra gli altri, interessantissime le figure dell' "agente Manganiello" e di "Anna Quadri". Su quest'ultimo personaggio, penso sia doveroso spenderci due parole: si tratta di un soggetto estremamente simile a "Clerici", infatti tra i due nasce subito un'attrazione irresistibile. Ma perchè ciò? Dal canto mio, dico che il regista ha voluto rappresentare la "Quadri" come una parte di "Marcello" stesso, quella parte della sua natura andata sepolta e che ora, dopo l'incontro con questa donna, riviene a galla. Anna infatti è lesbica, ma come "Clerici", ha deciso di conformarsi alla società, sposando un uomo. Quasi come se queste due persone fossero complementari.
Altra cosa che fa riflettere è "Marcello" che non tenta di salvare "la Quadri" dal suo terribile destino, come se la donna gli avesse fatto riaffiorare quella parte "deviata" della sua sessualità.
La narrazione è solidissima e sulla base di essa, Bertolucci ci costruisce un ritmo fluido, rendendo il film coinvolgente e trascinante. La storia è molto affascinante, soprattutto perchè offre una visione delle cose da parte di più personaggi e ovviamente c'è pure quel lato avvincente che fa domandare allo spettatore se "Clerici" ammazzerà sul serio il professore. E' vero poi,mci sono alcune parti un po' più macchinose, ma in una pellicola così è cosa normale e si può dire con tutta sincerità che "Il Conformista" è un'opera che non annoia assolutamente e offre infiniti spunti di riflessione.
Adesso giungiamo alla scena che secondo me vale il film: l'uccisione dei coniugi Quadri.
Una sequenza agghiacciante, fredda e cattiva. D'un tratto, tutta quell'eleganza e quell'atmosfera seria ma calda che avevano contraddistinto fino ad allora la pellicola svaniscono in un lampo, dal momento in cui il professore e sua moglie, intraprendono quella ghiacciata strada di montagna. Già da li si capisce che sta per attenderli una brutta fine. Intanto dietro la macchina della coppia, spunta un'altra auto con all'interno "Marcello Clerici" e "l'agente Manganiello". Improvvisamente, dalla nebbia spunta un ulteriore macchina che finge un incidente davanti all'auto di "Quadri". Quando il professore scende per andare a controllare in che condizioni sono i passeggeri, ecco che dall'automobile escono alcuni individui che pugnalano a morte "Quadri". Da dietro agli alberi sbucano altri sicari che completano il lavoro per poi scagliarsi su "Anna", la quale nel frattempo si era accorta che dentro l'auto che stava seguendo lei e il marito si trovava "Marcello". La donna prega "Clerici" di aiutarla, ma l'uomo, che avrebbe dovuto compiere l'assassinio, le rivolge solo un'occhiata glaciale e distaccata, quasi di disprezzo, e lascia la giovane donna nelle mani dei killer che le sparano.
Tutta questa sequenza è secondo me un qualcosa di incredibile, tutti gli elementi, vale a dire scenografia, fotografia, attori, atmosfera, si incastrano in maniera impeccabile tra loro creando il cocktail perfetto per la scena perfetta. E poi proprio l'aura che pervade tutto il momento è unica in quanto è un'aura gelida, freddissima, che sa morte. Su questo punto, il director si supera. Da notare anche la inquietantissime inquadrature sugli specchietti della macchina di "Quadri" al fine di inquadrare la misteriosa macchina che segue i due coniugi. L'uccisione di quest'ultimi è straziante, una sequenza molto lunga, triste e che mostra il vero volto del fascismo.
La fotografia è splendida, molto distaccata e avente colori tendenti al grigio-bluastro al fine di evidenziare la freddezza di questa storia. Diventa parte essenziale della scena riguardante l'omicidio Quadri.
Sulla scenografia si può dire che le ambientazioni stile anni 30/40 sono ricreate benissimo. Poi, come per la fotografia, anche l'ambientazione diventa parte integrante della sequenza raffigurante l'uccisione del professore e di sua moglie. La location intorno è desolata, piena di alberi, sperduta su una montagna, il posto perfetto per un delitto politico.
Gran colonna sonora, le musiche sono molto dolci e tratti struggenti. Un sound azzeccato pienamente.
Il cast è di autentici fenomeni: Jean-Louis Trintignant è magistrale, un'interpretazione vera, estremamente realistica. Eccezionale l'impronta che da a "Marcello Clerici", l'attore francese è una maschera di impassibilità, sembra quasi che in certe situazioni dalla sua faccia non trasudino emozioni. Bravissimo nella sequenza dove parla col padre oppure nel finale. Mi rimarrà sempre impressa la sua occhiata ad "Anna Quadri", quello è stato davvero un colpo di classe. Le espressioni sono eccellenti e l'esplicazione dei dialoghi è molto veritiera e soprattutto, è volutamente un po' tediosa, allo scopo di rendere il personaggio ancor più grigio.
Altra recitazione con i fiocchi è quella di Gastone Moschin, attore che stimo moltissimo. Anche la sua è una performance che punta tanto sul realismo. In alcuni frangenti l'attore veneto è parecchio simpatico però, visto il personaggio che interpreta, la "qualità" che Moschin tira fuori sul serio è una forte meschinità.
L'interprete riesce ad essere quanto più spregevole possibile, incarnando in tutto e per tutto l'espressione di spia fascista. Eccezionale la recitazione dei dialoghi.
Grandiosa Stefania Sandrelli, giovanissima ma davvero brava. E poi è incredibilmente sexy XD.
La sceneggiatura è ben impostata, ha un impianto narrativo solido, ben suddiviso tra eventi passati e presenti. Per il resto non c'è moltissimo da dire, in quanto lo screenplay è tratto da un libro. Da notare la maniacale descrizione dei protagonisti.
Scritta in maniera ineccepibile la scena dell'attentato a "Quadri".
L'unica cosa che mi ha lasciato un po' perplesso, è il finale (per finale mi riferisco a tutto quello che vediamo a seguito della morte dei coniugi Quadri), in quanto l'ho trovato un po' sbrigativo, forse erano cominciate anche a venir meno le idee. Inoltre, ho trovato ambiguo l'incontro che ha "Marcello" con "Lino". In questa situazione vediamo "Clerici" accusare "Lino" di cose che in realtà quest'ultimo non ha mai commesso, vale a dire il tentativo di rapporto che l'uomo cercò di avere con "Marcello" bambino. In seguito a quell'episodio, il piccolo "Clerici" credette di uccidere "Lino". Ma in realtà non è mai stato così, "Marcello" se lo è immaginato e la notte del 25 luglio 1943, ha incontrato il presunto molestatore per la prima volta. Quindi se non fosse stato per quell'episodio vissuto da ragazzino, "Marcello Clerici" probabilmente non sarebbe mai diventato servo del regime fascista.
Ecco, tutto questo non mi ha convinto pienamente, in quanto mi è sembrata una scelta un po' vaga quella di rendere "Marcello" fascista, solo perchè ebbe un'avventura pseudo-omosessuale da piccolo, tra l'altro immaginata da lui stesso. Insomma, sinceramente non mi è sembrata una circostanza credibilissima. Peccato per quest'ultimo punto che forse macchia un po' quanto di buono fatto in precedenza.

Conclusione: un film importante per il nostro cinema, un'opera da rispolverare, andrebbe studiata a fondo. Regia e attori strabilianti, questa è la forza del "Conformista", inoltre abbiamo anche dei temi morali e antropologici che non si trovano facilmente nella settima arte. Peccato solo per le battute finali.
Un must di nicchia.

JOKER1926  @  22/10/2016 14:46:57
   5 / 10
Era il 1970 quando nelle sale approdava la fatica firmata Bertolucci, "Il conformista".

Dall'opera di Moravia nasce, cinematograficamente, il disegno di Bernardo Bertolucci; i fili attoriali sono affidati ad un affascinante e solido Jean-Louis Trintignant.

La storia, appare evidente, essa si pone lo scopo supremo di analizzare alcune personalità dell'epoca Fascista, al contempo, "Il conformista", fin quando (e quanto) può, cerca di massacrare qualsiasi cosa dal sapore di regime, insomma i simbolismi non mancano, sicuramente.

In cosa consiste la visione de "Il conformista"?

La domanda non è semplice da snocciolare; praticamente rimane impresso un notevole lavoro registico. La fotografia e le location, da sole, valgono il prezzo del biglietto. Il lavoro almanaccato da Bertolucci è praticamente un qualcosa di spettacolare; i colori adoperati sui personaggi strizzano l'occhio al mero decadentismo (cinematografico) francese. Ecco, per quanto concerne il versante tecnico, "Il conformista" , sembra aver pochissimi rivali.
Per quanto riguarda, invece, il lato contenutistico, c'è da dire che qualcosa non funziona.

Anzitutto è appurato che il film del 1970 sia puramente un film politico. Prepotentemente schierato contro, pesante e ripetitivo. Il messaggio, talaltro netto è chiaro da parte della regia, è che tutto ciò che è stato è sciagura e bestialità. Queste chiavi di lettura unilaterali e "assolute" restano, a nostro avviso, il vero regime di cultura. Incoerente e spicciolo. Avvertiamo con "Il conformista" un alone pasoliniano tremendo e mediocre.

Lo stile adoperato da Bernardo Bertolucci, come capita spesso, è assai astruso. Il film non ha una linea di narrazione compatta, prevale il significante. La visione diventa elefantiaca.

Cosa resta de "Il conformista"?

Un grosso lavoro tecnico, sinonimo di arte ma non di trasparenza intellettualistica. Ennesimo film orientato. Basta!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Zazzauser  @  28/09/2016 13:43:20
   8 / 10
Dalle pagine di Moravia alla perfezione formale della messinscena filmica di Bertolucci, la potenza metaforica dei simboli de Il Conformista non perde la sua forza: realtà e sua rappresentazione, l'atto del vedere; l'eterna dicotomia fra sanità e malattia (vd anche Svevo), fisica, psicologica, sessuale, sociale, esistenziale. Il conformista é prima di tutto l'Uomo del Novecento, che demolito dalle scissioni, dalle nevrosi, preferisce - consciamente - arrendersi alla massificazione, perché "salute" vuol dire essere uguale agli altri, e il desiderio di "normalità" travalica qualsiasi altra necessitá. Il Conformista e' Marcello Clerici, quello che pur accorgendosi di crescere nella gigantesca caverna di Platone del fascismo, rinuncia infine a smascherare quei simulacri che la dittatura spaccia per realtà. Si circonda di amici che non possono vedere per giustificare la sua riluttanza a voler vedere (lui che può, e ha sempre potuto) cosa sta diventando. Quadri, appunto, il professore che già solo col proprio nome é capace di disvelargli la differenza fra realtà e sua rappresentazione, scappa da un'Italia in cui la ricerca della verità é resa impossibile da chi di verità ne ha imposta una e una soltanto, quella di regime, impressa su quel grande schermo (i mass media fascisti) che ha sostituito - estendendone i confini di azione - né più ne meno che il fondo della caverna nel mito platonico. Dalla dipartita di Quadri, Clerici rinuncia alla propria salute per una malattia - che lui crede salute - impossibile da rilevare con qualsiasi esame medico (non é la sifilide..): é il morbo della pazzia, che come ha distrutto suo padre rischia di contagiare anche lui. L'unica speranza di una vita normale, l'unico antidoto, sta nel matrimonio con una donnetta della media borghesia, con cui trattenere un rapporto freddo, anerotico, e in un lavoro al servizio della Patria, anche se il prezzo morale da pagare é l'omicidio: ciò che non si può o non si riesce ad avere tanto vale che vada distrutto.
Compiaciuto ed estetizzante quanto si vuole (fino al limite dello stucchevole, bisogna ammetterlo), ma coerente con se stesso, Bertolucci dirige un film visivamente meraviglioso (non penso ci sia un solo frame privo di un'elevata "dignitá fotografica") coronando la cosa con un'ottima sceneggiatura, che rende giustizia al romanzo di Moravia del '51 da cui é tratta.

Mildhouse  @  28/09/2016 00:43:50
   9 / 10
Goldust  @  20/06/2016 18:27:59
   5 / 10
I movimenti di macchina avvolgenti sono la conferma di una maturità registica ormai consolidata, la fotografia di Vittorio Storaro è di una bellezza quasi stordente ( come dimenticare il duro faccia a faccia Moschin/ Trintignant sotto la luce intermittente di una lampadina sondolante? Ed il silenzioso agguato nel bosco, con una gelida nebbia come protagonista ? ). Ecco, per questi aspetti tecnici il film di Bertolucci è davvero un capolavoro; poi però c'è la storia, incentrata sul dissidio interiore di un piccolo uomo represso, prigioniero delle sue debolezze e delle sue insicurezze, e quella ragazzi è di una noia bestiale.

william sczrbia  @  21/01/2015 23:29:04
   7½ / 10
bella recitazione,buona trama anche senza grosse pretese,ottimo job

pak7  @  05/01/2014 03:39:55
   6 / 10
Sarò io, ma questo film non mi ha colpito particolarmente, così come le altre opere del regista (L'ultimo imperatore: kolossal con pochi pregi, La luna: pretenzioso), che ritengo lontano dalle mie corde. Novecento è un paio d'anni che è là sullo scaffale, sarebbe anche ora, ma ho paura di trovarmi di fronte a un polpettone di 5 ore. Il conformista comunque rimane una pellicola con qualche buono spunto, ma davvero poco coinvolgimento ed emozione per lo spettatore.

benzo24  @  28/10/2013 17:15:02
   10 / 10
Capolavoro ed attori mostruosi.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gabe 182  @  08/06/2013 19:30:47
   7 / 10
Un buon film, il primo che vedo di Bertolucci, non conosco molto questo regista e il suo cinema, ma il Conformista come opera mi è piaciuta, non posso definirlo un capolavoro, sarebbe eccessivo, però è un buon film.
Il conformista è il ritratto di un uomo ricoperto dai sensi di colpa per quello fatto in passato, e cerca di ritrovare la tranquillità persa da piccolo inseguendo l'ideologia che tutti inseguivano in quel periodo, il fascismo.
Se facciamo parte di una maggioranza si è più sicuri di essere dalla parte del giusto e ci si rassicura maggiormente, questo è il conformista, un uomo che non vive seguendo se stesso, ma seguendo chi segue maggiormente quella ideologia o cosa, questo è il messaggio che Bertolucci, attraverso il conformista, vuole mandarci, un messaggio forte e molto interessante, d'analizzare e attuale anche al giorno d'oggi.
Il film è svolto bene, in alcuni casi mi sono un po'annoiato, questo è un po' l'aspetto negativo, forse con dei ritmi più elevati mi avrebbe spinto a dare un voto più alto.
Da sottolineare i bellissimi dialoghi e la grande prova degli attori, bella la scenografia e la fotografia, molto elegante!
Il conformista è di certo un film con dei messaggi interessanti e non banali, il finale è azzeccatissimo, fa capire come il povero Marcello non riuscirà mai a ritrovare la tranquillità persa. Da guardare.

bagninobranda  @  04/06/2013 01:45:48
   5 / 10
Un film piuttosto noioso, ancora non ho capito di che cosa parlava il film oltre la trama evidente un po' sempliciotta. Se il film è così noioso, figuriamoci il libro. La regia è davvero ottima e anche la fotografia, ma non salva il film dall'insufficienza. Il protagonista è davvero inutile, insicuro e privo di talento. Infatti darà il meglio della sua verginità nel Sorpasso. Stefania Sandrelli è davvero sensuale ed è sempre bravissima.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR jem.  @  05/04/2013 17:45:16
   9½ / 10
Bertolucci supera se stesso con questo film. Forse è il suo capolavoro, anche se è una lotta dura con Ultimo tango a Parigi, che ha un posto speciale nel mio cuore. La storia di Marcello è la storia di uomo meschino, privo di dignità e bramante di omologazione. Ha bisogno di conformarsi per espiare un vecchio peccato di gioventù e questo lo porterà a mettere in risalto la sua orrenda natura. Giulia la moglie di Marcello, interpretata da una meravigliosa Sandrelli, è invece l'incarnazione della persona frivola e con ambizioni mediocri. Accanto al marito però spicca per genuinità e umanità che le conferiscono la normalità tanto agognata dallo stesso ma altrettanto irraggiungibile.
Il finale è qualcosa di straordinario.

7 risposte al commento
Ultima risposta 11/04/2013 18.20.05
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  16/03/2013 17:07:25
   7½ / 10
Il ritratto di un uomo con una difficile missione da compiere...tra dovere e sensi di colpa assistiamo a vari flash-back che raccontano di un'esistenza mai vissuta a pieno a causa della menzogna costante.
I 4 personaggi principali sono tratteggiati con una cura incredibile e la regia di Bertolucci è una delle migliori della sua carriera.
Aiutata anche dall'ottima fotografia di Vittorio Storaro che gioca alla perfezione con luci e ombre.
Ottimo

Crazymo  @  25/11/2012 18:18:11
   9 / 10
Bertolucci ci narra con maestria il fascismo di fine anni '30, schierandosi politicamente in modo deciso, dipingendo nel modo più crudele possibile la destra trascinandoci in un'ambientazione fredda, invernale, distaccata e facendoci vivere una serie di esperienze molto forti, attraversando molti argomenti come la religione (Più che altro la chiesa), la pedofilia, la violenza, la propria individualità ed il pensiero libero. Ne è venuto fuori un film maestoso, avanti anni in quanto a tecnica e pieno di messaggi importanti (ancora attuali) e che fanno riflettere. La scena dell'omicidio di Quadri e la moglie è da scuola di cinema, bellissimi anche i momenti della caduta del fascismo. Stupendo.

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  02/11/2012 17:27:06
   9 / 10
Strepitoso ed impietoso ritratto di un vigliacco, di un uomo che, mosso dal proprio desiderio di omologazione, sacrifica tutto in vista di una tranquillità che non può e non potrà avere mai. Quando Bertolucci unisce simili contenuti alla propria tecnica superba è imprendibile per chiunque altro.

Crimson  @  09/04/2012 21:40:59
   10 / 10
Spoiler presenti.

Ho rivisto 'Il conformista' di Bertolucci nella magnifica versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, in cui le tinte fosche del film sono state restituite in tutta la loro inquietudine.
Il regista torna a lavorare sull'identità dopo 'Partner'; stavolta il riferimento letterario è l'omonimo romanzo di Moravia e non c'è un chiaro omaggio a Dostoevskij, ciononostante è pur presente l'ennesimo lavoro sulle ombre e perché no, sul doppio – la coscienza del protagonista ha la possibilità di redimersi non nella fede e neppure nella società come lui confessa candidamente di aspirare a giungere, ma nella fiducia dei due coniugi che contribuisce ad uccidere in modo agghiacciante. Omertoso e vigliacco fino in fondo, precipita al livello più basso della dignità, banderuola priva di personalità.
Ancora un lavoro sottile e acuto su realtà e ombra, sulla falsa riga dell'intramontabile "uomo della caverna" del citato Platone. La stessa ombra che scompare col primo raggio di sole metaforico che nella realtà appartiene all'evento cardine della fine della dittatura fascista. In quel preciso momento Marcello si dissolve e da delatore cerca disperatamente, ormai nel baratro, di riappropriarsi dell'immagine di normalità che ha tanto rincorso con tutte le sue forze.
Stavolta Bertolucci sul piano formale non strizza l'occhio a Godard ma mostra già di aver raggiunto una cifra stilistica matura di tutto rispetto. Il film è tecnicamente ineccepibile e la sequenza del brutale omicidio di Quadri totalmente mancante di emozione, scioccante come poche.
Rispetto alla prima visione ho ritrovato le stesse sensazioni ma avevo rimosso la figura indispensabile di Anna – lei che è a conoscenza, più a fondo del marito, del ruolo di Marcello ma che sembra non voler considerare, ingenuamente, che questa attrazione animale e irrazionale la condurrà inevitabilmente alla morte. E' una donna che vive sul presentimento ma non comprende la crudeltà fino alle pugnalate ricevute dal marito e alla successiva corsa per la salvezza. L'incrocio di sguardi con Marcello è indescrivibile, la punta di diamante che eleva questo film da bellissimo a capolavoro.
'Il Conformista' non solo racconta dello smarrimento dell'identità e della possibilità che gli altri ci danno per renderci conto in extremis del reale valore della parola 'normalità' contrapposta a 'individualità', non solo rende conto che in determinati periodi storici in cui si afferma una mentalità egemone c'è sempre chi è pronto a inabissarsi tra le piaghe della mancanza di ideali, riflessione e confronto, ma pone le basi per considerare più genericamente quanto la cieca uniformità ad un Credo (politico, religioso) possa svilire l'uomo e renderlo ignobile.
Magistrale la sequenza della confessione di Marcello. Egli mostra di essere ateo non come risultato di una riflessione approfondita, ma come abitudine. Diffida della Chiesa perché intende essere assolto dalla società. Ciò che ricorda essere stato un omicidio è l'episodio che ha cambiato per sempre la propria vita. Il rifiuto della propria omosessualità latente lo ha spinto verso l'insoddisfazione e la conseguente ricerca ossessiva della "normalità". Famiglia, stabilità, a tutti i costi. Paradigma che accomuna chi ha come unico obiettivo nella vita quello di essere qualcuno agli occhi degli altri. Marcello è tale. Non ha sentimenti di amore, la relazione con Giulia è assolutamente priva di calore. Egli la considera piccolo-borghese meschina e mediocre, e non a torto. Sua moglie è una ragazzina viziata e conformista quanto lui, ma a basso profilo. Si auto compiace del ruolo di donna che vive all'ombra del marito, che deve assuefarsi economicamente e filosoficamente ai valori che quel tipo di società che la culla le impone. E soccombe senza mai porsi la domanda. Il suo è un conformismo che non prevede la lotta per accaparrarsi un ruolo nella società, essendo fin dall'infanzia stata educata ad autolimitarsi conformemente alla concezione che solo al futuro marito pertiene quell'ambizione. E la sua bassezza morale si conferma in toto quando racconta a Marcello che in fondo aveva capito che l'omicidio dei coniugi Quadri era stata ordita da lui, eppure confessa candidamente che avendo pensato che potesse servirgli per fare carriera ha implicitamente e vergognosamente taciuto. Imputa a coloro che festeggiano la caduta di Mussolini di essere ipocriti dimenticando di eseguire un esame di realtà su se stessa e sul marito. La stabilità prima di tutto.
Anna vuole Marcello, lo scuote, forse lo ama. Marcello vorrebbe che lei non parta perché sa che Luca Quadri morirà. Quando scopre che anche lei è partita ordina a Manganiello di accelerare perché intende salvarla. Il disorientamento che Marcello prova nei sentimenti per 'merito' di Anna è il medesimo che prova sul piano intellettuale per filantropico candore del professore (che sfocia nell'eccesso di sprovvedutezza che gli costerà la vita). Non è un fascista fino in fondo e non lo sarà mai, ma non è neppure un uomo che riesce a guadagnare una dimensione etica, individuale. Resta una figura a metà, nulla, ignava.
La parvenza del cambiamento è sempre dietro l'angolo. Una mano tesa che si infrange contro il muro eretto dalla corruzione morale, cronica e irrimediabile; dall'incapacità di diventare un essere umano uscito dalla caverna. Marcello resta lì, a fissare le ombre.
Jean Louis Trintignant è una maschera. Anima un personaggio raccapricciante, vittima ma colpevole.
Un film sconvolgente, profondo, longevo.

dagon  @  06/01/2012 09:50:51
   7½ / 10
film che ho apprezzato più per la forma che per la sostanza. Se il messaggio sottostante è chiaro ed anche "corretto", il film mi ha annoiato (sorprendentemente) in qualche parte, per poi risollevarsi nel potentissimo finale. Quello che è splendido in questa pellicola è la fotografia di Storaro. A parte la sequenza nel bosco, alla fine, ci sono delle costruzioni cromatiche nelle scene di interni da applausi scroscianti. Per me, alcune di queste erano ben presenti nella testa di Kubrick quando ha girato Eyes Wide Shut. Comunque, sicuramente un film "avanti" per il tempo in cui è stato girato. Oggi non sarebbe nemmeno pensabile, in Italia.
La Sandrelli è qualcosa di inguardabile (recitativamente parlando, ovviamente)

cris_k  @  27/08/2010 14:07:00
   8½ / 10
Probabilmente il migliore di Bertolucci. Tratti grotteschi che non ne minano la fruibilità e anzi, ne aumentano l'appeal anche se in alcuni casi sono di una crudezza visiva intollerabile. Bellissime le scenografie, enormi, asettiche. Forse troppo espliciti gli accenni all'essere conformista, quasi sempre con i dialoghi.
Bello l'intreccio, che è il vero punto di forza del film perché ne è la spina dorsale e catalizza la curiosità dello spettatore.
Bel film, un pezzetto di storia del cinema.

pinhead88  @  07/05/2010 16:01:21
   8 / 10
Non ho mai amato particolarmente lo stile di Bertolucci,pesante e troppo manieristico.purtroppo i suoi canoni vengono introdotti anche in questo,che a parer mio poteva essere un grande capolavoro senza troppi momenti statici e compiacimenti vari.ma nonostante ciò,non posso dire che sia una pellicola priva di fascino,vuoi dallo schema nichilista-pirandelliano alle magnifiche scenografie "razionaliste" ritraenti perfettamente le fredde atmosfere del fascismo.un film che va assaporato lentamente e dolcemente.

endriuu  @  13/03/2010 23:43:43
   7½ / 10
la regia di bertolucci è sempre un garanzia,a tratti pesante ma inciviso nel complesso.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  13/01/2010 19:26:19
   8 / 10
Dopo aver visionato Prima della rivoluzione ero un pò perplesso,deciso a lasciar perdere Bertolucci perché troppo prolisso e manieristico. Mi sono ricreduto subito con Il conformista.
Splendida la sceneggiatura che ha in sè tutte le manie del regista,tutta la sua poetica espressa senza mai strafare. Non ho letto il romanzo ma da quello che ho letto non se ne discosta molto.
Bravi anche gli interpreti e splendide le musiche.
Bertolucci regala sequenze indimenticabili come quella dell'omicidio nella neve,seguendo con la macchina a spalla l'attentatore. Altre scene molto forti sono quelle della violenza sul bambino. Si perde un pò nell'eccesso di manierismo dopo la prima ora di film ma si fa seguire senza problemi.
I ritratti dei protagonisti sono tracciati in maniera decisa e concisa.

A tratti Il confomista ha una vena grottesca specie all'inizio quando il protagonista corre in quel modo assudo,o quando vediamo le condizioni del padre e della madre e allora al grottesco si aggiunge un forte senso di angoscia.
Veramente bello il finale dove Il conformista del titolo si conferma in pieno tale.
Vista la durezza ed alcune scene esplicite non sembra neanche un film del 1970. Veramente da vedere,un grande film italiano che attraverso le regole del thriller esplora verie regioni dell'ambito umano come la pedofilia,la politica e il sesso.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  20/07/2009 06:43:02
   6 / 10
Da qualche anno oramai, non sono più un bambino. Eppure, a volte, mi accorgo di averne conservato alcune qualità, a me tanto care. Per esempio, l’ingenua sincerità. Infatti, se una cosa che mi è presentata sento che non mi piace, io la rifiuto, senza badare ai commenti o ai giudizi degli altri, mi lamento piuttosto e faccio i capricci.
Poi, soltanto in seguito, ecco intervenire l’adulto. Fa mente locale. Analizza il tutto. Prova a rintracciare le cause di tale rifiuto. Si dà risposte, sempre. Ad esempio, riguardo a “Il conformista” - perché mai a quel bimbo non è piaciuto? Egli risponde. Troppo politico. Troppo compiaciuto. Non profondo là dove è erotico. Estetico, sino al compiacimento assoluto. Che pensa troppo a farsi bello agli occhi dei critici. Uno di quei film che pretendono d’abbracciare con niente un preciso momento storico.
Rimane perplesso, tutte queste risposte non lo convincono ancora. Resta il rifiuto di quel bambino, però, inconfutabile, come un gesto istintivo.
Avete mai notato come un infante, dall’alto della sua purezza e della sua onestà intellettuale, preferisca guardare i volti belli e dalla pelle liscia, e rifiuti, al contrario, tutti quelli che sono brutti e rugosi?
Non è il caso mio, in verità, né di questo film. Difatti “Il conformista” la pelle liscia ce l’ha, possiede un bel volto e addirittura profuma… nondimeno, ho preferito osservare altrove altre bellezze, altri occhi che forse più mi assomigliano.

1 risposta al commento
Ultima risposta 26/10/2012 22.44.33
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Silly  @  13/07/2009 10:42:09
   9 / 10
La storia di un uomo che, per trovare la pace interiore perduta da fanciullo, si accoda all'ideologia di maggiornaza di quel periodo, ovvero quella fascista.
Perchè far parte della maggiornaza rassicura l'animo, può illudere l'uomo di fare la cosa giusta. Il conformista è un uomo miserabile, come tutti coloro che non hanno il coraggio di vivere la propria vita con onestà intellettuale, con sincera passione.
Io amo i ribelli e detesto i conformisti...
Bertolucci riadatta cinematograficamente uno splendido romanzo di Moravia, con vera maestria. Per me Marcello Clerici è un vigliacco dall'inizio alla fine. Soprattutto alla fine. Difatti il finale è l'apoteosi del suo essere, ormai completamente perduto nel vortice della maggioranza...
"La maggioranza sta... Come una malattia, come una sventura, come un'abitudine..." (F.De Andrè).



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E' un film realizzato alla perfezione. Cast pazzesco. Devo dire, su tutti, la Sandrelli è di una sensualità disarmante. Il suo personaggio, inoltre, è l'unico che dimostra umanità.
Eccellente.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  24/01/2009 10:02:52
   8 / 10
Buono, molto buono.
Ottimi regia, interpretazione, fotografia, montaggio e sceneggiatura.
A differenza di altri lavori di Bertolucci, scorre bene senza eccessiva lentezza.
Un buon lavoro di un grande maestro del cinema.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  26/09/2007 22:33:43
   8 / 10
E' IL "VIAGGIO" DI UN UOMO VERSO LA SUA REDENZIONE MORALE, CHE PASSA ATTRAVERSO L'ADEGUAMENTO AI DETTAMI DEL FASCISMO FINO AL LORO RIFIUTO FINALE DOPO L'ATTO ESTREMO DELL'ASSASSINIO. LA CONCLUSIONE E' DISSIMILE DA QUELLA DEL ROMANZO DI MORAVIA (CHE, PERALTRO, CONSIGLIO DI LEGGERE). OTTIMO FILM.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  19/09/2007 14:10:32
   9½ / 10
Il conformista è il ritratto di un uomo oberato dai propri sensi di colpa che per essere accettato dalla società, sacrifica la propria personalità per vendersi alla morale dominante, pur aberrante dell'epoca fascista. Il miglior film di Bernardo Bertolucci, curato in ogni dettaglio, dalla fotografia bellissima di Storaro, dalla struttura ad incastro del racconto di Moravia, alla straordinaria prova di tutto il cast.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  11/09/2007 09:34:55
   9 / 10
Questo capolavoro di Bernardo Bertolucci è quello che si può definire Il film d'arte politicizzato.
il protagonista represso ed indotto all'omicidio vive in maniera quasi astratta una realtà violenta, sospesa tra eros e ricordi, tra vigliaccheria e solitudine.
Perfetto l'uso del flashback.
Ottimi gli attori.

Invia una mail all'autore del commento emmepi8  @  17/02/2007 16:43:56
   10 / 10
Un esempio da ricordare ed avere sempre davanti per chi vuole fare un film da un romanzo: una smembramento completo del libro per prenderne il cuore, con dei flashback che si alternano per tutta la durata del film e che come non mai sono essenziali, per comprendere l'anima del racconto. Un libro che fu un fiasco clamoroso per Moravia, anche per il personaggio che prendeva le fila del racconto: un individuo che si autoforza a prende gli ideali del fascismo, e da cui gli sceneggiattori (lo stesso Bertolucci e Franco Arcalli, uno dei più grandi del nostro cinema) si distaccano per un finale drammaturgico diverso, ma dal punto di vista cinematografico più efficace. Un racconto che si basa su una fotografia, specialmente nella prima parte, che sottolinea l'impostazione non realista, senza mai esagerare, con delle sfumature che ci fecero conoscere in pieno le qualità di Storaro. Gitt Magrini completa perfettamente con i costumi e Scarfini con le scenografie di un preziosismo che ci fa venire in mente un Visconti rinvigorito. Il regista riesce perfettamente a tratteggiare il protagonista raccontandoci un libro intero, con sfumature, qualche dialogo e personaggi che centrano perfettamnete il loro ruolo nella trama. Un film prezioso da vedere e rivedere e che non è invecchiato di un millimetro. Da ricordare la scena Cult del film del ballo con la coppia al femminile, che tanto scalpore creò. Un Bertolucci cinefilo, che sa ripescare dal passato dei grandi e significativi interpeti come: Yvonne Sanson, del melodramma nostrano dei primi anni '50, nel ruolo della sucera; Milly, grasnde stella degli '30, rimersa negli anni '60 come cantante, qui nel ruolo della madre; Fosco Giacchetti, attore simbolo degli anni'30/'40; ed un Gastone Moschin , nel ruolo sprezzante del fascista Manganiello insieme a Enzo Tarascio nel ruolo del professore
Bellissima colonna musicale che aderisce perfettamente, con la mani di Delerue, preso, penso, per ragioni di cooproduzione, ma che si è rivelato perfetto
Siamo nella fase due del regista e quella che definitivamente lo ha votato alla cinematografia che lo ha contraddistinto, non dimentichiamoci che il passo successivo fu Ultimo Tango a Parigi. Lavorò al montaggio in, quasi simultanea, con l'altro film La Strategia del Ragno, fatto per la Rai, ma uscito anche nelle sale. Era l'enfant-terrible del nostro cinema, che aveva debuttato a 21 anni con La Commare Secca, e qui aveva soltato 29 anni. Un promessa mantenuta, che oggi si è presa una pausa riflessiva un po' troppo oziosa
Pierre Clementi.Aveva già lavorato con Bertolucci in Partner, era un po' l'emblema dei films sessantottini, un bel volto enigmatico, che il nostro cinema avevva preso in pieno,facendolo partecipare alla nostra stagione in maniera significatica. Peccato che nell'andare del tempo fu quasi dimenticato ingiustamente; ci fu anche uno scandalo di droga, che portò a testimoniare in tribunale diversi nostri registi per salvarlo.
Dominique Sanda. Bella sorpresa di questo film che la mise in mostra per il successivo successo di Il giardino dei Fizni Contini. Una immagine meravigliosa, che forse ha lasciato troppo presto , pur rimandeno una attrice straordinaria. Curiosità: doveva essere l'interprete femminile di Ultimo Tango, ma era incinta al momento della lavorazione...
Steafania Sandrelli. Perfetta nella moglie conformista al massimo, aveva già lavorato con Bertolucci in un ruolo diverso in Patner. penso che qui passò l'ostacolo del doppiaggio, dimostrando di essere aderente al personaggio anche per via della voce; un po' quello che successe per la Milo in 8 e 1/2, solo che lei ha dimostrato di sapere fare il suo mestiere, l'altra solo lì'utilità di un film o qausi.
Jean Louis Trintignant. Un intepretazione da ricordare per sempre, una sintonia con il personaggio che fa rimanere stupefatti. Questo attore che è stato amato dai nostri registi ed è stato premiatissimo dal nostro cinema, molto giustamente. Curiosità, anche per lui, doveva essere l'interprete di Ultimo Tango, ma rinunciò per le scene di nudo, non se la sentiva..

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/08/2006 23:28:00
   9 / 10
Non ho dubbi, il miglior film di Bertolucci. Oserei chiamarla una danza beffarda verso un confronto tra idealismo e ragione.
Indimenticabile il ballo saffico della Sandrelli con la Sanda, agghiacciante la trappola tesa a Quadri per trucidarlo.
Verso il finale, proprio quando il degrado e lo squallore sembra prendere il sopravvento, il personaggio ritrova "moralmente" una parte di se stesso.

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Ultima risposta 09/05/2009 22.23.22
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turbogio  @  09/12/2005 18:10:14
   9 / 10
Bellissimo. Clementi e Sandrelli in ottima forma. Geniale la conclusione. Assolutamente da vedere!

Gruppo REDAZIONE maremare  @  02/12/2004 11:32:07
   9 / 10
Ottimo film.
La migliore trasposizione cinematografica dai romanzi di Moravia.
Un Bertolucci d'annata.

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