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E' un film incompiuto come d'altronde è il romanzo di Kafka, scrittore a mio parere difficilissimo da trasporre sullo schermo. Haneke opera una scelta senza dubbo indovinata: il castello, incarnazione stessa del potere, rimane sempre fuori campo, invisibile agli occhi dello spettatore. Tuttavia la presenza cupa influenza tutto il villaggio sottostante, facendo sentire ai suoi abitanti e soprattutto al forestiero K. tutto il suo potere. In misura ancor maggiore del Processo si percepisce in maniera tangibile il peso di questo potere che schiaccia K. e il villaggio. Una burocrazia incomprensibile e impenetrabile come le porte del Castello, ma che definisce i ruoli delle persone obbligandoli a snaturare se stessi, generando conflitti piccoli e grandi fra loro, con il Castello che sullo sfondo, invisibile, troneggia ed alimenta mantenendo intatto il suo dominio. Con qualche incertezza Haneke riesce in questo intento: far vedere gli effetti del Potere sulle persone, rimanendo nascosto nella sua vera essenza.
Rende bene l'idea delle lungaggini e degli inferni burocratici e borghesi, risultando d'atmosfera e ben recitato (che dire, Muhe, compianto, è sempre grandissimo, e lo stesso anno, sempre con Haneke e la Lothar, che fu sua moglie per davvero, si ritroverà anche in Funny games).
L'ambientazione sarà fredda, i temi saranno non propriamente felici, ma ad ogni modo l'opera (montata e diretta con strane ed improvvise pause, che staccano un pò i tempi delle azioni) non mi ha inquietato.
Il finale tronco, che improvvisamente fa interrompere il film, però lascia un pò interdetti (ma credo si riferisca comunque al libro).
Più o meno scorrevole (nonostante i 125 minuti ed il ritmo lento), parateatrale, il film di sicuro può piacere agli estimatori del regista (il suo stile e la sua mano ci sono eccome).