i giorni dell'abbandono regia di Roberto Faenza Italia 2004
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i giorni dell'abbandono (2004)

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locandina del film I GIORNI DELL'ABBANDONO

Titolo Originale: I GIORNI DELL'ABBANDONO

RegiaRoberto Faenza

InterpretiMargherita Buy, Luca Zingaretti, Goran Bregovic, Alessia Goria

Durata: h 1.36
NazionalitàItalia 2004
Generedrammatico
Tratto dal libro "I giorni dell'abbandono" di Elena Ferrante
Al cinema nel Settembre 2005

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Trama del film I giorni dell'abbandono

Olga ha 35 anni e due figli. Suo marito Mario l'ha abbandonata e lei ha perso completamente la fiducia in se stessa e si sta lasciando andare. Uno spiraglio di felicità e speranza arriva grazie ad una sofferta autoanalisi e a una serie di incontri, tra cui quello con un musicista vicino di casa...

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Voti e commenti su I giorni dell'abbandono, 52 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  25/09/2005 17:12:45
   2 / 10
Del recente disastro cinematografico di Faenza non avrei voluto parlare: porbabilmente mi sarei risparmiato il linciaggio che qualche ammiratore del film (non posso credere siano molti) sicuramente agiterà contro di me. Ma siccome nella vita bisogna aver coraggio nel difendere le proprie idee, anche a costo di infastidire qualcuno, da una parte mi riprometto di rivederlo con più calma un secondo momento, dall'altra mi spiace assecondare l'aria che tira da qualche anno alla mostra del cinema di Venezia, ovvero il gioco al massacro verso un film "solitamente" italiano. Temo purtroppo che stavolta i censori abbiano ragione da vendere. Prima di tutto mi reputo un insospettabile, visto che finora ho sempre ritenuto Faenza un regista dignitoso e interessante, anche se solo in un caso capace di realizzare un'opera esaustiva dall'inizio alla fine ("Jonah che visse nella balena"). Per il resto ci sono quei classici frammenti preziosi (cito il bambino chiuso e diffidente di prendimi l'anima, la triste parabola di Don Puglisi in una città di persiane chiuse) che compongono buoni film mancati. Ora, ok, "I giorni dell'abbandono" è tratto da un romanzo di cui si parla tanto (troppo?), ma il "caso" letterario qui è un'alibi per un pretenzioso, tediosissimo, presuntuoso pamphlet di psicanalisi femminile, il tutto condito con un linguaggio da fotoromanzo di bassa lega, o peggio degno di Harmony. Non sarà una novità trovare una Torino metafisica (chissà perchè lo è sempre al cinema, e piu' ancora nella realtà) dove la mdp filma con emotivo distacco (?) - è degno di un dilettante che usa il tutto come fossero i filmini per le vacanze - le infelicità coniugali della protagonista. Ma non è questo il motivo per cui ho detestato sopra ogni cosa questo film, certamente uno dei peggiori esempi di cinema italiano (anzi, diciamo di cinema e basta) a cui io abbia avuto la disgrazia di assistere. Cio' che è inaccettabile è l'atteggiamento di Faenza: si vincola, si omette, con l'intenzione specifica di lasciare alla Buy tutto il consueto repertorio delle nevrosi cui in altre occasioni ha dato il meglio di se': ipocondria da crisi isterica, o clichè di un'attrice che rischia di diventare la Mia Farrow italiana, e non parlo della pur brava attrice, ma dell'ex-moglie di Allen fagocitata dai gossip (era meglio quella vecchia canaglia di Frank, vero?). Se è vero che un'oratorio teatrale avrebbe funzionato meglio, il linguaggio cinematografico di Faenza pretende di essere insolito e "originale", ma ahimè Cocteau è un'altra cosa e "La voce umana" al cinema venne interpretato da Anna Magnani, la regia di Rossellini, non so se mi spiego. La Buy non è assolutamente in grado di reggere a lunga distanza tutto il film, anche se sembra l'unica presenza certa dell'opera (Zingaretti e Bregovic figure di contorno un po' alla Beckett, i bambini, forse il cane) e forse Mariangela Melato con qualche anno di meno avrebbe retto meglio il contraccolpo. Quel che è certo è che capitano cose di questo tipo: un'attrice che crede di aver preso parte a un'opera d'arte (o alla definitiva consacrazione di sè) senza aver dato troppo preso all'ardua impresa dello script e dei ridicoli dialoghi del film, un'autore che ha (spero non definitivamente) rovinato la sua credibilità sentendosi improvvisamente l'erede di Freud : in realtà qui si barcamena tra i peggiori clichè dell'insopportabile Leo Buscaglia. Salvo solo il finale che almeno ci restituisce i titoli di coda mettendo fine alla tortura di aver perso inutilmente due ore della mia vita a sperare nelle sorti del "nuovo cinema italiano". Con la rassicurazione che molte donne di questo sito troveranno pane per i loro denti. Pensiero: è sufficiente esprimere qualcosa per trovare un filo di interesse comune?

6 risposte al commento
Ultima risposta 05/08/2006 02.04.44
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