happy end (2017) regia di Michael Haneke Francia, Austria, Germania 2017
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happy end (2017)

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locandina del film HAPPY END (2017)

Titolo Originale: HAPPY END

RegiaMichael Haneke

InterpretiIsabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, Mathieu Kassovitz, Fantine Harduin, Toby Jones, Franz Rogowski, Laura Verlinden, Nabiha Akkari, Loubna Abidar, Dominique Besnehard, Jackee Toto, Hassam Ghancy, David El Hakim, Jack Claudany

Durata: h 1.47
NazionalitàFrancia, Austria, Germania 2017
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2017

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Trama del film Happy end (2017)

La storia di una grande famiglia alto borghese che ha ormai perso i suoi valori. Specchio di una società votata alla falsità, all'egoismo e all'infelicità. Sullo sfondo, Calais, spazio di transito per i rifugiati.

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Voto Visitatori:   7,27 / 10 (13 voti)7,27Grafico
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Voti e commenti su Happy end (2017), 13 opinioni inserite

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GianniArshavin  @  22/03/2018 23:04:02
   7 / 10
Happy End è il film che segna l'atteso ritorno dietro la macchina da presa di Michael Haneke, lontano dalle scene dal 2012, anno dell'uscita del pluripremiato Amour.
Nonostante i 5 anni di assenza l'austriaco non ha perso lo smalto dei tempi migliori, dando vita ad un'opera non perfetta ma di indubbio valore e spessore.

Happy End racconta di una famiglia disfunzionale dell'alta borghesia francese. Questo nucleo familiare, dietro una facciata di rispettabilità e perbenismo, nasconde un'intricata ragnatela di marciume e misfatti. Il regista, nel suo consueto e riconoscibile stile freddo e rigoroso, ci conduce alla scoperta del lato oscuro della famiglia Laurent, in un crescendo di scelleratezze non indifferente.

La pellicola è indubbiamente una delle più digeribili di Haneke, che in passato ci aveva abituati a lungometraggi spesso di complessa e ostica fruizione. Happy End, principalmente nella seconda ora di visione, è un film fluido (per i canoni del cineasta in questione, naturalmente), che non annoia, coinvolgente, che riesce anche a far riflettere in più punti. Certamente, pur essendo maggiormente scorrevole, ciò non vuol dire che Haneke abbia deciso di snaturare sé stesso: la regia resta asettica e glaciale come sempre, cosi come il messaggio di fondo rimane pervaso da un nichilismo a tratti avvilente; tuttavia, la costruzione della storia, l'aver dislocato nei punti giusti i risvolti salienti della vicenda ed una scrittura pressoché perfetta dei personaggi rendono questo prodotto espandibile anche ad un pubblico meno avvezzo ad autorialità di questa risma.

Per quanto concerne i contenuti, come detto il cineasta ripropone alcuni dei suoi temi più cari, dall'ipocrisia dell'alta borghesia ai segreti che si celano dietro volti puliti e rispettabili; un mondo borghese messo alla berlina e che puntualmente l'autore distrugge in ogni suo aspetto. Inoltre, non mancano riferimenti al razzismo, all'uso indiscriminato e sfrenato della tecnologia e alla progressiva desensibilizzazione degli esseri umani; tutti argomenti ricorrenti nel cinema del maestro di Monaco di Baviera.
I punti forti della storia sono i due poli della trama: il vecchio patriarca e la giovane nipote Eve. Questi personaggi rappresentano al meglio ciò che il regista vuole comunicare, essendo due facce della stessa medaglia nonché le chiavi di volta per comprendere al meglio il messaggio del prodotto in analisi e di tutta la poetica hanekiana nel suo complesso. Mi permetto anche di azzardare una piccola annotazione personale: e se il personaggio di Trintignant fosse una proiezione di Haneke stesso?

Come anticipato poc'anzi, l'opera non è del tutto riuscita e non è certamente il punto più alto della filmografia hanekiana. Purtroppo, per tutta la visione, lo spettatore abituato alla filosofia del regista non potrà fare a meno di notare una perenne sensazione di déjà vu; difatti Happy End è un titolo che, duole dirlo, risulta essere un po' masticato sia nelle tematiche (gli scheletri nell'armadio e gli sviluppi finali sono alquanto pronosticabili) sia nella costruzione dell'intreccio, fin troppo similare ad altri lavori antecedenti dell'autore: numerosi i riferimenti presi a piene mani da Caché, La Pianista e anche da Benny's Video e Il Nastro Bianco. Questo può non essere considerato un difetto vero e proprio, ma da un uomo di cinema del calibro di Haneke la minestra riscaldata, per quanto saporita, ti lascia l'amaro in bocca.

Passando agli aspetti tecnici, il film è francamente impeccabile, magnetico e avvolgente nella sua meticolosa e distaccata messa in scena. I personaggi sono ben confezionati e hanno i volti giusti, in primis l'ottimo Trintignant. La Huppert, qui protagonista femminile, è come sempre sublime: talmente naturale e a suo agio che sembra quasi non recitare. Nondimeno, è da parecchio tempo che l'attrice francese sembra essere rimasta prigioniera dello stesso ruolo, una gabbia dorata che le consente di sfornare continue prestazioni maiuscole ma allo stesso tempo tutte la copia carbone dell'altra. Mi piacerebbe vedere questa talentuosa interprete (una delle migliori del panorama mondiale) ritornare a confrontarsi con ruoli differenti dalla oramai scontata donna ambiziosa e austera che nasconde nevrosi e debolezze dietro un'apparente glacialità.

In conclusione, Happy End è un nuovo tassello che va ad aggiungersi ad una filmografia ricolma di perle e opere enormi firmate da un autore di poderoso talento. Resta un pizzico di amaro in bocca per il non aver osato abbastanza, preferendo il sicuro e accomodante adagiarsi su sentieri già solcati.

2 risposte al commento
Ultima risposta 15/01/2019 22.11.44
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