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Non sforzatevi di trovarne un significato. Forse ce l'ha, forse no, non è questo l'importante. Questo film va amato per quello che è, ovvero un opera semplicemente perfetta, uno splendido ritratto del degrado. Partiamo da un dato, il budget. Più di 1 milione di dollari. Somma esorbitante per un film del genere catalogabile sotto il circuito del cinema indipendenti. Tanti soldi per cosa? Una fotografia magnifica, una grandiosa colonna sonora, un cast, composto da attori professionisti e non, sublime. Insomma un film che nel suo piccolo dimostra di essere un progetto ambizioso, mirato prima di tutto a colpire lo spettatore. Sia al cuore che allo stomaco. E ci riesce eccome. Argomenti scabrosi, quali pedofilia, omosessualità, handicap e stupri, trattati con disinvoltura e inseriti in un contesto totalmente delirante e quasi grottesco, con uno spirito che mostra lievi cenni dissacranti. Ci si commuove, si ride, si riflette (inutilmente a mio avviso), ci si incanta. Ogni scena, ogni singolo fotogramma di Gummo, cela un immenso valore artistico, malgrado persista una totale mancanza di coesione. È un confuso collage di volti, aneddoti, dialoghi assurdi, video amatoriali, interviste di stampo documentaristico. È un tornado nell'animo di chi sta a guardare. Un tempesta che trova suo culmine alla fine, col potente e toccante grido di Roy Orbison che con la sua "Crying" chiude la cornice di questo splendido film senza senso che non puoi fare a meno di amare, un amore non trova radici nella ragione.