greed - fame di soldi (2019)

Fra le tante conseguenze negative della pandemia c'è pure la scomparsa del cinema indipendente: ormai finanziatori, produttori, distributori appartengono ai colossi dello streaming e di conseguenza non si possono più attaccare né loro né il sistema politico-economico che li legittima, quello neoliberista alias turbocapitalista. Il film di Winterbottom fa quel poco ch'è ancora possibile fare: allude a essi, spiega la differenza tra evasione ed elusione fiscale (consentita da un'apposita normativa), mostra Monte Carlo com'uno dei molteplici paradisi offshore non all'estero in qualche sperduta isola caraibica ma da noi in Europa, poi però è costretto a prendersela con un pesce intollerabilmente troppo piccolo.

In un unico contesto Winterbottom mostra le disparità sociali dovute alla globalizzazione. I nuovi Gordon Gekko ormai non hanno più freni in un capitalismo senza il minimo controllo, fondato sullo sfruttamento dei primi sui secondi. La povertà di operai malpagati e la vuotezza di principi da parte dei ricchi. Il tema non è che sia nuovo, ma Winterbottom in questa escursione satirica cerca di veicolare il messaggio alla stessa stregua del biografo del magnate che cerca di comprendere i meccanismi della finanza in maniera semplice: la semplicità del concetto senza tanti sofismi. In questo il film è palese nella sua denuncia, ma corre il rischio di essere eccessivamente schematico. In certi momenti si ride, ma sempre costantemente a denti stretti.