gli spiriti dell'isola regia di Martin McDonagh Irlanda, Gran Bretagna, USA 2022
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gli spiriti dell'isola (2022)

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locandina del film GLI SPIRITI DELL'ISOLA

Titolo Originale: THE BANSHEES OF INISHERIN

RegiaMartin McDonagh

InterpretiColin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Gary Lydon, Pat Shortt, Jon Kenny, Sheila Flitton, David Pearse, Bríd Ní Neachtain, Aaron Monaghan, Lasairfhíona Ní Chonaola

Durata: h 1.49
NazionalitàIrlanda, Gran Bretagna, USA 2022
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2023

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Trama del film Gli spiriti dell'isola

Due uomini sono amici da una vita ma a un certo punto, proprio quando si trovano insieme su una remota isola irlandese, uno dei due decide di voler troncare l'amicizia, generando una situazione strana e sgradevole.

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Voto Visitatori:   7,40 / 10 (34 voti)7,40Grafico
Miglior film commedia o musicaleMiglior attore in un film commedia o musicale (Colin Farrell)Miglior sceneggiatura (Martin McDonagh)
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior film commedia o musicale, Miglior attore in un film commedia o musicale (Colin Farrell), Miglior sceneggiatura (Martin McDonagh)
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Voti e commenti su Gli spiriti dell'isola, 34 opinioni inserite

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Thorondir  @  04/02/2023 23:03:43
   6½ / 10
Continuo a non capire il perchè a Hollywood si straccino le vesti per McDonagh. O forse si, e il problema sta tutto nella picchiata qualitativa del cinema hollywoodiano, così messo male che è prontissimo puntualmente a elevare un prodotto medio come questo a roba che neanche Tarkovskij.

Il film è una chiara allegoria sul popolo irlandese (entrambi i genitori del regista sono irlandesi ed egli stesso ha la doppia cittadinanza britannica/irlandese). Si percepisce il legame intimo di McDonagh con quel paese. Un popolo che si è fatto la guerra, che si è ammazzato a vicenda (non a caso la guerra civile sullo sfondo): i due personaggi (va detto, ottimamente interpretati, con uno dei migliori Farrell di sempre) simboleggiano proprio il conflitto del popolo irlandese sul finire degli anni '20: piuttosto che chiarirsi meglio farsi la guerra, meglio farsi del male da soli (non a caso l'automutilazione), meglio non parlarsi. Così la sorella di Padraic è il simbolo dell'emigrazione irlandese, storicamente caratteristica di questo popolo (tanto più nel periodo in cui è ambientata la vicenda). Questa allegoria arriva in modo chiaro ed è filmicamente risolutiva, cioè questa è la cosa principale che il film vuole dire. Ma McDonagh tocca anche altri temi e in particolare l'importanza dell'arte e quello del trascorrere del tempo: entrambi rimangono temi non eviscerati dal film; l'uno elemento centrale di una "scena madre" (il confronto nel pub sull'arte, Mozart, ecc.) l'altro rimane ancor di più in tracce sparse e mai ricomposte in modo organico e coerente. È vero, qua e là si ride di gusto, ma la scrittura di McDonagh sembra essere molto buona nel trovare momenti di brillantezza battustica, decisamente meno nel sostenere un film-allegorico che svelato il messaggio fila via decisamente piatto.

6 risposte al commento
Ultima risposta 18/03/2023 11.24.19
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Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  03/02/2023 01:19:21
   7 / 10
Allora: McDonagh è uno bravo, bravissimo, ed ha dimostrato con appena 3 film (uno splendido, uno buono ed un capolavoro) di meritare un posto alla tavola dei più grandi. Perciò se decide di girare un film apparentemente minore su una piccola isola al largo dell'Irlanda ambientato negli anni '20, tu lo vai a vedere e speri di uscirne arricchito. Il guaio è che se così non è poi esco con l'amaro in bocca, perché quando a deludere è uno veramente bravo la delusione è ancora più cocente (tipo Spielberg con The Fabelmans).

E quindi abbiamo questo film molto intimista, in cui la guerra civile fratricida irlandese fa da contrappunto alla guerra fratricida tra due amici sulla piccola isola di inisherin: il mite e semplice Padraic e il musicista Colm.

Le schermaglie senza senso tra i due sono forse metafora delle schermaglie senza senso della guerra civile, o forse sono solo il sintomo di una terra che non offre nulla se non chiacchiericcio, noia, disperazione e birra; il guaio è che in fin dei conti non interessa più di tanto a nessuno.

Ciò detto, proprio perché McDonagh è bravo, il film è pieno di dialoghi brillanti, paesaggi stupendi stupendamente fotografati, e il duo Farrell/Gleeson è meraviglioso: ma 3 Manifest e in Bruges erano su un'altra galassia.

4 risposte al commento
Ultima risposta 18/03/2023 11.14.17
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Mauro@Lanari  @  27/01/2023 12:01:39
   3 / 10
Colgo l'occasione per spiegare la faccenda (forse) una volta per tutte. L'antropologia di Nietzsche è dualistica contrapponendo i nichilisti attivi ai passivi: mentre gl'uni accettano lo status quo per "amor fati", gl'altri non riescono ad adattarvisi non possedendo un'indole che consenta loro d'accettare il survivalismo col suo processo degenerativo fino all'estinzione. Sin qui l'umanità ha dimostrato di rientrare in tale categoria binaria, idem l'intera cultura planetaria. L'esistenzialismo novecentesco è stato un fenomeno di massa ch'è andato scomparendo nella seconda metà del secolo. Ancor prima troviamo l'epica greca da Omero a Esiodo, la filosofia presocratica, la tragedia ateniese giunta al punto di non ritorno con l'"Edipo a Colono" di Sofocle nel 401. In ambito ebraico, l'ulteriore radice del pensiero occidentale, troviamo il disfattismo del Qohèlet. Il problema di costoro consiste nel fatto che hanno sempre e solo saputo o lamentarsi o protestare, non suggerendo mai nulla di costruttivo. I nichilisti attivi sono invece epicurei, oraziani, giovenaleschi, cantori del "carpe diem". Pure l'arte e quindi il cinema sono riconducibili alle due tipologie nietzscheane, e singoli autori o singole opere possono persino oscillare instabilmente fra un polo e l'altro. "Tertium datur"? In effetti sì. Nel 524, l'anno prima d'essere ucciso, Boezio espone nel "De consolatione philosophiae" un dilemma che troverà una formula più rigorosa con Leibniz negli "Essais de Théodicée", scritti nel 1705 e pubblicati nel 1710: "Si Deus est, unde malum? Si non est, unde bonum?". Per atei, materialisti e immanentisti si spalancava l'opportunità d'analizzare il secondo corno del dilemma. Quanti ne hanno approfittato? Quanti finalmente hanno iniziato a fornire una proposta? A mia conoscenza, un unico pensatore: Ernst Bloch, cominciando dal suo libro principale edito nel '59. Cioè il nostro tentativo d'esordio al di là dei nichilismi attivi e passivi data ad appena pochi decenni fa, e nessun altro studioso ha affiancato Bloch nell'inedito filone di ricerca da lui inaugurato. Shockante, sconvolgente, devastante.
Con ciò pure McDonagh non può non rifarsi alla "disperazione di Kierkegaard" (Federico Pontiggia), alla "crepuscolarità funerea di Beckett" (Enrico Azzano), "non per niente Samuel Beckett è dublinese e certamente uno dei referenti più forti, [...] abilissimo tessitore di trame e dialoghi impastati nell'assurdo" (Emanuela Martini), "sembra una commedia dell'assurdo in costume scritta da Beckett" (Carlo Valeri). E perché non addirittura il Sartre de "La Nausée", 1938? Basta con 'sta retroguardia, dopo decenni e millenni esigo dalla cultura qualcosa che come minimo (ri)parta da Bloch.

19 risposte al commento
Ultima risposta 26/04/2023 16.29.37
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