Nonostante Giulietta e Giorgio abbiano festeggiato l'anniversario di matrimonio con amici, tra loro le cose non sono più come prima. Lui è cortese, ma distante ed è preso da un altro amore; lei per trovare conferme e consolazioni si rivolge ad un medium indiano...
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La prima cosa che mi ha colpito di questo film è la bellezza visiva. Direi che solo un grande maestro come Fellini avrebbe saputo come impiegare al meglio il colore per creare suggestione, piacere estetico e comunicativo. "Giulietta degli spiriti" è di una cura e di una ricchezza coloristica unici. Per fare ciò Fellini ha potuto appoggiarsi sugli artigiani-artisti che hanno fatto grande il cinema italiano del Dopoguerra (customisti, scenografi, truccatori, sarti, ecc.). A ciò si aggiunge la perfetta padronanza della mdp e dei suoi movimenti da parte di Fellini. Alcune scene sono indimenticabili, come quella della fuga in aereo sullo sfondo di un verde prato (pura e suggestiva nella sua stilizzazione) e quella della piattaforma sull'albero. Questo impiego minuzioso e pervasivo di soluzioni estetiche non è assolutamente fine a se stesso (Fellini non fa mai sfoggio palese di bravura) ma funzionale allo spirito del film. Ancora una volta Fellini indaga la crisi dell'individuo nella società italiana degli anni del boom. Dopo avere iniziato con le persone umili e comuni alle prese con i sogni e le illusorie occasioni di riscatto e ricchezza ("Sceicco Bianco", "Il bidone", "Le notti di Cabiria"), Fellini posa il suo sguardo ironico e amabilmente dissacratorio sulla nuova borghesia consumista e godereccia, nata proprio con il boom economico, mettendone in risalto le vacuità, i vizi, le contraddizioni ("Dolce Vita", "Otto e mezzo"), senza dimenticare di lanciare strali anche all'Italia reazionaria e bacchettona ("Boccaccio 70"). "Giulietta degli spiriti" si inserisce nel solco della rappresentazione ironica della ricca borghesia (caratteristici i personaggi della madre e della sorella) e prosegue sulla strada tracciata da "Otto e mezzo", cioè quella dell'indagine psicologica e visionaria di tutte le contraddizioni, gli smarrimenti, i conflitti di un personaggio modello umano universale-specchio dell'individuo Fellini. Il mondo esteriore e interiore è rappresentato come rifratto, complesso, forse troppo, e per questo l'individuo si rischia di smarrirsi, di perdere naturalezza e genuinità. All'ambiente formale e un po' ipocrita in cui vive Giulietta si contrappone il mondo completamente basato sui sensi di Susy, dove non esistono valori o principi etici, solo il piacere da dare o ricevere e perché no da vendere o da comprare. Giulietta invece tiene a determinati principi, a determinati valori, anche se è ossessionata dai sensi di colpa, dalla severità e dall'oppressione dei divieti religiosi e delle formalità borghesi. Liberarsi dai pensieri, non dare peso a ciò che dice o pensa la gente, vivere in maniera spontanea e libero, sembra essere il messaggio finale, l'approdo di Giulietta. Ma il finale non è molto chiaro, rimane un po' inconcluso e non si sa cosa farà Giulietta della propria vita. Il problema del film sta proprio in questa indeterminatezza del personaggio di Giulietta, nel suo non appartenere a nessuno dei mondi con cui viene in contatto. E' un personaggio né carne, né pesce, un po' passivo, senza guizzi, senza progetti. Ha sempre il solito sorriso, il solito recitato distacco, non aderisce convintamente a niente. Va a finire che tutta l'impalcatura del film sembra un po' girare a vuoto, che finisca un po' nel nulla, che manchi della sostanza fondamentale e universale (la natura dell'arte, la natura fondante dei rapporti umani e amorosi) che animava "Otto e mezzo". "Giulietta degli spiriti" rimane comunque un film di un fascino e di una bellezza unici, tanto da far perdonare tutte le altre "manchevolezze".