gertrud regia di Carl Theodor Dreyer Danimarca 1964
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gertrud (1964)

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locandina del film GERTRUD

Titolo Originale: GERTRUD

RegiaCarl Theodor Dreyer

InterpretiBaard Owe, Ebbe Rode, Bendt Rothe, Nina Pens Rode

Durata: h 1.54
NazionalitàDanimarca 1964
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1964

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Trama del film Gertrud

Una coppia in crisi. Lui è in corsa per una poltrona di ministro, la moglie Gertrud (Rode), ex cantante di mezza età, gli manifesta l'intenzione di lasciarlo perché si è innamorata di un musicista più giovane di lei, ma lui esita a divorziare per timore della carriera...

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (11 voti)8,50Grafico
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Voti e commenti su Gertrud, 11 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  18/04/2024 14:42:34
   8 / 10
Una donna di mezza età alle prese con una crisi sentimentale che la divide tra tre diversi uomini: il marito (un amore che scompare o che forse non è mai realmente esistito), un ex (l'amore che vorrebbe tornare ma che non può), e il nuovo (un ragazzo più giovane di lei, fuori da determinate coordinate di rispettabilità comportamentale e sociale). Crisi, nel senso più profondo della parola e crisi di una donna nella Danimarca d'inizio secolo. Una riflessione al femminile sulla donna divisa tra le costrizioni sociali e la volontà di romperle, in questo caso relativamente all'ambito sentimental/famigliare. È il purissimo cinema di Dreyer, quello in cui la sua teatralizzazione raggiunge il massimo, sfiorando l'ipostatizzazione dei personaggi. Un film teorico, coerente con il lungo percorso del maestro danese, ma per quanto mi riguarda, forse il meno convincente tra i suoi capolavori, quello che pare meno urgente, meno potente anche sul piano della forza figurativa delle immagini.

Ch.Chaplin  @  30/11/2014 15:21:08
   8½ / 10
L'ultimo film di Dreyer è una matura versione dei suoi lavori precedenti, quasi un testamento sulla vita, sull'arte e sull'amore. L'amore in Gertrud è a volte maturo e avolte post-adolescenziale, a volte ancora è un mix tra i due. La narrazione è ancora teatrale e l'utilizzo dell'accesissima luce è quasi un addio del regista ai suoi fan.

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  02/04/2012 22:52:42
   8 / 10
Nella realtà Maria Von Platen visse nei luoghi dove viveva contemporaneamente la madre naturale di Dreyer e questo portò a prendere a cuore il romanzo da cui è tratto Gertrud, oltre naturalmente alla storia di questa donna e dei suoi tristi legami.
Legami tristi perché così come nel libro anche nel film la protagonista al momento della confessione racconterà di aver tradito suo marito con un altro uomo per finire tra le braccia di un terzo uomo. Rapporti fragili e frivoli che non trovano limite tra l'amor sacro (matrimonio) e quello profano (tradimento) che portano inarrestabili alla morte. Una morte fatta di solitudine, la donna è cosciente di non esser riuscita ad amare veramente qualcuno. Nelle due scene più memorabili del film ritroviamo questa impossibilità di amare: la prima è quella in cui Gabriel versa la lacrima e lei resta indifferente alla sofferenza di lui come se niente fosse e la seconda è la scena finale. C'è questo continuo rapporto-distanza tra amore e attrazione dei corpi nei moltissimi piani-sequenza che trova espressione nei volti degli attori che non guardano mai in macchina. I loro sguardi sono persi nel vuoto, un vuoto che sembra essersi impossessato dei loro corpi e delle loro anime.
Nell'epilogo finale la scena secondo me è fantastica e quelli che a loro volta la disprezzarono sono solo degli imbecilli! L'attrice invecchiata si lascia in un ultimo momento tutto il suo passato alle spalle per vedere in faccia la morte che è ormai prossima.

censurableah  @  04/06/2011 11:56:38
   9½ / 10
Stupefacente addio del Maestro al Cinema, e le maiuscole non son li- per caso, un film stilisticamente perfetto, privo di ridondanze e sbavature, asciutto e severo, essenziale come tutta l'opera di Dreyer, che dovrebbe essere divulgata meglio....

Invia una mail all'autore del commento wega  @  10/09/2009 09:31:22
   9 / 10
Ultimo grandissimo film del gigante Carl Theodor Dreyer. Testamento cinematografico di uno dei più importanti artisti del '900 - probabilmente essendone consapevole -, ben 9 anni sono passati da "Ordet", che a sua volta fu girato 12 anni dopo "Dies Irae". Vien da chiedersi come possa un uomo così assente alla regia, sviluppare uno stile così perfetto e personale, faro illuminante per gran parte degli altri registi. Forse, a parte la sua indiscutibile autorevolezza, Dreyer aveva una capacità di assimilazione fuori dal comune. Ho una sorta di soggezione a vedere i film di questo autore, nonostante sia abbastanza ostico e lento, non ho comunque mai un momento di noia, e credo proprio che questi siano i Capolavori che si finirà col vedere e rivedere per tutta la vita. Con "Gertrud" il regista danese rifiuta ancora una volta ogni sorta di approccio di realismo alla vicenda, senza dimenticare la lezione appresa dall' espressionismo (la luce puntata sul viso negli interni), in una storia fotografata negli esterni come un sogno; condizione a cui spesso la protagonista alluderà di sembrar vivere. Solo apparentemente un Dreyer diverso dagli altri, in realtà sono presenti tutti gli elementi degli altri film. La Donna come protagonista assoluta. Il Sacro (il Matrimonio), il Profano (amare un altro uomo), la Fede (nell' Amore), l' Accettazione (realizzare di non saper amare e ritirarsi in solitudine) in questo che è uno dei ritratti di Donna più lucidi della Storia del Cinema.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  23/12/2008 00:56:42
   7 / 10
Il commento di Anterman63 e' bellissimo e dice praticamente tutto quello che c'è da dire su questo film...Per chi,come me,ha visto solamente "ordet" e "la passione di Giovanna D'Arco" di Dreyer forse avra' difficolta' a digerire questo film...forse sarebbe meglio vedere i suoi film in ordine cronologico e lasciare questo "gertrud" all'ultimo come giusto che sia...Come i film che ho visto fin'ora anche questo ha un finale bellissimo e pieno di significati anche considerando che si tratta della sua ultima sequenza...Peccato che non tutto il film sia cosi trascinante...
Praticamente la penso come Anterman ma non riesco a dare un voto cosi alto perche se bisogna prendere il film per quello che e' devo ammettere che e' un po' pesante...La vicenda e' anche abbastanza banale mentre non c'è nulla da dire sulla tecnica del grande regista Danese che come in "ordet" utilizza tantissimi piani-sequenza staccando pochissimo sui primi piani...tutto il contrario del film su Giovanna D'Arco...Dreyer utilizza diversi stili ,e rimane un grande maestro del cinema,uno dei migliori sicuramente ma questo film un po' mi ha deluso...
Solo per appassionati

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Ultima risposta 23/12/2008 08.32.51
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  28/10/2007 16:01:24
   9 / 10
Dreyer non può firmare che film fuori dall’ordinario. Questo non fa eccezione. Di primo acchito viene da rifiutare e abbandonare la visione, vista l’estrema lentezza del ritmo narrativo, la monotonia del tema trattato, il rinchiudere la storia pressocché sempre fra quattro mura. Ma se si supera ogni avversione preconcetta e si scava a fondo nelle ragioni stilistiche del regista, si capisce lo scopo e se ne apprezza l’estrema precisione e cura nella resa. Quello che si vede è un mezzo, un simbolo, un’astrazione (questo è il film più astratto di Dreyer) del concetto di Amore. E’ perciò un film sull’essenza dell’Amore, su ciò che può legare due esseri fra di loro e sugli ostacoli e i limiti che rendono impossibile la perfezione e la purezza dell’Amore. O si accettano compromessi al ribasso o si rinuncia all’Amore. Anche se irraggiungibile però l’Amore va comunque cercato, bisogna provare. No ai compromessi ma no alla rinuncia. Questo è il messaggio che viene fuori dalla scena finale, la quale è sublime e perfetta nella sua resa visiva e emotivo-razionale. Dreyer non poteva finire meglio la sua carriera artistica.
A differenza di Bergman che fa parlare i sentimenti stessi, Dreyer usa la ragione. I personaggi parlano di se come se parlassero di una terza persona. Questo aiuta a vedere le cose con distacco o oggettività, a chiarirle e a capirle meglio. Oltre che verso se stessi, c’è distacco anche con l’interlocutore. I personaggi parlano pacatamente, senza guardarsi, togliendo quindi drammaticità e pathos ai discorsi, rendendo il tutto ancora più impersonale e astratto. A rendere ancora più solenni le scene contribuisce la resa geometrica, simbolica ed estetica dell’inquadratura. La posizione dei personaggi, gli oggetti fra di loro, il riflesso nello specchio, un mobiletto su cui appoggiarsi, un grande finestrone con le tende, un fuoco che arde fra due facce, tutto parla e dà significato in maniera a volte sublime (è un continuo stimolo al proprio senso estetico). L’unica critica che si può fare al film è lo strano contrasto fra il tema trattato (l’Amore, il sesso) e la freddezza e l’impersonalità della trattazione, che toglie molto dell’effetto potente che ha questo sentimento sulle vite umane.
Gertrud è la tipica eroina di Dreyer, la quale segue i propri principi fino in fondo, senza compromessi, a costo di autodistruggersi pur di mantenerne la purezza. Non transige sul rapporto che la può legare ad un’altra persona. Lei si dona tutta (fa perdere la testa a 4 uomini), ma pretende lo stesso dal proprio partner in maniera incondizionata. La sua esperienza la porta a comprendere che questo è impossibile. Troppi sono gli ostacoli a un’intesa perfetta del genere. Il primo è il lavoro, oppure gli onori, il successo, i soldi – tutto quello che è richiamo materiale esterno che fa concorrenza all’Amore e spesso lo fa diventare un ostacolo. Gertrud non vuole qualcosa di mediocre o di ripiego, non vuole sentirsi oggetto o proprietà, non vuole essere usata. Per questo preferisce alla fine vivere da sola, ritirarsi dal mondo ma almeno con la consapevolezza di non aver mai tradito il proprio ideale e avere comunque provato a realizzarlo.
La scena finale è bellissima. Perfetta come fotografia e scenografia. Tutto contribuisce a creare un’atmosfera mista fra malinconico e vissuto, dolcezza riflessiva e commiato. Gertrud che saluta e chiude la porta è il simbolo commosso della nostra esistenza che si chiude dopo avere comunque tanto vissuto e AMATO.

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Ultima risposta 23/12/2008 00.48.56
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Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  25/10/2007 23:03:24
   9 / 10
"In fondo ai tuoi occhi leggo la tristezza del mondo", cosi' scriveva Shakespeare, la stessa tristezza la trasmettono gli occhi di Gertrud la protagonista dell'ultimo lavoro del grande Dreyer diretto quando il regista aveva ormai 75 anni con alle spalle una carriera fatta unicamente di capolavori alcuni dei quali anche del cinema muto. Gertrud non è un film facile, la coinvolgente passione che trasmettono opere come Ordet e Dies Irae è lontana e la visione richiede quell'impegno e quella paziente attenzione che forse non tutti hanno. Non è un film facile perchè sostanzialmente è un film freddo, crudo, completamente privo di qualsiasi azione, i personaggi recitano quasi in una sorte di trance teatrale con lo sguardo rivolto nel vuoto, la totale assenza di enfasi anche nei momenti di tumulto sentimentale ricorda i personaggi dei film di Bresson dove a prevalere è la teatralità dei dialoghi; questi avvengono per la maggior parte all'interno di stanze e saloni con scenografie spoglie, pochissimi gli esterni, la fotografia è bella ma molto semplice, essenziale, che cosa c'è di interessante allora in questo affresco cosi' apparentemente freddo e vuoto? L'analisi dell'amore.
La protagonista Gertrud passa l'intera esistenza alla ricerca del più nobile dei sentimenti, ma passa la vita a cercarlo non perchè le manca, ma perchè è incapace di trovarlo, o meglio è incapace di trovare quell'amore al quale lei ambisce, quello totale, assoluto. Di questa assolutezza ne subiscono le conseguenze gli uomini che a modo loro l' hanno amata. Quando la passione prende queste forme, difficilmente non porta alla solitudine, Dreyer questo principio lo conosce bene, ed il percorso che fa seguire a Gertrud è esattamente questo, passione amorosa - delusione - sofferenza - castigo - sacrificio - solitudine - appagamento.
Il baratro che si apre sotto i suoi piedi dopo il rifiuto e l'abbandono da parte di Erland ( un giovane musicista per il quale lascia il marito ), la costringono ad una decisione per lei estrema: la resa. Dopo tanto cercare, la stanchezza e l'oblio prendono il sopravvento, le invadono l'anima. Un film come questo che si basa prevalentemente sui dialoghi va approcciato come una medicina amara, non è buona ma fa bene, provate a vederlo, magari non vi piacerà ma sicuramente ne trarrete dei benefici come bagaglio di esperienza.

2 risposte al commento
Ultima risposta 29/10/2007 19.02.07
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ds1hm  @  25/01/2007 14:32:32
   9 / 10
film bellissimo sulla senilità, sulla tangibilità delle scelte e delle conseguenze, sui sentimenti che ci sfiorano e che sembrano non appartenerci più. Il film è girato in maniera magistrale perchè dal ritmo delle scene, dal tono imposto ai dialoghi, chi guarda viene posto dall'autore su di una precisa posizione psichica, che può apparire arida ma che rappresenta in pieno la maturità di ogni sentimento, di ogni emozione. tutto è misurato, tutto scandito da ritmi ben precisi.

Mpo1  @  04/01/2007 00:08:35
   8½ / 10
L'ultimo film del regista danese Dreyer, e una delle sue opere migliori.
La protagonista Gertrud è una donna divisa tra il marito, che lei non ama e non ha forse mai amato, l'amante, a cui non importa molto di lei, e un antico amore, che lei aveva lasciato perché anteponeva il lavoro ad ogni cosa. Alla fine Gertrud li abbandona tutti e sceglie la solitudine. Per Gertrud l'amore è la cosa più importante, ma capisce che si tratta di un ideale o di un illusione, mentre la realtà dei rapporti interpersonali è fatta di sofferenze ed incomprensioni, e i sentimenti si rivelano falsi o effimeri. Gertrud sceglie quindi di restare sola, l'unico modo per essere veramente libera e non soffrire inutilmente.
Da vedere.

Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  02/10/2006 08:32:20
   8 / 10
Film minimalista intenso. Un opera di grande interesse imperdibile per chi ama le approfondite analisi di Dreyer.

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