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Il processo e la divulgazione dell' arte cambia a seconda della cultura
Adoperiamo questo slogan per snocciolare un arduo discorso circa "Gemini" di Shinya Tsukamoto.
Lo spettatore medio, ad esempio, lincerebbe (metaforicamente) film come questo del 1999; quello più acuto potrebbe tentare di captare quanto più è possibile la cosa ma alla fine il capolinea giungerebbe amaro, ancora una volta. Le regie orientali cadono tutte dallo stesso albero, e un frutto non cade mai troppo lontano dal suo albero.
"Gemini" è un altro lancinante esempio di Cinema/Arte orientale che si muove su binari inconsueti e parzialmente fallimentari. Shinya Tsukamoto non è un sicuramente un incapace ma resta ancorato, come la prassi esige, ad un sistema terribilmente anarchico di fare film.
Questo del 1999 dovrebbe, vorrebbe, sembrerebbe essere un film horror con sfumature psicologiche; la trama è esigua. Essa tratta l'affascinante teoria del continuum dell'anima o del prolungamento della stessa. L'idea non è male ma lo sviluppo è il vero guaio; si susseguono in continuazione sequenze estetizzanti ma in esse non fa altro che governare il caos. Il film persiste, per quasi tutto il tempo, su un tabù comunicativo; cioè ci sono pochi dialoghi e tante urla, tanti isterismi. Tutta questa esagerazione, secondo la regia, dovrebbe servire da palco introspettivo; ai nostri occhi il tutto sembra girovagare ai piedi di una grassa sguaiatezza. Per noi non è il caso di continuare una crociata critica e triste su un prodotto e un ideale, quello orientale, che vivrà sempre nelle sue nefandezze smodate. Resta solo un velo filosofico in "Gemini", ma drasticamente straziato da mani e menti troppo lontane dalla sobrietà.
cambia registro assurgendo direttamente allo status di capolavoro. Oltre a tutti gli elementi della sua consueta poetica apparsi fino a quel punto (stupendo il volto del fratellastro), con l'aggiunta invece un po' inconsueta di quelle strane musiche quasi alla X-Files, dopo esce fuori pure il suo inconfondibile stile "industrial" (che non c'azzeccherebbe nulla con la tipologia di film, un po' come quelle ciminiere in Vital) partorendo un prodotto strano ma perfetto. La scena della resa dei conti (nuovamente, con sé stesso) e i secondi finali sono semplicemente geniali. La fotografia, poi, è da paura.
Un film che, anche grazie alla musica allucinata, straziante, simile alla lama di un rasoio appoggiata alla gola, mi era rimasto impresso già alla prima visione. Rivedendolo, due giorni fa, ho dovuto inchinarmi di fronte alla genialità di questo artista del quale ho amato Iron man e di cui dovrò recuperare altri titoli. L'interpretazione nicholsiana del protagonista ( soprattutto nelle scene del passato e del pozzo ), i particolari inquieti che si agitano nel sottobosco dei contrasti sociali fra buona società e bassifondi, le scene grottesche disseminate lungo il breve corso di questa pellicola ed il finale, enigmatico quanto mai, ne fanno, sicuramente, un film da vedere. Ovviamente per chi abbia desiderio di passare una serata diversamente intelligente!
è puro Tsukamoto nei temi, con il doppio che si fonde a creare qualcosa di nuovo; un pò un nuovo Tsukamoto in termini di regia: più equilibrata del solito, non lesina però delle sfuriate pazzesche e imprime inoltre al suo film ambientato in un Giappone feudale un atmosfera morbosa e claustrofobica come solo lui sa fare. Cinema di alta scuola, non perfetto perché la trama è davvero esagerata e poco credibile nella seconda parte (quella che riguarda il passato dei protagonisti), in compenso il taglio moderno dello stile vale il prezzo del biglietto: la scelta delle musiche è sorprendente, stesso dicasi per alcune sequenze semplicemente geniali visivamente. Finale un tantino deludente, come tutta la seconda parte del film; da come era iniziato mi aspettavo qualcosa di ancora più bello, invece non è stato così. In ogni caso Tsukamoto dimostra una versatilità non comune, continuando a trattare le sue ossessioni preferite: ho già scritto del doppio, oltre che della carne; chi dice Cronenberg d'oriente non ha tutti i torti, ma il giapponese è ancora più sfrenato.
Analisi della società giapponese scissa tra tradizione e modernità, tra razionalità e passione. Il passaggio da un'epoca all'altra nel tentativo di non rinnegare tradizioni senza rimanerne prigionieri, apertura verso l'esterno lasciando da parte classismi usando il filtro della memoria per creare la fusione dell'uomo nuovo giapponese. Gemini aldilà del suo valore qualitativo segna una tappa nuova nella filmografia di Tsukamoto. Meno sperimentale e più classico, ma le tematiche ci sono tutte.
Tsukamoto affronta il tema del doppio nella società giapponese durante il periodo Meiji, prospettando un accostamento con i tempi odierni.Opta per una fotografia dai colori saturi,elimina il suo celebre espressionismo frenetico e si vota ad una regia,che episodiche sequenze a parte, si distingue per lo stile pacato. Per la prima volta il regista si addentra in una vicenda collocata nel passato sfruttando una sceneggiatura non sua,ma ricavata da un’opera di Ranpo Edogawa,scrittore nipponico affezionato a tematiche oscure. La pellicola è in grado di angosciare sin dalle prime battute,la minaccia che incombe sulla famiglia di Yukio,stimato medico sposatosi con Rin,donna affetta da amnesia e punto focale della vicenda,si distingue con trepidazione tra dialoghi sussurrati e atmosfere opprimenti.Il tangibile concretizzarsi del pericolo e il successivo scambio di ruolo diventa occasione non solo per un drammatico confronto tra le parti in causa,provocato da sete di rivalsa e amore per Rin,ma anche micromodello sociale sulla versatilità e l’integrità morale dell’individuo. Evidente è la catalogazione societaria,netta e irreggimentata senza speranza.Altrettanto interessante notare come la natura umana renda possibile un veloce adattamento a contesti ignoti.Se per l’impostore è meno spiacevole conformarsi agli agi del benessere, limitandosi al rispetto di regole comportamentali che lo trascineranno tragicamente sino fargli sconfessare la sua stessa esistenza,sarà più dura per il defraudato accettare una terribile pena del contrappasso che lo avvicinerà ai patimenti della gente meno abbiente,così tanto disprezzata.Tsukamoto maschera la sua ossessione per la metamorfosi strutturale con ingredienti distanti dagli eccessi cyberpunk, contrapponendo comunque disfacimento e innovazione,sia mentale che fisica,in quella che di fatto è una rinascita.
Ambientazione atipica per Tsukamoto,che si discosta dalla metropoli e dai tempi moderni per trattare il tema del doppio,che spaventa,ma alla fine attrae. Ritroviamo la fusione,questa volta non dei corpi e del metallo,ma delle personalità opposte:animalesca e brutale quella di Sutekichi,pura e incontaminata (anche troppo) quella di Yukio,
che daranno come risultato (dopo un'iniziale "inversione di poli") un essere più equilibrato e forse migliore.
Bella la fotografia,molto colorata, e i costumi;il sonoro riesce a creare inquietudine e disagio.Forse questa esplorazione di un nuovo ambiente ha influito maggiormente sulla direzione degli attori,che non ho trovato particolarmente ispirati (o forse è solamente un'impressione dovuta alla mancanza di sopracciglia). Preferisco lo Tsukamoto "metropolitano",ma anche questo è un lavoro che mi sento di consigliare ad appassionati e non.
Film pieno di significato che si discosta dai soliti film del regista,molto simile a Vital per quanto riguarda i colori e la fotografia. Non per tutti.
La duplice identità è un elemento caro a Tsukamoto, mai come in questo film (e in Tetsuo ovviamente) viene espressa nella sua totalità. Estremmizzazione dei sensi che, divengono un contorno pastoso ed intenso, cadenzato dalle tonalità calde e emozionali del viola. CAPOLAVORO!!
Gemini rappresenta un'opera per certi versi anomala per Tsukamoto, in quanto è basata sull' adattamento di una novella di Edogawa Ranpo (non quindi su un suo soggetto originale, anche se il regista nipponico l'ha modificata) ed è stata girata con uno stile differente dai precedenti lavori.
Ancora una volta, il punto di forza del film di Tsukamoto è la forma: la storia non presenta nè una struttura complicata nè un soggetto particolarmente originale ( l'idea alla base di gemini la si trova anche in più opere occidentali). Però lo stile è diversissimo dal cyberpunk e dal bianco e nero di molte sue pellicole: colori sgargianti e musica chiassosa in alternanza a sobrietà e sottofondi armonici. I due contrasti rappresentano le opposte classi sociali alle quali appartengono i protagonisti (tra cui Masahiro Motoki, "the bird people in china") ,ancora una volta invischiati in un triangolo amoroso come in "Tokyo fist".
Personalmente ho trovato questo film sicuramente ben fatto ma lontano dalle sue opere migliori: è da considerarsi uno spartiacque tra il vecchio Tsukamoto (quello di "Tetsuo") e quello odierno ( iniziato con "A snake of June"). La difficile collocazione nella sua filmografia è confermata anche dal fatto che, come detto inizialmente, l'opera rappresenta un'adattamento di una novella (nella sua biografia il regista nipponico dichiara di avere un'enorme difficoltà ad accettare storie provenienti da altri; oramai quasi nessuno glielo chiede più, conscio della risposta negativa).
Per concludere, due curiosità: la prima è che nel film compare per un breve cameo l'astro (all'epoca) nascente del cinema giapponese, Tadanobu Asano: apparizione breve ma intensa. La seconda riguarda il "making of" di Gemini, girato da Miike: chi ha visto Imprint,noterà alcune somiglianze tra le donne di quest'ultimo e la protagonista di Gemini, cosi come la rappresentazione del fiume in entrambe le opere.
passino la regia e la fotografia ma a livello di trama non mi è piaciuto particolarmente,inoltre mi ha lasciato con alcuni dubbi... Straordinario tadanobu asano anke se fa solo la comparsa ;( ....e pensare ke avevo scarikato qst film xkè pensavo ke lui fosse il protagonista...
...veramente bello... Un ottimo film, con una bella trama... Un film che, anche x la sua ridotta durata, passa in un attimo... Veramente soddisfatto... Ottime le ambientazioni e le musiche... La mano di Shinya Tsukamoto si nota in molte inquadratura e nelle veloci sequenze flashback.... Consigliato...
Concordo con il precedente commento: non male, ma potrebbe essere meglio. Il film, in sé, è anche fatto bene, ma l'impressione complessiva è che si tratti di una delle pellicole più impersonali di Tsukamoto. Insomma, evidentemente non è stato girato con la stessa passione di gran parte degli altri suoi film. Comunque un buon film, solo non uno di quelli che rimangono impressi.
Un film che scorre veloce sul sottile confine della vita e della morte, tra il bene e il male, un film pieno di simboli e metafore, un film coloratissimo e sensuale, un inquietante e paranoico, un film di tsukamoto e ancora una volta un capolavoro.