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Welles si riconferma la mente più geniale di tutta la storia del cinema; la sua è una di quelle filmografie che spiazza, toglie il fiato.
Falstaff non è una visione facilissima ma tutto, peraltro girato con pochi mezzi, è ammaliante, millimetrico, perfetto.
Ancora una volta il nostro dimostra abilità nel trasformismo (in ogni film Orson è una persona diversa) e Shakespeare, sempre arduo da tradurre in immagini, non poteva avere sorte migliore; ottimi anche Gielgud, Chiari e la Moreau.
Welles doveva essere immortale, per fortuna almeno ci son rimasti i suoi film.
edmond90 ha proprio ragione: Con i soldi spesi da Michael Bay per girare all'incirca 3 millisecondi di Transformers,il gigante Orson firma l'ennesimo capolavoro.
Orson Welles è Falstaff...ma non solo artisticamente. Il personaggio di Shakespeare gli cala a pennello e non solo per il fisico prorompente a cui il regista ci stava abituando. Sinceramente non è stato facile seguire bene il film, che per fortuna non ha una trama cosi complicata, per via delle immagini sfocate o di qualche parola che si va perdendo vista la poca distribuzione. Ma resta come sempre il talento visionario di questo regista incredibile che con pochi soldi riesce a sorpendere visivamente come pochi altri.
Falstaff è certamente uno dei più riusciti personaggi dell'universo Shakesperiano: di aspetto imponente, d'indole bonaria, contafrottole impenitente e bevitore da competizione, è senz'altro una figura comica che però nasconde tra le sue pieghe dei tratti tragici. Data la sua dissoluta condotta fisica e morale, è conscio infatti di essere condannato alla sconfitta. Un personaggio tanto complesso e sfaccettato non poteva che affascinare quel genio assoluto di Welles, che lo pone al centro del suo universo filmico interpretandolo in prima persona, con una forza ed un trasporto umano che solo lui riesce a trasmettere. Il film è tutto qui, ed è vero che il brano riguardante la battaglia è di assoluto impatto, così come i dialoghi sono spesso sferzanti, eppure tutto passa inevitabilmente in secondo piano quando il gigioneggiante Welles è in scena. Ricco ed adeguato il cast di contorno, che annovera anche il nostro Walter Chiari. Un altro capolavoro nella incredibile filmografia del regista.
La visione di film come questo è per me fonte di immensa tristezza.Non sono affatto sicuro infatti che in futuro il cinema possa anche solo avvicinarsi a tali livelli. Con i soldi spesi da Michael Bay per girare all'incirca 3 millisecondi di Transformers,il gigante Orson firma l'ennesimo capolavoro. Un grido disperato contro il potere,che disgrega l'anima degli uomini e li abbrutisce definitivamente,dal punto di vista del perdente per eccellenza,John Falstaff,l'eterno buffone destinato all'oblio e all'ingratitudine. L'atmosfera del film è fantastica,Welles grazie al consueto uso del grandangolo,delle celebri riprese dal basso e di una sperimentazione visiva continua ed esasperata trascina lo spettatore in un turbinio di emozioni incessante,che raggiunge forse il culmine nella scena di battaglia,di un epicità che forse solo Kurosawa in Ran ha saputo eguagliare. Oltre al grande Orson,tutto il cast si comporta egregiamente,a partire dal grande Walter Chiari,mai piu cosi valorizzato. Un'opera maestosa e debordante,che incute timore al solo nominarla,ignominiosamente dimenticata ed osteggiata,come gran parte delle opere di questo genio.
Un simpatico fanfarone di nome Falstaff, uomo destinato alla sconfitta e ripudiato dallo stesso figlio putativo in nome di una ragione di stato che non ammette vecchie amicizie compromettenti. Un contrasto netto in cui si muove il futuro Enrico V: la giovilità di Falstaff e il rigore della corte inglese dominata dalla figura, ieratica nella sua teatralità, del Re. Tecnicamente una delizia per gli occhi in cui il talento visivo di Welles compensa oltremisura la storica mancanza di fondi adeguati. Inoltre la scena della battaglia è sicuramente una delle migliori della storia del cinema che abbia mai visto in cui Welles letteramente ti proietta in mezzo alla contesa.
Se si parla di forza, d’energia, di vitalità, Welles ne è senza dubbio l’incarnazione registica. La è altrettanto la sua presenza come attore; fisica, dirompente, eccezionale. Ma se è vero che un attore personifica spesso se stesso, Welles è prima di tutto uno sconfitto, o almeno finge di esserlo. E Falstaff lo è a tutti gli effetti. Lo è nel suo essere un ladruncolo da quattro soldi, lo è nel far credere d’essere quello che non è, e lo è nel suo rapporto d’amicizia con il principe Harry. Ed è proprio su questo rapporto che si basa la forza struggente di questo film, apparentemente così saldo e profondo, ma infine labile ed illusorio. D’altronde Harry è un principe, mentre Falstaff non è altri che un balordo, un rivoltante grassone, un lurido ammasso di lardo, un’immonda botte di lerciume, un abominevole fagotto di grasso (invento, perché le offese che subisce non le ricordo). Finirà tale. Il suo congedo dal mondo sarà inevitabilmente disperato. E significativa, quando la carcassa (enorme) di Falstaff s’allontana dalla scena, è la parte finale, dove la voce narrante, invece di descrivere il triste epilogo dello sconfitto, narra con enfasi eroica un ultimo compendio alle imprese del nuovo re; Harry. Opera a quanto pare sconosciuta, ma intensa, rozza ma di grande personalità, dove l’arte dell’arrangiarsi, il talento, il ritmo, la teatralità del grande regista sopperiscono ad ogni sorta d’imperfezione tecnica. La sequenza della battaglia è il summa di queste virtù, degna del “Alexander Nevskij” di Ejzenstejn.