eva (1962) regia di Joseph Losey Italia, Francia 1962
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eva (1962)

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locandina del film EVA (1962)

Titolo Originale: EVA

RegiaJoseph Losey

InterpretiVirna Lisi, Jeanne Moreau, Lisa Gastoni, Stanley Baker, Riccardo Garrone, Giorgio Albertazzi, Enzo Fiermonte, Checco Rissone, Evi Rigano, James Villiers, John Pepper, Ignazio Dolce

Durata: h 1.50
NazionalitàItalia, Francia 1962
Generedrammatico
Tratto dal libro "Eva" di James Hadley Chase
Al cinema nel Giugno 1962

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Trama del film Eva (1962)

Scrittore inglese che deve il successo a un plagio incontra a Venezia squillo di lusso e se ne innamora, diventando il suo schiavo. Dopo aver spinto la moglie al suicidio, medita di uccidere Eva, ma non ne ha il coraggio.

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Voto Visitatori:   7,90 / 10 (5 voti)7,90Grafico
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Voti e commenti su Eva (1962), 5 opinioni inserite

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Guy Picciotto  @  09/11/2011 14:47:07
   7½ / 10
storia di un degrado totale, fino ad arrivare alla completa schiavitù masochistica verso la divinità di stampo che più trerrestre non c'è: la P.U.T.T.A.N.A, è la santificazione della p.u.t.t.a.n.a.
Non si può parlare quindi di oblio di tutto o di profonda discesa nella notte dell'esistenza, o di supplica infinita dell'ignoranza. E solo un degrado di tipo mentale-fisico verso il materiale, il corpo organico, è tutto sommato la storia degli uomini: uomo dopo uomo, per intero come una fuga, dapprima davanti alla vita c'è il peccato, poi davanti al peccato c'è la lunga notte attraversata da stupide risa, con uno sfondo di sola angoscia. Ciascuno per finire ha conquistato il diritto degradante all'esistenza (certezza), ma ogni strada è il volto limitato di tale conquista.
In pochi come Losey hanno saputo dare indicazioni longitudinali e latitudinali a queste vie di degrado.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  19/04/2009 23:27:13
   7 / 10
Losey ci mostra una storia di significato esistenzialista con uno stile fin troppo freddo e distaccato. Il punto di forza del film è la tecnica di ripresa. Seguendo la strada indicata da Orson Welles, Losey affida molto del suo messaggio allo stile. Ogni inquadratura, ogni movimento di macchina, ogni oggetto inquadrato è studiato nei minimi dettagli. La mano del regista si vede in pratica ovunque. Non è però come in Dreyer, dove tutti i movimenti di macchina e le inquadrature sembrano naturalissime e ogni oggetto parla e comunica. Qui, come in Orson Welles, diventa come una specie di gioco che colpisce e sorprende. L’immagine è continuamente variata di punto di vista; ci si muove spesso in circolo o in diagonale o a spirale. Di frequente l’immagine è prima ripresa da uno specchio e poi interviene l’attore in persona e quindi l’altro personaggio; tutto questo con continue carrellate o piani sequenza. Questo per suggerire l’apparenza e la varietà del reale e la mancanza di un punto di riferimento fisso.
C’è un uso frequente di simbolismi. Spesso appare una maschera veneziana di carnevale, a simboleggiare la recita che uno fa della vita. Un ruolo importantissimo ce l’ha la scenografia e soprattutto i luoghi esterni in cui il film è stato girato. E’ uno dei film dove meglio viene filmata la città di Venezia, con un suggestivo bianco nero e un’atmosfera spesso brumosa e invernale. Anche Roma viene raffigurata con questa atmosfera, mettendo in risalto il contrasto nuovo-vecchio tipico dell’epoca. Infine c’è lo splendido paesaggio di Torcello. Tutti questi luoghi fanno però da semplice sfondo o cornice alla storia; sembrano infatti città senza abitanti o comunque spettatori passivi della storia che si svolge.
Al di là del grande lavoro artistico, c’è come la sensazione che l’interiorità e le ragioni dei personaggi rimangano come inespressi.
Il tema del film è la fatuità delle ragioni del vivere umano. Un famoso scrittore inglese vive in un ambiente mondano che ricorda vagamente quello della Dolce Vita felliniana. Ama (?) una dolce donna (la bravissima Virna Lisi – la migliore attrice del film), ma improvvisamente (troppo improvvisamente) viene irretito da una donna dal comportamento superiore e distruttivo. Il personaggio di Eva è quello centrale, ma Jeanne Moreau, secondo me, non riesce a dargli nessun alone di conturbanza o di maledizione. Almeno io ho stentato a capire come possa nel film far perdere la testa a così tanti uomini. Certo la Moreau è brava a creare questo personaggio cinico, distaccato, distruttivo, mostrante ogni tanto mostra qualche crepa interiore. Però, sia la sua che la recitazione dell’attore che impersona Tyvian, mancano di pathos. Probabilmente si tratta di una direttiva voluta da Losey, per distaccare lo spettatore dai personaggi e dalla storia e farla giudicare spassionatamente. Solo che così spesso sfuggono le ragioni degli atti e delle decisioni. Forse si vuole mettere in risalto che la volontà non conta, che siamo solo schiavi di istinti inspiegabili o del cieco destino. In realtà si ha come l’impressione che ogni cosa venga affidata al caso e non è una piacevole sensazione. Altri film con tematiche simili colpiscono molto più a fondo lo spettatore e rimangono più impressi (ad esempio “Peccatori in blue jeans” di Carné). Qui il voluto distacco da ciò che viene rappresentato, non si traduce sempre in oggettività di giudizio, ma spesso in distrazione e noia.
Questi ovviamente sono solo i miei personali giudizi. Solo un modo fra i tanti di vedere quest’opera.

USELESS  @  09/02/2009 01:08:23
   9 / 10
"Gonflage" di un certo tipo (molto comune) di rapporti sentimentali.
Jeanne Moreau superba "Domina" (padrona)...
Come fa Eva (Jeanne Moreau) in una scena indimenticabile del film
Losey sfregia in faccia vili e benpensanti.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  25/12/2008 12:52:41
   9 / 10
Un film di Losey tra i più sottovalutati della storia del cinema, e mi trovo d' accordo. Una Venezia fotografata splendidamente (non poteva essere stata scelta altra città), una Dark Lady che non poteva che chiamarsi Eva, per questo noir al 100% che parla di tentazioni e di passioni, per la torbida spirale in cui incappa questo scrittore, e l' impotenza dello stesso alle angherie di una splendida quanto maledettamente fatale Jeanne Moreau. I pregi e i difetti sono tutti nella sceneggiatura. Qualche irritante simbolismo, ma ha la grande e rara caratteristica di trasmettere allo spettatore la stessa angoscia e rabbia che prova il protagonista stesso, inoltre siamo nel campo dell' arte in quanto scrittore, e lo script ha quella struttura più vicina al mondo della letteratura che non alla classica cinematografica; c' è un incipit che verte a più generi, come la commedia, e c' è ad esempio un cambio frequente di focalizzazione, più vicina alla scrittura letteraria, soprattutto se lo si contestualizza negli anni '60. Trovo bellissimo questo film, e bellissima Virna Lisi, complimenti davvero. "Il Servo" invece, resta un capolavoro assoluto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  22/11/2008 19:48:17
   7 / 10
Ricordi sfocati per un Losey minore, ma ancora molto bravo a raccontare i sentimenti... un commento doveroso perchè è uno dei pochi film che raccontano Venezia senza immagini da cartolina, ma con una certa suggestione visiva... cast internazionale

1 risposta al commento
Ultima risposta 22/11/2008 20.18.05
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